‘Ucrainagate’, la sfida politica dei Democratici per battere il Presidente alle urne nel 2020

 

Sono giornate complicate quelle che si vivono a Washington, soprattutto alla Casa Bianca e al Congresso. «Il Presidente deve essere ritenuto responsabile» per il «suo tradimento alla sicurezza nazionale e all’integrità delle nostre elezioni», ha detto la Speaker democratica della Camera, Nancy Pelosi, in una breve dichiarazione rilasciata davanti alle telecamere, annunciando l’avvio della richiesta di impeachment per il tycoon, rinviata per mesi durante il ‘Russiagate’.

A scatenarla, il cosiddetto ‘Ucrainagate‘ legato ad una telefonata risalente al 25 luglio scorso tra Donald Trump e l’omologo ucrainoVolodymyr Zelensky, secondo la cui trascrizione di quattro pagine il primo avrebbe dichiarato al secondo: «Vorrei che ci facessi un favore. Mi piacerebbe che scoprissi cosa è successo in questa situazione legata all’Ucraina, che chiamano Crowdstrike mi piacerebbe che il procuratore generale chiamasse te o qualcuno dei tuoi per andare a fondo a questa vicenda». Il riferimento è alla società di sicurezza informatica californiana ingaggiata dal Partito Democratico per provare l’intrusione nei server del suo Comitato nazionale, nel 2016, ricondotto ad hacker russi e da cui poi è partita l’inchiesta Mueller sulle presunte interferenze russe nel voto. Zelensky avrebbe risposto: «Ti dico personalmente che uno dei miei assistenti ha parlato con Giuliani recentemente e contiamo molto sul fatto che Giuliani possa venire in Ucraina in modo da incontrarci. Posso garantirti che hai solo amici attorno a noi riguardo l’indagine io garantisco come presidente dell’Ucraina che tutte le inchieste verranno condotte in modo aperto e chiaro. Quello te lo garantisco».

Poi Trump, cambiando discorso, avrebbe proseguito: «Si parla molto del figlio di Biden, del fatto che Biden abbia fermato l’accusa e molte persone vogliono scoprirlo, quindi qualunque cosa tu possa fare con il procuratore generale sarebbe grandiosa. Biden si è vantato di aver interrotto l’accusa, quindi se riesci a esaminarlo […] Mi sembra orribile». «Ho sentito che avevate un procuratore che era molto bravo ed è stato licenziato e questo è veramente ingiusto. Molte persone parlano di questo, del modo in cui è stato fatto fuori e ci sono alcune persone veramente cattive coinvolte», avrebbe precisato alla cornetta l’inquilino della Casa Bianca, commiserando Viktor Shokin, procuratore generale dell’Ucraina dal febbraio del 2015 che venne licenziato dall’allora presidente Petro Poroshenko nel febbraio del 2016. L’interlocutore avrebbe quindi risposto: «Lui o lei (il nuovo procuratore) approfondirà la questione, in particolare sulla società a cui ti riferisci (quella in cui era impiegato il figlio di Biden) … Le chiedo cortesemente se ha delle informazioni da fornirci, sarebbe di aiuto alla nostra indagine». Trump avrebbe concluso esprimendo soddisfazione che così si andrà «a fondo alla questione» e che «la vostra economia andrà sempre meglio», invitando Zelensky a contattare l’avvocato personale Rudolph Giuliani e il procuratore generale William Barr.

Quanto ascoltato avrebbe poi spinto il 12 agosto un agente dei servizi segreti a informare l’Ispettore generale della Comunità di Intelligence, Michael Atkinson che trasmette il rapporto, «urgente» e «allarmante» al Direttore ad interim della Nsa (National Security Agency), Joseph Maguire il quale l’avrebbe insabbiato.

Secondo i Democratici, nella telefonata ci sarebbe il ‘qui pro quo’ (in senso anglosassone): il Presidente americano avrebbe fatto pressione sull’omologo ucraino per ottenere «un favore»: in cambio dello sblocco di aiuti economico-militari (del valore di circa 300 milioni di dollari) che però non vengono menzionati in modo esplicito, riaprire le indagini sull’ex vicepresidente democratico di Barack Obama, Joe Biden, e il figlio, Hunter, membro del consiglio di amministrazione della compagnia ucraina di gas Burisma (coinvolta in più procedimenti per corruzione) dal 2014 fino allo scorso aprile, quando suo padre ha annunciato la corsa per la Casa Bianca. «Il Presidente degli Stati Uniti ha tradito il nostro paese. E’ un pericolo chiaro a tutte le cose che ci rendono forti e al sicuro. Sostengo l’impeachment», ha twittato Hillary Clinton, ex Segretario di Stato ed ex candidata alla Casa Bianca sconfitta proprio da Trump nel 2016, oltre che moglie di Bill Clinton, tra gli ex Presidenti che finì sotto impeachment per il ‘caso Lewinski’. A detta del Presidente democratico della commissione Intelligence della Camera americana, Adam Schiff, la telefonata «presenta prove più convincenti del previsto …. che Trump abbia commesso un reato che lo potrebbe portare al ritiro». I Repubblicani respingono le accuse, anche se il Senatore Mitt Romney ha definito «molto preoccupante» la telefonata.

Il leader ucraino Zelensky ha ovviamente negato tutto, affermando che «nessuno» gli ha fatto pressioni e «nessuno» potrebbe fargliene perché «io sono il Presidente di un Paese indipendente, solo una persona può farmi pressione, solo mio figlio, che ha 6 anni …. E’ stata una conversazione telefonica buona, normale».

«Crisi prefabbricata», «guerra politica», «nessuna pressione, sono solo fake news, è la peggiore caccia alle streghe della storia Usa», l’ha subito bollata Trum che, poco dopo, in un tweet ha scritto: «Ho informato il capogruppo, Kevin Owen McCarthy, e tutti i repubblicani alla Camera che sostengo pienamente la trasparenza sul cosiddetto whisteblowing degli informatori, ma insisto anche sulla trasparenza di Joe Biden e suo figlio Hunter, sui milioni di dollari che sono stati rapidamente e facilmente portati fuori dall’Ucraina e dalla Cina. Inoltre, chiedo trasparenza ai democratici che sono andati in Ucraina e hanno tentato di costringere il nuovo presidente a fare le cose che volevano sotto forma di minaccia politica». Dichiarazioni che non lasciano spazi a dubbi in merito alla volontà di Trump di utilizzare l’inchiesta a suo favore, magari presentandosi come vittima ‘pura’ di un complotto ordito da quei Democratici corrotti che pensano solo «ai loro guadagni personali».

Tuttavia il procedimento di impeachment, al momento piuttosto impopolare nell’opinione pubblica secondo i sondaggi, è solo all’inizio ed è definito dall’articolo II, sezione 4 della Costituzione americana: «Il Presidente, il Vice Presidente e tutti gli Ufficiali civili degli Stati Uniti, saranno rimossi dall’Ufficio per l’impeachment e la condanna di tradimento, tradimento o altri reati e reati elevati». E’ una procedura del tutto politica, molto lunga che avviene in due fasi: prima le indagini e il voto sull’accusa da parte della Camera dei deputati a maggioranza semplice (218 su 435) e poi il processo vero e proprio al termine del quale c’è il giudizio votato dal Senato (presieduto in quel caso dallo Chief Justice della Corte Suprema) con una maggioranza qualificata (67 senatori su 100). I casi più recenti, quello di Richard Nixon e quello di Bill Clinton, hanno avuto esiti differenti, ma non sono comunque andati a segno. Lo stesso potrebbe accadere questa volta: stando ai numeri, anche se si arrivasse all’approvazione alla Camera dei Deputati dove i Democratici detengono ben 235 seggi, al Senato il procedimento potrebbe scontrarsi contro la maggioranza repubblicana di 53 seggi.

E’ innegabile che l’inchiesta terrà banco tutta la campagna elettorale per le elezioni presidenziali del 2020. I Democratici sono agguerriti, ma forse dovrebbero vedere l’impeachment come un’occasione per indebolire Trump e non l’arma decisiva per batterlo alle urne, obiettivo per il quale è necessaria una riflessione più profonda. Il Presidente, dal canto suo, scalda i motori e, in poco meno di 24 ore, dall’annuncio dell’impeachment, ha incassato ben 5 milioni di dollari. Quale effetto avrà  questa indagine sulla sua campagna elettorale e quale sulla sua azione politica? I Repubblicani saranno dalla sua parte? In molti sostengono che la richiesta di impeachment fosse diventata quasi inevitabile e che abbia rivestito un ruolo cruciale nel ricompattamento dei Democratici. E’ così? E quali ripercussioni ci saranno per Joe Biden? A questi interrogativi ha risposto Daniele Fiorentino, docente di Storia e Istituzioni degli Stati Uniti d’ America presso il Dipartimento di Scienze Politiche dell’Università degli Studi di Roma Tre.

 

Stando alla trascrizione della telefonata, il cosiddetto ‘qui pro quo’ ovvero lo scambio di favori c’è stato oppure no?

A leggere la trascrizione della telefonata, direi proprio di sì. Credo che Trump lo abbia usato per ottenere qualcosa che lui sperava si sarebbe ritorto contro i Democratici che promuovevano la richiesta dell’impeachment. Forse ha sbagliato nella misura. Certamente il linguaggio della telefonata è abbastanza ambiguo, però da quello che si legge lo scambio di favori sembra ci sia stato e, soprattutto, la pressione degli Stati Uniti sul Presidente ucraino. In questo senso, i presupposti per l’impeachment ci sono: bisogna considerare però che è una procedura lunga e complessa per la quale occorre raccogliere tutta la documentazione disponibile. Penso che fosse più un atto dovuto una volta resa pubblica la telefonata.

Anche moralmente?

Sì anche perché Nancy Pelosi aveva tentato di evitarlo nonostante le pressioni interne al Partito, sostenendo che Trump andava sconfitto nelle urne e non attraverso il procedimento di impeachment.

Per i Democratici quindi il passaggio obbligato è non farne una questione solo giuridico-penale – che è piuttosto ambigua perché l’uso degli aiuti ad uno Stato estero, in sé, potrebbe anche essere utilizzato dal Presidente come strumento per perseguire una strategia politica nell’interesse del Paese – ma soprattutto provare un tradimento del mandato presidenziale o quantomeno l’uso a scopo elettorale e personale dei poteri che la carica conferisce?

Direi proprio di sì: un conto è l’interesse collettivo del Paese, un altro è la campagna elettorale del Presidente in carica. Peraltro, l’approccio utilizzato sembra molto simile a quello usato, perlomeno secondo l’inchiesta di James Comey, sulle inchieste precedenti. Il sospetto è forte e, tra l’altro, travalica anche i poteri del Presidente visto che si tratta di interesse personale. Occorrerà vedere se queste pressioni e di che tipo.

Rispetto ai casi di impeachment più recenti, quelli di Nixon e Clinton, che peraltro avevano cause del tutto diverse, questo potrebbe essere più grave?

Quello più grave in assoluto, dove era molto esplicita la volontà di insabbiare tutta un’inchiesta oltre che l’intromissione nelle strategie del Partito avversario, rimane quello di Nixon. Tuttavia, il caso di Trump si profila come più vicino al Watergate piuttosto che al caso Clinton. Tra l’altro su Clinton vennero tirate fuori delle questioni che erano alquanto dubbie che riguardavano più il suo comportamento personale e il fatto che avesse mentito al Paese. Quindi, come gravità, si colloca in un punto di mezzo: bisogna aspettare per capire se c’è dell’altro. Io credo che molti negli Stati Uniti, e non solo nel Partito Democratico, lo chiedono, ma è evidente che Trump vuole utilizzare questa carta a suo favore.

Tra l’altro, sulla base dei numeri, sembra difficile che questo impeachment vada a segno, dato che i Repubblicani detengono la maggioranza al Senato. 

Assolutamente sì: se noi guardiamo i numeri della distribuzione dei seggi è così. Bisogna vedere perché, come nel caso di Nixon, molto dipende da come si schierano i Repubblicani. Saranno tutti pronti, senza obiezioni e senza discussioni, a votare contro l’impeachment e a favore del Presidente? E’ da verificare, anche tenendo conto di quello che potrebbe emergere dall’inchiesta. Nel Partito Repubblicano già ci sono stati segnali di distanziamento dalle posizioni del Presidente in passato.

Molti Repubblicani lo considerano un ‘outsider’, un corpo estraneo al Partito e, tra l’altro, il senatore repubblicano Mitt Romney ha definito «profondamente preoccupante» la telefonata.

Tutto sommato, lui continua a rimanere un ‘outsider’ nonostante sia il Presidente degli Stati Uniti e continua ancora a comportarsi come un uomo estraneo al mondo della politica che adotta delle procedure che piacciono a molti americani, non la maggioranza come hanno dimostrato le ultime elezioni, e riscuotono molto consenso. Ora, quanto consenso permanga una volta che è uscito tutto fuori è una domanda a cui rimane difficile rispondere: occorre vedere cosa c’è dietro perché se tutto si ferma a quella telefonata la questione è molto dubbia.

Perché i Democratici hanno deciso di avviare ora l’impeachment: c’è uno scatto rispetto al ‘Russiagate’?

Sì perché qui c’è un’intromissione diretta negli affari di un altro Paese nell’interesse di una singola persona, in questo caso il Presidente, e non degli Stati Uniti. Se l’avesse fatto nell’interesse collettivamente della Nazione, nessuno avrebbe avuto niente da dire. Credo, inoltre, che la reazione che ha avuto il Partito Democratico, in particolare Nancy Pelosi, è dovuta tanto al contenuto quanto anche all’arroganza della convinzione di essere sempre nel giusto semplicemente perché è il Presidente degli Stati Uniti. E qui c’è una somiglianza con Nixon: l’idea che il Presidente è al di sopra della legge. la famosa gaffe nell’intervista televisiva. In realtà, leggendo la Costituzione degli Stati Uniti, ci si rende conto che non è assolutamente così, ma, anzi, il sistema di ‘checks and balances’ impedisce al Presidente di mettersi al riparo da qualunque controllo, il che favorirebbe gli abusi di potere. Cosa che, nella storia, non è stata così frequente, nonostante ci siano tanti precedenti, compresa l’azione in Vietnam di Johnson, azione, seppur maldestramente, che era nell’interesse del Paese, perlomeno dal suo punto di vista. Io credo che si configuri un atteggiamento di Trump molto simile a quello che aveva Nixon, seppur meno arrogante.

L’impopolarità, almeno in questo momento, dell’impeachment potrebbe rivelarsi un boomerang per i Democratici i quali potrebbero essere visti dall’opinione pubblica come desiderosi di battere Trump non passando per le urne?

Il rischio indiscutibilmente c’è. Ma molto dipende dall’inchiesta: sono convinto che se emergono fatti gravi, cambierà anche l’opinione della gente. A questo gli americani, per quello che ci dice la storia, sono molto sensibili. E’ vero che è un periodo in cui c’è questo risentimento contro la politica istituzionale e, in questo senso. Trump ha rotto proprio con alcune convinzioni dei ‘professionisti’ della politica. D’altra parte, però, i cittadini americani sono molto attenti ai fatti, ai dati. Quindi se dovessero emergere dei fatti gravi, questo danneggerebbe seriamente Trump.

Molto dipenderà dai tempi. 

Certamente.

E dal fatto che, comunque, Trump, a differenza di Nixon e Clinton, è al primo mandato. Questa è una differenza notevole, non crede?

Certo e, non solo, è in prospettiva elettorale: il dubbio che stia cercando di utilizzare l’impeachment a suo favore c’è.

Trump ha parlato, infatti, di «caccia alle streghe», di «guerra politica» ed ha sostenuto che «mai nessun Presidente ha ricevuto un trattamento simile».

Per questo i Democratici devono stare attenti perché potrebbe ritorcersi contro di loro.

La decisione di Nancy Pelosi di avviare l’impeachment adesso è anche per ricompattare i Democratici?

Credo che, all’inverso, questo abbia ricompattato i Democratici: non credo sia stato un modo per ricompattare i Democratici, quanto piuttosto sia stato il destro che ha fatto ricompattare il Partito intorno ad una certa posizione. Ce n’erano diversi contrari all’impeachment e devo dire che, da quando se ne è iniziato a parlare e cioè praticamente dall’insediamento di Trump, ho sempre pensato fosse assolutamente sbagliato se non c’erano dati oggettivi e già il Russiagate penso sarebbe dovuto essere approfondito di più. Detto questo, non era la strada giusta. Tuttavia, adesso credo ci sia di più: non credo che si siano attivati senza motivo anche perché sono tutte persone con una lunga esperienza politica e non penso si fermino alla prima impressione tanto è vero che avevano già avuto il destro e non lo hanno fatto. In qualche misura, era anche un atto dovuto: di fronte ad un colloquio diretto di un Presidente con il leader di un altro Paese contro un suo diretto avversario politico, diciamo che è abbastanza grave. Certo è presto per parlarne.

Questo scandalo potrebbe rivelarsi per Biden un tallone d’Achille pari all’‘emailgate’ che Trump utilizzò per colpire Hillary Clinton?

Sicuramente, l’intenzione di Trump è proprio quella per battere Biden.

Dal punto di vista delle nomination, questo scandalo potrebbe favorire l’ala dei moderati come la ‘neo-vittima’ Biden o quella dei più radicali alla Warren?

Questo è veramente difficile da stabilire al momento. A dirla al momento, io non ho mai visto Biden come un candidato forte e questo potrebbe indebolirlo. Anche qui dipende da come andrà avanti l’inchiesta e la procedura di impeachment perché se dovesse davvero essere vittima dei ‘soprusi’ del suo avversario, potrebbe in qualche misura favorirlo. Diciamo però che non ha quel profilo politico in un certo senso capace di approfittare di una situazione di questo genere e quindi questo potrebbe favorire la candidatura di Elizabeth Warren. Ma è un po’ prematuro per dirlo.

I rapporti di Trump con l’intelligence, a questo punto, sono destinati a peggiorare?

Dovrebbero peggiorare: con l’FBI già non erano un granché e bisogna vedere come andranno quelli con l’NSA. Certo è che con l’apparato ha dei rapporti abbastanza tempestosi come, del resto, dimostrano tutte le dimissioni e le nuove nomine. Insomma è un governo che ha perso pezzi continuamente, l’ultimo John Bolton. I Democratici, invece, sembrano fidarsi di più dell’intelligence anche perché sono più di sistema. Per questo dicevo, anche per i Repubblicani, che ce ne sono molti che si fidano del sistema e rispettano il dettato costituzionale: ecco perché non li considererei tutti dalla parte del Presidente. Molto dipenderà da come procederà l’inchiesta.

Molte sono già state le defezioni e le sostituzioni: d’ora in poi cosa aspettarsi dal punto di vista della coesione dell’Amministrazione?

Dati i precedenti, direi che si continuerà nel solco percorso fino ad oggi: quindi, chi non si allinea del tutto con le decisioni e le prese di posizione del Presidente o viene messo alla porta o si dimette.

Pensa che l’impeachment possa distogliere l’attenzione del Presidente dai problemi, anche socio-economici, del Paese?

La figura di Donald Trump è molto particolare e credo che qualunque uomo politico verrebbe assorbito completamente da una crisi di questo genere. Trump ci ha abituato a qualcosa di diverso: lancia tweet continuamente e risponde su più fronti senza consultarsi con i suoi consulenti. Non è necessariamente detto, quindi, che venga distratto da questa perché, appunto, il personaggio è anomalo e non lo si può ricondurre a delle categorie precedenti: è insondabile anche per i suoi collaboratori. Potrebbe, invece, trarne vantaggio come accaduto in più occasioni.

Nella trascrizione della telefonata, Trump usa parole molto dure contro la Francia e la Germania, sostenendo, in accordo con Zelensky, che non hanno fatto nulla per risolvere la crisi ucraina. Come cambia la politica estera degli Stati Uniti nei confronti degli alleati con Trump colpito sotto impeachment?

Con gli alleati le cose si complicheranno parecchio. Al telefono con Zelensky ha detto quello che pensa e lo sanno tutti, ma un conto è saperlo, un altro conto è dirlo esplicitamente. E’ un’ottima  occasione per rompere il fronte europeo che ha già i suoi problemi. Questo impeachment non aiuterà, ma, d’altronde, non è che fossero proprio idilliaci.

E nei confronti dei ‘rivali’, Cina, Russia, Iran, Corea del Nord, Venezuela per citare i più importanti?

Questo è molto difficile da valutare: certo è che se tutto procede e si va effettivamente verso una procedimento di impeachment, questo inevitabilmente incrinerà la credibilità di Trump. E’ una destabilizzazione e lo abbiamo visto anche in momenti come il Watergate o, andando più indietro, nell’impeachment risalente al 1868 contro Johnson: quello era un tempo difficilissimo, di ricomposizione della Nazione, ciò nonostante il Congresso procedette con l’impeachment così come in Guerra Fredda con Nixon.

E quindi anche nelle trattative, da quelle commerciali con la Cina a quelle nucleari con Iran e Corea del Nord, sarà costretto a cedere di più se vuole ottenere dei risultati?

Certo, inevitabilmente l’impeachment rappresenta un indebolimento di cui questi Paesi trarranno vantaggio e che sfrutteranno a proprio favore. Siccome, però, Trump ci ha abituato a colpi di scena inaspettati, con i risultati che sappiamo sia nel caso della Corea del Nord e che dell’Iran: c’è una bella differenza tra le parole e poi gli atti pratici. Per questo, l’impeachment avrà degli effetti anche sulla credibilità degli Stati Uniti, al di là del Presidente visto che molti Paesi sono abituati ad avere a che fare con alcuni suoi funzionari come il Segretario di Stato o il Consigliere per la sicurezza nazionale. Nel caso di Trump, questo conta fino ad un certo punto: allora, se l’interlocutore principale che è il Presidente viene destabilizzato, evidentemente questo si riflette anche sulle relazioni internazionali.

Zelensky ha assicurato di non aver mai subito pressioni. Tuttavia, l’Ucraina, da cinque anni con una guerra civile in atto, sembra ritrovarsi in una posizione piuttosto scomoda adesso. 

Assolutamente sì, d’altronde è stato eletto un Presidente molto discusso.

A questo punto, la società americana è destinata a polarizzarsi ancor di più?

Penso proprio di sì e credo che questo sia il fattore più preoccupante: la spaccatura interna che già esiste indiscutibilmente sia dal punto di vista geografico che dal punto di vista sociale. Trump potrebbe portare tutto sulla volontà della ‘politica professionale’ di farlo fuori e gli altri giocheranno sul dilettantismo e sull’arroganza dell’avversario.

Lo staff della campagna elettorale di Trump ha subito messo le avanti affermando che il Presidente con Zelensky «ha tentato di combattere la corruzione di Washington, dove i Biden, i Clinton e altri politici hanno cercato guadagni personali». Lo stesso Trump ha scritto su Twitter che, a causa dell’impeachment voluto dai Democratici, «i mercati crolleranno». Queste parole non sono, forse, indice di un Trump che si percepisce non più infallibile sul piano comunicativo?

Io penso che lui si sia reso conto di aver fatto una mossa non proprio acuta. Non gli è riuscita come gli sono riuscite altre cose in precedenza. Potrebbe essere, ma è talmente imponderabile il personaggio che potrebbe avere anche quel colpo di genio, come in passato, di rigirare la cosa in suo favore. Io aspetterei a vedere perché i prossimi giorni potrebbero riservarci delle sorprese.

Si può già escludere l’ipotesi delle dimissioni come nel caso di Nixon?

Assolutamente sì, non è il personaggio. Bisogna vedere a che punto si arriva con l’impeachment: è una procedura lunga come è giusto che sia. Nixon era arrivato quasi a ridosso dell’impeachment e i suoi consiglieri lo convinsero a dimettersi. E’ vero che non ascolta nessuno, ma è prematuro per dirlo.

Incompetenza e visione ‘spregiudicata’ della politica: questi sono i due tratti dei sovranisti che sembrano emergere ultimamente, se consideriamo anche il caos nel Regno Unito con Boris Johnson. Che ne pensa?

L’incompetenza penso sia fuori discussione, anche se non comprenderei tutti i sovranisti: si veda il caso di Orban in Ungheria, estremamente acuto e capace di gestire la politica. Che poi questo non gli impedisca di fare un certo tipo di politica è dimostrato che non è così. C’è soprattutto una base, che non è detto sia maggioritaria, ma che vince alle elezioni che desidera questo scardinamento: ‘tutti possono dire tutto su tutto’ è una questione che sta incidendo in tutti i Paesi occidentali e questo vale moltissimo negli Stati Uniti.

«I Democratici sono congelati dall’odio e dalla paura» ha scritto su Twitter ieri Trump. A questo punto i Democratici non dovrebbero limitarsi a portare avanti legittimamente l’impeachment, ma cogliere l’occasione per indebolire il Presidente e tentare di affrontare le cause che hanno portato all’elezione di Trump così da batterlo alle urne. E’ d’accordo?

Certamente, quella rimane la strada maestra. Trump è Presidente e se fa tutto quello che sta facendo, molta responsabilità ricade sulle spalle dei Democratici.

Molti sondaggi riconoscono ancora un certo consenso al Presidente. In vista delle elezioni presidenziali del 2020, pensa che l’impeachment possa diventare inizio del crepuscolo o elisir per Trump?

Questo è forse troppo presto per dirlo: adesso potrei sostenere allo stesso modo l’una e l’altra alternativa.