Come nel domino, anche in Germania, la controversa vicenda del voto in Turingia ha innescato una reazione a catena nel mondo politico, mettendo in crisi la CDU con le dimissioni della sua Presidente, Annegret Kramp-Karrenbauer, a poco più di un anno dalla conquista della guida dell’Unione dei Cristiano-Democratici (dicembre 2018).
Perché questo scossone? Lo scandalo ormai noto come ‘Turingiagate’ scoppia con l’elezione di Thomas Kemmerichdel partito liberale (FDP) come governatore della Turingia con i voti dell’ AfD, il partito di estrema destra particolarmente forte in quel Land della Germania centro-orientale e il cui leader Björn Höcke viene da molti accusato di simpatie neonaziste.
Le elezioni regionali di fine ottobre avevano visto trionfare la Linke con il 31%, seguita dall’AfD con 23,4%, dalla CDU con il 21,7%, dall’SPD con l’8,2%, dai Verdi con il 5,2% e, infine, dai liberali dell’FDP con il 5%. Pur non essendo uscita dalle urne una maggioranza di governo definita, era comunque considerata ovvia una riconferma, magari al terzo turno di votazioni al Parlamento di Erfurt (quindi senza una maggioranza di due terzi) del premier uscente Bodo Ramelow, della Linke, a capo di un governo di minoranza rosso-rosso-verde, cioè sostenuto da Linke, SPD e Verdi.
A scombinare le carte, la decisione di AfD di far convergere i propri voti sul candidato della FDP appoggiato anche dalla CDU, Kemmerich, che alla fine è uscito vincitore per un solo voto su Ramelow. Un evento clamoroso che ha fatto tornare alla mente a molti la Repubblica di Weimar dove, nel 1930, proprio in Turingia, entrò nel governo di un Land il primo ministro espresso dal partito nazista Nsdap, Wilhelm Frick, futuro ministro degli interni del Terzo Reich.
Kemmerich ha rimesso il mandato dopo neanche un giorno dall’elezione, ma non avrebbe potuto vincere senza l’AfD e, ancor di più, senza l’ormai nota corrente interna alla CDU, la ‘Werten Union’, che ha contraddetto la linea della dirigenza del partito. Dure le reazioni a quanto accaduto in Turingia. La prima e più dura è stata quella della Cancelliera Angela Merkel che dal Sudafrica aveva bollato come «non un buon giorno per la democrazia» l’ elezione di Kemmerich chiedendone l’annullamento in quanto contraria ai valori della CDU.
«Imperdonabile» è stato l’aggettivo attribuito da Merkel alla vicenda. Un giudizio lapidario che, a detta di molti, ha decretato, indirettamente,la fine della leadership di Annegret Kramp-Karrenbauer la quale, ieri, ha annunciato le dimissioni dalla Presidenza della CDU, che manterrà fino all’estate, al massimo all’autunno quando si eleggerà il successore, oltre alla volontà di non ricandidarsi nel 2021, non rinunciando, però, per il momento, alla carica di Ministro della difesa, anche su espressa richiesta della Cancelliera.
Con una lunga esperienza politica (è stata Ministerpräsident del Saarland) e vista come ‘delfina di Angela Merkel’, AKK si è trovata a guidare la CDU in una congiuntura piuttosto complicata e completamente diversa rispetto agli albori dell’ ‘era Merkel’, nel bel mezzo del tramonto politico della Cancelliera a cui era succeduta alla guida del partito dopo la decisione di quest’ultima di ritirarsi: la trasformazione dell’Unione cristiano democratica in calo di consensi a fronte della crescita dell’AfD, soprattutto nelle regioni orientali del Paese; il tentativo di tenere distinte le cariche di Cancelliere e di Presidente del partito; il rallentamento economico tedesco in un mondo flagellato dalla guerra dei dazi tra Stati Uniti e Cina; l’esigenza di ripensare il modello economico anche tenendo conto della sostenibilità ambientale; l’immigrazione; l’arduo tentativo di rilancio dell’UE operato da Merkel insieme alla Francia di Macron. Problemi complessi che hanno messo in difficoltà una già fragile leadership, incapace di invertire la rotta declinante in termini di consensi e gestire un partito in una fase molto delicata dove le forze centrifughe e le correnti ( la ‘Werten Union’ è l’unica dichiarata) si intensificano.
Come vedremo, la crisi della CDU rispecchia quella esistenziale della Germania, in cui sembrano riemergere, a quasi trent’anni dalla riunificazione, le divisioni tra Est e Ovest e di cui la crescita dell’AfD è effetto. Cos’è l’AfD e, di conseguenza, quale debba essere l’approccio con essa è il problema che molta parte della CDU non sembra voler affrontare se non in via pregiudiziale e che la condanna a riuscire con difficoltà a trovare maggioranze stabili, soprattutto a livello locale. Quello che manca è l’effettiva valutazione del male da curare aiuterebbe a scegliere le cure più adeguate.
Le dimissioni di AKK hanno acceso il dibattito interno alla CDU per la successione. Tra le figure che potrebbero correre per conquistare il vertice del partito, Armin Laschet, 58enne governatore della Renania Settentrionale, sostenitore delle politiche migratorie merkeliane; Jens Spahn, attuale ministro della Salute gay, cattolico e fervente conservatore, con un forte appeal tra i giovani, ma non solo anche per la sua popolare riforma sanitaria; Friedrich Merz che, da molti considerato agli antipodi della Merkel, ha perso contro AKK nella corsa per la leadership nel 2018, sembra il candidato più legato ai valori tradizionali della CDU e, forse per questo, capace di recuperare parte di quell’elettorato affascinato dalle sirene dell’AfD.
Il tutto mentre l’economia tedesca è in forte affanno: a gennaio la produzione industriale è crollata del 3,5%, dopo il +1,2% di dicembre, mentre su base annua cala del 6,8%, dopo il -2,5% di dicembre. Una frenata che la crisi del principale partito politico potrebbe solo che aumentare, date le incertezze che vengono a generarsi. Con chiare conseguenze per l’Europa di cui la Germania assumerà la Presidenza di turno per sei mesi a partire dal luglio prossimo e che perde uno dei più importanti elementi della sua stabilità politica e finanziaria. E, con buona pace della disattenzione dei politici nostrani, anche per l’Italia, seconda manifattura del Continente dopo la Germania, appunto.
Come si spiega quanto avvenuto in Turingia e il conseguente caos nella CDU? Quali conseguenze per la Germania e per l’Europa? Lo abbiamo chiesto a Gian Enrico Rusconi, politologo ed esperto di storia tedesca oltre che Professore emerito di Scienze politiche presso l’Università di Torino
Perché è stato così imbarazzante per la CDU il ‘Turingiagate’ tanto da aver causato le dimissioni della Presidente Annegret Kramp-Karrenbauer?
Perché è stato fatto in modo palese e non sotto banco. Questo spiega le reazioni delle ultime ore. Il problema non è la leadership della Annegret Kramp-Karrenbauer che non è all’altezza, ma che proprio la CDU è in profonda crisi interna. Quindi nessuno se l’aspettava questo gesto. Ora la cosa inizia a vedersi meglio e, per certi versi, sembra anche peggiore visto che non sarà immediato trovare un sostituto che pure ci sarà. Il nodo è che non hanno mai affrontato bene il problema del rapporto con l’Alternative für Deutschland. Essere contrari è fuori discussione, ma insistere molto sull’aspetto ‘neonazista’ non è giusto.
Rispetto al rapporto con l’AfD, Karrenbauer si è detta convinta che “ogni volta che la CDU collabora con l’AfD, si indebolisce”. È d’accordo? E allora come si spiega quanto avvenuto in Turingia? Solo con l’incapacità di gestione anche regionale del partito di AKK?
Questa è l’opinione dominante nella CDU e lo è anche della Merkel. Questo vuol dire che c’è una parte dei politici che non è convinta di questa operazione. E la cosa più delicata, è che non vogliono collaborare con l’AfD che, comunque, rappresenta un quarto degli elettori delle regioni orientali, rivendicando un’opposizione contro l’Occidente e volendo recuperare la rivoluzione socialista. È molto più complessa la situazione.
AKK ha anche sottolineato che vi “è un rapporto mai chiarito tra parti della CDU con l’AfD e la Linke”, spiegando così l’incapacità dell’Unione, soprattutto nei Lander, di formare maggioranze stabili. C’è effettivamente questa tendenza della CDU, in particolare nell’Est del Paese?
Sì, ma dando per scontato che l’AfD sia l’estrema destra – si noti l’uso dei vecchi meccanismi, per cui sarebbe all’opposto della Linke – la Germania, come altre Nazioni europee, sta affrontando una destra un po’ particolare che noi chiamiamo ‘sovranista’. La CDU ha deciso a priori che quella è l’estrema destra con cui mai collaborare, però a livello locale sono convinti del contrario. Quindi c’è a mio avviso un difetto di comprensione. Dopodiché, possono anche decidere di non collaborare. La Turingia diventa quindi lo scandalo per eccellenza perché ha dietro, secondo me, l’atteggiamento molto repulsivo della CDU, senza andare a capire le cause nelle regioni orientali.
Perché, a quasi trent’anni dalla riunificazione, nell’Est del Paese, l’AfD ha successo?
Questo è il vero tema. A trent’anni di distanza, gli orientali dicono “l’Occidente ci ha promesso, ma poi non ha mantenuto” e poi “riprendiamoci la nostra rivoluzione”. Ecco perché non è solamente neo-nazismo e dovrebbero capirla a livello di vertice. Ma qui c’è poi Angela Merkel che ha sofferto personalmente per non poter metter piede nelle zone orientali senza essere insultata.
E cosa dovrebbe fare la CDU?
Secondo me, i vertici non hanno ancora capito cos’è questa Alternative für Deutschland. Poi può darsi che vada anche bene non collaborare.
Però bisognerebbe prima conoscere il male per poi curarlo in modo adeguato.
Esatto. E poi, a proposito di motivazione anti-occidentale, bisognerebbe vedere il rapporto con Putin, con la Polonia. Quello che emerge, però, è che è un problema che riguarda la ex DDR: in questi termini il discorso dell’estremismo di destra si relativizza. Sia, però, ben chiaro: non voglio negare che dentro l’AfD ci siano anche dei neonazisti.
Si ha sempre l’impressione di una Germania sempre più spaccata.
Assolutamente sì. E se osserviamo quello che è successo per il trentennale della Caduta del Muro, quella che abbiamo visto non è stata una festa, è stato uno stupore, un entusiasmo, ma con grandissima aspettativa. E, paradossalmente, con il passare dei decenni, la differenza tra Est e Ovest è diventata insuperabile. All’Est c’era questo mito della DDR che poteva essere indipendente e spesso si confonde la Caduta del Muro con la riunificazione. Non è così! Nessuno pensava alla riunificazione, ma si pensava a due Stati confederati. Adesso ritorna fuori come accusa contro l’Occidente di ‘sequestro’, il che in termini numerici è anche vero. In ogni caso, la Germania come modello politico relativamente stabile e consensuale, da manuale, non c’è più. La Germania è cambiata come altri Paesi in Europa.
Perché, secondo Lei, Karrenbauer, dalla lunga esperienza politica, non è riuscita a far risalire la china alla CDU e a scongiurare questo disastro?
Sono rimasto stupito, già dopo sei mesi dalla sua ascesa alla guida della CDU, che Karrenbauer non riuscisse a trovare una sua personalità. È stata presentata da molti come l’erede di Angela Merkel, ma i maliziosi sostengono che la Cancelliera ha fatto fuori tutti i suoi antagonisti, tutti maschi, tranne AKK. Stando a queste voci, viene il sospetto che Karrenbauer non avesse la personalità forte necessaria. Anche in questo caso, non va dimenticato che chi ha fatto accadere davvero tutto è stata proprio Angela Merkel.
“Imperdonabile”, così la Cancelliera ha definito quanto accaduto in Turingia, rendendo evidente la mancanza di autorità di AKK. In questo senso, quindi, è come se a dimissionare Karrenbauer fosse stata, indirettamente, Merkel stessa e a quel punto AKK non potesse fare diversamente?
Esatto. Karrenbauer è stata quella che sembrava più preparata per la sua esperienza e, invece, di fatto, non si è dimostrata all’altezza di governare la CDU. Tuttavia, l’Unione stava già cambiando, con la nascita, al suo interno, della ‘Werten Union’ (Unione dei valori), una sorta di corrente interna, il che dimostra che la CDU ha iniziato a perdere la sua unità. Nessuno credeva che questa corrente potesse fare una disobbedienza formale, ufficiale, nonostante sapesse che i vertici non avrebbero mai dato il via libera. Oggi, tra l’altro, proprio la ‘Werten Union’ ha rivendicato la sua personalità. Ma qui il discorso si complica: la stessa Merkel, negli ultimi tempi, ha ribadito la necessità di tornare ad essere più conservatori, riscoprendo il concetto di ‘konservation’. Questo conferma l’impressione di una tendenza verso destra della CDU.
Perché sta mutando la sua identità.
Esatto. E la Kramp-Karrenbauer non ha evidentemente la personalità per controllarla nonostante si fosse presentata come emblema della ‘conservazione’. Inoltre, non va dimenticato il piccolo dettaglio che ad intervenire prima sulla vicenda della Turingia non è stata la Karrenbauer, ma la Merkel. Bisogna vedere ora cosa farà la Cancelliera perché chi prende il posto?
A detta di molti osservatori, ad indebolire ancor di più la leadership di Annegret Kramp-Karrenbauer, avrebbe influito l’ingombrante presenza/assenza di Angela Merkel. È d’accordo?
Probabilmente sì. Presenza/assenza, ma anche sostegno/distacco: se per caso Angela Merkel avesse avuto un’influenza diretta, tutti l’avrebbero critica perché non lascia spazi di autonomia. E’ molto difficile dire se l’essere presentata come ‘erede di Merkel’ abbia effettivamente penalizzato Karrenbauer. E poi non dimentichiamo che è stata separata la Cancelleria dalla Presidenza della CDU.
A questo riguardo, Karrenbauer ha affermato che “separare la leadership del partito dal ruolo di candidato alla Cancelleria ha indebolito la CDU”. È così?
Sì. Come dimostrano alcuni esempi del passato, è importante che le due cariche coincidano con la stessa persona. In questo caso, essendo la Cancelliera la personalità più forte, questo processo si è accelerato. In Germania, il leader è molto più importante che da noi, c’è un riconoscimento dell’autorità politica più forte. E poi, dal punto di vista costituzionale il nostro Primo Ministro non è come un Cancelliere. Il Cancellierato è molto importante e, come tale, deve avere con sé tutto il partito, quindi tanto vale che sia Presidente.
Qual è lo stato dei rapporti tra Karrenbauer e Merkel? Si sono guastati dopo il ‘Turingiagate’ o erano già tesi prima?
È difficile dirlo. Penso che la Merkel fosse già un po’ delusa da prima.
Dopo le dimissioni di AKK, l’influenza di Merkel sulla CDU è destinata a ridursi o ad aumentare nuovamente, se mai si è veramente affievolita?
Questo è il punto tutto da verificare, insieme a dove andranno quelle tre o quattro figure che si preparano a contendersi la leadership della CDU. Figure che sono, tra l’altro, tutte maschili, elemento molto interessante tant’è vero che su qualche giornale qualcuno azzardava dicendo “basta con il dominio delle donne”. Improvvisamente tutto questo disagio della leadership della CDU che era lì latente è esploso.
È possibile che, viste le circostanze, possa essere invocato, anche solo da una parte della CDU, un ritorno alla guida del partito di Angela Merkel?
Può darsi, occorre aspettare i prossimi giorni. Non è detto che abbia la volontà e la forza. Non dimentichiamo che voleva ritirarsi.
Al contrario, AKK si è bruciata definitivamente dal punto di vista politico?
Assolutamente sì.
Dopo AKK che si è dimessa e Ursula Von der Leyen ora alla guida della Commissione UE, ci sono altre ‘delfine di Merkel’?
No, non ce ne sono più. C’è Friedrich Merz, c’è Jens Spahn che attualmente è Ministro della Sanità e che era stato un avversario di Karrenbauer.
Tuttavia, non ci sono personalità che spiccano in modo particolare?
No. Friedrich Merz si contraddistingue più che altro per le sue posizioni molto conservatrici.
Nella CDU, cominciano ad emergere delle correnti che, secondo diversi analisti, sarebbero state sottovalutate da AKK. Oltre alla ‘Werten Union’ che ha rivendicato la responsabilità di quanto avvenuto in Turingia, esistono altre correnti?
Che si sappia, no. La ‘Werten Union’ si conosce perché si presenta come corrente senza tanti misteri. Non so neanche come facciano a tollerarne l’esistenza.
C’è un rischio scissioni o c’è un modo per arrestare le forze centrifughe?
Scissioni no, è da noi che si fanno a getto continuo. Sarebbe una cosa troppo grave. Anche perché c’è un’esperienza storica tremenda.
Ci sono dei temi su cui i candidati alla leadership si giocano la corsa?
Il problema fondamentale è che la classe politica tedesca intuisce che niente sarà più come prima. Allora tenderanno a mantenere quanto più possibile lo status quo perché le difficoltà dell’economia saranno gravi.
In molti sostengono che l’AfD abbia teso una trappola alla CDU. Ma quali effetti può avere all’interno dell’AfD il colpo inferto all’Unione dei Cristiano-democratici?
Può fare aumentare i consensi dell’AfD nelle regioni orientali, ma non dimentichiamo che l’Alternative für Deutschland dice di essere il ’volkspartei’. Sappiamo l’importanza del ‘volk’ nella cultura tedesca. Negli ultimi anni, addirittura usano il termine risalente all’800, ‘volkish’, bandito per decenni perché usato dai nazisti.
Il caos odierno nella CDU come viene letto dalla CSU?
È una domanda molto interessante però, al momento, non si trovano reazioni da parte dei vertici che, secondo me, rimangano a guardare. Questo perché la CSU aveva più ipotesi di apertura e molti pensavano che partissero proprio da lì i primi approcci positivi verso l’AfD.
L’ex Ministro socialdemocratico Sigmar Gabriel ha dichiarato: «Il governo è di nuovo paralizzato, non credo che durerà a lungo, presto ci saranno elezioni anticipate». Ci possono essere contraccolpi per la Grosse Koalition tra CDU e SPD e, quindi, rischio di elezioni anticipate?
Questo è un altro bell’interrogativo perché, paradossalmente, potrebbe ricevere un rafforzamento, pur di non mettere in discussione un equilibrio che rimane comunque fragilissimo.
Alla fine, secondo Lei, farebbe comodo anche all’SPD non far cadere la Grosse Koalition?
Esattamente.
Qualche osservatore crede che, posto che bisognerà aspettare di vedere chi sarà il successore di AKK, potrebbe essere la stessa Merkel a porre fine al governo, prima della scadenza naturale. Che ne pensa?
Si dimetterebbe per andare alle elezioni anticipate? Andare a votare fuori tempo è un trauma per i tedeschi. Vorrebbe dire che il sistema non funziona. È evidente come l’episodio della Turingia e le conseguenti dimissioni di AKK stiano mettendo in discussione tutto l’equilibrio precedente.
In tutto questo, poi c’è la crisi economica che potrebbe aggravarsi con il caos nel principale partito politico tedesco?
Assolutamente sì.
L’attuale crisi interna alla CDU potrebbe produrre effetti anche per l’Europa e, quindi, anche per l’Italia?
Certo. In Italia nessuno se n’è accorto con i partiti occupati a guardarsi addosso. Certamente l’Europa ne risentirà perché non è più quella di prima, venendo meno un perno della sua stabilità. Anche la Francia di Macron ne risentirà. Se pensiamo che meno di tre anni fa si parlava di ‘egemonia tedesca’, adesso nessuno ci pensa. In modo inatteso, ma forse prevedibile, ha subito un’accelerazione il processo di disgregazione interno tedesco, ma, per certi versi, anche vagamente europeo: tutti i Paesi sono presi da se stessi, non c’è più unità e cosa faranno la Germania insieme alla Francia di Macron?
Merkel ha confermato il suo sostegno ad AKK nella funzione di Ministro della Difesa. Si potrebbe dimettere anche da quell’incarico?
Merkel le ha chiesto con particolare enfasi di rimanere al governo. Può anche darsi che si dimetta per il fallimento nella sua prova politica.
Nel caso in cui la Grosse Koalition dovesse collassare, ci sono i margini per un’altra alleanza di governo, onde evitare le elezioni anticipate?
Per evitare il trauma delle elezioni anticipate, potrebbero fare tutto il possibile, magari coinvolgendo i Verdi e i Liberali.
«Se continuiamo così, il nostro prossimo candidato cancelliere potrebbe non diventare più cancelliere» avrebbe detto il Presidente del Bundestag Wolfgang Schauble. Esagera?
Direi di sì .