L’Occidente sta lavorando per l’isolamento diplomatico e geopolitico della Russia, sempre più tagliata fuori dai consessi internazionali. Dall’ONU al OMC, al CERN, al Consiglio d’Europa, la parola d’ordine è: isolare la Russia
L’attacco della Russia all’Ucraina, nella notte del 24 febbraio 2022, ha causato un terremoto geopolitico globale.
Le sanzioni occidentali -per altro discutibili dal punto di vista strettamente tecniconell’ottica del diritto internazionale– hanno l’obiettivo del così detto ‘disaccoppiamento‘ dell’economia dell’Occidente (sanzionatorio) dall’economia russa (sanzionata). Gli effetti cominciano a vedersi, sia in Russia che in Occidente, e il peggio deve ancora venire. Provvedimento, quello di queste specifiche sanzioni, oggetto di dibattito anche nel loro significato geopolitico.
Sul fronte strettamente politico, poi, nell’arco di meno di 50 giorni di guerra ucraina, si sono moltiplicate le azioni volte a escludere la Russia dai consessi internazionali.
All’inizio di aprile, la Russia è stata sospesa dal Consiglio per i diritti umani dell’Onu, con una risoluzione proposta dagli Stati Uniti,e che tra i contrari ha visto Cina, Brasile Egitto, Messico, Iran e Sudafrica. C’è un solo precedente: la sospensione della Libia, nel 2011.
La Russia era già stata esclusa dal G8 dopo la sua annessione della penisola di Crimea, nel 2014. Ora si sta chiedendo la sua sospensione (richiesta avanzata da Polonia e Lituania sulla quale ha concordato anche il Presidente USA, Joe Biden) dal G20.
La richiesta provoca non pochi problemi, visto che all’interno del G20 la componente asiatica (Cina, India in testa) non condivide la posizione dell’Occidente nei confronti della Russia. Annotano gli analisti indipendenti: l’idea di Putin come paria internazionale è in gran parte americana ed europea e potrebbe non essere condivisa anche dall’Indonesia, per esempio, che ospiterà a novembre il vertice di quest’anno del G20, e che ha segnalato riluttanza a escludere la Russia. L’incontro di Bali di novembre potrebbe diventare un teatro politico ‘interessante’ se Putin fosse invitato e altri fossero costretti a decidere se partecipare o meno.
L’invasione russa dell’Ucraina ha provocatoreazioni anche all’Organizzazione mondiale del commercio (OMC). In tutto, 14 delegazioni, tra cui Unione Europea, Stati Uniti, Gran Bretagna e Giappone, hanno rilasciato una dichiarazione, il 15 marzo, condannando l’aggressione militare russa in Ucraina e descrivendola come una «egregia violazione del diritto internazionale e della Carta delle Nazioni Unite». L’OMC ha deciso di sospendere lo status di Nazione più favorita (MFN) per la Russiae ha anche sospeso i progressi della Bielorussia verso l’adesione all’OMC. La Russia è stata espulsa anche dalla partecipazione al gruppo di coordinamento dei Paesi sviluppati dell’OMC.
Scorsa settimana, poi, si è avuta una raffica di espulsioni di diplomatici russi dai Paesi europei(Belgio, Paesi Bassi e Polonia, Italia, Danimarca, Svezia, Spagna, Germania, Francia). 260 funzionari sono stati costretti a lasciare l’Europa.
La condanna dell’invasione militare russa dell’Ucraina si sta diffondendo alle riunioni di altre organizzazioni internazionali a Ginevra, afferma Uehara, anche se l’istituzione non è direttamente rilevante, o la situazione in Ucraina non è all’ordine del giorno.
L’8 marzo il Consiglio del CERN, composto da 23 Stati membri, ha deciso di sostenere i collaboratori e l’attività scientifica ucraini, ma ha sospeso lo status di osservatore della Russia e non si impegnerà in una nuova collaborazione con la Russia. Di conseguenza, le operazioni del CERN potrebbero risentirne. Attualmente, spiega Akiko Uehara, la Russia è uno dei più grandi gruppi di utenti del CERN e partecipa a progetti, compreso il più potente acceleratore di particelle al mondo, il Large Hadron Collider (LHC).
L’Organizzazione internazionale del lavoro(ILO) ha deciso di sospendere la sua cooperazione con la Russia fino al cessate il fuoco.
In tutte le 38 organizzazioni internazionali localizzate a Ginevra, l’invasione dell’Ucraina da parte della Russia è una delle principali preoccupazioni.
Anche il Consiglio d’Europa non ne esce indenne: «Il 17 marzo 2022 la Federazione Russa è stata esclusa dal Consiglio d’Europa. La decisione è stata presa dal Comitato dei Ministri in seduta straordinaria e nell’ambito della procedura avviata ai sensi dell’articolo 8 dello Statuto del Consiglio d’Europa. Di conseguenza, la Russia cessa di essere anche membro di MONEYVAL, dopo 25 anni di impegno nel Comitato, a cui è entrata a far parte nel 1997», così recita l’annuncio ufficialediramato dal Consiglio d’Europa.
Il Consiglio d’Europa -organizzazione internazionale il cui scopo è promuovere la democrazia, i diritti umani, lo Stato di diritto, l’identità culturale europea e la ricerca di soluzioni ai problemi sociali in Europa, fondata il 5 maggio 1949, con lo scopo di evitare che le atrocità della seconda guerra mondiale si ripetessero- ha, per la prima volta, espulso uno dei suoi Stati membri, la Russia, perché la casa comune europea non può racchiudere al suo interno uno Stato attaccante l’integrità territoriale di un suo vicino, che è peraltro in condizioni drammaticamente incompatibili con la tutela dei diritti umani.
Uno sguardo alla tumultuosa storia dei rapporti tra l’istituzione con sede a Strasburgo e Mosca, condotta da Frederique Berrod, docente di diritto pubblico e Birte Wassenberg, docente di Storia contemporanea, a Sciences Po Strasbourg, permette di capire la portata non solo di questa esclusione, bensì e soprattutto è una storia indicativa della complessità di relazioni internazionali che si vanno a rescindere e delle ripercussioni di questo taglio che si estendono come cerchi nell’acqua.
«L’adesione della Russia al Consiglio d’Europa è stata un processo lungo e difficile. Tuttavia, alla fine degli anni ’80, i rapporti con l’organizzazione europea erano iniziati bene, perché Mikhail Gorbaciov scelse il Consiglio d’Europa come piattaforma espressiva del suo progetto di ‘casa comune europea’. Le condizioni per un riavvicinamento tra il Consiglio d’Europa e l’URSS erano allora favorevoli e l’Assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa creò un nuovo status di ospite speciale che concesse nel giugno 1989 al Soviet Supremo dell’URSS, il primo Parlamento comunista a trarne vantaggio. Così, il 6 luglio 1989 -ancor prima della caduta del muro di Berlino- il primo Segretario Generale dell’URSS venne a parlare davanti all’Assemblea Parlamentare del Consiglio per annunciare l’apertura di un Consolato Generale a Strasburgo e per far sentire che il Consiglio d’Europa poteva diventare la struttura ospitante di una casa europea comune, dove diversi sistemi politici potrebbero coesistere all’interno di un’organizzazione paneuropea.
Il sollevamento della cortina di ferro alla fine del 1989 ha cambiato la situazione. Dopo l’instaurazione di nuove democrazie nell’Europa centro-orientale, sono stati i primi Paesi dell’ex glacis protettivo dell’URSS –Ungheria, Polonia, Cecoslovacchia,Bulgaria e Slovenia– che, tra il 1990 e il 1993, hanno aderito alla casa comune europea di Strasburgo, senza poter negoziare una deroga al sistema politico previsto dagli statuti per aderirvi, insistendo sul rispetto dei valori fondamentali della democrazia, dello Stato di diritto e dei diritti umani.
Anche quando l’URSS si sciolse, nel 1991, la Russia non fu la prima ex repubblica sovietica ad aderirvi. Dopo la loro indipendenza, sono stati prima i Paesi baltici ad entrare tra il 1993 e il 1995, poi la Moldova e l’Ucraina nel 1995.
Per la Russia, l’adesione al Consiglio d’Europa si è rivelata più complicata. Tuttavia, il 7 maggio 1992, quando Mosca ha presentato la sua candidatura, il Comitato dei Ministri ha salutato questa decisione come «un appuntamento importante nella storia del continente» e ha trasmesso questa richiesta di adesione all’esame dell’Assemblea parlamentare con il proprio parere positivo.
Era la prima volta che i Ministri parlavano in anticipo su una domanda di adesione, il che dimostra quanto fosse geopoliticamente importante l’adesione della Russia. Ma due fattori hanno pesato sulla procedura di adesione.
In primo luogo, nel 1992, all’interno dell’Assemblea parlamentare, una commissione si è concentrata sull’esame dello status europeo dei nuovi candidati. Un vero dibattito si è svolto fino al 1994 per sapere chi, tra gli ex membri dell’URSS, potesse essere qualificato come europeo su criteri geografici, culturali e politici. Molte voci si sono levate contro la Russia ritenuta non essere pronta ad entrare a far parte del ‘club della democrazia’, sostenendo che il Consiglio d’Europa non poteva essere una semplice ‘scuola di democrazia’.
Il secondo fattore sembra confermare le esitazioni dei parlamentari: alla fine del 1994,durante i negoziati di adesione, scoppiò la guerra in Cecenia, che portò l’Assemblea parlamentare a sospendere per alcuni mesi la procedura di adesione nel febbraio 1995.Dopo l’accordo sul cessate il fuoco, i negoziati sono ripresi e hanno portato al via libera per l’adesione il 26 gennaio 1996. I pareri delle commissioni parlamentari sono rimasti sostanzialmente divisi: la commissione giuridica e la commissione per i diritti umani erano scettici, mentre il comitato politico e quello per le relazioni con i Paesi terzi si è espresso a favore dell’adesione.
Alla fine hanno prevalso le considerazioni geopolitiche e l’Assemblea parlamentare si è espressa a favore dell’adesione della Russia, anche se la Russia non aveva (ancora) rispettato gli standard dei valori europei. Il concetto di scuola di democrazia ha vinto e, il 28 febbraio 1996, la Russia è entrata a far parte del Consiglio d’Europa, mentre la guerra in Cecenia non era finita.
La Russia è diventata rapidamente uno dei cinque maggiori contributori finanziari alConsiglio d’Europa. Tuttavia, la sua partecipazione all’organizzazione europea di Strasburgo è stata problematica sin dall’inizio. Il Paese è, insieme alla Turchia, uno dei maggiori fornitori di casi esaminati dalla Corte europea dei diritti dell’uomo. Numerose denunce individuali vengono rivolte ogni anno contro la Russia dai suoi cittadini e, più delicate dal punto di vista diplomatico, le controversie territoriali con le ex repubbliche sovietiche sfociano in affari interstatali.
La CEDU deve, ad esempio, intervenire nelle controversie regionali tra Russia e Moldova o Russia e Georgia. Nel 2004 ha condannato la Russia per detenzione illegale in Transnistria; la guerra tra Georgia e Russia per l’Ossezia meridionale ha portato a più di 2.500 domande individuali nel 2008.
È indubbio anche per questo motivo che la Russia si oppone con veemenza alle riforme della Corte volte a migliorare l’efficienza del suo funzionamento. È il caso del protocollo aggiuntivo n. 14 aperto alla firma nel maggio 2004, ma bloccato dalla Russia fino alla negoziazione di un protocollo 14 bis che consentiva agli Stati membri di applicare gli elementi del protocollo 14 dopo solo tre ratifiche. Ci è voluto fino al 2010 perché la Russia cedesse e ratificasse il protocollo, unendosi finalmente agli altri Stati.
Il problema più difficile rimane il suo comportamento geopolitico con il suo vicinato.
Così, durante la seconda guerra in Cecenia, iniziata nel 1999, il commissario del Consiglio per i diritti umani si è recato lì per valutare la situazione e ha scritto un rapporto molto sfavorevole alla Russia, in particolare a causa dell’assedio della città di Grozny. La brutalità dell’esercito russo e il gran numero di vittime civili durante quell’assedio hanno portato l’Assemblea parlamentare a votare, il 6 aprile 2000, a favore della sospensione del diritto di voto della delegazione russa con 78 voti contro 69 voti. Questa mozione è stata accompagnata da una raccomandazione indirizzata al Comitato dei Ministri che gli chiedeva di avviare una procedura di esclusione contro la Russia.
Tuttavia, il Comitato dei ministri non ha dato seguito e, al contrario, ha rassicurato la Russia sul fatto che nessun testo sulla Cecenia sarebbe stato adottato senza la sua approvazione. Il Consiglio d’Europa è stato quindi estremamente clemente nei confronti di Mosca. Nel gennaio 2001, anche l’Assemblea parlamentare ha deciso, nonostante l’assenza di un miglioramento significativo della situazione in Cecenia, di ripristinare il diritto di voto della delegazione russa a stragrande maggioranza (88 voti contro 20). Lo stesso atteggiamento di ‘appeasement’ si può osservare dopo l’annessione della Crimea alla Russia nel 2014. È vero che questa volta la delegazione russa è stata privata del diritto di voto per un periodo più lungo (dal 2014 al 2019). La Russia ha risposto nel 2016 con il boicottaggio delle sessioni dell’Assemblea e soprattutto con il rifiuto di versare i propri contributi al bilancio del Consiglio d’Europa. È arrivata al punto di minacciare di andare oltre e di lasciare l’organizzazione. Questa situazione ha portato il Consiglio d’Europa alla fine di giugno 2019 a revocare le sanzioni: 118 parlamentari su 190 hanno votato a favore del ripristino della delegazione russa all’Assemblea parlamentare.
Questa decisione è stata molto controversa, soprattutto perché è stata presa sotto il ricatto finanziario e politico della Russia e la situazione dell’annessione della Crimea a dispetto del diritto internazionale è rimasta invariata. La Corte europea dei diritti dell’uomo è rimasta ‘l’ultimo baluardo‘ contro le violazioni da parte della Russia dei valori fondamentali del Consiglio d’Europa.
Il 21 gennaio 2021 la Corte ha condannato la Russia per aver violato i diritti umani in Crimea, così come ha ordinato il 17 febbraio 2021 con effetto immediato il rilascio dell’avversario Alexei Navalny. Il 26 febbraio 2021, il Comitato dei Ministri ha ricordato chela Russia aveva violato il diritto internazionale annettendo illegalmente la Crimea.
Quando Mosca ha iniziato la sua operazione di guerra contro l’Ucraina il 24 febbraio 2022, è stata proprio la possibilità per la CEDU di continuare a proteggere i diritti umani in Russia che ha motivato la prima reazione del Consiglio d’Europa: non escludere la Russia, ma solo sospendere i suoi diritti in Assemblea Parlamentare e nel Comitato dei Ministri. Questa misura ha anche permesso di tenere aperta la porta per un possibile ritorno della Russia al Consiglio d’Europa senza rinegoziazioni:
La procedura per l’esclusione della Russia è stata alla fine preferita, e si è proceduto molto rapidamente.
Le istituzioni del Consiglio d’Europa hanno raccolto questa situazione, a partire dall’avvio dell’articolo 8 dei suoi Statuti, consentendo la sospensione del ‘diritto di rappresentanza‘ della Russia dal 25 febbraio. Questa prima fase ha presupposto l’accertamento di una grave violazione dell’art. 3 dello Statuto. L’articolo 8 prevede poi che il Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa possa invitare lo Stato a ritirarsi notificando la sua decisione al Segretario Generale ai sensi dell’articolo 7. Questo passaggio non è nemmeno avvenuto. Il Comitato dei Ministri ha preso il 10 marzo una decisione non formalmente prevista dallo Statuto, quella di consultare l’Assemblea Parlamentare per attivare direttamente l’esclusione prevista dall’articolo 8.
Abbiamo poi assistito, in una scenografia degna di telegiornali non stop, a una telenovela sulla competizione tra queste due procedure, la Russia come il Consiglio d’Europa che cerca di restare padrone del tempo. L’Assemblea Parlamentare del Consiglio d’Europa ha deciso per la prima volta all’unanimità che la Russia non poteva più far parte del Consiglio d’Europa il 15 marzo 2022. Questo parere ha permesso di dare una dimensione più democratica all’osservazione delle violazioni delle condizioni di appartenenza al Consiglio d’Europa. Mosca ha risposto dall’agenzia di stampa annunciando la sua uscita dall’organizzazione.
Riunione d’urgenza, il Comitato dei Ministri ha preso atto che la Russia cessa di essere membro del Consiglio a partire dal 16 marzo 2022. Caduta la bandiera nel cielo grigio di Strasburgo, ci sono ancora molte domande.
Questi sviluppi legali sono di grande importanza politica. Per la prima volta è stata avviata la procedura ex articolo 8, da qui l’importanza per il Consiglio di arrivare alla conclusione del 16 marzo, anche se la Russia finisce per notificare la sua decisione di uscireil giorno prima. Il Comitato sottolinea nella sua risoluzione che tale decisione deriva dalla grave violazione dell’articolo 3 dello statuto dell’ente. L’Assemblea parlamentare aveva, nella sua relazione, utilizzato una formula rara nel linguaggio della diplomazia,ritenendo che «nella casa comune europea non c’è posto per un aggressore» dopo aver constatato le violazioni del diritto internazionale, dei diritti umani e umanitari internazionali legge.
L’Assemblea parlamentare ritiene addirittura che gli Stati parti del Consiglio d’Europa debbano «stare al fianco del popolo ucraino e difendere il suo diritto a vivere in uno Stato indipendente e sovrano, la cui integrità territoriale sia rispettata».
Una nuova geopolitica europea è al lavoro e l’idea stessa di un ritorno della Russia sembra essere stata definitivamente esclusa.
Quindi, la data dell’uscita della Russia è effettiva dal 16 marzo, il che significa che non siede più né nell’Assemblea parlamentare né nel Comitato dei ministri, né in nessuno dei gruppi del Consiglio che riuniscono gli Stati membri dello Statuto. Il 23 marzo è stato registrato che la Convenzione europea sui diritti umani non si applica più alla Russia, e quindi non protegge più i suoi cittadini.
Questa decisione è del tutto inedita in quanto la sentenza della Corte dei diritti dell’uomo è «un’arma di cui il contendente non dovrebbe essere privato soprattutto quando lo Stato si lascia trascinare in eccessi autoritari». Quest’arma è scomparsa anche se le cause contro la Russia, che ammontano a 18.000,saranno processate fino al 16 settembre,data in cui il giudice russo lascerà la Corte. Il ritiro della Russia porrà al Consiglio d’Europa tutta una serie di sfide legali e di bilancio. Il terremoto produrrà molte altre scosse di assestamento nei mesi a venire…»