Lavrov ha detto: la «geografia è diversa» e Putin ha promesso: «Sta arrivando una nuova era». E’ stato messo in discussione l’ordine mondiale come definito dall’Occidente, e ora tutto è in movimento e ricomposizione. In qualunque modo finisca la guerra ucraina, in qualsiasi momento finisca, quello dopo sarà un mondo ‘diverso’, sia geograficamente che geopoliticamente
Lavorv ha detto: la «geografia è diversa» e Putin ha promesso: «Sta arrivando una nuova era». E’ stato messo in discussione l’ordine mondiale come definito dall’Occidente, e ora tutto è in movimento e ricomposizione. In qualunque modo finisca la guerra ucraina, in qualsiasi momento finisca, quello dopo sarà un mondo ‘diverso’, sia geograficamente che geopoliticamente
In qualunque modo finisca la guerra ucraina, in qualsiasi momento finisca, quello dopo sarà un mondo ‘diverso’, sia geograficamente che geopoliticamente
Ucraina
Perchè Lavorv ha ragione nel dire la «geografia è diversa». Perchè quello dopo l’Ucraina sarà un mondo ‘diverso’, sia geograficamente che geopoliticamente
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La «geografia è diversa», ha detto il Ministro degli Esteri russo, Sergei Lavrov, nel corso di una intervista, rilasciata mercoledì, a ‘Rt‘ e a ‘Ria Novosti‘, riferendosi all’Ucraina e alle conquiste russe in territorio ucraino. Ma è diversa anche la geopolitica. «È lungi dall’essere solo DPR (Repubblica popolare di Donetsk) e LPR (Repubblica popolare di Luhansk), è anche la regione di Kherson, la regione di Zaporizhzhia e una serie di altri territori, e questo processo continua, continua in modo costante e persistente», ha proseguito il Ministro.
Lavrov così dicendo ha dichiarato che Mosca intende annettere anche le province di Kherson e Zaporizhzhia nell’Ucraina meridionale, insieme a «una serie di altri territori».
Lavrov ha affermato che «poiché l’Occidente continua a fornire all’Ucraina più armi a lungo raggio, incluso il sistema missilistico di artiglieria ad alta mobilità (HIMARS), gli obiettivi geografici della Russia in Ucraina si allontaneranno ulteriormente dalla linea attuale», riferisce ‘CNN‘. «Non possiamo permettere che nella parte dell’Ucraina controllata da Zelensky o chiunque lo sostituirà, vi siano armi che rappresentano una minaccia diretta per il nostro territorio o per il territorio delle repubbliche che hanno dichiarato l’indipendenza o per quelle che desiderano determinare il proprio futuro in modo indipendente», ha affermato Lavrov, chiarendo molto bene la linea di Mosca.
Secondo gli Stati Uniti, Mosca sarebbe intenzionata annettere ulteriore territorio ucraino, rivendicando come proprie ampie zone dell’est e del sud del Paese entro la fine dell’anno.
Secondo le dichiarazioni del portavoce del Consiglio di sicurezza nazionale americano, John Kirby,
la Russia utilizzerà falsi referendum, che si terranno entro la fine dell’anno, come base per rivendicare l’annessione del territorio sovrano ucraino. La Russia avrebbe già installato banche russe e stabilito il rublo come valuta ufficiale, «costringendo i residenti a richiedere la cittadinanza e i passaporti russi, installando lealisti come funzionari del governo regionale e controllando le torri di trasmissione, Internet e altre infrastrutture di telecomunicazione, per garantire il controllo completo delle informazioni che i residenti ricevono», riferisce ‘Washington Post‘.
Dal momento che i colloqui di pace di questa primavera con Kiev sono falliti, Putin può ritenere che le probabilità di un accordo negoziato siano scarse, quindi, potrebbe aver deciso di prendersi quanto più possibile dell’Ucraina prima che gli ucraini ottengano abbastanza armi occidentali per organizzare una controffensiva, sostengono alcuni osservatori. Gli obiettivi della Russia in Ucraina ora, dunque, anche secondo Washington, si estenderebbero oltre la regione orientale del Donbass, nel sud del Paese.
L’operazione consentirebbe a Putin di collegare la Crimea via terra alla terraferma russa, anche se ad un costo non indifferente, sia in termini di truppe, che di rubli, per pacificare le popolazioni ostili e sostenere le economie distrutte dalla guerra.
Non basta. Il rosicchiamento russo dell’Ucraina potrebbe proseguire a Odessa. «Funzionari occidentali ritengono che la Russia comincerà probabilmente una grande offensiva in Ucraina all’inizio del prossimo anno, incluso un possibile tentativo di avanzare sulla città portuale strategica di Odessa, nel tentativo di impadronirsi della costa sud-occidentale del Paese e isolare l’Ucraina dal mare», sostengono Jack Detsch, reporter del Pentagono e della sicurezza nazionale, e Robbie Gramer, reporter della diplomazia e della sicurezza nazionale, di ‘Foreign Policy‘. Altresì, Putin vuole creare un corridoio per la Transnistria. Se l’operazione riuscisse sarebbe strategicamente disastroso per l’Ucraina. Tenendo conto che la Russia già controlla Mariupol, importante porto ucraino sul Mar d’Azov, oltre al porto di Sebastopoli, in Crimea, fin dalla sua invasione dell’Ucraina nel 2014. La Banca mondiale prevede che il PIL quest’anno diminuirà del 45% quest’anno. Chiaro che se, a guerra finita, l’Ucraina non avesse più sbocchi sul mare, per la sua economia sarebbe finita.
E in conclusione: «Come risultato di tutto ciò che sta accadendo, l’Ucraina potrebbe perdere i resti della sua sovranità statale e scomparire dalla mappa del mondo», ha scritto in un post su Telegram l’ex Presidente russo Dmytri Medvedev, attuale vice capo del Consiglio di sicurezza nazionale.
Certo, queste sono le ambizioni. Non è detto, da come sta andando sul campo di battaglia, e da condizioni che si potranno sviluppare nelle prossime settimane e nei prossimi mesi (al momento le truppe russe, secondo l’intelligence ucraina, avrebbero già utilizzato fino al 55-60% della riserva russa prebellica di missili ad alta precisione), che effettivamente questa ambizione si traduca in realtà. Ha affermato Jim Townsend, ex funzionario del Dipartimento della Difesa degli Stati Uniti e ora esperto di questioni di sicurezza europea presso il Center for a New American Security, sentito dai reporter di ‘Foreign Policy‘: «sarà difficile per i russi entrare e prendere Odessa, in particolare con i sistemi di difesa occidentali che possono mantenere la Marina russa a bada».
Resta il fatto che Lavorv ha ragione, la geografia in Ucraina «è diversa», e probabilmente tra qualche mese sarà ancora più ‘diversa‘.
Anche la geopolitica è ‘diversa‘ e sarà ‘diversa‘.
La pandemia ha fatto salire i prezzi dei generi alimentari, poi, la guerra in Ucraina li ha fatti schizzare a livelli vertiginosi. Secondo la FAO, 50 Paesi , principalmente in Africa e Medio Oriente, dipendono dalla Russia e dall’Ucraina per almeno il 30% delle loro importazioni di grano. Quasi un miliardo di persone è scivolato più vicino alla carestia e alla povertà.
Nell’ultimo periodo, qualcosa è cambiato. I prezzi, a livello globale, da qualche mese sono in discesa. L’Indice FAO dei prezzi alimentari (FFPI), a giugno scende per il terzo mese consecutivo. L’indice, recita la nota FAO, «ha raggiunto una media di 154,2 punti a giugno 2022, in calo di 3,7 punti (2,3%) rispetto a maggio, segnando il terzo calo mensile consecutivo, sebbene ancora di 29,0 punti (23,1%) al di sopra del valore di un anno fa. Il calo di giugno ha riflesso i cali dei prezzi internazionali di oli vegetali, cereali e zucchero, mentre i prezzi dei prodotti lattiero-caseari e della carne sono aumentati». L’ ultima analisi delle Nazioni Unite, dunque, mostra che i prezzi medi dei generi alimentari sono scesi di poco più del 2% a giugno e del 3,5% da marzo. Più specificamente, i prezzi dei cereali sono scesi del 4% il mese scorso e i prezzi dell’olio vegetale sono scesi del 16% da quando hanno raggiunto livelli record questa primavera, quando è iniziata la guerra delle superpotenze del girasole.
Il perchè, spiega la FAO, è che i prezzi più elevati hanno spinto al ribasso la domanda globale, inoltre, i raccolti sembrano migliori del previsto per quanto riguarda la produzione di cereali in Canada e Russia in particolare. A ciò si aggiunge la decisione dell’Indonesia di revocare il divieto alle esportazioni di olio di palma introdotto in aprile, azione che ha abbassato i prezzi degli oli da cucina. La prospettiva di un ulteriore sollievo per i mercati globali del grano derivante dall’accordo tra Ucraina e Russia per riaprire le rotte di esportazione dell’Ucraina nel Mar Nero -con la conseguenza di liberare immediatamente milioni di tonnellate di grano intrappolate nei porti ucraini- ha favorito il raffreddamento dei prezzi.
Proprio oggi, Kiev e Mosca con Onu e Ankara, hanno firmato l’accordo per corridoi sicuri da Odessa e da altri due porti ucraini per consegnare i cereali ai mercati globali.
Altro fattore di raffreddamento, secondo Peter Ceretti, analista senior di Eurasia Group, sono i timori di una recessione negli Stati Uniti, che causerebbe una discesa dei prezzi delle materie prime su tutta la linea.
David Laborde, ricercatore senior presso l’International Food Policy Research Institute, sottolinea che i prezzi sono ancora del 23% più alti rispetto a un anno fa e del 60% più alti rispetto a prima della pandemia, quando i blocchi e la carenza di lavoratori hanno bloccato le catene di approvvigionamento alimentare in tutto il mondo. «Siamo passati da molto alto a estremamente alto», dice. «Ora siamo semplicemente tornati molto in alto».
Il problema di base è sempre lo stesso. Mentre le economie si sono allontanate dalla pandemia nel 2021, la domanda globale di cibo ha superato le forniture che erano state ridotte a causa di blocchi, carenza di manodopera e maltempo. Ciò ha prosciugato le scorte alimentari mondiali, anche prima che la guerra in Ucraina provocasse un ulteriore shock ai prezzi. Allo stesso tempo, la pandemia ha paralizzato il reddito disponibile di miliardi di persone in tutto il mondo, rendendo più difficile per loro permettersi il cibo.
In questo momento, afferma Laborde, «ciò di cui abbiamo bisogno è un anno in cui l’offerta superi la domanda in modo che il mondo possa tornare alla normalità».
Guardando al futuro, molto dipende da come andranno i raccolti del 2023, e perchè vadano bene, serve un clima ‘collaborativo’ -che oggi manca un po’ ovunque, e la frequenza crescente di eventi meteorologici estremi non lascia sperare in nulla di buono-, e fertilizzanti a prezzi accessibili -che oggi non ci sono per via della guerra ucraina. «La metà della popolazione mondiale consuma una dieta basata sui fertilizzanti», secondo Ertharin Cousin, ex capo del Programma alimentare mondiale delle Nazioni Unite, sentita da ‘GZERO Media‘. I prezzi dei fertilizzanti sono saliti ai massimi storici a causa dei costi elevati del gas naturale -un fattore chiave per alcuni fertilizzanti- nonché delle restrizioni all’esportazione da parte di produttori chiave come la Cina. La guerra e le sanzioni hanno interrotto le forniture da Russia e Bielorussia, entrambi i principali produttori di potassio.
Attenzione: i prezzi più bassi per prodotti di base come il frumento o gli oli da cucina, non si traducono necessariamente in prezzi più bassi alla cassa, e certamente non immediatamente, avvertono gli esperti di Eurasia Group.
«Per prima cosa, il costo di quegli input», afferma Laborde, riferendosi ai prodotti di base quali, appunto, grano, mais, oli vegetali, in genere è «solo una piccola parte del prezzo che vedi sull’etichetta. Negli Stati Uniti, ad esempio, il prezzo del grano è solo il 5% circa del costo di una pagnotta», afferma Laborde. «Il resto di quel prezzo deriva da altri costi di produzione e spedizione, tutti elevati a causa di pressioni inflazionistiche più ampie».
Nel frattempo, nei Paesi a basso e medio reddito, le sfide fondamentali della sicurezza alimentare non si allenteranno molto nel breve termine, secondo Ceretti. Qualsiasi prezzo più basso richiederà tempo per passare ai mercati locali di questi Paesi. Inoltre, sottolinea, le famiglie in genere spendono fino al 40% del proprio budget per il cibo. Sul 40% del budget un aumento di prezzo di un quarto o più nell’ultimo anno, determina il fatto che il recente calo di alcuni punti percentuali potrebbe non essere neanche percepito.
Larry Fink, amministratore delegato di BlackRock, la più grande società di investimento nel mondo, in un’intervista pubblicata lo scorso weekend dal ‘Financial Times‘ ha affermato: «L’unica cosa di cui mi preoccupo e di cui non parliamo abbastanza è il cibo. Questa non è solo una preoccupazione per l’inflazione. Ci sono preoccupazioni geopolitiche che ne derivano». E ha spiegato: «Parliamo molto dei prezzi della benzina perché è quello che colpisce gli americani, ma il problema più grande è il cibo. C’è stata un’enorme distruzione di coltivazioni in Ucraina. A livello globale, il costo dei fertilizzanti è aumentato di quasi il 100% e quel costo aggiuntivo sta riducendo la quantità di fertilizzante utilizzato nell’agricoltura. Ciò sta danneggiando la qualità del raccolto in tutto il mondo», oltre alla quantità. La Banca Mondiale intanto prevede che i prezzi alimentari globali aumenteranno del 20% quest’anno, superando di gran lunga le materie prime.
Un rapporto delle giornaliste Julia F. Cadenas e Laura Navarro Soler inquadra le conseguenze immediate di questi prezzi fuori controllo e relativa crisi alimentare globale. Sono riconducibili a due: proteste e disordini sociali in tutto il mondo; protezionismo alimentare.
Dal Regno Unito, passando per l’Ecuador o il Sudan, fino alle ultime rivolte in Sri Lanka, le proteste e i disordini (fino all’imposizione dello stato di emergenza in alcuni Paesi quali ad esempio l’Ecuador) stanno ferendo in profondità le società e destabilizzando l’economia, il che si traduce in instabilità politica e sociale.
Il protezionismo riguarda 22 Paesi, che hanno limitato le esportazioni di alcuni alimenti per mettere al sicuro il rifornimento della loro popolazione, secondo i dati dell’International Food Policy Research Institute (IFPRI). La Banca Mondiale porta la cifra a 34 Paesi se si aggiungono le limitazioni alla vendita di fertilizzanti.
Da quando la Russia ha invaso l’Ucraina, il 24 febbraio, le esportazioni interessate dalle restrizioni rappresentano circa il 12% delle calorie totali scambiate nel mondo, secondo l’analisi IFPRI. I Paesi che hanno vendite estere limitate rappresentano un’ampia percentuale di alcune delle principali materie prime scambiate a livello globale. Tenendo conto del valore calorico, la Russia ha limitato oltre il 10% delle calorie totali scambiate nel mondo. Tra i prodotti ‘protetti’ spiccano zucchero, olio di semi di girasole e olio di colza. Altri grandi fornitori che hanno imposto restrizioni sono: Argentina (manzo), Iran (patate, melanzane, pomodori e cipolle), Kazakistan (prodotti a base di cereali), Turchia (carne di manzo, pecora e capra, burro, oli da cucina, alcuni legumi), Algeria (pasta, derivati del grano, zucchero, olio vegetale -i limiti di questo Paese rappresentano lo 0,3% del valore calorico mondiale, il 96,8% in termini di livello energetico esportato dall’Algeria all’estero)
Questi due macro-esiti –proteste e disordini sociali e protezionismo alimentare– hanno in se una serie di conseguenze e propaggini.
La destabilizzazione politica dei Paesi colpiti dai disordini è la prima conseguenza. Tanto insidiosa in primo luogo per gli effetti a lungo termine, derivanti dalla compromissione e modificazione del tessuto economico e sociale.
La conseguenza più immediata sono le migrazioni. L’Africa sta affrontando una crisi alimentare, finanziaria ed energetica, secondo le Nazioni Unite, che potrebbe causare più migrazioni verso l’Europa. 49 milioni di persone in 46 Paesi del mondo potrebbero essere a rischio di carestia, secondo il Programma alimentare mondiale e l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura (rispettivamente PAM e FAO). Questo significa che i nuovi flussi migratori verso l’Europa non sarebbero più gestibili. E ciò senza contare, come sottolineato dalla vicepresidente della Commissione europea Margaritis Schinas, i 2,7 milioni di rifugiati ucraini registrati nell’ambito del programma di protezione dell’UE che rimarranno in Europa almeno fino a quando la guerra non finirà.
Insieme si tenga conto degli sfollamenti interni, migrazioni interne da territori colpiti da carestie e distruzioni del territorio (conseguenza diretta della guerra in alcuni casi, conseguenza dell’emergenza climatica in altri).
Più di 6 milioni di ucraini hanno cercato rifugio nei Paesi dell’Unione Europea, rileva Elisabeth Braw, ricercatrice presso l’American Enterprise Institute, specializzata in difesa contro le sfide emergenti alla sicurezza nazionale, editorialista di ‘Foreign Policy‘. E «oltre ai rifugiati ucraini, il numero di richiedenti asilo che sono arrivati nell’UE durante la prima metà di quest’anno è quasi raddoppiato rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso». «Creando ondate migratorie che destabilizzeranno l’Europa, Putin sta danneggiando il continente senza usare direttamente la forza militare contro Paesi al di fuori dell’Ucraina». «Putin sta usando l’immigrazione illegale come l’ultima forma di aggressione da zona grigia, un’aggressione che danneggia un altro Paese ma non coinvolge la forza militare», prosegue Braw.
Le conseguenze economiche per il vecchio continente potrebbero essere paralizzanti, e le conseguenze politiche velenose, con la crescita del populismo e dell’estrema destra.
Ma non c’è solo l’Europa e l’Africa.
La crisi migranti, ma anche l’insicurezza alimentare, stanno colpendo da Antalya a Tashkent. Un afflusso di migranti, sia russi che ucraini, sta creando nuove incertezze anche in Eurasia.
In Asia, l’impatto economico complessivo dell’invasione russa, non è uniforme tra le aree. Le economie più avanzate della regione hanno legami commerciali e di investimento limitati con la Russia o l’Ucraina. Per molti altri Paesi, invece, l’impatto è significativo. Tra i Paesi più colpiti: Indonesia (fortemente dipendente dalle importazioni di grano dall’Ucraina), Mongolia (con il 98% di dipendenza energetica dalla Russia), Thailandia, Pakistan, Bangladesh, Sri Lanka e Vietnam.
Nelle ex repubbliche sovietiche e nel Caucaso, l’onda d’urto è soprattutto politica, con i turbamenti della Turchia per il suo ruolo nell’area, e le relazioni degli Stati eurasiatici con la Russia e le istituzioni multilaterali a guida russa.
Le conseguenze possono anche essere favorevoli a certi Paesi. I beneficiari maggiori sono in Asia, e sono Cina e India, che stanno acquisendo a prezzi stracciati il petrolio russo respinto dalle sanzioni europee.
La guerra della Russia ha un impatto diffuso, poi, sull’America Latina e sui Caraibi. Anche in questo caso, l’aumento dei prezzi dell’energia e del cibo aumenterà la povertà, la fame e le tensioni sociali in un contesto di crescente disuguaglianza, polarizzazione politica e sfiducia nei governi. La carenza di fornitura di fertilizzanti avrà un forte effetto su Messico, Perù, Brasile, Cile, Colombia e Argentina. Le interruzioni del mercato del grano influenzeranno l’offerta in Paesi come Nicaragua, Haiti, Perù, Ecuador e Isole dei Caraibi. D’altro canto, l’aumento dei prezzi delle principali materie prime darà una spinta economica ad alcuni Paesi (ad esempio: carbone per la Colombia, rame per Cile e Perù, grano e soia per l’Argentina), sottolineano i documenti della Commissione europea.
Tutto questo, e molto altro, modificherà la geopolitica, la quale sarà –è già– diversa.
Il conflitto è stato un attacco diretto all’ordine mondiale, quello che l’Occidente definisce essere ‘basato sulle regole‘. Più correttamente è la messa in discussione definitiva dell’ordine mondiale come definito dall’Occidente.
Putin ha detto: «Sta arrivando una nuova era». L’affermazione ha un fondamento alla luce della Dichiarazione congiunta Cina-Russia del 4 febbraio 2022. Sta arrivando una nuova era a equilibri di forza, se non invertiti rispetto al 23 febbraio, quanto meno in rimescolamento, mentre la crosta terrestre sobbolla.
Nella Dichiarazione si afferma che Cina e Russia vedono un mondo che si sta muovendo «verso la ridistribuzione del potere», in cui «la comunità internazionale sta mostrando una crescente richiesta di una leadership che miri a uno sviluppo pacifico e graduale». Cina e Russia intendono soddisfare tale richiesta offrendo a tutti i Paesi insoddisfatti dello status quo una leadership globale alternativa. Una leadership globale alternativa è quella che si sta adombrando all’orizzonte, sia i propositori -Russia e Cina-, sia gli Stati Uniti e tutto l’Occidente, ne sono perfettamente consapevoli.
I diversi blocchi-Paese, le alleanze, l’economia internazionale, l’architettura energetica globale, la sicurezza mondiale, i conflitti e la conflittualità, fino al rischio nucleare e alle stesse modalità di guerra e concetto di guerra, tutto, ma proprio tutto, è in movimento e ricomposizione. In qualunque modo finisca la guerra ucraina, in qualsiasi momento finisca, quello dopo sarà un mondo ‘diverso‘, sia geograficamente che geopoliticamente.