Dopo quattro anni relativamente tranquilli, il ritorno di Donald Trump alla presidenza rischia di rilanciare le tensioni fra USA ed UE che hanno segnato il primo mandato del tycoon. In campagna elettorale, Trump ha più volte parlato di introdurre un dazio generale compreso fra il 10% e il 20% su tutte le importazioni statunitensi e di un dazio speciale del 60% su quelle dalla Cina. Trump ha anche minacciato di introdurre dazi contro le aziende statunitensi delocalizzano all’estero la loro produzione e di tassare del 100% limport di automobili, in particolare dal Messico, dove (a suo dire) aziende cinesi starebbero costruendo nuovi stabilimenti per aggirare le restrizioni. Queste minacce hanno sollevato diffuse preoccupazioni. Gli osservatori hanno notato, fra l’altro, i possibili impatti negativi sui Paesi europei e sullUE, ricordando lesperienza della piccola guerra’ commerciale del 2018. Tuttavia, nonostante le tensioni e le minacce del Presidente (che ha ipotizzato ulteriori sanzioni se l’Europa non aumenterà i suoi acquisiti di petrolio e gas da Washington), lUnione sembra avere scelto una linea di basso profilo, forse anche per vedere come si svilupperà la strategia della Casa Bianca.

Definire una posizione comune non sarà, tuttavia, facile. I dazi statunitensi colpiranno in modo diverso i diversi Paesi, industrie e settori. Ciò si va a sommare alle divisioni che già esistono fra i membri dellUE, alimentate dalle difficoltà che alcuni stanno affrontando al loro interno. Linstabilità politica in Francia e in Germania e il sostegno limitato di cui gode lattuale Commissione sono altre fonti di problemi e concorrono a indebolire la capacità diniziativa dellUnione. Questo quadro frammentato fa il gioco di Donald Trump. Durante il primo mandato, gli Stati Uniti si sono valsi ampiamente del divide et impera per sfruttare le fratture del fronte europeo e fare leva sulleffetto psicologico della Brexit. Nel complesso, questo approccio si è dimostrato assai efficace nell’approfondire le divisioni dell’Europa. Oggi la situazione sembra ancora più favorevole, con le forze euroscettiche in ascesa quasi ovunque, le istituzioni comuni sempre più delegittimate e i governi nazionali divisi sulle rispettive priorità. Inoltre, la prospettiva di nuove tensioni fra Stati Uniti e Cina e della ripresa della guerra commerciale fra i due Paesi pone lEuropa di fronte al rischio di trovarsi presa fra lincudine e il martello.

I nuovi dazi statunitensi porteranno senza dubbio a ritorsioni. Resta, tuttavia, da capire se queste porteranno a una vera guerra commerciale. Leconomia europea ha molto da perdere da un confronto diretto con Stati Uniti realmente protezionisti. Il successo elettorale di Trump ha già spinto il tasso di cambio euro/dollaro al ribasso da 1,089 del 5 novembre a 1,047 del 24 gennaio. I dazi probabilmente favoriranno questo processo, con effetti sulle esportazioni europee che andrebbero a sommarsi a quelli dovuti alle restrizioni commerciali. Nel frattempo, le merci cinesi bandite dagli Stati Uniti rischiano di inondare i mercati e defluire in Europa, a danno dei produttori nazionali e dei loro profitti. Per le economie europee, il 2024 è stato un periodo complesso, caratterizzato da una crescita moderata e una diffusa incertezza. Per il 2025, le previsioni concordano nel dipingere uno scenario grossomodo simile. I prezzi dellenergia che, seppure in calo, rimangono alti e l’aumento della concorrenza cinese sono altre fonti di preoccupazione. Su questo sfondo, nessuno, né a Bruxelles né nelle altre capitali europee, sembra davvero intenzionato ad aprire un fronte di scontro con gli USA dagli esiti quanto meno incerti.

Tutto ciò senza contare che l’interdipendenza fra Europa e Stati Uniti va ben oltre la sfera del commercio. In quest’ottica, ciò che contribuisce a indebolire la coesione dell’UE è un intreccio di considerazioni politiche, economiche e di sicurezza. Il fatto che i Paesi europei abbiano reagito sostanzialmente in ordine sparso alle dichiarazioni della Casa Bianca è forse la prova migliore di come al di là delle affermazioni – il Vecchio continente non sia stato finora in grado di affrontare davvero la sfida posta dagli Stati Uniti. Le visioni contrastanti dei membri dell’Unione, gli interessi divergenti e un processo decisionale macchinoso rafforzano la posizione di Washington non solo in tema di scambi, ma in quasi tutte le dimensioni della relazione con l’Europa. La strategia di Donald Trump si basa proprio sullo sfruttamento di questa fragilità e sulla capacità di rendere evidenti gli attriti che indeboliscono la controparte. L’introduzione dei nuovi dazi difficilmente cambierà tale stato di cose; al contrario, essa metterà ancora di più in tensione l’attuale assetto politico dellUE; un risultato che non fa che confermare la visione critica che la Casa Bianca ha del multilateralismo e dei suoi prodotti istituzionali.

Di Gianluca Pastori

Gianluca Pastori è Professore associato nella Facoltà di Scienze politiche e sociali, Università Cattolica del Sacro Cuore. Nella sede di Milano dell’Ateneo, insegna Storia delle relazioni politiche fra il Nord America e l’Europa e International History; in quella di Brescia, Storia delle relazioni e delle istituzioni internazionali.