Un programma ambizioso, ma in cosa consiste?
Come aveva più volte ribadito nel corso della campagna elettorale, anche il 30 gennaio 2018, nel «Discorso sullo Stato dell’Unione», il Presidente Donald Trumpè tornato a parlare del «rafforzamento dell’arsenale nucleare». Il piano prevedrebbe un ammodernamento dello stock a disposizione: ad esempio, i missili Cruise. Ma il fil rouge è costituito da «flessibilità» e «strategia su misura» così da poter rispondere alle diverse minacce.
Quattro in particolare: Russia, Cina, Corea del Nord, Iran. «Mantenere un efficace deterrente nucleare è molto meno costoso che combattere una guerra che non siamo riusciti a scoraggiare » sostiene il Segretario alla Difesa James Mattis, riponendo l’ accento sulla necessità di un arsenale nucleare quale inesauribile fonte di deterrenza, oltre che di assicurazione per gli alleati e valido strumento contro la proliferazione.
Del resto – afferma il documento del Pentagono – già la Commissione bipartisan di posizione strategica del Congresso, guidata dagli ex segretari di difesa William Perry e James Schlesinger – aveva sottolineato nel 2009, che «le condizioni che potrebbero verificarsi possibile l’eliminazione globale delle armi nucleari non sono presenti oggi e la loro creazione richiederebbe una trasformazione fondamentale dell’ordine politico mondiale»
La triade nucleare strategica di oggi, largamente utilizzata negli anni ’80 o prima, consiste in: sottomarini (SSBN) armati di missili balistici lanciati sottomarini (SLBM); svolte sulla terraferma missili balistici intercontinentali (ICBM); e i bombardieri strategici che trasportano la gravità bombe e missili da crociera lanciati dall’aria (ALCM). Gli Stati Uniti attualmente gestiscono sottomarini di classe OHIO dotati di Trident II (D5) SLBM per rifornire la propria forza deterrente basata sul mare: il progetto li vorrebbe sostituire con sottomarini della classe Columbia.
La deterrenza a terra, la gamba più reattiva della triade, è garantita da 400, ICBM Minuteman III a testata singola dispiegati in 450 silos sotterranei dispersi in diversi stati. L’obiettivoa sarebbe sostituirli con il Ground-Based Strategic Deterrent (GBSD). Gli Stati Uniti sosterranno e modernizzeranno il B-52H e il B-2A per garantire che rimangano efficace nel futuro. Data la continua proliferazione e miglioramento capacità di difesa aerea avversaria e il continuo invecchiamento del B-52H, dell’ALCM e del B-2A, gli Stati Uniti hanno avviato un programma per sviluppare e implementare la prossima generazione bombardiere, il B-21 Raider.

Dal documento del Pentagono
Il progetto dovrebbe costare circa il 6,4 percento dell’attuale budget del dipartimento della Difesa. Questo 6,4% dell’attuale budget richiesto per il programma di sostituzione a lungo termine rappresenta meno dell’uno per cento del bilancio federale complessivo. Questo livello di spesa per sostituire le capacità nucleari degli Stati Uniti si paragona al 10,6 percento del budget richiesto durante l’ultimo periodo di investimento negli anni ’80, che all’epoca era quasi il 3,7 percento del budget federale e il 17,1 percento del budget richiesto all’inizio degli anni ’60. Negli anni, soprattutto dopo la fine della Guerra Fredda, il numero di ordigni atomici americani è molto diminuito, anche grazie ai diversi accordi internazionali: si è passati dalle oltre 20.000 del 1990 a poco più di 5000.
Della nuova Postura nucleare statunitense abbiamo parlato conStefano Silvestri, Direttore editoriale di “AffarInternazionali” oltre che consigliere scientifico presso lo IAI (Istituto Affari Internazionali).
«Dobbiamo guardare la realtà negli occhi e vedere il mondo così com’è, non come vorremmo che fosse»scrive il Segretario alla Difesa americana James Mattis. A differenza della Presidenza Obama, per l’ ‘America First’, il nucleare rimane ancora una fondamentale fonte di deterrenza nei confronti dei potenziali avversari?
E’ una nuova sottolineatura dell’ importanza del ruolo delle armi nucleari. Anche se, ad esempio, l’ Europa era favorevole ad un loro progressivo smantellamento.
Continuano dunque ad avere un importante ruolo a livello diplomatico?
E’ vero che hanno un ruolo a livello diplomatico. Diciamo che in questa situazione è complicato capire se c’è o meno questo mutamento di dottrina strategica. Alcuni sostengono di sì nel senso che l’ attuale posizione, soprattutto insistendo sulla necessità di usare l’ arma nucleare anche per contrastare minacce non nucleari e proponendo lo sviluppo di un maggior numero di testate ad uso tattico, potrebbe far pensare ad un impiego dell’ arma nucleare anche in conflitti a bassa intensità. Al Pentagono, è sempre stata diffusa l’ ipotesi di usare l’ arma nucleare anche in conflitti non convenzionali, in conflitti non di massimo livello. Ce n’è una lunga lista, a partire da quando il generale MacArthur aveva proposto di usare l’ arma nucleare per bloccare l’ avanzata cinese in Corea del Nord durante la Guerra di Corea fino all’ ipotesi di utilizzarla in Vietnam. A queste proposte, è stato sempre, però, risposto negativamente. Quindi che ci siano dichiarazioni in questo senso nella dottrina elaborata dal Pentagono non meraviglia del tutto. Quello che cambia è la dimensione tecnologica che potrebbe rendere questo più possibile: in passato, infatti, era molto più difficile fare una distinzione tra le armi nucleari tattiche e le armi nucleari strategiche. Oggi la miniaturizzazione potrebbe essere molto più facile.
Proprio il ricorso a testate miniaturizzate è il viatico verso la ‘flessibilità’ più volte citata nel documento diffuso dal Pentagono?
Sì. E’ sempre, però, un gioco fortemente ambiguo: da un lato è vero che la flessibilità aumenta la credibilità della dissuasione; dall’ altro è anche vero che la flessibilità comporta dei rischi: se finisce per abbassare troppo la soglia nucleare, è indistinguibile conoscere fin dove arriva il conflitto convenzionale e fin dove inizia quello nucleare. Ci sono dunque dei limiti ed è molto complicato capire dove si possano situare. Finora li abbiamo posti al fatto che qualsiasi uso di arma nucleare, tale che questa fosse, miniaturizzata o meno, significava varcare la soglia nucleare e quindi iniziare un processo di escalation. Ad esempio, nel documento, si suggerisce che si possano montare delle testate miniaturizzate, e quindi utilizzate a fini tattici, sui missili imbarcati sui sottomarini: questi missili, però, sono conteggiati come armi strategiche da Russia e America nel trattato START che è in vigore ed è rispettato da ambedue le parti. Ciò non significa, tecnicamente, che non possano essere utilizzati anche come armi tattiche, ma, di fatto, se un sottomarino inizia a lanciare dei missili intercontinentali, abbiano essi delle testate nucleari tattiche o strategiche, questo non è dato sapere finché non sono esplose, comunque comporta da parte degli altri Paesi una reazione di tipo strategico.
L’ uso di ordigni miniaturizzati potrebbe favorire attacchi chirurgici e quindi, di conseguenza, aumentare le opzioni sul tavolo del Presidente?
Può dare questa impressione. Il problema è: finché ha l’ opzione e non la usa, questa è un’ ipotesi di aumento della dissuasione e, addirittura, potrebbe diventare un’ ipotesi di compellenza, ovvero, senza usare le armi nucleari, forzare con la minaccia l’ avversario così da portarlo a fare quello che tu vuoi. E’ un po’ la logica delle guerre stellari di Reagan che erano basate su un’ ipotesi difensiva che è vero che turbavano gli equilibri strategici, ma era meno pericolosa rispetto a quella che punta ad un cambiamento delle armi offensive.
Vede un ritorno a quella logica?
C’ è sempre, certo. Diciamo che c’è anche l’ ipotesi per cui gli Stati Uniti vogliano forzare la Russia a fare investimenti in armi per poi scoprire che non ce la fa, come era avvenuto con Reagan. Tutto sta a vedere come reagisce: non è detto che la Russia segua gli Stati Uniti in questo versante anche perché, in una guerra offensiva, anche se non si dispone di bombe così raffinate, ma di bombe più vecchie che comunque possono causare gravi danni, se si punta ad un’ escalation, si usano quelle. Altro è quello che uscito sulla stampa: il Cremlino punterebbe a sviluppare una megatestata nucleare.
Secondo il Pentagono, si tratterebbe dello ‘Status-6 AUV’, soprannominato Kanyon, un drone -sottomarino in grado di raggiungere gli oltre 1000 metri di profondità, delle dimensioni di un mini-sommergibile in grado di trasportare un ordigno della potenza di circa 100 megatoni. Ma tornando alle armi tattiche miniaturizzate, disporne aumenta, come molti ipotizzano, la possibilità di un ‘first strike’ americano in alcuni teatri?
Il ‘first strike’ è sempre possibile. Quello che lo rende oggi più credibile è la maggiore precisione delle armi. In realtà il ‘first strike’ è diventato possibile da quando è stata applicata la dottrina che era peraltro di Obama e, ancor prima di lui, di Bush, ossia la Prompt Global Strike, cioè la possibilità di colpire ovunque, con grande precisione, con armi convenzionali perché questo permetterebbe di attaccare le armi nucleari dell’ avversario e distruggerle, senza usare le armi nucleari e, quindi, costringendo l’ avversario a ricorrere per primo all’ arma nucleare, malgrado la dissuasione che lo rendeva estremamente difficile. Le possibilità possono aumentare tecnicamente, ma il problema è se questo viene percepito come un cambiamento di dottrina americana da parte degli altri cioè, per meglio dire, se gli altri si convincono che gli americani siano favorevoli a sferrare un ‘first strike’ facendo uso per primi dell’ arma nucleare. Va ricordato, infatti, che gli americani hanno sempre detto che, in determinate condizioni, avrebbero sempre potuto usare per primi le armi nucleari: ad esempio se l’ Europa correva il rischio di essere completamente invasa dai russi. Quindi non è tanto se gli americani possano usare per primi l’ arma nucleare, ma se possano sferrare un attacco di sorpresa. Se questa diventa una convinzione dei cinesi e dei russi, loro reagiranno e il problema è che l’ intero sistema delle allerte nucleari diventa estremamente fragile perché sottoposto ad una continua pressione di ‘lancio su allarme’ che, a sua volta, potrebbe creare anche gravi errori come è successo in passato: se pensi che ti stanno attaccando di sorpresa e che hai solamente tre o quattro minuti per reagire, reagisci e, a quel punto, l’ avversario reagisce. C’ è dunque anche un maggior rischio di guerra per errore. E poi c’è anche un problema di controllo dell’ arma nucleare perché, in una situazione di questo genere, non c’è neanche il tempo di chiedere l’ autorizzazione all’ autorità politica.
L’ altra minaccia strategica, oltre la Russia, è, appunto, la Cina che sta compiendo installazioni militari nelle isole del Mar Cinese Meridionale e, nel contempo, sta effettuando grossi investimenti nel settore della difesa.
Il problema è, infatti, che l’ equilibrio non è più bipolare, ma tripolare. Ed ecco il rischio: se la Russia pensa che gli americani la stanno per attaccare, cosa fa? Pensa a sparare agli americani, sapendo di essere a sua volta colpita e lascia la Cina come unico vincitore, oppure coinvolge anche Pechino?
E questa è l’ enorme differenza con la ‘Guerra Fredda’.
In un certo senso, è più stabile l’ equilibrio a tre perché tu non puoi fare la guerra ad uno se non la fai anche all’ altro. Però ci sono anche maggiore possibilità di errori.
Rispetto a tutte le minacce, comprese Corea del Nord e Iran, nel documento del Pentagono si fa riferimento anche al fatto che un arsenale nucleare americano potenziato potrebbe rassicurare gli alleati e dissuaderli dal costruirsi un proprio arsenale nucleare. E’ d’ accordo?
L’ ipotesi è sostenibile perché, aumentando la flessibilità, aumenta anche la credibilità della dissuasione allargata degli americani a protezione degli alleati. Però, allo stesso tempo, non è detto che li rassicuri completamente. Quindi è sempre un gioco di ambiguità e di gradi di sviluppo. Certo gli alleati sono sempre più difficili da rassicurare perché il loro problema non è soltanto quello di dissuadere l’ avversario di turno, ma anche di essere sicuri del fatto che questa dissuasione verrà messa in atto. Quindi il problema è che gli alleati, la NATO, il Giappone, hanno una doppia incertezza: un’ incertezza di quale sarà la mossa dell’ avversario e di ciò che faranno gli Stati Uniti. Anche perché bisogna vedere se questo porta a maggior timore e soprattutto ad una maggiore proliferazione nucleare.
Il Pentagono ritiene che la Nuova Postura Nucleare americana sfavorirà la proliferazione. E’ d’ accordo?
Mi auguro che non aumenti. Ma è indubbio che la situazione odierna è molto allettante da questo punto di vista.
James Mattis, a proposito della triade nucleare strategica, ha scritto che «è la strada giusta» per la deterrenza. Si dovrebbe comporre di sottomarini (SSBN) armati di missili balistici lanciati sottomarini (SLBM); sulla terraferma missili balistici intercontinentali (ICBM); e i bombardieri strategici che trasportano la gravità bombe e missili da crociera lanciati dall’aria (ALCM). L’ ammodernamento è un progetto ambizioso che può giungere a termine?
Bisognerà vedere, ci sono problemi anche tecnici. Leggevo, giorni fa, un intervista del direttore della struttura americana che fabbrica e rinnova le testate americane. Il direttore, che era stato nominato da Obama, è in procinto di lasciare il posto, ma, al momento, non è ancora stato restituito dall’ Amministrazione Trump. Il direttore sosteneva di essere già impegnati nel normale programma di controllo, produzione e rinnovamento delle testate nucleari e che non hanno assolutamente risorse umane oltre che di spazio per fare di più, anche perché il loro bilancio è stato tagliato. Allora suppongo che si potrà cambiare tutto questo, riallargando il bilancio e assumendo le persone necessarie. Ma sono problemi non indifferenti perché possono ritardare di molto la realizzazione di un programma. Io credo anche che occorra fare molta attenzione a quello che è semplicemente declamatorio e quello che saranno poi le cose che effettivamente verranno fatte.
II potenziamento dovrebbe riguardare anche il Sistema di Trasmissione. In quale direzione?
Il problema era renderlo più sicuro rispetto a possibili attacchi, soprattutto di carattere spaziale e cyber. Da questo punto di vista, si può parlare di modernizzazione, ma credo che l’ obiettivo fondamentale sia la resilience ossia la resistenza anche sotto attacco di questi sistemi, essenziali per la capacità operativa, per la credibilità, per la deterrenza. Il problema è anche che i sistemi di comando e controllo nucleare sono tecnicamente quasi indistinguibili rispetto ai sistemi di comando e controllo convenzionale: ad esempio, usano gli stessi satelliti. Ora, se in un conflitto convenzionale, vengono danneggiati i sistemi di comando e controllo convenzionale, tu sei ancora all’ interno del conflitto convenzionale, ma in realtà si potrebbero danneggiare anche sistemi di comando nucleare e quindi costringere l’ avversario a reagire a livello nucleare.
Questa nuova Postura Nucleare americana troverà, all’ interno dell’ Alleanza Atlantica, più sostenitori o più critici?
Credo che troverà più critiche. Naturalmente gli europei sono molto prudenti nel senso che l’ ombrello dissuasivo a copertura dell’ Europa rimane e quindi nessuno lo vuole mettere in dubbio. Quindi se ci saranno critiche, saranno molto prudenti.