Uno dei temi ricorrenti quando si parla della possibile politica di Donald Trump verso l’Europa è quello del futuro della NATO e del ruolo che potranno avervi gli Stati Uniti. Trump è sempre stato critico nei confronti dell’Alleanza Atlantica e, in particolare, di quello che sarebbe il rapporto squilibrato che esiste al suo interno fa le spese sostenute dagli Stati Uniti e quelle sostenute dagli alleati europei. Nel febbraio 2024, hanno fatto scalpore le sue dichiarazioni secondo cui una sua eventuale amministrazione avrebbe lasciato fare alla Russia “quel diavolo che voleva” agli alleati europei se questo non avessero “pagato abbastanza” per la garanzia di sicurezza fornita da Washington. Nei mesi successivi, la questione è passata in qualche modo sottotraccia e il tema dei rapporti USA-NATO ha ceduto il posto a priorità più immediate. Anche nel discorso d’insediamento, le parole ‘Europa’ e ‘NATO’ non hanno trovato spazio. D’altra parte, ciò non significa che il burden sharing (la ‘divisione del fardello’ degli oneri della difesa comune) abbia cessato di essere un problema né che, nei mesi a venire, il tema non tornerà a essere fonte di tensione nei rapporti fra le due sponde dell’Atlantico.

Nonostante le ricorrenti dichiarazioni riguardo alla necessità, per l’Europa, di sviluppare una propria capacità strategica autonoma, è prevedibile che la NATO e gli Stati Uniti continueranno a rappresentare ancora a lungo due pilastri centrali della sua sicurezza. L’industria della Difesa statunitense fornisce oggi il 63% circa delle capacità militari dellUE, una quota che potrebbe anche aumentare data la necessità di diversi Paesi di ricostituire rapidamente i loro arsenali, intaccati dal sostegno dato allo sforzo militare ucraino dopo il 24 febbraio 2022. La cooperazione con gli Stati Uniti è essenziale in areechiave come lintelligence e la sorveglianza, il trasportostrategico e tutto il vasto insieme delle c.d. ‘capacità abilitanti, oltre che per operare efficacemente nei domini spaziale e cyber, che negli ultimi anni hanno assunto un’importanza via via crescente. Infine, le risorse militari statunitensi svolgono un ruolo centrale nella protezione fisica del continente. Dopo l’invasione russa dell’Ucraina, il numero di militari USA dispiegati in Europa è salito a circa 100.000 ed è aumentato in modo considerevole il volume degli assetti schierati soprattutto nella parte centro-orientale del continente.

Su questo sfondo, la minaccia di Trump di ridurre limpegno di Washington se gli alleati non aumentano il loro contributo alla spesa della difesa comune (una minaccia che il Presidente ha ripetuto anche recentemente dal palco del Forum economico mondiale di Davos) ha portato a tensioni ricorrenti. Nellattuale scenario internazionale e di fronte alla mancanza di alternative credibili, appare comunque difficile che molti Paesi europei decidano di rinunciare allombrello di sicurezza statunitense. Piuttosto, la situazione potrebbe fornire loro ulteriori incentivi a riformulare la propria posizione su nuove basi sostanzialmente bilaterali. La crescita dei partiti populisti e della destra sovranista— che in Donald Trump vedono una sorta di proprio campione – spinge nella stessa direzione. L’appello del ministro della Difesa polacco Wladyslaw Kosiniak-Kamysz agli alleati europei perché portino al 5% la percentuale di PIL destinato alla spesa per la Difesa, oltre a echeggiare richieste simili fatte da Trump, offre un chiaro segnale in questa direzione e contribuisce a rendere la Polonia uno dei candidati al ruolo di cinghia di trasmissione delle politiche statunitensi in Europa, almeno in ambito militare.

L’interrogativo è quello del possibile ruolo della NATO all’interno di queste dinamiche. Il nuovo Segretario generale dell’Alleanza, l’olandese Mark Rutte, ha apertamente avallato la richiesta di un maggiore impegno europeo in campo finanziario. È una linea che la NATO segue almeno dall’epoca del c.d. ‘pledge’ di Celtic Manor (2014), con cui gli alleati si erano impegnati a portare al 2% la percentuale di PIL destinato alla spesa per la Difesa. Lo scoppio della guerra in Ucraina ha dato una spinta importante per il raggiungimento di questo obiettivo, convincendo anche paesi tradizionalmente riluttanti (come, per esempio, la Germania) ad allentare i cordoni della borsa. Tuttavia, il processo non è stato indolore e ha aperto nuove linee di frattura in un’organizzazione già alle prese con molte divisioni. Alzare l’asticella al 5% non sarà, quindi, facile, sia per gli oneri aggiuntivi che il nuovo target porrà sulle spalle di economie che già mostrano segni di difficoltà, sia perché, da molte parti,sembra avere cominciato a frasi strada l’idea che uno strumento puramente quantitativo come la soglia del 5% non sia quello più adatto per colmare i gap di capacità che l’Alleanza Atlantica è chiamata oggi ad affrontare.

Di Gianluca Pastori

Gianluca Pastori è Professore associato nella Facoltà di Scienze politiche e sociali, Università Cattolica del Sacro Cuore. Nella sede di Milano dell’Ateneo, insegna Storia delle relazioni politiche fra il Nord America e l’Europa e International History; in quella di Brescia, Storia delle relazioni e delle istituzioni internazionali.