La rielezione di Donald Trump pone le basi per un cambiamento significativo nella politica interna e internazionale americana. Tornando alla Casa Bianca nel gennaio 2025, il secondo mandato di Trump dovrebbe rinnovare il suo ethos “America First”, una promessa di dare priorità agli interessi americani rispetto alle alleanze tradizionali e ai quadri multilaterali.

L’appello di Trump, rafforzato da una costante erosione della fiducia pubblica nell’amministrazione Biden-Harris, riflette il desiderio del pubblico di un ritorno alla forza americana percepita. Eppure, mentre torna alla leadership globale, Trump incontra un ordine mondiale più fratturato e volatile di quello che ha lasciato nel 2021. I conflitti globali, le interruzioni economiche e le alleanze mutevoli creano un paesaggio imprevedibile che potrebbe amplificare gli effetti delle sue politiche in modi senza precedenti. Le sue promesse di una “Età d’oro per l’America” affrontano sfide immediate, chiedendo più degli slogan se vogliono rimodellare l’economia globale.

America-FirstRedux: recuperare la sovranità economica a tutti i costi

Centrale nella rinnovata agenda di Trump c’è il suo impegno per una dottrina “America First”, che dà priorità alla sovranità economica nazionale rispetto alla globalizzazione e alla cooperazione multilaterale. La posizione economica di Trump riflette un’ideologia protezionista che, sebbene popolare tra la sua base interna, ha profonde implicazioni per l’economia globale. La sua promessa di aumentare le tariffe sulle importazioni – da un ulteriore 10-20% sulla maggior parte dei beni a ben il 100% su alcuni prodotti cinesi – indica un ritorno alle politiche commerciali che danno priorità ai benefici immediati degli Stati Uniti, spesso a scapito della stabilità economica internazionale.

Questo approccio rispecchia la dottrina Monroe nella sua affermazione del dominio americano, ma differisce nella portata, estendendo il protezionismo ben oltre i confini degli Stati Uniti. A differenza del suo storico predecessore, che mirava a proteggere l’emisfero occidentale dall’influenza straniera, la strategia di Trump mira a rimodellare il commercio globale per dare priorità agli interessi economici americani in tutto il mondo. Le implicazioni sono chiare: ridotto impegno con le istituzioni internazionali, priorità degli accordi commerciali bilaterali e volontà di ritirarsi dai quadri multilaterali. Per i principali partner commerciali come Cina, Messico e India, queste politiche promettono rinnovate tensioni, probabilmente portando a tariffe di ritorsione e a un rimpasto delle relazioni commerciali.

A livello nazionale, la posizione protezionistica di Trump può soddisfare coloro che si sentono lasciati indietro dalla globalizzazione. Tuttavia, pone rischi per i consumatori americani, che probabilmente sosterrebbero il costo di tariffe più elevate sotto forma di prezzi più elevati. Questi costi in aumento potrebbero smorzare la spesa dei consumatori, rallentando così la crescita economica, mentre l’assenza di accordi commerciali multilaterali potrebbe creare un ambiente imprevedibile per le aziende statunitensi che dipendono dai mercati esteri. A livello globale, questa svolta protezionista rischia di alienare gli alleati di lunga data e potrebbe accelerare la formazione di blocchi economici alternativi che cercano di isolarsi dall’influenza degli Stati Uniti.

Un ritiro dalle alleanze globali: ritirarsi dal multilateralismo

L’approccio di Trump alla politica estera spesso si basa su relazioni transazionali, mettendo da parte le alleanze tradizionali a favore di negoziati diretti e accordi pragmatici. Il suo primo mandato è stato caratterizzato da ritiri da accordi chiave, come l’accordo sul clima di Parigi e l’accordo nucleare iraniano (JCPOA), mosse che hanno indebolito la cooperazione multilaterale su questioni critiche. Il suo ritorno alla Casa Bianca segnala una continuazione – e potenzialmente un’intensificazione – di questa tendenza.

Con la NATO, Trump ha precedentemente espresso frustrazione per quelli che vede come contributi sproporzionati degli Stati Uniti all’alleanza. La speculazione suggerisce che potrebbe ridurre il dispiegamento di truppe, chiudere alcune basi o ridimensionare il sostegno finanziario, citando queste misure come necessarie per ridurre l'”onere” globale degli Stati Uniti. Questa ritirata potrebbe destabilizzare il quadro di sicurezza della NATO, incoraggiando gli avversari che vedono una NATO indebolita come un’opportunità per sfidare gli interessi occidentali. La svolta di Trump dalle alleanze tradizionali può anche indicare una diminuzione della dipendenza da impegni di sicurezza internazionale condivisi, favorendo invece un approccio più insulare che vede le alleanze attraverso una lente ristretta di beneficio americano immediato.

Una diminuzione della presenza degli Stati Uniti negli accordi internazionali è prevista anche nella politica ambientale. La resistenza di Trump alle iniziative di mitigazione del cambiamento climatico rimane un aspetto determinante della sua piattaforma. La sua intenzione di ritirarsi, ancora una volta, dall’accordo sul clima di Parigi sottolinea un disprezzo per l’azione collaborativa per il clima, una posizione che rischia di indebolire gli sforzi globali per affrontare il cambiamento climatico. Il ritiro dagli accordi multilaterali sul clima avrebbe conseguenze di vasta portata, in particolare per i paesi in via di sviluppo più vulnerabili agli impatti climatici. La posizione isolazionista di Trump sulla politica ambientale non è solo simbolica; minaccia direttamente i finanziamenti internazionali per l’adattamento climatico, una risorsa essenziale per le regioni che affrontano maggiori sfide ambientali a causa del riscaldamento globale.

Il Sud del mondo e i rischi della frammentazione economica

Gli effetti delle politiche di Trump si estendono ben oltre i confini americani, in particolare con un impatto sul Sud del mondo, dove le nazioni in via di sviluppo dipendono fortemente dall’accesso ai mercati americani. Per i paesi che storicamente hanno beneficiato del commercio aperto con gli Stati Uniti, gli aumenti tariffari e le politiche protezioniste di Trump presentano sfide immediate. Le nazioni dell’America Latina, dell’Africa e del sud-est asiatico potrebbero affrontare un accesso limitato ai mercati americani, specialmente in settori come l’agricoltura, i tessuti e la tecnologia. Questo accesso ridotto potrebbe costringere queste economie a cercare mercati alternativi, aumentando potenzialmente la dipendenza da potenze emergenti come la Cina e promuovendo nuove alleanze regionali.

Inoltre, lo scetticismo di Trump nei confronti di istituzioni multilaterali come l’Organizzazione mondiale del commercio (OMC) potrebbe creare un ambiente commerciale globale più ostile. Le nazioni in via di sviluppo che dipendono dall’OMC per mediare le controversie commerciali possono trovarsi senza un ricorso effettivo se l’influenza dell’organizzazione diminuisce. Questa assenza di un quadro multilaterale affidabile aumenterebbe probabilmente la concorrenza economica, poiché i paesi sono costretti a proteggere i loro interessi in un ambiente che dà priorità ai guadagni nazionali rispetto al commercio cooperativo.

L’attenzione di Trump sul dominio del dollaro come strumento di leva economica potrebbe anche guidare gli sforzi di de-dollarizzazione tra le economie emergenti. Le sue minacce di imporre tariffe ai paesi che esplorano valute alternative sono viste come tentativi di mantenere la supremazia globale del dollaro. Tuttavia, questi sforzi potrebbero ritorcersi contro accelerando il movimento tra le nazioni BRICS verso sistemi finanziari indipendenti. Russia e Cina hanno già avviato misure per commerciare in valute locali e un secondo mandato di Trump potrebbe rafforzare questa tendenza, creando un’economia globale frammentata in cui i paesi sono sempre più diffidenti nei confronti delle transazioni denominate in dollari.

Erodere la stabilità nelle principali economie regionali: Cina, Russia e India

Cina: la rielezione di Trump porta una rinnovata attenzione al “disaccoppiamento” dalla Cina, con una strategia tariffaria volta a diminuire il ruolo della Cina nelle catene di approvvigionamento statunitensi. Mentre questa mossa può creare guadagni a breve termine per le industrie americane, rischia di isolare gli Stati Uniti da un mercato critico. Il potenziale perno della Cina verso l’autosufficienza e le alleanze regionali più forti, in particolare nell’Asia-Pacifico, potrebbe accelerare. Un conflitto commerciale prolungato con gli Stati Uniti potrebbe persino portare la Cina a stabilire un sistema economico parallelo, rafforzando le alleanze con paesi che resistono alle strutture finanziarie guidate dagli Stati Uniti.

Russia: la posizione conflittuale di Trump nei confronti del multilateralismo si allinea con l’interesse della Russia nel ridurre la dipendenza dal dollaro USA. Con le sanzioni che limitano l’accesso della Russia ai mercati occidentali, una continua spinta alla dedollarizzazione potrebbe vedere la Russia rafforzare i suoi legami con la Cina e altri paesi BRICS. Questo cambiamento potrebbe portare all’istituzione di quadri finanziari alternativi che incoraggino il commercio in valute locali. Per i paesi all’interno dell’influenza della Russia, questo cambiamento potrebbe offrire un modo per evitare le sanzioni statunitensi, anche se il processo di allontanamento dal dollaro introdurrebbe la volatilità economica.

India: il rapporto dell’India con gli Stati Uniti sotto le politiche di Trump potrebbe essere un po’ complicato. Poiché le relazioni commerciali tra Stati Uniti e Cina rimangono tese, l’India potrebbe diventare un partner attraente per le imprese americane che cercano di diversificare le loro catene di approvvigionamento. Tuttavia, le politiche commerciali protezionistiche di Trump potrebbero contemporaneamente ostacolare l’accesso dell’India ai mercati americani, in particolare nella tecnologia e nei prodotti farmaceutici. Inoltre, la spinta di Trump per il primato degli Stati Uniti in Asia può esercitare pressione sull’India per allinearsi con gli interessi americani, limitando la sua flessibilità diplomatica con i paesi vicini.

L’economia globale e un potenziale spostamento verso un ordine frammentato

Il secondo mandato di Trump dovrebbe rafforzare uno scenario economico polarizzato. Il suo approccio protezionista e lo scetticismo nei confronti delle organizzazioni multilaterali sfidano le fondamenta dell’ordine economico liberale, che si basa sulla cooperazione e sulla governance condivisa. Il ritiro dal multilateralismo mina gli sforzi per creare quadri equi per il commercio e lo sviluppo internazionale, potenzialmente peggiorando la disuguaglianza globale.

Per le economie in via di sviluppo, in particolare quelle del Sud del mondo, le politiche di Trump potrebbero esacerbare la volatilità economica. L’aumento dei costi del debito, la riduzione dell’accesso ai mercati americani e la maggiore dipendenza da alleanze alternative minacciano i progressi compiuti da molte nazioni negli ultimi decenni. Sotto mettendo a da parte la stabilità del dollaro e mettendo da parte le istituzioni internazionali, le politiche di Trump possono spingere l’economia mondiale verso un ordine più frammentato, in cui le relazioni economiche sono sempre più regionali e meno ancorate in un sistema unificato.

Un percorso da seguire: il caso per un modello economico globale sostenibile

Una seconda presidenza di Trump solleva domande critiche sulla sostenibilità dell’attuale modello economico globale. L’approccio della sua amministrazione di dare priorità ai guadagni nazionali immediati a scapito della stabilità a lungo termine sfida le ipotesi alla base di un ordine globale cooperativo. Il quadro economico liberale, con la sua enfasi sulla cooperazione multilaterale e sul commercio equo e solidale, offre un’alternativa praticabile che può soddisfare le esigenze sia delle nazioni sviluppate che di quelle in via di sviluppo.

Sostenendo politiche che incoraggiano termini commerciali equi, sviluppo sostenibile e collaborazione internazionale, un ordine economico liberale potrebbe promuovere un ambiente in cui i paesi lavorano collettivamente per affrontare le sfide condivise. Per l’economia mondiale per affrontare le pressioni di un USA protezionista, le organizzazioni multilaterali devono adattarsi, trovando modi per proteggere le economie vulnerabili e mantenere percorsi per la cooperazione internazionale. Di fronte all’aumento del nazionalismo, il caso di un sistema globale più resiliente e inclusivo diventa non solo una questione di stabilità economica, ma una necessità per l’equità e il progresso globali.

Di K.M. Seethi

K.M. Seethi è Direttore del Centro Interuniversitario per la ricerca e l'estensione delle scienze sociali (IUCSSRE), Università Mahatma Gandhi (MGU), Kerala. È stato anche Senior Fellow dell'ICSSR, Professore Senior di Relazioni Internazionali e Preside di Scienze Sociali presso la MGU.