Una deliberata campagna di disinformazione volta a seminare discordia e minare la cooperazione regionale
In un mondo digitale sempre più interconnesso, la battaglia per l’influenza non si svolge più esclusivamente ai confini o nelle camere diplomatiche, ma ora infuria attraverso le timeline dei feed dei social media. L’ultimo obiettivo di questa guerra ibrida è il confine tra Pakistan e Iran, che è diventato oggetto di una campagna di disinformazione guidata da elementi anti-Pakistan, in particolare quelli collegati alle reti di social media con sede in Afghanistan e in India. Un recente post fuorviante dell’account “@kabulfrontline” ha falsamente affermato che il confine tra Pakistan e Iran è stato chiuso, creando inutili panico e confusione.
Facciamo le cose in chiaro: il confine tra Pakistan e Iran rimane aperto, con il movimento transfrontaliero di routine che continua secondo il protocollo standard. Il calo del volume dei viaggi commerciali e religiosi non è dovuto a una spaccatura politica o a uno stallo strategico. È, piuttosto, un aggiustamento temporaneo a causa dell’evoluzione delle condizioni di sicurezza all’interno dell’Iran, che colpisce in particolare lo Zaireen (pellegrini religiosi sciiti) e alcune logistiche commerciali. Tali aggiustamenti sono sia di routine che necessari, riflettendo la prudenza, non la provocazione.
Ciò a cui stiamo assistendo non è una fabbricazione una tantum, ma una deliberata campagna di disinformazione volta a seminare discordia e minare la cooperazione regionale. Inquadrando decisioni amministrative e di sicurezza di routine come prova di frattura geopolitica, questi provocatori digitali stanno cercando di fabbricare un cuneo tra due nazioni sovrane che continuano a impegnarsi diplomaticamente e costruttivamente.
Questo non è un territorio sconosciuto. Le tattiche ibride, che combinano operazioni psicologiche con notizie false e contenuti infiammatori, sono diventate il modus operandi degli attori statali e non statali che cercano di minare la posizione regionale del Pakistan. In questo caso, l’obiettivo è chiaro: proiettare una falsa immagine di instabilità, implicare un fallimento diplomatico e alimentare la pericolosa narrazione della divergenza settaria o ideologica.
La posizione politica del Pakistan nei confronti dei suoi vicini, incluso l’Iran, ha sempre dato priorità alla convivenza pacifica, al rispetto reciproco e alla stabilità regionale. Qualsiasi misura presa lungo il confine è il risultato di valutazioni della sicurezza a livello terrestre fatte nel migliore interesse sia dei cittadini pakistani che della pace regionale. Queste decisioni non sono né di natura settaria né influenzate da alcuna pressione straniera, come alcuni attori ostili hanno cercato di suggerire.
La temporanea diminuzione del movimento dello Zaireen e del flusso di merci commerciali è direttamente legata agli sviluppi interni in Iran, dove le preoccupazioni per la sicurezza hanno reso necessaria cautela. In tali contesti, il controllo del movimento è una misura preventiva, non punitiva. È importante sottolineare che non ci sono prove di attività militari o civili anomale su entrambi i lati del confine.
La falsa segnalazione di tali questioni non è solo irresponsabile, è pericolosa. Amplificare contenuti non verificati e sensazionalisti su questioni delicate come le dinamiche di confine può portare a reazioni mal calcolate, panico tra le popolazioni civili e persino incomprensioni diplomatiche. Più pericolosamente, si nutre della più ampia architettura della guerra narrativa impiegata contro il Pakistan per isolarla a livello regionale e internazionale.
La recente raffica di attività fuorvianti sui social media dovrebbe essere vista come parte di un’operazione psicologica più ampia: minare le relazioni Pakistan-Iran, alimentare ansie settarie e danneggiare l’immagine di Islamabad come forza stabilizzante nella regione. Tuttavia, gli osservatori esigenti e i professionisti dei media responsabili devono resistere a questa esca.
Piuttosto che reagire a ogni pezzo di disinformazione virale, il Pakistan continua a rispondere con calma strategica e chiarezza. Diplomaticamente, ha mantenuto un impegno coerente e significativo con Teheran. I meccanismi di sicurezza delle frontiere rimangono in vigore, la condivisione delle informazioni continua e i canali di gestione delle crisi sono pienamente funzionali.
Inoltre, il modus del Pakistan nel gestire le tensioni alle frontiere con maturità, sia con l’Iran, l’Afghanistan o l’India, riflette una politica misurata basata sul realismo e sulla cooperazione regionale, non sulla postura reazionaria o sull’avventurismo settario. Questa credibilità non dovrebbe essere sacrificata all’altare delle narrazioni clickbait e dei rapporti non verificati sui social media.
È imperativo ora, più che mai, che i media, i commentatori e gli utenti dei social media pratichino il giornalismo responsabile e la verifica dei contenuti. In tempi di incertezza, il ruolo degli attori dell’informazione diventa ancora più critico. Condividere affermazioni non verificate senza un’adeguata due diligence autorizza solo le stesse forze che cercano di destabilizzare e dividere.
Anche il pubblico deve rimanere vigile. Non tutti i thread virali sono veri, e non tutti i titoli allarmisti riflettono la realtà. L’alfabetizzazione mediatica e lo scetticismo nei confronti delle campagne di disinformazione sono strumenti essenziali per proteggere la coesione nazionale e mantenere la compostezza diplomatica.
Il confine tra Pakistan e Iran rimane stabile e operativo. I modelli di movimento potrebbero essere cambiati temporaneamente a causa di specifiche considerazioni di sicurezza, ma questo è lontano dalla rottura politica che le voci ostili farebbero credere al mondo. Quello che stiamo affrontando non è un blocco fisico, ma un assalto narrativo, che cerca di armare la disinformazione per interrompere la diplomazia regionale.
Il Pakistan rimane fermo nel suo impegno per l’integrazione regionale pacifica, la gestione responsabile delle frontiere e la comunicazione veritiera. Ora tocca ai cittadini digitali, ai giornalisti e ai responsabili politici respingere la propaganda ed elevare i fatti sulla paura.