La Cina è diventata un attore dominante nelle catene di approvvigionamento globali di minerali critici e beni legati all’energia pulita grazie a una politica impostata negli anni ’80
Le nuove tecnologie per l’energia pulita sono l’ultima frontiera delle rivalità geoeconomica, la sicurezza delle catene di approvvigionamento per terre rare e minerali critici -materiali essenziali per l’energia pulita- è diventata una questione strategica globale. Sicurezza della catena di approvvigionamento che la pandemia e la contestuale ulteriore crescita dell’assertività della Cina (che in fatto di terre rare da ben prima della pandemia si dimostra molto determinata) hanno dimostrato essere fragile.
L’autorevole think tank americano Center for Strategic and International Studies (CSIS), ha realizzato un rapporto, dal titolo ‘The Geopolitics of Critical Minerals Supply Chains‘, che confronta le strategie e le azioni intraprese da Stati Uniti, Unione Europea e Giappone, evidenziando i fattori economici, di sicurezza e geopolitici chiave per migliorare la sicurezza delle catene di approvvigionamento di tali materiali critici. Il 18 marzo, ‘L’Indro‘ ha avviato la pubblicazione di una ampia sintesi di ‘The Geopolitics of Critical Minerals Supply Chains‘.
Alcune economie hanno iniziato lavorare sullo stato delle loro catene di approvvigionamento di minerali critici e hanno aggiornato le loro strategie, ampliato gli strumenti politici per affrontare la sfida, o hanno introdotto piani d’azione per migliorare o preservare la sicurezza. Al centro delle loro preoccupazioni: la Cina.
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La Cina è diventata un attore dominante nelle catene di approvvigionamento globali di minerali critici e beni legati all’energia pulita.
«Nella produzione di fotovoltaico solare (che consiste sostanzialmente nella produzione di polisilicio, lingotti solari, wafers, celle e moduli), la Cina detiene oltre il 90% delle capacità di produzione di wafers, e le aziende cinesi, indipendentemente dall’ubicazione della fabbrica, possiedono i due terzi della capacità di produzione globale di polisilicio e il 72% della produzione globale di moduli. Nella produzione di batterie agli ioni di litio, la Cina ha la maggior parte della capacità di elaborazione per i componenti chiave (come catodi, anodi, separatori ed elettroliti), nonché quasi l’80% di capacità di produzione globale di celle di batteria.
Sebbene meno dominante, la Cina ha ancora una forte presenza nella catena del valore delle turbine eoliche: ospita circa la metà degli impianti di produzione totali di gondole, pale, torri eoliche, generatori a turbina e riduttori».
L’emergere della Cina come forza principale lungo la catena del valore delle tecnologie per l’energia pulita è in parte il risultato della loro ricchezza di risorse -poiché la Cina ospita circa un terzo delle riserve globali di terre rare- ma rappresenta anche il culmine della sua politica industriale a lungo termine, della capacità della Cina di avvantaggiarsi del ritardo nelle normative del settore estrattivo
«Dove non ha accesso alle risorse, la Cina ha investito in progetti minerari all’estero. Ad esempio, quasi il 60% del minerale di cobalto proviene dalla RDC, le imprese cinesi investono in miniere di cobalto e partecipano a progetti di fusione del cobalto per garantirsi un accesso stabile alle risorse di cobalto. La Cina è arrivata a rappresentare il 72% della capacità globale di raffinazione del cobalto». «Inoltre, mentre la Cina è solo uno dei cinque Paesi che produce litio (un altro minerale chiave per la produzione di batterie agli ioni di litio), rappresenta circa 60% della capacità di raffinazione del litio globale. La Cina è leader del resto del mondo nella sua capacità di trasformare questi materiali raffinati in componenti, principalmente catodi (producendo il 52 per cento dell’alimentazione catodica), anodi (78 percento), separatori (66 percento) ed elettroliti (62 percento) . Nel 2018, per la prima volta in oltre tre decenni, la Cina è diventata un importatore netto di almeno sette terre rare, perchè la produzione interna è diminuita a causa di un giro di vite del governo sulla produzione illegale».
«Il riconoscimento da parte della Cina del valore strategico dei minerali non combustibili e delle loro applicazioni industriali risale almeno al settimo piano quinquennale nazionale per l’industria delle terre rare (1986-1990)», nel quale si sosteneva che è una priorità «sviluppare la ricerca e la produzione di applicazioni avanzate per le terre rare e nuovi materiali (ad esempio, magneti permanenti e laser) per il consumo interno e l’esportazione». «Il governo cinese ha stimolato lo sviluppo dei settori midstream e downstream attraverso politiche di investimento che hanno consentito investimenti stranieri nella fusione di terre rare con l’importazione di tecnologie avanzate e macchinari, e incoraggiato investimenti esteri e joint venture nella produzione di prodotti avanzati a valle, il tutto vietando gli investimenti stranieri e le joint venture nel settore minerario.
Gli investimenti sponsorizzati dallo Stato in ricerca e sviluppo sono decollati presto in Cina. Nel 1985 c’erano più di 300 istituti di ricerca e centri di ricerca universitari in Cina che lavoravano sulla ricerca, su progetti relativi all’estrazione, su fusione e applicazioni di terre rare. La Cina ha depositato più brevetti di terre rare di tutti gli altri Paesi del mondo messi insieme». La disponibilità di minerali a basso costo hanno fatto si che molte aziende straniere si trasferissero in Cina. Per tanto queste aziende hanno avuto facile accesso al mercato cinese in crescita, dall’altra parte hanno avvantaggiato i cinesi, migliorando il downstream cinese, la capacità produttiva attraverso il trasferimento di tecnologia.
Dal 1999 al 2014, la Cina ha imposto una quota annuale di esportazione. Il sistema delle quote di esportazione è stato strutturato per favorire le imprese e i loro utili. Inoltre, nel 2006, Pechino ha introdotto quote di produzione sui concentrati di terre rare, con l’obiettivo dichiarato di controllare la produzione totale e l’estrazione illegale. Queste azioni hanno causato un picco nei prezzi delle terre rare, data la forte posizione della Cina nella fornitura globale. Le restrizioni sono continuate fino al 2014, quando un comitato di risoluzione delle controversie dell’Organizzazione Mondiale del Commercio (WTO) ha concordato con gli Stati Uniti, l’Unione Europea e il Giappone che i dazi all’esportazione della Cina e le quote di esportazione su terre rare, tungsteno e il molibdeno costituiva una violazione delle norme del WTO.
Più recentemente, il governo cinese ha identificato‘nuovi materiali‘, come i magneti permanenti, tra i 10 settori interessati dal sostegno del governo nell’ambito dell’iniziativa Made in China 2025. Questa iniziativa industriale, lanciata nel 2015, mira a migliorare la capacità produttiva della Cina entro il 2025 attraverso l’allocazione mirata di risorse, come regolamenti vantaggiosi, incentivi fiscali e finanziamenti dalle banche pubbliche. Lo sviluppo della industria dei ‘nuovi materiali‘ è visto come una base per lo sviluppo di successo della capacità di produzione cinese in altri nove settori, come veicoli elettrici, nuove tecnologia dell’informazione e aerospaziali».
La forte attenzione della Cina all’espansione dell’innovazione tecnologica è probabile che continui almeno fino al 2035, anno identificato dal Partito Comunista Cinese come l’anno in cui la Cina diventerà il leader tecnologico globale.
Da quando il governo cinese ha promosso l’industria, il consumo di minerali delle terre rare è in aumento. «Tra il 2004 e il 2014, in Cina il consumo di minerali delle terre rare è cresciuto a un tasso medio annuo del 7,5%, mentre il consumo di minerali delle terre rare del resto del mondo è diminuito del 3,8%, aumentando la quota della Cina di consumo globale dal 43 al 70 per cento».
Al fine di posizionarsi meglio per resistere a potenziali interruzioni dell’approvvigionamento, China’s National Mineral, il Piano delle risorse per il 2016-2020, richiedeva di stabilire una serie di capacità, compreso un meccanismo per l’industria delle terre rare, per salvaguardare le proprie catene di approvvigionamento da varie cause di potenziali interruzioni, e un’analisi più sistematica della domanda e dell’offerta di prodotti minerali. Recentemente, nell’ottobre 2020, la Cina ha approvato una legge sul controllo delle esportazioni che limiterebbe le esportazioni di prodotti sensibili nell’ottica degli interessi e della sicurezza della Cina. Anche se il governo non ha elaborato o chiarito quali elementi e tecnologie rientreranno in questa legge, le terre rare è fortemente sospettato rientrino.
«Inoltre, all’inizio di gennaio 2021, la Cina ha introdotto un progetto di legge per ‘rafforzare la protezione delle sue risorse di terre rare’ e ‘la piena regolamentazione della catena industriale‘ rafforzando il processo di approvazione dei progetti di estrazione e lavorazione, nonché il commercio di terre rare. Nel riportare questa proposta, il ‘China Daily‘, gestito dallo Stato, ha osservato che la Cina considera gli elementi delle terre rare come‘risorse preziose‘», insostituibili, ha scritto la testata, per l’aggiornamento delle industrie tradizionali e lo sviluppo delle industrie emergenti. Questi sviluppi possono anche riflettere il disagio della Cina nei confronti degli Stati Uniti e delle altre principali economie che stanno cominciando ad affrontare seriamente la loro vulnerabilità per quanto riguarda le criticità delle catene di approvvigionamento di minerali.