Stop della Corte d’appello alla sentenza della Us Court of International Trade secondo cui i dazi di Donald Trump sono ‘illegali’ e vanno bloccati

 

 

La sentenza della Us Court of International Trade secondo cui i dazi di Donald Trump sono ‘illegali’ e vanno bloccati è stata, a sua volta, stoppata dalla corte di appello che ha deciso di accogliere il ricorso dell’amministrazione che chiedeva una pausa della sentenza. Si preannuncia una lunga battaglia giudiziaria sulle tariffe, che molto probabilmente arriverà alla Corte Suprema.

La sentenza della US Court of International Trade è “temporaneamente sospesa fino a nuovo avviso mentre queste corte esamina i documenti delle istanze”, ha stabilito la Corte d’appello dopo il duro colpo impartito dal poco conosciuto tribunale di New York all’agenda del presidente, che aveva bloccato le tariffe reciproche a gran parte del mondo e quelle decise contro il Canada, il Messico e la Cina per l’immigrazione e il fentanyl.

Uno stop che aveva scatenato la reazione immediata e dura dell’amministrazione.

Denunciando un “golpe” da parte di “giudici attivisti”, la Casa Bianca si è detta pronta a usare tutti gli strumenti a sua disposizione in nome dell’America First e contro l'”abuso del potere” giudiziario. Ricorrendo anche, se necessario, alla Corte Suprema, di fatto scaricando sulle spalle dei saggi una decisione dalle ampie ripercussioni per l’economia globale.

L’amministrazione aveva minacciato di ricorrere già venerdì all’Alta Corte in assenza di una decisione in appello che, a sorpresa, è però arrivata. I tre giudici della Us Court of International Trade – Jane Restani nominata da Ronald Reagan, Gary Katzmann da Barack Obama e Timothy Reif da Trump – hanno stabilito all’unanimità che l’inquilino della Casa Bianca non ha l’autorità di imporre dazi globali e hanno annullato quelli imposti ai sensi dell’International Emergency Economic Powers Act, una legge del 1977 mai invocata prima sulle tariffe.

“L’orribile decisione stabilisce che avrei dovuto ottenere l’approvazione del Congresso per i dazi”, ha attaccato Trump su Truth. “In altre parole, centinaia di politici si dovrebbero riunire a Washington per settimane, o persino mesi, cercando di giungere a una conclusione su quanto addebitare agli altri Paesi che ci trattano ingiustamente”. “Se questa sentenza fosse stata mantenuta – ha proseguito il tycoon – avrebbe distrutto completamente il potere presidenziale: la presidenza non sarebbe mai più stata la stessa! Con questa decisione, il nostro Paese avrebbe perso migliaia di miliardi di dollari, denaro che renderebbe l’america di nuovo grande” “Il presidente degli Stati Uniti deve avere il diritto di proteggere l’America da coloro che le stanno arrecando danni economici e finanziari”, ha detto ancora Trump.

“Un’altra telefonata con il segretario Usa Howard Lutnick. Il nostro tempo e le nostre energie sono pienamente concentrate, poiché fornire soluzioni lungimiranti rimane una priorità assoluta dell’Ue. Restiamo in contatto costante”. Lo scrive sui social il commissario europeo per il commercio e la sicurezza economica Maros Sefcovic.

Trump, che ha definito la sentenza “politica” e “orribile”, si è avvalso della norma per imporre i dazi reciproci nell’annuncio-show del 2 aprile, ribattezzato il giorno della liberazione, ma anche per colpire il Canada e il Messico con tariffe al 25% per l’immigrazione e la Cina con dazi al 20% per il fentanyl. Queste tariffe, secondo la corte, sono illegali a vanno bloccate – alla Casa Bianca sono stati concessi 10 giorni per farlo -, mentre quelle sull’acciaio, l’alluminio e le auto restano in vigore perché decise da Trump in base alla ‘Section 232’ del Trade Act, che consente di limitare le importazioni ritenute una minaccia per la sicurezza nazionale. Parlando di decisione “chiaramente sbagliata”, l’amministrazione ha puntato il dito contro i “giudici attivisti” della Us Court of International Trade: “Non spetta ai non eletti decidere come affrontare adeguatamente un’emergenza nazionale”. Kevin Hasset e Peter Navarro, due dei più importanti consiglieri del presidente, hanno cercato di minimizzare la portata della decisione e assicurato che Trump ha varie opzioni a disposizione.

“Non cambia nulla”, ha detto Navarro. “Non avrà alcun effetto sulle trattative commerciali in corso”, gli ha fatto eco Hasset, sottolineando che l’amministrazione ha molte opzioni a sua disposizione. Una di queste è quella di ricorrere alla ‘Section 232’ per i dazi reciproci così da continuare ad aggirare il Congresso, che nella politica commerciale ha uno dei suoi maggiori compiti. Un’ipotesi poco papabile è quella di cercare di convincere il Congresso a varare i dazi: per l’amministrazione sarebbe un’impresa epocale e con poche possibilità di successo. In attesa di capire cosa accadrà a livello legale e soprattutto quali potrebbero essere i tempi della giustizia americana, i maggiori partner commerciali statunitensi restano alla finestra di fronte – affermano diversi osservatori – a un Trump evidentemente indebolito proprio in uno dei pilastri della sua agenda economica, nonostante la decisione della corte d’appello. Il presidente si è più volte definito ‘Tariff Man’ e ha parlato dei dazi come uno strumento meraviglioso.