Due giorni fa, il 79enne Rodrigo Duterte è stato arrestato a Manila martedì mentre sbarcava da un volo da Hong Kong. È stato trattenuto per ore in una base aerea vicino all’aeroporto internazionale di Manila prima di essere messo su un altro aereo che lo ha portato via all’Aia.

L’ex Presidente filippino è in custodia dopo che le autorità del suo Paese d’origine lo hanno arrestato su mandato della Corte penale internazionale e lo hanno messo su un aereo diretto nei Paesi Bassi, dove ha sede la corte che persegue i casi solo quando un governo non è disposto o incapace di farlo ‘obiettivamente’. Ciò vuol dire che l’arresto di Duterte sarebbe dovuto al fatto che la CPI avrebbe ritenuto che Manila non potesse o non avrebbe condotto indagini autentiche sulle accuse.

Il mandato dell’ Interpol sarebbe valido perché la giurisdizione della Corte penale internazionale copre i crimini avvenuti prima che le Filippine, all’epoca guidate da Duterte, si ritirassero dallo statuto che ha creato il tribunale internazionale. Tuttavia, i crimini commessi dopo il ritiro del Paese – entrato in vigore il 17 marzo 2019 – resteranno ‘impuniti’.

Le autorità filippine avevano notificato a Duterte un mandato di arresto della CPI, a conclusione dell’indagine durata anni condotta dal tribunale internazionale sulla sanguinosa repressione della sua passata amministrazione sulle droghe illegali. «Che crimine ho commesso?», avrebbe  chiesto l’ex Presidente in un video diffuso da sua figlia: ho fatto tutto solo «per i filippini». Da grande estimatore di Adolf Hitler, non aveva nascosto di essere «felice di massacrare» milioni di spacciatori e tossicodipendenti come il nazista aveva fatto con gli ebrei.

Come dettagliato nel mandato della CPI, l’ex leader è accusato di aver commesso crimini contro l’umanità in relazione a migliaia di torture, stupri, omicidi extragiudiziali, esecuzioni sommarie  commesse dalle sue ‘squadre della morte’ durante quella che lui chiamava «guerra alla droga» (2016-22) e risalente al 2011, quando è stato sindaco della città meridionale di Davao. Human Rights Watch e altri gruppi di difesa dei diritti hanno riferito che la polizia sotto Duterte aveva regolarmente falsificato prove per giustificare le uccisioni di sospetti trafficanti di droga e tossicodipendenti.

Il governo filippino ha fornito cifre contrastanti su quante persone sono state uccise nella cosiddetta guerra alla droga della sua amministrazione. L’ultima cifra che ha dato è stata di 6.252 sospetti, che sarebbero stati uccisi dal 1° luglio 2016 al 31 maggio 2022. I gruppi per i diritti umani, tuttavia, hanno messo il bilancio delle vittime a più di 20.000. Tra questi, migliaia di innocenti e 130 bambini. Oltre 1.000 le persone scomparse. Hanno notato che le statistiche per molti di coloro che sono stati uccisi erano state inserite nella categoria “morte sotto inchiesta” del governo, e quindi non sono state registrate come vittime della campagna anti-narcotici di Duterte.

Per spiccare un mandato d’arresto, ovviamente,  si sono accumulate delle prove. Otto agenti di polizia sono stati finora condannati per omicidio compiuto in nome della guerra alla droga. Nel giugno 2024, un tribunale aveva condannato quattro agenti per l’omicidio del settembre 2016 di Luis Bonifacio, 45 anni, e di suo figlio di 19 anni, Gabriel, all’interno della loro casa. La corte aveva detto che le ferite delle vittime – tra cui molteplici ferite da arma da fuoco ai loro corpi – “mostrano sfamostrantemente la brutalità impiegata su di loro, nonostante la supplica di misericordia delle vittime”.

Nel novembre 2018, un tribunale nel nord di Manila aveva condannato tre agenti di polizia per aver ucciso l’adolescente di 17 anni Kian Loyd delos Santos mentre implorava pietà. Non è stata una sparatoria come aveva affermato la polizia, e le prove in seguito hanno mostrato che anche lui è stato ucciso per errore. La sua morte galvanizzò l’opposizione alla guerra alla droga di Duterte.

Nel marzo 2023, un altro poliziotto è stato dichiarato colpevole di aver torturato due adolescenti che in seguito sono stati trovati morti.

Sembra che ex membri della squadra della morte di Davao e gli agenti di polizia possano testimoniare per l’accusa, tra cui, si pensa, l’uomo diventato informatore Edgar Matobato e l’ex agente di polizia di Davao City Arturo Lascañas. Duterte non ha fatto alcuno sforzo per nascondere il suo ordine ‘uccidi, uccidi, uccidi’ e durante la sua apparizione davanti al Congresso in ottobre, ha raddoppiato la sua ragione per farlo.

“Se pensi di essere ucciso, sparagli alla testa. Sarebbe un criminale in meno”, aveva detto Duterte. Aveva anche ammesso l’esistenza del suo esercito privato: “Posso fare la confessione ora se vuoi. Lo sto facendo davvero, ma non coinvolgere la polizia”. “Ho una squadra della morte, sette uomini, ma non sono poliziotti. Sono gangster.” L’ex presidente si rifiutò di nominarli.

Le famiglie Duterte e Marcos sono due delle principali famiglie politiche nelle Filippine. Il potere, da quelle parti, infatti, si eredita, si tramanda di padre in figlio. Nel caso di Duterte, si tratta di figlia: finora Duterte era rimasto a piede libero perché sua figlia Sara, Vicepresidente del governo di Marcos jr – figlio del dittatore Ferdinand Marcos, anche lui accusato di aver commesso crimini contro l’umanità – con il quale fino a qualche mese fa andava perfettamente d’accordo. Tuttavia,  Rodrigo Duterte ha poi litigato apertamente con il suo successore, il presidente Ferdinand Marcos Jr., e lo ha ripetutamente deriso nelle apparizioni pubbliche.

Se fino al 2023, Marcos aveva ribadito che nelle Filippine «non avrebbero alzato un dito» per favorire l’arresto voluto dalla Corte penale, ora che quell’alleanza – che nel 2022, pur di non averla come rivale, Marcos aveva proposto a Sara Duterte la vicepresidenza, a patto che si ritirasse dalla corsa elettorale – si è conclusa, le pressioni le pressioni sul governo Marcos per consentire un’indagine internazionale sulla guerra alla droga condotta dall’ex presidente Duterte hanno avuto il sopravvento.

A novembre scorso Sara ha mostrato quanto è davvero figlia di suo padre quando ha ammesso di aver ingaggiato un killer per assassinare Marcos, sua moglie e anche il presidente della Camera Martin Romualdez (cugino del presidente): sarebbe entrato in azione se avessero ammazzato lei. Dopo la conferenza stampa in cui la sua nemica fantasticava sulla sua morte e di disseppellire i resti del cadavere di suo padre «per gettarli nel mare delle Filippine occidentali», il 31 dicembre scorso Marcos ha firmato l’ordine esecutivo per estromettere Sara e suo padre dal Consiglio di sicurezza. Qualche settimana dopo, a gennaio, un alto funzionario del suo governo ha dichiarato che ci sarebbe stata una «risposta favorevole» di Manila in caso di arresto dell’ex Presidente. Il mese scorso, 215 membri su 306 della Camera dei Rappresentanti hanno messo sotto accusa Sara Duterte per presunte violazioni costituzionali, corruzione, complotto per assassinare Marcos, tradimento della fiducia pubblica e altri reati elevati – accuse che la sua famiglia ha respinto come “persecuzione politica”. Per questo, sarà chiamata ad affrontare un processo di impeachment davanti al Senato entro la fine dell’anno, con l’accusa di corruzione e appropriazione indebita di fondi pubblici (circa 612 milioni di pesos, oltre dieci milioni di euro, per scopi «sensibili e riservati» nel 2023).

A questo punto, unire i puntini viene piuttosto facile: nonostante non sia più parte del Trattato di Roma, le Filippine si impegnano a sostenere l’Organizzazione internazionale di polizia criminale, o Interpol. Ed è stato l’Interpol a chiedere a Manila di far rispettare il mandato dopo averlo ricevuto dalla CPI.

L’indicazione di Marcos era che il governo filippino non aveva altra scelta che conformarsi all’Interpol per due motivi. In primo luogo, è il comportamento previsto di una nazione democratica per rispettare le norme internazionali, e in secondo luogo, l’Interpol ha aiutato le Filippine ad arrestare i fuggitivi in passato, tra cui l’ex sindaco e sospetta spia cinese Alice Guo.

Anche se Manila non può dettare alla CPI quando emettere un mandato o a chi, salta all’occhio che il procuratore della CPI Karim Khan abbia richiesto il mandato il 10 febbraio, quindi i tempi non sono stati determinati da Marcos.

Dunque, l’arresto di Rodrigo Duterte sarebbe l’effetto della disgrazia in cui è finita la figlia Sara dopo la traumatica rottura dell’alleanza con Marcos jr il quale potrebbe usare sia l’arresto del padre sia l’impeachment della figlia per indebolire la famiglia avversaria in vista delle elezioni di medio termine previste a maggio.

Ma al di là delle questioni di personalità, c’è anche una divergenza politica tra i Marcos e i Duterte, con i primi, più vicini agli Stati Uniti alle cui truppe Marcos Jr. sta permettendo di tornare nel paese e assumendo una posizione più aggressiva nei confronti della Cina nel Mar Cinese Meridionale, decisione avversata dai secondi, più favorevoli alla Cina.