È stato ribadito che l’Italia può fare tutte le liste che vuole, ma al giudice spetta, caso per caso, di valutare se quel Paese è ancora sicuro per quella specifica persona
« … Così, ad esempio, per l’individuazione dei cosiddetti Paesi sicuri fa prevalere la decisione del giudice nazionale … È un passaggio che dovrebbe preoccupare tutti – incluse le forze politiche che oggi esultano per la sentenza – perché riduce ulteriormente i già ristretti margini di autonomia dei Governi e dei Parlamenti nell’indirizzo normativo e amministrativo del fenomeno migratorio … » e così via in toni a metà tra il lamentoso e l’aggressivo. Che si concludono con l’affermazione insulsa, secondo la quale il Governo continuerà ad usare il centro di detenzione albanese. “Insulsa”, perché, come vediamo subito, i centri albanesi non c’entrano nulla.
Si tratta della ‘nota’ urlata di Palazzo Chigi, in reazione ad un annuncio di sentenza della Corte di Giustizia UE, in materia di ‘Paese sicuro’. Qualcuno, ne sono certo, ricorderà la feroce polemica di qualche tempo fa in materia di respingimento degli odiati ‘migranti irregolari’. Il problema nasceva dal fatto che il nostro Governo, in particolare creando quella mostruosità giuridica e umana che è il centro di detenzione in Albania, aveva cercato di stabilire che, si potesse reinviare il migrante al paese di origine senza ulteriori discussioni, quando, a giudizio del Governo quel paese non fosse ‘pericoloso’ per il migrante.
Viste, però, talune urlatissime dichiarazioni del Governo e di qualche ‘governante’, vale la pena di precisare subito che la sentenza europea non ha nulla a che fare con il centro di detenzione in Albania. Il caso, infatti, è nato dal ricorso presentato da due cittadini del Bangladesh ai quali, essendo stato negato l’asilo era stato imposto il rimpatrio immediato attraverso il centro albanese, senza svolgerev la procedura ordinaria, ma con una sorta di procedura d’urgenza. Il giudice europeo ha deciso (come già in precedenza, che in ogni caso spetta al giudice verificare se, nel caso di specie, per la persona interessata il Paese sia ‘sicuro’. La bruttura albanese non è nemmeno presa in considerazione.
Va detto molto chiaramente che il problema è tutto di facciata politica: si voleva in quel caso mostrare che il Governo ha i muscoloni e li usa, spedendo in quattro e quattr’otto i migranti irregolari nei loro Paesi di origine, in quanto non pericolosi per il migrante stesso. Solo che, per un arzigogolo assurdo di questo Governo (e succube Parlamento), la procedura accelerata può essere svolta solo per persone portate in Albania!
Il centro in Albania era stato creato, infatti, inizialmente, per portarci taluni migranti salvati in mare da navi italiane, anche se nessuno ha ancora capito perché portarli in Albania, tanto più che i centri ad hoc già esistenti in Italia hanno molti posti liberi. Poi, visto che la cosa non poteva funzionare, il Governo con un nuovo decreto-legge (subitamente approvato dal Parlamento) ha cambiato la disposizione, stabilendo di trasferite lì le persone per le quali erano in corso le procedure di espulsione verso ‘Paesi sicuri’, da svolgersi, solo per loro, con procedure accelerate. Comunque, come forse ricorderete, dopo vari tentativi, il Governo era riuscito a mandare alcune decine di persone in Albania, ma poi, in concreto, ne ha rimandati effettivamente a casa il 25%: parola del «Signor Presidente del Consiglio on. le Giorgia Meloni», in Parlamento … dove, però, omise di dire che quel 25% erano 9 persone: nove su trentadue mandati in Albania!
Il problema di oggi nasce dal fatto che, al momento del trasferimento, nel ‘Paese sicuro’ i magistrati, in ossequio tra l’altro ad una sentenza (oggi ribadita) della Corte europea, per autorizzare il trasferimento dovevano accertare se nel caso specifico il Paese fosse effettivamente sicuro per il migrante. Ma, per chiarezza, nessun Magistrato interno o europeo ha mai detto che spetta ai magistrati definire quali siano i ‘Paesi sicuri’, come ha detto il Direttore Mentana alle 20.00 del 1.8.2025, ma solo che ai magistrati spetta l’obbligo di stabilire caso per caso se in quello specifico caso il Paese non sia sicuro per quella persona specifica! Anzi, nel comunicato della Corte Europea che riassume la sentenza (non ancora depositata) si precisa esplicitamente che l’Italia può fare tutte le liste che vuole, ma al giudice spetta, caso per caso, di valutare se quel Paese, diciamo così, è ancora sicuro per quella specifica persona. Testualmente: « La Corte precisa che tale designazione può essere effettuata mediante un atto legislativo, a condizione che quest’ultimo possa essere oggetto di un controllo giurisdizionale effettivo vertente sul rispetto dei criteri sostanziali stabilite dal diritto dell’Unione».
Nel raccontare queste vicende, peraltro, si ‘dimentica’ di sottolineare che il problema reale non è quello di rispedire questo piuttosto che quello, ma che i Paesi di origine, posto che si riesca ad accettare quali siano, non vogliono quelle persone indietro e, inoltre, rispedirli lì, una volta accertato da dove provengano, costa un mucchio di soldi e organizzare quei rimpatri è difficilissimo, proprio sul piano organizzativo. Non si tratta di riportare a casa, posto che si sappia quale sia la casa, nove persone come quelle in Albania, ma molte centinaia! Il centro albanese non serve ad altro che a mostrare a quattro poveri disgraziati, di avere i muscoli: nulla di più.
Il Governo protesta perché, dice, è in corso di approvazione un nuovo sistema europeo di gestione dei migranti, che semplificherebbe il problema. Ma per ora, il nuovo sistema non c’è e si dovrà vedere se effettivamente influirà sulla situazione di cui sto parlando. Dico fin d’ora che probabilmente il nuovo sistema non cambierà nulla, perché comunque sarà un giudice a dover decidere se, nel caso specifico, quel paese è ‘sicuro’ o no.
Il problema rischia di diventare rovente perché, con una recente sentenza 96/25, la Corte Costituzionale (che è italianissima, non è ‘straniera’ come quella europea), ha tirato giù un masso enorme sulla testa del Governo, perché ha messo pesantemente in dubbio che uno straniero in attesa di essere trasferita a casa sua, o magari di essere ammessa in Italia per le norme sull’asilo politico, possa essere ‘trattenuto’, in sostanza imprigionato, visto che non ha commesso nessun reato e comunque non è stato condannato! La Corte ha rinviato il problema al Parlamento affermando, in sostanza, che seppure una qualche forma di ‘trattenimento’ possa essere necessaria, essa deve garantire tutte le libertà fondamentali del ‘trattenuto’: ciò che, aggiungo io, non accade nei Centri italiani e meno che mai in quelli in Albania.
Francamente tutta l’ira funesta del Governo e dei suoi accoliti, mi sembra mal diretta: la Corte europea ha semplicemente ribadito quanto già detto da essa stessa e dai giudici italiani che ad essa si erano rivoltiti o che ne avevano già correttamente applicato la giurisprudenza. Quindi queste ire, così come le auto-congratulazioni della ‘opposizione’, non solo sono mal dirette, ma sono in realtà diretta al solito a bastonare i magistrati, che si erano limitati ad applicare la legge, senza interferire nel potere di Governo di scegliere i paesi sicuri.
Inoltre, con buona pace del Governo, le sentenze dei giudici europei sono obbligatorie per i giudici interni, italiani e non, e per il Governo. I giudici italiani avevano solo chiesto al giudice europeo se quella interpretazione valesse sempre o no, a prescindere dalle simpatie del Governo per questo o quello stato straniero. E i giudici europei, come era ovvio, hanno ribadito la stessa decisione, tutt’altro che eversiva, e cioè che, quand’anche il Governo dica che quello stato è ‘sicuro’, spetta al giudice valutare caso per caso se lo sia per quella persona specifica.
Insomma, l’Albania non c’entra nulla. In realtà, purtroppo, la reazione violenta e quasi isterica del Governo, nasce solo dal fatto che la decisione europea, impedisce al Governo di propagandare il proprio successo, inesistente, sul tema migranti. E non solo, visto il risultato della ‘operazione ponteggio’ con Trump.
Sarà un caso (ma non ci credo neanche sotto tortura), ma proprio il giorno in cui Ursula von der Leyen e Trump si incontravano, Meloni è ‘fuggita’ all’estero, in Etiopia, sulle orme di certi suoi predecessori a magnificare una iniziativa da 25 milioni di euro, cioè nulla del ‘piano Mattei’ in un paese non esattamente campione di democrazia e, guarda caso, esportatore di migranti; poi è tornata precipitosamente a Roma per ripartire per Tunisi (governata da un golpista anche un po’ sanguinario) per chiedere, immagino, di trattenere un po’ di migranti, e poi in Libia, quella da dove ancora non ci hanno cacciati – ricordate Piantedosi ‘persona non grata’ ad Haftar? – , dove al ‘democratico’ governo di Abdul Hamid Mohammed Dbeibeh ha verosimilmente chiesto la stessa cosa: di “trattenere nel pieno rispetto dei diritti dell’uomo” i migranti. Ne possiamo essere certi, tanto più che l’ultima tappa del suo viaggio è stata la Turchia, paese di impeccabile democrazia, che già ‘trattiene’ qualche milione di fuggiaschi.
Come dice quel proverbio: «dimmi con chi vai e ti dirò chi sei»?