La Costituzione ApostolicaUniversi Dominici Gregis’ venne promulgata nel 1996 da San Giovanni Paolo II, e al suo interno vengono disciplinati normativamente il periodo della Sede vacante, alla morte o rinuncia del Pontefice e il Conclave. Di questo si interessa nella parte seconda, con 7 capitoli e 92 punti dispongono come deve avvenire l’elezione del nuovo pontefice.

Le schede (almeno due o tre a ciascun cardinale elettore) sono preparate e distribuite dai cerimonieri, poi l’ultimo cardinale diacono estrae a sorte, fra tutti i cardinali elettori, tre scrutatori, tre incaricati a raccogliere i voti degli infermi (infirmarii) e tre revisori. È questa la fase del pre-scrutinio.

Quindi, il segretario del Collegio dei cardinali, il maestro delle Celebrazioni Liturgiche Pontificie e i cerimonieri escono dalla Cappella Sistina, la  cui porta viene chiusa dall’ultimo cardinale diacono chiude la porta, aprendola e richiudendola tutte le volte che sarà necessario, come ad esempio quando gli infirmarii escono per raccogliere i voti degli infermi per fare, poi, ritorno in Cappella.

A quel punto, inizia il voto vero e proprio: ciascun cardinale elettore, in ordine di precedenza, dopo avere messo per iscritto la propria preferenza, piegata la scheda, la tiene sollevata in modo che sia visibile e la porta all’altare sul quale è posto un recipiente coperto da un piatto.

“Chiamo a testimone Cristo Signore, il quale mi giudicherà, che il mio voto è dato a colui che, secondo Dio, ritengo debba essere eletto”.

Questa la formula pronunciata ad alta voce da ogni cardinale che depone la propria scheda nel piatto e con questo la introduce nel recipiente. Al termine ciascun porporato fa un inchino all’altare e torna al suo posto. I cardinali elettori presenti nella Cappella Sistina che non possono recarsi all’altare perché infermi, hanno l’ausilio dell’ultimo degli scrutatori che si avvicina loro: pronunciato il giuramento consegnano la scheda piegata allo scrutatore che la porta ben visibile all’altare e, senza pronunciare il giuramento, la depone sul piatto e con questo la introduce nel recipiente.

Se ci sono cardinali elettori infermi nelle loro stanze, i tre infirmarii vi si recano con un congruo numero di schede su un piccolo vassoio e una cassetta consegnata dagli scrutatori. Tale cassetta – previamente aperta pubblicamente dagli scrutatori, in modo che gli altri elettori possano costatare che è vuota, e poi chiusa con una chiave deposta sull’altare – ha nella parte superiore un foro dal quale può essere inserita una scheda piegata. Non appena gli infermi votano – con le stesse modalità degli altri cardinali – gli infirmarii riportano nella Cappella Sistina la cassetta, che viene aperta dagli scrutatori dopo che i cardinali presenti avranno depositato il loro voto. Contate le schede che si trovano nella cassetta, gli scrutatori, accertato sono tante quanto degli infermi, le pongono una ad una sul piatto e con questo le introducano tutte insieme nel recipiente.

Dopo che tutti i cardinali elettori avranno deposto la loro scheda nell’urna col piatto, si procede allo scrutinio: il primo scrutatore agita l’urna più volte per mescolare le schede, poi, l’ultimo scrutatore procede al loro conteggio prendendole in maniera visibile una ad una dall’urna e riponendole in un altro recipiente vuoto. Se il numero delle schede non corrisponde al numero degli elettori, bisogna bruciarle tutte e procedere subito ad una seconda votazione, se corrisponde segue lo spoglio.

I tre scrutatori siedono ad un tavolo posto davanti all’altare: il primo prende una scheda, la apre, osserva il nome dell’eletto e la passa al secondo che, accertato il nome dell’eletto, la passa al terzo, il quale la legge a voce alta – in modo che tutti gli elettori presenti possano segnare il voto su un apposito foglio – e annota il nome letto.

Se nello spoglio gli scrutatori trovano due schede piegate in modo da sembrare compilate da un solo elettore, se queste portano lo stesso nome vanno conteggiate per un solo voto, se invece portano due nomi diversi, nessuno dei due voti è valido; ma in nessuno dei due casi viene annullata la votazione. Concluso lo spoglio delle schede, gli scrutatori fanno la somma dei voti ottenuti dai vari nomi, e li annotano su un foglio a parte. L’ultimo degli scrutatori, legge man mano le schede, le perfora con un ago nel punto in cui si trova la parola Eligo, e le inserisce in un filo, perché possano essere più sicuramente conservate.

Terminate le schede, i capi del filo vengono legati con un nodo, e le schede così unite tutte insieme vengono poste in un recipiente o ad un lato della mensa. A questo punto si procede con il conteggio dei voti e al loro controllo.

Per l’elezione del Romano Pontefice occorrono almeno i 2/3 dei voti. Nel caso specifico del Conclave che inizierà mercoledì 7 maggio serviranno 89 voti per eleggere il Papa, essendo il numero dei porporati elettori di 133.

Il testo della Universi Dominici Gregis è stato modificato l’11 giugno 2007 da Papa Benedetto XVI che, con la lettera apostolica in forma di Motu proprio De aliquibus mutationibus in normis de electione Romani Pontificis, ha emendato il comma 75. Il testo originale, infatti, prevedeva la possibilità che, dopo aver svolto invano 34 votazioni, i cardinali si accordassero per procedere nelle votazioni successive con la sola maggioranza assoluta dei voti, e non con la maggioranza qualificata dei 2/3. La modifica di Benedetto XVI ha ripristinato in tutti i casi la necessità della maggioranza dei 2/3 per l’elezione del Pontefice, prevedendo che dopo le prime 34 votazioni vadano votati soltanto i due nomi che nell’ultimo scrutinio hanno ottenuto il maggior numero di voti: in una tale evenienza, i due cardinali ammessi a questa sorta di ballottaggio sarebbero esclusi dall’elettorato attivo.

Sia che il Papa venga eletto o meno, i revisori devono procedere al controllo delle schede e delle annotazioni fatte dagli scrutatori, per accertare che questi abbiano eseguito esattamente e fedelmente il loro compito. Subito dopo la revisione, prima che i cardinali elettori lascino la Cappella Sistina, tutte le schede vengono bruciate all’interno di una stufa in ghisa, usata per la prima volta durante il Conclave del 1939.

Provvedono gli scrutatori, con l’aiuto del segretario del Collegio e dei cerimonieri, chiamati nel frattempo dall’ultimo cardinale diacono. Una seconda stufa del 2005, collegata, serve per le sostanze chimiche che devono dare il colore al fumo provocato dalle schede bruciate che uscirà dal comignolo posto sul tetto della Sistina: nero in caso di non elezione e bianco nel caso di elezione. Quando si procede ad una seconda votazione, le schede della prima votazione saranno bruciate solo alla fine, insieme a quelle della seconda votazione.

Le votazioni vengono fatte ogni giorno, due al mattino e due al pomeriggio. È prevista anche la possibilità di una sospensione delle votazioni in caso di mancato accordo. Come recita il punto numero 74, infatti, “nel caso che i cardinali elettori avessero difficoltà nell’accordarsi sulla persona da eleggere, allora, compiuti per tre giorni senza esito gli scrutini, secondo la forma descritta al n. 62 e seguenti, questi vengono sospesi al massimo per un giorno, al fine di avere una pausa di preghiera, di libero colloquio tra i votanti e di una breve esortazione spirituale, fatta dal cardinale primo dell’Ordine dei Diaconi. Quindi riprendono le votazioni, secondo la medesima forma, e dopo sette scrutini, se non è avvenuta l’elezione, si fa un’altra pausa di preghiera, di colloquio e di esortazione, tenuta dal cardinale primo dell’Ordine dei Presbiteri. Si procede poi ad un’altra eventuale serie di sette scrutini, seguita, se ancora non si è raggiunto l’esito, da una nuova pausa di preghiera, di colloquio e di esortazione, tenuta dal cardinale primo dell’Ordine dei Vescovi. Quindi riprendono le votazioni secondo la medesima forma, le quali, se non è avvenuta l’elezione, saranno sette”.