Oltre alle autobiografie, sono ben 4 le encicliche firmate da Papa Francesco, scomparso pochi giorni fa, durante suo Pontificato: ‘Lumen Fidei’ (29 giugno 2013), ‘Laudato si’’ (24 maggio 2015), ‘Fratelli tutti’ (3 ottobre 2020) e ‘Dilexit nos’ (24 ottobre 2024).

Lumen Fidei

‘Lumen Fidei’ è la prima enciclica firmata da Papa Francesco, pubblicata il 29 giugno 2013, nell’Anno della Fede. Il testo, però, è frutto di un lavoro iniziato da Papa Benedetto XVI (che ha poi passato il testimone a Francesco) con la sua trilogia di encicliche papali. Le prime due erano state ‘Deus Caritas Est’ (2006) e ‘Spe Salvi’ (2007). Papa Francesco nell’incipit scrive che Benedetto XVI “aveva già quasi completato una prima stesura di Lettera enciclica sulla fede. Gliene sono profondamente grato e, nella fraternità di Cristo, assumo il suo prezioso lavoro, aggiungendo al testo alcuni ulteriori contributi. Il Successore di Pietro, ieri, oggi e domani, è infatti sempre chiamato a ‘confermare i fratelli’ in quell’incommensurabile tesoro della fede che Dio dona come luce sulla strada di ogni uomo”. L’enciclica affronta il tema della fede, completando la trilogia sulle virtù teologali dopo Deus caritas est (carità) e Spe salvi (speranza). La fede è presentata come una luce che guida il cammino dell’umanità, radicata nell’amore e nella verità, e capace di fondare la convivenza sociale e la ricerca del bene comune.

“Si è visto – si legge nel testo dell’enciclica – che la luce della ragione autonoma non riesce a illuminare abbastanza il futuro; alla fine, esso resta nella sua oscurità e lascia l’uomo nella paura dell’ignoto. E così l’uomo ha rinunciato alla ricerca di una luce grande, di una verità grande, per accontentarsi delle piccole luci che illuminano il breve istante, ma sono incapaci di aprire la strada. Quando manca la luce, tutto diventa confuso, è impossibile distinguere il bene dal male, la strada che porta alla meta da quella che ci fa camminare in cerchi ripetitivi, senza direzione. È urgente perciò recuperare il carattere di luce proprio della fede, perché quando la sua fiamma si spegne anche tutte le altre luci finiscono per perdere il loro vigore. La luce della fede possiede, infatti, un carattere singolare, essendo capace di illuminare tutta l’esistenza dell’uomo. Perché una luce sia così potente, non può procedere da noi stessi, deve venire da una fonte più originaria, deve venire, in definitiva, da Dio. La fede nasce nell’incontro con il Dio vivente, che ci chiama e ci svela il suo amore, un amore che ci precede e su cui possiamo poggiare per essere saldi e costruire la vita”.

Laudato Si’

Pubblicata il 18 giugno 2015, ‘Laudato Si’è la prima enciclica dedicata interamente all’ecologia, ma è la seconda enciclica di Papa Francesco, con una chiara citazione del Cantico delle Creature di San Francesco d’Assisi. Suddivisa in sei capitoli, l’Enciclica raccoglie, in un’ottica di collegialità, diverse riflessioni delle Conferenze episcopali del mondo e si conclude con due preghiere, una interreligiosa ed una cristiana, per la salvaguardia del Creato.

In essa Papa Francesco parla di ‘ecologia integrale’, collegando la difesa dell’ambiente con la giustizia sociale. Il testo denuncia il degrado ambientale, i cambiamenti climatici, la cultura dello scarto e l’inquinamento, sollecitando una responsabilità collettiva e nuovi modelli economici e di consumo. Il Papa invoca un rapporto armonioso con il creato e con gli altri, promuovendo uno sviluppo sostenibile che parta dai più poveri.

Dedicata alla ecologia integrale, il pontefice sottolinea il legame inscindibile tra l’umanità e la Creazione. Francesco mette ripetutamente allerta dai rischi derivati dalla mancata attenzione alla cura della casa comune. “Oggi – afferma il Papa – non possiamo fare a meno di riconoscere che un vero approccio ecologico diventa sempre un approccio sociale, che deve integrare la giustizia nelle discussioni sull’ambiente, per ascoltare tanto il grido della terra quanto il grido dei poveri. Quando non si riconosce nella realtà stessa l’importanza di un povero, di un embrione umano, di una persona con disabilità, difficilmente si sapranno ascoltare le grida della natura stessa. E’ preoccupante il fatto che alcuni movimenti ecologisti difendano l’integrità dell’ambiente, e con ragione reclamino dei limiti alla ricerca scientifica, mentre a volte non applicano questi medesimi princìpi alla vita umana”.

Il Papa mette in guardia dalle gravi conseguenze dell’inquinamento e da quella “cultura dello scarto” che sembra trasformare la terra, “nostra casa, in un immenso deposito di immondizia”. Dinamiche che si possono contrastare adottando modelli produttivi diversi, basati sul riutilizzo, il riciclo, l’uso limitato di risorse non rinnovabili. Anche i cambiamenti climatici sono “un problema globale”, spiega l’Enciclica, così come l’accesso all’acqua potabile, che va tutelato in quanto “diritto umano essenziale, fondamentale ed universale”, “radicato nell’inalienabile dignità” dell’uomo. Centrale, inoltre, la tutela della biodiversità perché ogni anno, a causa nostra, “scompaiono migliaia di specie vegetali e animali che i nostri figli non potranno vedere”. E “non ne abbiamo il diritto”, sottolinea Francesco,

Gli uomini sono tutti custodi del Creato, un dono che Dio gli ha regalato, e per questo se ne devono prendercene cura, salvaguardandolo quanto più possibile. Ognuno può fare qualcosa nel suo piccolo per migliorare la salute del pianeta. L’ecologia integrale diventi un nuovo paradigma di giustizia, perché la natura non è una “mera cornice” della vita umana.Si rivolge però anche a tutti coloro che occupano un ruolo di responsabilità, sia esso economico, politico oppure sociale. La sua speranza infatti è che accolgano a braccia aperte queste sue parole e facciano qualcosa per riuscire finalmente a salvare l’ambiente. Viene sottolineata l’esistenza di un “debito ecologico”, soprattutto tra il Nord e il Sud del mondo, connesso a squilibri commerciali. “Il debito estero dei Paesi poveri – infatti – si è trasformato in uno strumento di controllo, ma non accade la stessa cosa con il debito ecologico”.

Fratelli tutti

Fratelli Tutti’, enciclica firmata in un luogo simbolo, sulla tomba di San Francesco ad Assisi, indica che siamo tutti sulla stessa barca, che nessuno si può salvare da solo, ma promuovendo una fraternità realizzata con i fatti, non di parole. Promuovere una fraternità vera significa costruire ponti in un’epoca caratterizzata dall’innalzamento di muri. Quindi ‘No’ allo sfruttamento dei più deboli e degli indifesi.

Secondo il Papa, “la storia sta dando segni di un ritorno all’indietro. Si accendono conflitti anacronistici che si ritenevano superati, risorgono nazionalismi chiusi, esasperati, risentiti e aggressivi. In vari Paesi un’idea dell’unità del popolo e della nazione, impregnata di diverse ideologie, crea nuove forme di egoismo e di perdita del senso sociale mascherate da una presunta difesa degli interessi nazionali”. Oggi – sottolinea il pontefice – si avverte “la perdita del senso della storia che provoca ulteriore disgregazione. Si avverte la penetrazione culturale di una sorta di decostruzionismo” che porta a “nuove forme di colonizzazione culturale”. Riferendosi alla pandemia di Covid, il pontefice rileva che “passata la crisi sanitaria, la peggiore reazione sarebbe quella di cadere ancora di più in un febbrile consumismo e in nuove forme di auto-protezione egoistica. Voglia il Cielo che alla fine non ci siano più gli altri, ma solo un noi. Che non sia stato l’ennesimo grave evento storico da cui non siamo stati capaci di imparare”. In definitiva – osserva Francesco – è “impossibile capire me stesso senza un tessuto più ampio di relazioni”. “L’amore che è autentico, che aiuta a crescere, e le forme più nobili di amicizia abitano cuori che si lasciano completare. La statura spirituale di un’esistenza umana è definita dall’amore”.

Dilexit Nos

L’enciclica ‘Dilexit Nos’, pubblicata nel 2024,  è incentrata sull’amore umano e divino del Cuore di Gesù ed interamente dedicato al culto del Sacro Cuore di Cristo. Secondo le intenzioni del Papa si tratta di una enciclica che raccoglie “le preziose riflessioni di testi magisteriali precedenti e di una lunga storia che risale alle Sacre Scritture, per riproporre oggi, a tutta la Chiesa” il culto del Sacro Cuore di Gesù “carico di bellezza spirituale”. “Si potrebbe dire che io sono il mio cuore, perché esso è ciò che mi distingue, mi configura nella mia identità spirituale e mi mette in comunione con le altre persone”, afferma il pontefice.

Francesco scrive sull’onda delle crisi internazionali sempre più acute (la “Terza guerra mondiale a pezzi”, come la definisce lui): infatti, in queste pagine, il Pontefice chiede a quel mondo “che sopravvive tra le guerre, gli squilibri socioeconomici, il consumismo e l’uso anti-umano della tecnologia” di “recuperare ciò che è più importante e necessario: il cuore”. L’enciclica invita a superare la frammentazione dell’individualismo moderno, recuperando la dimensione comunitaria, sociale e missionaria dell’amore di Cristo.

Nel 1956, con la ‘Haurietis acquas’, Pio XII scriveva per ravvivare il culto del Cuore di Gesù e invitare la Chiesa a meglio comprenderne e attuarne le varie forme di devozione, di “massima utilità” per le necessità della Chiesa ma anche “vessillo di salvezza” per il mondo moderno. Erano i tempi più bui della Guerra Fredda.

“Dilexit nos” ripercorre tradizione e attualità del pensiero “sull’amore umano e divino del cuore di Gesù Cristo”, invitando a rinnovare la sua autentica devozione per non dimenticare la tenerezza della fede, la gioia di mettersi al servizio e lo slancio della missione. È infatti nel Cuore di Cristo che “possiamo trovare tutto il Vangelo” e “riconosciamo finalmente noi stessi e impariamo ad amare”. Secondo Francesco, incontrando l’amore di Cristo, “diventiamo capaci di tessere legami fraterni, di riconoscere la dignità di ogni essere umano e di prenderci cura insieme della nostra casa comune”. L’auspicio è che il mondo, “che sopravvive tra le guerre, gli squilibri socioeconomici, il consumismo e l’uso anti-umano della tecnologia, possa recuperare ciò che è più importante e necessario: il cuore”.

Il primo capitolo, “L’importanza del cuore”, spiega perché occorre “ritornare al cuore” in un mondo nel quale siamo tentati di “diventare consumisti insaziabili e schiavi degli ingranaggi di un mercato”. È il cuore “che unisce i frammenti” e rende possibile “qualsiasi legame autentico, perché una relazione che non è costruita con il cuore è incapace di superare la frammentazione dell’individualismo”. E il mondo può cambiare “a partire dal cuore”. Il secondo capitolo si sofferma sui gesti e sulle parole d’amore di Cristo, mentre il terzo “Questo è il cuore che ha tanto amato” spiega come la Chiesa rifletta e abbia riflettuto “sul santo mistero del Cuore del Signore”. Il Papa sottolinea che “la devozione al Cuore di Cristo è essenziale per la nostra vita cristiana in quanto significa l’apertura piena di fede e di adorazione al mistero dell’amore divino e umano del Signore, tanto che possiamo affermare ancora una volta che il Sacro Cuore è una sintesi del Vangelo”. Di qui l’invito a rinnovare la devozione al Cuore di Cristo anche per contrastare “nuove manifestazioni di una ‘spiritualità senza carne’ che si moltiplicano nella società”. È necessario tornare alla “sintesi incarnata del Vangelo” davanti a “comunità e pastori concentrati solo su attività esterne, riforme strutturali prive di Vangelo, organizzazioni ossessive, progetti mondani, riflessioni secolarizzate, su varie proposte presentate come requisiti che a volte si pretende di imporre a tutti”.

Negli ultimi due capitoli, il Pontefice mette in luce i due aspetti che “la devozione al Sacro Cuore dovrebbe tenere uniti per continuare a nutrirci e ad avvicinarci al Vangelo: l’esperienza spirituale personale e l’impegno comunitario e missionario”. Nel quarto, “L’amore che dà da bere”, rilegge le Sacre Scritture, e con i primi cristiani, riconosce Cristo e il suo costato aperto in “colui che hanno trafitto” che Dio riferisce a se stesso nella profezia del libro di Zaccaria. Diversi Padri della Chiesa hanno menzionato “la ferita del costato di Gesù come origine dell’acqua dello Spirito”, in primis Sant’Agostino, che “ha aperto la strada alla devozione al Sacro Cuore come luogo di incontro personale con il Signore”.

Tra i devoti, l’Enciclica ricorda San Francesco di Sales, Santa Margherita Maria Alacoque, Santa Teresa di Lisieux, Santa Faustina Kowalska, San Giovanni Paolo II. L’ultimo capitolo “Amore per amore” approfondisce la dimensione comunitaria, sociale e missionaria della devozione al Cuore di Cristo, che, nel momento in cui “ci conduce al Padre, ci invia ai fratelli”. L’amore per i fratelli è infatti il “gesto più grande che possiamo offrirgli per ricambiare amore per amore”, come ha testimoniato, ad esempio, San Charles de Foucauld.

Il testo si conclude con una preghiera di Francesco: “Prego il Signore Gesù che dal suo Cuore santo scorrano per tutti noi fiumi di acqua viva per guarire le ferite che ci infliggiamo, per rafforzare la nostra capacità di amare e servire, per spingerci a imparare a camminare insieme verso un mondo giusto, solidale e fraterno. Questo fino a quando celebreremo felicemente uniti il banchetto del Regno celeste. Lì ci sarà Cristo risorto, che armonizzerà tutte le nostre differenze con la luce che sgorga incessantemente dal suo Cuore aperto. Che sia sempre benedetto!”.