“Bergoglio, contrappeso ai valori e alla leadership che il populismo sta generando in tutto il mondo, era convinto che la Terra non sta affrontando una varietà di crisi separate, ma piuttosto ‘una crisi complessa’ con molte facce: ambientale sì, ma anche sociale”. Intervista a Lisa Sideris (UC Santa Barbara)

 

Scomparso pochi giorni fa, Papa Francesco, ‘venuto dalla fine del mondo’, non ha mai nascosto il suo impegno ‘francescano’ a favore degli ultimi, della giustizia sociale e, finanche, della tutela dell’ambiente. Tanto da fagli guadagnare gli appellativi di ‘Papa verde’ o ‘green influencer’. Non a caso, la Giornata della Terra 2025, che cadeva il giorno dopo la sua morte, è stata dedicata proprio a lui.

Su questo fronte, va riconosciuto, anche i predecessori avevano richiamato l’attenzione: Papa Giovanni XXIII nella ‘Mater et Magistra del 1961 chiedeva che «negli ambienti agricolo-rurali» avessero «sviluppo conveniente i servizi essenziali, quali: la viabilità, i trasporti, le comunicazioni, l’acqua potabile». Più esplicitamente, Paolo VI parlò nel 1973 di «ecologia umana», criticando l’uomo che “sta improvvisamente diventando consapevole che con uno sfruttamento mal considerato della natura rischia di distruggerla e diventare a sua volta vittima di questo degrado” e richiamando l’uomo alla «responsabilità di un destino diventato ormai comune». Già pochi anni prima, nel 1971, Montini – in occasione dell’ottantesimo anniversario dell’enciclica ‘Rerum novarum’ di Papa Leone XIII – aveva richiamato nella nella lettera apostolica ‘Octogesima adveniens’, alla necessità di una lettura antropologica del rispetto del creato per combattere contro «lo sfruttamento sconsiderato della natura» da parte dell’uomo. In seguito, Giovanni Paolo II nella ‘Centesimus Annus (1991) e nel 1997 in occasione del Convegno internazionale sulla tutela della Biodiversità («Paradiso sulla terra è l’uso moderato e saggio delle cose belle e buone, che la Provvidenza ha sparso nel mondo, esclusive di nessuno, utili a tutti») e Benedetto XVI nella ‘Caritas in veritate, invocando un ruolo pubblico della Chiesa nella «difesa di terra, acqua e aria come doni della creazione appartenenti a tutti, e soprattutto di difendere l’uomo contro la distruzione di se stesso».

La spiccata sensibilità di Bergoglio venne con il tempo: «Nel 2007 c’è stata la Conferenza dell’episcopato latinoamericano in Brasile, ad Aparecida. Ero nel gruppo dei redattori del documento finale, arrivavano proposte sull’Amazzonia e io dicevo: “Ma questi brasiliani, come stufano con questa Amazzonia! Cosa c’entra l’Amazzonia con l’evangelizzazione?”. Questo ero io nel 2007. Poi, nel 2015 è uscita la ‘Laudato si’’. Io ho avuto un percorso di conversione, di comprensione del problema ecologico. Prima non capivo nulla!», rese noto Francesco parlando ad un gruppo di ambientalisti francesi.

Tuttavia, non c’è dubbio che i 12 anni del Pontificato di Francesco siano stati estremamente significativi, fin dai primi giorni: nella Messa di inizio del ministero petrino, il 19 marzo 2013, affermò la necessità di «custodire il creato, custodire l’intera creazione»; sempre nel 2013, nell’enciclica ‘Evangelii Gaudium’, denunciò la cultura dello scarto; nel 2015, nello storico discorso tenuto all’Assemblea Generale dell’ONU, sottolineò come il deterioramento del clima e dell’ambiente siano strettamente connessi con l’esclusione e la disgregazione delle società umane e con il mantenimento della pace; nel 2014, in Vaticano, si tenne l’Incontro mondiale dei movimenti popolari, durante il quale si confrontarono società civile e popoli indigeni da tutto il mondo su terra, casa (techo) e lavoro (trabajo), le 3T che avrebbe caratterizzato una riflessione continuativa per il papa, quasi un’anticipazione della Laudato si’: «Mi preoccupa lo sradicamento di tanti fratelli contadini che soffrono per questo motivo e non per guerre o disastri naturali. L’accaparramento di terre, la deforestazione, l’appropriazione dell’acqua, i pesticidi inadeguati, sono alcuni dei mali che strappano l’uomo dalla sua terra natale. Esiste una relazione con la terra che sta mettendo la comunità rurale e il suo peculiare stile di vita in palese decadenza e addirittura a rischio di estinzione». A quell’incontro prese parte Berta Cáceres, coordinatrice generale del Copinh, in Honduras, che un anno e mezzo dopo sarebbe stata uccisa: «Santità, vorremmo vedere rinascere in Honduras una Chiesa impegnata a favore dei più poveri, come aspiravano i nostri santi e martiri come padre Guadalupe Carney e monsignor Romero, non con cardinali che danno la loro benedizione ai colpi di stato e al potere e che perseguitano coloro che seguono il cammino di liberazione all’interno della Chiesa».

La stessa tesi era contenuta nell’enciclica ‘Laudato si’’, pubblicata nello stesso anno. In tutto 192 pagine, sei capitoli, 246 paragrafi e due preghiere per chiedere «che tipo di mondo vogliamo trasmettere a coloro che verranno dopo di noi». L’idea nacque così: «Quando ho incominciato a pensare a questa enciclica, chiamai gli scienziati: “Ditemi le cose che sono chiare e che sono provate e non ipotesi, le realtà”. Poi, chiamai un gruppo di filosofi e teologi: “Io vorrei fare una riflessione su questo. Lavorate voi e dialogate con me”. E loro hanno fatto il primo lavoro, poi sono intervenuto io. E, alla fine, la redazione finale l’ho fatta io. Questa è l’origine», raccontò Bergoglio. 

Fu un vero e proprio grido per la Terra: Il mondo non è una scatola da utilizzare, ma un giardino da curare e far fiorire attraverso le relazioni fra uomo e natura“. “Siamo cresciuti pensando che eravamo suoi proprietari e dominatori, autorizzati a saccheggiarla. La violenza che c’è nel cuore umano ferito dal peccato si manifesta anche nei sintomi di malattia che avvertiamo nel suolo, nell’acqua, nell’aria e negli esseri viventi”, spiegava.

Un appello accorato alla “cura della casa comune“, “questa sorella protesta per il male che le provochiamo, a causa dell’uso irresponsabile e dell’abuso dei beni che Dio ha posto in lei, è la denuncia dell’impatto negativo delle azioni umane sull’ambiente sotto forma di inquinamento “che colpisce tutti, causato dal trasporto, dai fumi industriali, dalle sostanze che contribuiscono all’acidificazione del suolo e dell’acqua, dai fertilizzanti, dagli insetticidi, dai fungicidi, dagli erbicidi e dalle agrotossine in generale”.

L’inquinamento incide sul riscaldamento globale che “ha effetti sul ciclo del carbonio. Crea un circolo vizioso che aggrava ancora di più la situazione, influenzando la disponibilità di risorse essenziali come l’acqua potabile, l’energia e la produzione agricola nelle regioni più calde e portando all’estinzione di parte della biodiversità del pianeta“.

Come precisò lo stesso Papa Francesco, “la Laudato si’ è un’enciclica sociale, non un’enciclica verde”. Papa Francesco va oltre, ponendo in risalto l’interconnessione tra crisi ambientale e crisi sociale in quanto il degrado ambientale e il degrado umano sono due facce della stessa medaglia: “𝑵𝒐𝒏 𝒄𝒊 𝒔𝒐𝒏𝒐 𝒅𝒖𝒆 𝒄𝒓𝒊𝒔𝒊 𝒔𝒆𝒑𝒂𝒓𝒂𝒕𝒆, 𝒖𝒏𝒂 𝒂𝒎𝒃𝒊𝒆𝒏𝒕𝒂𝒍𝒆 𝒆 𝒖𝒏’𝒂𝒍𝒕𝒓𝒂 𝒔𝒐𝒄𝒊𝒂𝒍𝒆, 𝒃𝒆𝒏𝒔𝒊̀ 𝒖𝒏𝒂 𝒔𝒐𝒍𝒂 𝒆 𝒄𝒐𝒎𝒑𝒍𝒆𝒔𝒔𝒂 𝒄𝒓𝒊𝒔𝒊 𝒔𝒐𝒄𝒊𝒐-𝒂𝒎𝒃𝒊𝒆𝒏𝒕𝒂𝒍𝒆”, si legge. Ispirandosi al ‘Cantico dei cantici’ di San Francesco d’Assisi – “Laudato sì, miì Signore” – il Papa introduce il concetto di «ecologia integrale», che unisce 𝒍𝒂 𝒈𝒊𝒖𝒔𝒕𝒊𝒛𝒊𝒂 𝒔𝒐𝒄𝒊𝒂𝒍𝒆 𝒂𝒍𝒍𝒂 𝒑𝒓𝒐𝒕𝒆𝒛𝒊𝒐𝒏𝒆 𝒅𝒆𝒍𝒍’𝒂𝒎𝒃𝒊𝒆𝒏𝒕𝒆: Vi è un chiaro legame tra la protezione della natura e l’edificazione di un ordine sociale giusto ed equo“.

D’altro canto, come recita una celebre frase attribuita al sindacalista brasiliano Chico Mendes, «l’ambientalismo senza lotta di classe è giardinaggio». Non si può separare – evidenzia Francesco – la «preoccupazione per la natura, la giustizia verso i poveri, l’impegno nella società e la pace interiore», la necessità di ritrovare un equilibrio ecologico, «interiore con se stessi, solidale con gli altri, naturale con tutti gli esseri viventi, spirituale con Dio», la presa di coscienza della responsabilità dell’essere umano verso il prossimo e il Creato: “𝑻𝒖𝒕𝒕𝒐 𝒆̀ 𝒊𝒏 𝒓𝒆𝒍𝒂𝒛𝒊𝒐𝒏𝒆, 𝒆 𝒕𝒖𝒕𝒕𝒊 𝒏𝒐𝒊 𝒆𝒔𝒔𝒆𝒓𝒊 𝒖𝒎𝒂𝒏𝒊 𝒔𝒊𝒂𝒎𝒐 𝒖𝒏𝒊𝒕𝒊 𝒄𝒐𝒎𝒆 𝒇𝒓𝒂𝒕𝒆𝒍𝒍𝒊 𝒆 𝒔𝒐𝒓𝒆𝒍𝒍𝒆 𝒊𝒏 𝒖𝒏 𝒎𝒆𝒓𝒂𝒗𝒊𝒈𝒍𝒊𝒐𝒔𝒐 𝒑𝒆𝒍𝒍𝒆𝒈𝒓𝒊𝒏𝒂𝒈𝒈𝒊𝒐, 𝒊𝒏𝒕𝒓𝒆𝒄𝒄𝒊𝒂𝒕𝒊 𝒅𝒂𝒍𝒍’𝒂𝒎𝒐𝒓𝒆 𝒄𝒉𝒆 𝑫𝒊𝒐 𝒉𝒂 𝒑𝒆𝒓 𝒄𝒊𝒂𝒔𝒄𝒖𝒏𝒂 𝒅𝒆𝒍𝒍𝒆 𝒔𝒖𝒆 𝒄𝒓𝒆𝒂𝒕𝒖𝒓𝒆.”

In questa visione, fondamentale è la figura di San Francesco che, secondo Bergoglio, costituisce “l’esempio per eccellenza della cura per ciò che è debole e di una ecologia integrale, vissuta con gioia e autenticità. È il santo patrono di tutti quelli che studiano e lavorano nel campo dell’ecologia, amato anche da molti che non sono cristiani. Egli manifestò un’attenzione particolare verso la creazione di Dio e verso i più poveri e abbandonati.”

La sfida urgente di proteggere la nostra casa comune comprende la preoccupazione di unire tutta la famiglia umana nella ricerca di uno sviluppo sostenibile e integrale, scrive Francesco nella ‘Laudato Si’’, -recependo anche la costituzione pastorale ‘Gaudium et spes’, promulgata durante il Concilio Vaticano IIche invita a una «conversione ecologica» “che si richiede per creare un dinamismo di cambiamento duraturo è anche una conversione comunitaria. Tale conversione comporta vari atteggiamenti che si coniugano per attivare una cura generosa e piena di tenerezza. In primo luogo implica gratitudine e gratuità, vale a dire un riconoscimento del mondo come dono ricevuto dall’amore del Padre”. E ancora: “Implica pure l’amorevole consapevolezza di non essere separati dalle altre creature, ma di formare con gli altri esseri dell’universo una stupenda comunione universale”.

Il clima è un bene comune, di tutti e per tutti”, afferma nella ‘Laudato si’’, che richiama alla necessità di abbandonare l’individualismo e abbracciare una visione che non escluda il prossimo (anche altri Paesi e future generazioni). “L’avidità distrugge, mentre la fraternità costruisce” – ribadì Papa Francesco, ricevendo in udienza una rappresentanza della popolazione colpita 60 anni fa dalla tragedia del Vajont – “La cura del creato non è un semplice fattore ecologico, ma una questione antropologica”, il monito del pontefice: “ha a che fare con la vita dell’uomo, così come il Creatore l’ha pensata e disposta, e riguarda il futuro di tutti, della società globale in cui siamo immersi”. “E voi, di fronte alla tragedia che può scaturire dallo sfruttamento dell’ambiente, testimoniate la necessità di prendersi cura del creato”, l’omaggio ai presenti: “Ciò è essenziale oggi, mentre si sta sgretolando la casa comune, e il motivo è ancora una volta lo stesso: l’avidità di profitto, un delirio di guadagno e di possesso che sembra far sentire l’uomo onnipotente. Ma è un grande inganno, perché siamo creature e la nostra natura ci chiede di muoverci nel mondo con rispetto e con cura, senza annullare, anzi custodendo il senso del limite, che non rappresenta una diminuzione, ma è possibilità di pienezza”.

La Terra, quindi, non è solo un luogo da abitare, ma un dono da custodire insieme. Parole nette, che invitano anche i grandi della Terra a cambiare registro in nome di un «debito ecologico» creatosi tra il Nord e il Sud e di una responsabilità morale degli uomini che, con i loro comportamenti, influiscono su ambiente, inquinamento, clima, ma anche sulla loro stessa salute: “L’esposizione agli inquinanti atmosferici produce un ampio spettro di effetti sulla salute, in particolare dei più poveri, e provocano milioni di morti premature”, si legge nella ‘Laudato si’’. Papa Francesco chiede una rottura radicale con gli stili di vita consumisti dei paesi ricchi, concentrandosi allo stesso tempo sullo sviluppo delle nazioni più povere. Secondo il Pontefice, le risposte dei Paesi sviluppati sembravano insufficienti a causa degli interessi economici in gioco.

Papa Francesco esorta i cittadini dei Paesi sviluppati a non accontentarsi di mezze misure ritenute in gran parte insufficienti. Chiede, invece, alle persone di apportare cambiamenti nello stile di vita in linea con la logica di rallentare la crescita. L’obiettivo è consentire ai Paesi in via di sviluppo di uscire dalla povertà, risparmiando l’ambiente: “Data la crescita insaziabile e irresponsabile prodotta in molti decenni, dobbiamo anche pensare a contenere la crescita fissando alcuni limiti ragionevoli e persino ripercorrendo i nostri passi prima che sia troppo tardi. […] Ecco perché è arrivato il momento di accettare una crescita ridotta in alcune parti del mondo, al fine di fornire risorse ad altri luoghi per sperimentare una crescita sana”.

A detta di Bergoglio, crisi climatica, crisi idrica, inquinamento, perdita di biodiversità sono problemi globali che richiedono – come affermato dalla ‘Dichiarazione di Rio sull’ambiente e lo sviluppo’ del 1992 – una ‘conversione ecologica’ e un cambiamento di paradigma abitudini di vita e nei modelli economici“La coscienza della gravità della crisi culturale ed ecologica deve tradursi in nuove abitudini”, “Molte cose devono riorientare la propria rotta, ma prima di tutto è l’umanità che ha bisogno di cambiare. Manca la coscienza di un’origine comune, di una mutua appartenenza e di un futuro condiviso da tutti. Questa consapevolezza di base permetterebbe lo sviluppo di nuove convinzioni, nuovi atteggiamenti e stili di vita. Emerge così una grande sfida culturale, spirituale e educativa che implicherà lunghi processi di rigenerazione.” Parole che sembrano riecheggiare quelle di Alexander Langer, tra i più lucidi e profetici esponenti del movimento verde in Italia, uomo di sinistra e di profonda fede, morto suicida nel 1995: “Per conversione ecologica – scriveva Langer nel 1989 – intendo la svolta oggi quanto mai necessaria e urgente che occorre per prevenire il suicidio dell’umanità e per assicurare l’ulteriore abitabilità del nostro pianeta e la convivenza tra i suoi essere viventi”. 

Quindi, una trasformazione del cuore, dei comportamenti e delle strutture. In altre parole, una nuova etica sociale oltre ad un richiamo all’azione rivolto a tutti – credenti e non – a ritrovare un nuovo stile di vita, più sobrio, più rispettoso dei ritmi della natura e più giusto verso le generazioni future.

Non si risparmiano critiche a coloro che, pur avendo potere e mezzi, negano la crisi climatica: «Molti di coloro che detengono più risorse e potere economico o politico sembrano concentrarsi soprattutto nel mascherare i problemi o nasconderne i sintomi, cercando solo di ridurre alcuni impatti negativi di cambiamenti climatici»

Non si può dimenticare la sensibilità ambientale condivisa di Papa Francesco con i giovani che – rifletteva nell’enciclica ‘Laudato Si’’ – “esigono da noi un cambiamento. Essi si domandano com’è possibile che si pretenda di costruire un futuro migliore senza pensare alla crisi ambientale e alle sofferenze degli esclusi”. Coerentemente, non sono mancati gli incontri con gli attivisti per l’ambiente quali Bono Vox e Greta Thumberg (che avrebbe incontrato nel 2019), leader del movimento di scioperi per il clima dei ‘Fridays for future’, di cui, nel 2021, avrebbe incontrato il leader del tramo italiano, Giacomo Zattini.

La ‘Laudato si’’ venne pubblicata il 18 giugno 2015, pochi mesi prima della Conferenza sul clima, con l’intento di convincere l’intera comunità internazionale, 195 Paesi, a firmare l’Accordo di Parigi che anche il Vaticano di Francesco ratificò insieme alla Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici. Ben dieci leader mondiali citarono l’enciclica durante il loro discorso ufficiale alla COP21. Peraltro, la sua visione ha ispirato il Movimento Laudato si’, una rete mondiale che promuove incontri ed azioni concrete per la salvaguardia del creato, coinvolgendo comunità ecclesiali e laiche in progetti di sostenibilità e giustizia ambientale.

Sulla stessa lunghezza d’onda, l’esortazione meno nota di Papa Francesco Querida Amazonia’ (‘Amata Amazzonia’), pubblicata nel febbraio 2020. Questa esortazione è il risultato delle sue conversazioni con le comunità amazzoniche e ha contribuito a mettere le prospettive indigene sulla mappa. Papa Francesco ha sostenuto i difensori ambientali indigeni, molti dei quali sono stati ispirati ad agire con la loro forte fede. Queste prospettive hanno contribuito a plasmare l’insegnamento sociale cattolico nell’enciclica ‘Fratelli Tutti’, pubblicata il 3 ottobre 2020. Peraltro, all’Amazzonia, Francesco dedicò un Sinodo, che lo stesso Pontefice definiva “figlio” della ‘Laudato sì’’.

Il legame tra ambiente naturale e dignità della persona umana è al centro anche dell’esortazione apostolica ‘Laudate Deum del 4 ottobre 2023, a seguire l’enciclica del 2015, riprende il filo del discorso ‘ambientale’, partendo dal presupposto che “La vita umana è incomprensibile e insostenibile senza le altre creature”: “Per quanto si cerchi di negarli, nasconderli, dissimularli o relativizzarli, i segni del cambiamento climatico sono lì, sempre più evidenti. Nessuno può ignorare che negli ultimi anni abbiamo assistito a fenomeni estremi, frequenti periodi di caldo anomalo, siccità e altri lamenti della terra che sono solo alcune espressioni tangibili di una malattia silenziosa che colpisce tutti noi”. Una consapevolezza a cui fa seguito l’ammissione che “è verificabile che alcuni cambiamenti climatici indotti dall’uomo aumentano significativamente la probabilità di eventi estremi più frequenti e più intensi”, senza dimenticare l’aumento medio delle temperature terrestri che potrebbe portare a effetti importanti: “le calotte glaciali della Groenlandia e di gran parte dell’Antartide si scioglieranno completamente, con conseguenze enormi e molto gravi per tutti […] quello a cui stiamo assistendo ora è un’insolita accelerazione del riscaldamento, con una velocità tale che basta una sola generazione – non secoli o millenni – per accorgersene. Probabilmente tra pochi anni molte popolazioni dovranno spostare le loro case a causa di questi eventi”. “Spesso le voci che si levano a difesa dell’ambiente sono messe a tacere o ridicolizzate, ammantando di razionalità quelli che sono solo interessi particolari”, concludeva.

Ancor più fondamentale l’organizzazione di conferenze in Vaticano (come quella intitolata ‘Salvare la nostra casa comune e il futuro della vita sulla Terranel luglio 2018 oppure il summit delle compagnie petrolifere) o la partecipazione (non sempre fisica) di Bergoglio ai summit internazionali dedicati all’ambiente (COP,…). Dopo la COP21, rimproverò la debolezza della politica internazionale, pur considerando la Conferenza del clima numero 21 un ‘momento significativo’ perché l’accordo coinvolgeva tutti, sebbene la maggior parte delle nazioni non fosse riuscita ad attuare la limitazione all’aumento della temperatura globale in questo secolo a meno di 2°C. Ha anche richiamato la mancanza di monitoraggio di quegli impegni e la successiva inerzia politica.coi

L’impegno di Papa Francesco per l’ambiente non si è limitato al magistero, ma si è tradotto concretamente anche in scelte concrete che hanno posto lo Stato Vaticano sulla strada della sostenibilità. “L’umanità possiede i mezzi tecnologici per affrontare questa trasformazione ambientale” e “l’energia solare gioca un ruolo fondamentale tra queste soluzioni”, scrive Francesco nella lettera apostolica “Fratello Sole”, che annuncia il progetto di costruzione di un impianto solare nell’area extraterritoriale di Santa Maria di Galeria, che mira a fornire energia pulita a tutta la Città del Vaticano, rendendo lo Stato energeticamente autosufficiente. Per realizzarlo, il Papa ha nominato ben due commissari speciali con piena autorità.

Un altro progetto, strutturato in collaborazione con ACEA, riguarda la copertura dei Musei Vaticani con impianti fotovoltaici: i pannelli installati sulla vetrata produrranno energia rinnovabile per coprire parte dei consumi elettrici del sito e ridurre le emissioni dello Stato. Allo stesso fine, la sostituzione dei vetri esistenti con i nuovi vetri fotovoltaici assicurerà più ombra e più isolamento termico mentre il nuovo impianto di illuminazione consentirà di aumentare l’efficienza illuminotecnica e di valorizzare esteticamente i Museo.

Papa Francesco ha avviato anche un percorso per la transizione sostenibile delle automobili del Vaticano, partendo da accordi con i produttori, come dimostra l’accordo con Volkswagen prevede che entro il 2030 l’intera flotta dello Stato sarà composta da veicoli elettrici del produttore tedesco. Trattasi dell’ambizioso programma ‘Conversione Ecologica 2030’ che aiuterà la Santa Sede a sostituire l’intera flotta di veicoli vaticani con modelli elettrici o ibridi, così da ridurre l’impronta di carbonio dello Stato.

La transizione ecologica vaticana passa anche attraverso iniziative educative e sociali: nel febbraio 2023, Papa Francesco ha istituito il Centro di Alta Formazione Laudato si’ (CeAF-LS), un organismo scientifico, educativo e di attività sociale che si pone l’obiettivo di rendere “concreti i principi contenuti nell’enciclica Laudato si’”. Un esempio sarà ‘Borgo Laudato Si’’, realizzato nei 55 ettari della residenza papale di Castel Gandolfo, un laboratorio dove sperimentare i contenuti formativi del Centro e formare persone provenienti da contesti problematici.

Nel 2016, Fulco Pratesi, ambientalista e fondatore del Wwf Italia da poco scomparso, disse di Bergoglio: «Io penso che, per adeguarci a quanto ci ha chiesto il Papa, dovremmo impegnarci, oltre agli scontati comportamenti di
parsimonia, risparmio e condivisione, a considerare tutte le specie che, senza loro colpa, sono condannate a convivere con noi. D’altra parte basterebbero le parole di San Francesco a farci capire che, pur negli obblighi di solidarietà per i nostri simili, si condividano clemenza e rispetto anche per tutte le altre espressioni della vita, non solo quelle magnificate per una
notte sulla facciata del massimo tempio della cristianità».

Un impegno ricordato anche da Giuseppe Onufrio, direttore esecutivo di Greenpeace Italia: «È stata una delle poche voci globali capaci di denunciare con chiarezza e coraggio come la crisi climatica stia distruggendo il nostro Pianeta e aggravando le disuguaglianze. Le sue parole – da ‘Laudato si’a ‘Laudate Deum – hanno dato forza a chi, in tutto il mondo, lotta per la giustizia ambientale e sociale. Il suo impegno resterà un riferimento importante per chi crede che la difesa della Terra sia anche una questione di dignità, equità e diritti umani».

Quale bilancio, dunque, si può fare dell’impegno di Papa Francesco per l’ambiente? Cosa resterà della sensibilità ecologica di Bergoglio nella Chiesa dei prossimi anni? Lo abbiamo chiesto a Lisa Sideris, Professoressa di studi ambientali presso la Facoltà di Studi religiosi della UC Santa Barbara.

Professoressa Sideris, Papa Francesco, scomparso pochi giorni fa, è da molti considerato il ‘Papa verde’. Peraltro, la Giornata della Terra (avvenuta il giorno della sua morte) è stata a lui dedicata quest’anno. Pietra angolare del suo impegno per l’ambiente è l’enciclica ‘Laudato Sì’ (e l’addendum del 2023) dove emerge, innanzitutto, la visione di un cristianesimo non basato sul dominio dell’uomo sul resto del mondo, ma sulla cura del creato. Viene, di fatto, criticato da Francesco l’Antropocene, l’antropocentrismo e l’individualismo egoista. È d’accordo? C’è una rivoluzione nella sensibilità della Chiesa?

Sono d’accordo sul fatto che Papa Francesco si sia attivamente opposto a un certo stile di antropocentrismo, che ha definito “tirannico” nel suo desiderio di dominare gli altri e il pianeta. In ‘Laudato Si’’ (LS) ha anche criticato l'”individualismo dilagante” che sfilaccia i legami sociali e guida il consumo eccessivo. Nella sua successiva “Esortazione” chiamata ‘Laudate Deum’, era particolarmente turbato da come la pandemia, piuttosto che promuovere la solidarietà, abbia ulteriormente alimentato l’individualismo e l’accaparramento della ricchezza. L’antropocentrismo e l’individualismo sono sintomi dello stesso problema, come lo vide Francesco, perché entrambi derivano dal rifiuto di vedere le cose nel loro contesto più ampio, nella loro vera relazionalità. Mentre lo trovo in ‘Laudato Sì’, spesso critica le visioni del mondo antropocentriche e individualiste contrastandole con la vera natura della realtà come profondamente relazionale e interconnesse. Francesco sosteneva che il cristianesimo, correttamente compreso, sfida l’impulso dominazionista, la volontà di padronanza, a causa del suo investimento in una struttura profondamente relazionale-trinitaria della realtà. Che i cristiani sostengano o meno fedelmente quei valori relazionali è un’altra questione, ovviamente. Per quanto ne so, Francesco non invocò l’Antropocene per nome, ma lui e i suoi consulenti scientifici furono certamente informati sui marcatori scientifici dell’Antropocene. Inoltre, in ‘Laudato sì’’, fa riferimento alla natura “onnipresente” dell’attività umana sul pianeta, resa manifesta nelle trasformazioni e negli interventi su larga scala in natura, e nell’effetto vampirizzante della tecnologia sulla vita. Ha avvertito della rapida accelerazione del cambiamento globale che gli esseri umani stavano imponendo sul pianeta. Sembra un po’ come l’Antropocene. E date le sue perenni preoccupazioni sul potere umano che usurpa il posto di Dio, sospetto che abbia trovato il termine Antropocene un po’ presuntuoso, come in effetti è.

Quanto c’è di San Francesco nel senso di meraviglia e di rispetto per il creato dentro Papa Francesco?

C’è una grande quantità di San Francesco e il senso di meraviglia del santo in Francesco, come lo vedo io. San Francesco d’Assisi ha espresso profonda meraviglia per tutta la creazione e si dice che abbia predicato i suoi sermoni agli uccelli e ad altri animali. Alcuni studiosi dicono che San Francesco era molto più radicale di quanto ci rendiamo conto, rifiutandosi di accumulare qualsiasi ricchezza. Papa Francesco vedeva il santo come un esempio di ecologia integrale nella sua profonda comprensione della relazionalità e del suo linguaggio relazionale per la natura, il sole e la luna, linguaggio che il papa ha spesso citato nei suoi scritti e discorsi. San Francesco, dice il papa, era aperto a impegnarsi con categorie ed esperienze al di là dell’intellettuale, trattando altre creature come parenti o fratelli. Questo, ancora una volta, suggerisce una sorta di animismo che a volte minaccia i cristiani perché vede il divino nella creazione piuttosto che il solo creatore. Non sono sicuro che Papa Francesco sia andato così lontano, ma potrebbe essere in parte dovuto al fatto che un papa apertamente animista solleverebbe le critiche di molti cattolici e rischierebbe di perdere alcuni seguaci.

Nella stessa enciclica e, in parte, anche in ‘Fratelli tutti’, Papà Francesco pone in risalto il rapporto tra giustizia sociale e protezione ambientale, come se fossero due ‘facce’ della stessa crisi. Possiamo chiarire meglio questo rapporto secondo Francesco?

Sì, un concetto centrale nella ‘Laudato Si’’ e in altri scritti del Papa, come è noto, è la preoccupazione per quella che potrebbe essere chiamata giustizia ambientale, o il modo in cui il cambiamento climatico e altri problemi ambientali hanno un impatto sproporzionato sui poveri e sugli emarginati. Ha parlato e scritto spesso di “responsabilità differenziata” per il cambiamento climatico, l’idea che coloro che storicamente hanno contribuito di meno al cambiamento climatico spesso soffrono di più dei suoi impatti. Queste idee sono abbastanza comuni nel discorso sul cambiamento climatico e nelle discussioni internazionali sugli obblighi delle nazioni più ricche nei confronti di quelle più povere. Ma per Francesco queste idee hanno radici nella tradizione cattolica dell’ecologia integrale, un approccio olistico alla comprensione dell’inseparabilità dei problemi economici, sociali, politici, etici e ambientali. Quindi, in realtà non sono solo due facce diverse della stessa crisi, ma molte facce. Francesco, insieme ad altri studiosi del clima, a volte si riferiva a questa serie sfaccettata di questioni globali interconnesse come la “policrisi”. La Terra non sta affrontando una varietà di crisi separate, insiste Francesco, ma piuttosto “una crisi complessa” con molte facce. Nella primavera di quest’anno, infatti, nel suo discorso all’Assemblea Generale della Pontificia Accademia per la Vita, ha fatto riferimento alla policrisi per descrivere la nostra attuale situazione in cui la guerra, il cambiamento climatico, l’energia e l’estrazione, le epidemie, il clima e la migrazione indotta dalla povertà e la pervasività della tecnologia nelle nostre vite sono tutte convergenti per creare una crisi massiccia.

Sullo sfondo, c’era una forte critica al capitalismo selvaggio, senza regole?

Sì, Francesco era molto critico nei confronti di quella che ha chiamato “cultura usa e getta”, che si riferisce non solo al modo informale in cui acquistiamo le cose e le buttiamo da parte, in modo iterativo, ma anche a come una mentalità capitalista modella un’intera visione del mondo. La nostra cultura usa e getta vede altri esseri viventi come sacrificabili: i poveri, i rifugiati e persino la Terra stessa e le sue creature, sono considerati completamente usa e getta. Vediamo questo atteggiamento “usa e getta” in azione nelle visioni del mondo dei miliardari della tecnologia che preferiscono trovare un altro pianeta piuttosto che frenare il consumo, il culmine del capitalismo sfrenato e non regolamentato. Francesco si riferiva a questo intrecciamento del potere capitalista e della tecnologia come al paradigma tecnocratico, in cui la tecno-scienza si estende ben oltre il suo dominio proprio, come se fosse la soluzione a ogni problema.

Nell’esortazione ‘Laudate Deum’, c’è un ultimo e quasi disperato richiamo a ricordarsi della crisi climatica, rivolto a tutto il mondo, ma soprattutto ai potenti della Terra. Eppure, i populisti di destra mondiali (da Trump a Bolsonaro), che si dichiarano difensori del ‘Dio, Patria e famiglia’, rinnegano la crisi climatica che, per Francesco, è “realtà”. Com’è stato il rapporto tra Papa Francesco e il populismo negazionista dell’ambiente?

Francesco era un contrappeso così gradito ai valori e allo stile di leadership che il populismo in tutto il mondo, e in particolare negli Stati Uniti, sta attualmente generando. Per quanto riguarda la negazione del clima, alcuni attuali leader populisti potrebbero negare il cambiamento climatico: Trump, ad esempio, è difficile da individuare e ha detto che è una bufala. Ma sempre di più, molti stanno usando il cambiamento climatico come logica per reprimere l’immigrazione, citando la scarsità di terra e risorse, la necessità di una nazione di proteggere il suo ambiente naturale unico e l’identità associata. Tanto preoccupante quanto la negazione del clima è quello che potremmo chiamare eco-nazionalismo, dove le questioni ambientali sono l’impulso per vietare agli immigrati di entrare nella nazione o essenzialmente per colonizzare regioni che contengono risorse – minerali rari, ad esempio, necessari per batterie o veicoli elettrici – necessarie per fare una transizione energetica verde. Queste sono essenzialmente nuove forme di imperialismo e quasi fascismo con il cambiamento climatico come scusa per l’azione autoritaria. Francesco si è opposto a tutte queste cose, a differenza di molte figure populiste di oggi.

Francesco, parlando di migranti, non dimentica i ‘migranti climatici’. Chi sono?

Sì, i migranti climatici o i rifugiati climatici erano di grande preoccupazione per lui. La sua preoccupazione per i migranti spicca nel nostro momento presente quando così tante nazioni, che sono implicate nella causa della crisi climatica, sembrano determinate a indurire i loro confini e incolpare i migranti per tutti i tipi di mali sociali. La tragedia delle morti dei migranti è stata un chiaro punto focale del suo papato fin dai suoi primi giorni. La sua esperienza e il suo background come figlio di immigrati hanno plasmato questa preoccupazione, ma in molti modi è semplicemente coerente con il ministero di Gesù per i poveri e gli emarginati, e con la tradizione gesuita che lo ha formato. La sua coerenza su questo tema fa vergognare altri leader che si identificano come cristiani e non ha esitato a chiamarli fuori.

Il Papa ha parlato di ‘debito ambientale’ sia nei confronti dei Paesi più poveri e più colpiti dai cambiamenti climatici sia nei confronti delle future generazioni. Cosa intendeva con questo concetto?

Questa idea è in linea con le sue preoccupazioni per le responsabilità differenziate e la giustizia ambientale, che le nazioni più ricche devono un debito con le nazioni povere in termini di riparazioni climatiche. Ha capito che le strutture economiche globali hanno permesso il danno sproporzionato ai paesi più poveri che hanno fatto poco per causare il cambiamento climatico e il cui sviluppo economico potrebbe essere ostacolato da trattati globali che riducono le emissioni di carbonio.

Papa Francesco aveva grande rispetto per gli indigeni, come per esempio i residenti tradizionali dell’Amazzonia. Da loro -come dimostra il Sinodo sull’Amazzonia- Papa Francesco invitava ad imparare qualcosa che gran parte dell’umanità ha da tempo dimenticato: come vivere in armonia ecologica con l’ambiente. Lei è d’accordo?

Sì, mentre penso che ci sia pericolo nel raggruppare le culture indigene insieme come se fossero uniformi, o nel romanticizzare la loro connessione con il mondo naturale, c’è chiaramente molta saggezza ereditata negli stili di vita indigeni da cui altre comunità possono imparare. Francesco ha trascorso molto tempo ad assorbire i valori indigeni e a prendere sul serio le esperienze di ingiustizia ambientale delle persone, in particolare delle persone in Amazzonia. Ammirava chiaramente le prospettive indigene che trattano la natura e le sue creature come esseri vitali, non come semplici risorse per lo sfruttamento. In questo senso, ha indicato l’apertura alle visioni del mondo che potremmo chiamare animistiche e non le ha necessariamente viste come incompatibili con il cristianesimo. Francesco pensava che la Chiesa cattolica dovesse integrare il suo insegnamento e il suo messaggio con le visioni spirituali del mondo delle popolazioni indigene, un processo chiamato inculturazione. Ciò significa non semplicemente assimilare quelle visioni del mondo nella Chiesa, ma rispettarle nella loro bontà intrinseca. Allo stesso tempo, è importante ricordare che la Chiesa ha sempre un’agenda missionaria ed evangelizzante. Quindi c’è il pericolo che, nel dialogo tra la Chiesa e i popoli indigeni, le credenze e i valori spirituali di questi ultimi possano essere assorbiti nell’insegnamento cattolico come se fossero in qualche modo espressioni della stessa rivelazione cristiana. Questo può diventare una mossa di colonizzazione, qualcosa di unilaterale piuttosto che un vero dialogo e rispetto reciproco. Ma Francesco sembra essere stato consapevole di quel pericolo e credo che apprezzasse le visioni del cosmo indigene per i loro meriti.

Papa Francesco si fa promotore di un’’ecologia integrale’, suggerendo un completo ripensamento del modello di sviluppo globale. In cosa consiste questa ‘ecologia integrale’ e qual’è l’alternativa concreta di sviluppo suggerita da Francesco?

Francesco, e non fu il primo papa a farlo, vedeva lo sviluppo umano integrale come alternativa al modello capitalista globale dell’economia. La crescente disuguaglianza causata dal cambiamento climatico sembra averlo spinto a sostenere questo modello ancora più con forza di alcuni dei suoi predecessori. L’idea di base è che lo sviluppo deve essere compreso non solo in termini di crescita economica, ma piuttosto qualcosa che metta gli esseri umani al centro, promuovendo lo sviluppo della persona nella sua interezza – che per Francesco significava nella loro interrelazionalità, nella comunità. A volte diceva che il termine persona non significa l’individuo, ma una relazione: essere una persona è essere relazionale. Come per l’ecologia integrale, di cui ho discusso in precedenza, lo sviluppo umano integrale vede le persone in tutte le loro varie sfaccettature, come esseri fisici, spirituali, intellettuali, sociali, emotivi. Privilegia il bene comune. Francesco ha unito le idee dell’essere umano integrale con l’ecologia integrale quando ha detto notoriamente che il grido della Terra e il grido dei poveri erano la stessa cosa, e devono essere affrontati insieme. Questo modello enfatizza la fioritura, non la mera crescita e il profitto che tendono a lasciare alcuni indietro mentre altri diventano ricchi. Concretamente ciò significherebbe, ad esempio, aumentare l’accesso a servizi sanitari di qualità, educativi e mezzi di sussistenza e opportunità di lavoro per le persone più emarginate. La giustizia e la dignità umana sono centrali, ma poiché anche la terra grida, una visione integrale non separa la difficile situazione della terra da quella dei poveri.

Mentre molti populisti negano il cambiamento climatico contestando la scienza, possiamo dire che Papa Francesco ha messo la Chiesa per la prima volta all’avanguardia, a fianco della scienza, a differenza di quello che la Chiesa fece, per esempio, con Galileo Galilei?

Il modo in cui viene spesso presentato l’affare Galileo, come esempio da manuale di conflitto tra scienza e religione, è stato esagerato. Galileo non fu perseguitato nella misura in cui molte leggende su di lui ci avrebbero fatto pensare, e la sua vita non è mai stata veramente in gioco. Sembra anche essere rimasto cattolico per tutta la vita, e le sue figlie erano suore. È importante menzionarlo solo perché il caso Galileo è diventato simbolico del conflitto tra scienza e religione, come se la Chiesa fosse stata a lungo in contrasto con la scienza. Tuttavia, Papa Francesco ha abbracciato e parlato della scienza in modo molto più esplicito rispetto ai papi precedenti, specialmente nella sua conoscenza dell’ecologia e delle dinamiche del cambiamento climatico. Allo stesso tempo, come notato in precedenza, è critico nei confronti del dominio della scienza e della tecnologia, o “tecno-scienza” su così tanti aspetti della nostra vita. Apprezzava la scienza, ma diffidava dello “scienziesimo”, una fede dogmatica nella scienza che la tratta come verità assoluta. Il modello di conflitto di scienza e religione che l’affare Galileo spesso perpetua non lascia molto spazio a questo tipo di sottigliezza per quanto riguarda il potenziale buono e cattivo della scienza, o il modo in cui la conoscenza scientifica, se applicata in modo non riflessivo, può essere problematica come la religione fondamentalista nel suo assolutismo. Francesco si oppose alle opinioni assolutiste, in generale.

Papa Francesco ha più volte ospitato in Vaticano e ha più volte preso parte a conferenze e summit internazionali dedicati all’ambiente (COP,…). Cosa ha ottenuto concretamente Francesco in queste sedi ‘ufficiali’?

Alcuni di questi incontri in Vaticano hanno avuto un focus molto pratico e hanno riunito tutti i tipi di persone – scienziati e altri ricercatori, politici e responsabili politici, leader religiosi – per discutere di questioni come come adattarsi ai cambiamenti climatici nei decenni a venire. Questi incontri si sono concentrati sulla creazione di linee guida specifiche per raggiungere l’adattamento climatico e la resilienza. I documenti, o protocolli, che ne derivano, poi vanno a informare la Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici. Quindi possono avere impatti nel mondo reale.

Cosa pensava Papa Francesco dell’Accordo di Parigi, firmato nel 2015? Papa Francesco ha contribuito alla firma dell’accordo?

Non ha firmato personalmente l’accordo, ma nel 2022 la Santa Sede ha annunciato la sua adesione alla Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici e all’accordo di Parigi. Mentre Francesco sosteneva fortemente l’accordo di Parigi, temeva anche che non avrebbe fatto abbastanza per affrontare l’alto grado di responsabilità per il cambiamento climatico tra le nazioni ricche, rispetto a quelle più povere. In seguito sarebbe diventato molto più critico nei confronti dei vertici sul clima per la loro incapacità di prendere sul serio queste responsabilità. Laudate Deum ha esorato i leader mondiali per i loro fallimenti e le loro promesse non mantenute, e per continuare lo status quo del capitalismo globale, mentre i poveri soffrono gli effetti del crollo ambientale.

Il richiamo alla ‘conversione ecologica’ invocata da Papa Francesco è stata condivisa dall’intera gerarchia vaticana? Chi si è opposto?

Come indicato dall’adesione a tali Accordi e Quadri, c’era sostegno per l’agenda ambientale di Francesco tra molti in Vaticano. Come per i cattolici in generale, tuttavia, alcuni conservatori pensavano che fosse andato troppo lontano o che l’ambientalismo non fosse un obiettivo appropriato di un papa. Alcuni di questi detrattori sono stati probabilmente influenzati dai loro legami con i combustibili fossili.

Secondo Lei, Papa Francesco è riuscito a cambiare la sensibilità delle società, almeno dei cattolici sull’ambiente che, spesso, votano più i populisti che dichiarano il contrario di Bergoglio?

In termini di una rivoluzione nella sensibilità, penso che la caratterizzazione sia troppo forte, purtroppo. Molte delle dottrine che i cattolici progressisti avrebbero potuto volere che rivoluzionasse, ad esempio, il posto delle donne nella Chiesa, rimangono più o meno invariate, formalmente, anche se ha parlato in termini indulgenti e non giudicanti su questioni come il divorzio o il matrimonio tra persone dello stesso sesso. Anche così, senza cambiare la dottrina ufficiale, la sua umiltà, la sua evidente preoccupazione per i poveri e coloro che soffrono, umani e non umani allo stesso modo, e il suo interesse per il dialogo e il dibattito stabiliscono un tono positivo e di ricerca.

Possiamo dire che l’ambientalismo di Francesco era ‘scomodo’ perché non era ipocrita?

L’ambientalismo di Francesco mi è sembrato autentico, in quanto ha praticato ciò che predicava. Viveva uno stile di vita piuttosto modesto, rinunciando a molte di cui i papi precedenti godevano. Ha sostenuto stili di vita più semplici, meno consumistici e ha modellato quei valori. Sospetto che la sua sincerità su questi punti sia preoccupante per le persone che preferiscono abbracciare l’ambientalismo in modo superficiale, senza dover sacrificare nulla o cambiare nulla del modo in cui vivono. Alcuni potrebbero opporsi alla sua impronta di carbonio (volare in tutto il mondo, ecc.) o all’uso dell’aria condizionata in Vaticano, o qualsiasi altra cosa. Penso che questo manchi il punto della sua genuina solidarietà con i poveri e della maggiore consapevolezza che ha sollevato per il cambiamento climatico durante i suoi viaggi. Ho anche letto che ha viaggiato in un aereo efficiente che consumava meno carburante ed emetteva meno carbonio e spingeva per l’energia rinnovabile nella Città del Vaticano. La sua sincera preoccupazione per questi problemi probabilmente ha toccato un nervo scoperto. Era determinato a chiamare l’ipocrisia tra i cristiani, sostenendo che non puoi chiamarti cristiano e ignorare o insultare il rifugiato o altri che sono affamati, poveri e bisognosi di aiuto. Ha considerato che gli insegnamenti di Gesù sul ministero ai poveri e a coloro che ne hanno bisogno sono assolutamente centrali per la fede cristiana. E poiché ha tracciato un cerchio intorno ai poveri e al mondo naturale, vedendo sia agli emarginati che ai dimenticati, si è anche mantenuto a un alto standard di coerenza nelle sue convinzioni e azioni ambientali. Considerava l’ipocrisia un grande peccato.

Avrebbe potuto fare di più Francesco per il clima?

Suppongo che chiunque di noi abbia a che cura dell’ambiente possa sempre fare di più. Quello che ammiro di Francesco è la coerenza tra le sue convinzioni e le sue azioni e il suo stile di vita. Anche nei suoi ultimi giorni, si è sforzato di continuare le sue critiche ai problemi che ha identificato, in particolare il suo rimprovero delle recenti politiche dell’amministrazione Trump riguardanti la deportazione degli immigrati e l’audace insistenza di Francesco sul fatto che queste azioni non sono coerenti con il cristianesimo. Il suo messaggio è stato coerente per tutto il suo papato e, semmai, quel messaggio è diventato più urgente ed eloquente.

In conclusione, cosa resterà della sensibilità ambientale di Francesco nella Chiesa del futuro?

È possibile che la sua visione progressiva continui. Francesco ha nominato un gran numero di elettori che sceglieranno il prossimo papa, il cosiddetto ‘conclave’. Più in generale, ha toccato molte vite con il suo amore per le persone e la sua identificazione con la persona media piuttosto che con le élite e la gerarchia della Chiesa. A differenza di altre figure populiste oggi, Francesco si è schierato con il popolo, spesso contro le élite, mentre figure come Trump affermano di sfidare le cosiddette élite nelle università, ad esempio, mentre conduce un colpo di stato tecnocratico eseguito da miliardari per miliardari.