“L’occupazione è un qualcosa che i russi non si possono permettere”, così come non possono rischiare un confronto con la NATO perché, in quel caso, “si ribalterebbero esattamente i pesi militari di Kiev e Mosca”. Intervista al Generale Leonardo Tricarico, Presidente della Fondazione ICSA
“Potrebbe essere il giorno più difficile della guerra”. Con queste parole di un funzionario del governo di Kiev si è risvegliata l’Ucraina, tra sirene e colpi di artiglieria alternati a lunghi silenzi. Nel secondo giorno di invasione russa, la vera sfida è la sopravvivenza della capitale, già colpita da missili nella notte, e nel cui quartiere settentrionale sono iniziati i combattimenti mentre spari sono stati uditi nella zona degli edifici governativi.
Le forze militari della Russia che avanzano verso Kiev starebbero, tuttavia, incontrando “più resistenza di quanta se ne aspettassero”. A riferirlo è stata l’emittente ‘Cnn’ citando una fonte del dipartimento della Difesa americana, a detta della quale “non possiamo dirvi con esattezza dove si trovino (i militari russi), ma non stanno avanzando verso la capitale così rapidamente come credevano avrebbero fatto”. Allo stesso tempo, le forze russe procedono verso l’area di Kharkiv e, dalla Crimea, verso la città di Kherson, sul fiume Dnipro. Eppure, nelle ultime 24 ore non ci sarebbero stati ulteriori lanci di truppe aviotrasportate nella zona di Kharkiv e i maggiori progressi la Russia li sta registrando a Sud, dove sarebbe in corso uno sbarco sulla costa del Mare d’Azov, nell’area di Mariupol.
Al contempo, oggi, sembra essersi aperto uno spiraglio: all’appello del Presidente ucraino Volodimyr Zelensky perché “si sieda al tavolo del negoziato e fermi la morte delle persone”, il Presidente russo, Vladimir Putin, ha dato segni di apertura, proprio nel corso del colloquio telefonico con il leader cinese, Xi Jinping: “La Russia è disponibile a condurre negoziati di alto livello con l’Ucraina. Gli Stati Uniti e la NATO hanno a lungo ignorato le ragionevoli preoccupazioni della Russia in materia di sicurezza, hanno ripetutamente rinnegato i loro impegni e hanno continuato a far avanzare il dispiegamento militare verso Est”.
“Siamo pronti per i negoziati, in qualsiasi momento, non appena le forze armate ucraine ascolteranno la nostra richiesta e deporranno le armi”, ha spiegato il capo della diplomazia russa, Serghej Lavrov, ma lo spiraglio potrebbe già essersi richiuso a seguito del rifiuto del Presidente ucraino di trattare dopo la richiesta odierna del Cremlino alle truppe ucraine di prendere il potere a Kiev e di rimuovere Zelensky, che ritiene a capo di “una banda di drogati e neonazisti”. In questo modo, spiega, “sarà più facile trovare con voi un accordo”.
In Italia, il Premier Mario Draghi ha parlato davanti ai deputati, rendendo noto che “Zelensky ha detto che lui e la sua famiglia sono il vero obiettivo di Putin ed è costretto a nascondersi”. Con nettezza, ha affermato che “si punta alla distruzione di tutto il sistema difensivo ucraino” con un’invasione che “ci riporta ai giorni più bui della storia europea”. Il ritorno della guerra in Europa «non puo’ essere tollerato, ma dobbiamo esser consapevoli che l’agenda della Russia è però vasta, complessa e a lungo premeditata. Ho la sensazione di essere solo allo stadio iniziale di un profondo cambiamento nelle relazioni internazionali che ci hanno accompagnato nei più di 70 anni che sono passati dalla fine della guerra mondiale”.
Intanto, la NATO, riunitasi oggi in videoconferenza, rafforza il fianco Est e la comunità internazionale – USA, Regno Unito e UE in particolare – implementano nuovi pacchetti di sanzioni, anche contro Putin e Lavrov che, però, secondo il Cremlino, “non hanno conti all’estero”. Mosca è stata, quindi, estromessa dal Consiglio d’Europa, esclusa dall’Eurovision Song Contest, mentre è stato annullato il Gp di Russia di Formula 1 e spostata la finale di Champions League da San Pietroburgo a Parigi.
Fino a dove vuole arrivare Putin? È possibile un conflitto Russia-NATO? L’Ucraina potrebbe essere l’Afghanistan per Putin? A queste domande ha risposto il Generale Leonardo Tricarico, Presidente della Fondazione ICSA (Intelligence Culture Nad Strategic Analysis), ex Capo di Stato Maggiore dell’Aeronautica Militare, già Consigliere Militare del Presidente del Consiglio dei Ministri (1999-2004)e Comandante della 5^ Forza Aerea Tattica Alleata della NATO oltre che Vice Comandante della Forza Multinazionale nel conflitto dei Balcani (1999).

Generale Tricarico, l’ha stupita la scelta di Putin di dare il via libera all’invasione in Ucraina?
Non ho mai escluso ci potesse essere un’ipotesi di questo genere e che, più che scappata di mano, penso – e credo che nessuno abbia più dubbi – che quella di Putin sia stata una provocazione bella e buona: quindi, non è stato un uscir di senno improvviso. Non era campata in aria, ma ci si poteva arrivare anche con un’escalation vera e propria, cosa che non è avvenuta essendoci stata la premeditazione. La seconda aspettativa andata in parte disattesa riguarda la condotta tecnica dell’operazione.
Quindi, l’organizzazione militare?
Esattamente. Nei Balcani, dove – perlomeno dal punto di vista militare – eravamo in una situazione simile, ci fu soltanto una battaglia aerea, senza neanche un soldato applicato per aiutare la campagna aerea. Quell’operazione iniziò in maniera classica, distruggendo tutte le capacità aeree e contraeree di Milosevic per poi proseguire, dopo pochissimi giorni, contro gli altri obiettivi, che, peraltro, neanche quelli erano quelli classici di una guerra tradizionale, però, pur nella loro agibilità, hanno condotto ad una situazione di stop alle operazioni, senza lo spargimento di tanto sangue. Sembra brutto fare questi conti, ma è vero che di vite umane innocenti ne sono state perse molto poche, sicuramente molto meno di quello che ha fatto Putin in poche ore.
Un’operazione a ‘tenaglia’ da Sud, da Est e da Nord, che ha coinvolto circa 200mila uomini. Troppo?
Dal mio punto di vista, è stato un dispendio inutile di risorse. Atteso che l’Ucraina ha (o aveva) delle capacità militari estremamente modeste, sarebbe stato sufficiente colpire quelle, azzerandole, e poi affrontare la guerriglia che, comunque, dovrà essere affrontata, accerchiamento o meno. Francamente, non ho capito la ragione di questo dispiego clamoroso, coreografico, di forze militari, che, secondo una mia valutazione, non era assolutamente necessario. Ovviamente, ancora non sappiamo cosa abbia in mente la Russia.
C’è chi pensa ci sia anche un aspetto psicologico: la Russia intende fiaccare a tal punto il governo e le istituzioni ucraine da poter prendere il potere senza troppe difficoltà. Un’analisi troppo semplicistica?
È uno scenario che Putin ha disegnato e che, rispetto ad un altro, potrebbe avere una diversa letalità, se pensiamo al punto centrale della salvaguardia della vita umana.
Ieri sera, Zelensky ha detto: “Siamo rimasti soli”. In molti si chiedono perché gli Stati Uniti e la NATO non fanno nulla per proteggere l’Ucraina che, come sappiamo, non è membro dell’Alleanza Atlantica. Negli ultimi giorni, l’Occidente – USA e UE – hanno imposto massicce sanzioni economiche al regime di Mosca, ma è ancora oggetto di discussione alleata il blocco della Russia nel sistema di pagamento SWIFT. Il Presidente ucraino Zelensky ha criticato la “lentezza” della risposta europea, ma di per sé, le sanzioni sono armi ‘spuntate’, visto che fanno ‘relativamente’ male al sanzionato, ma molto anche al sanzionante, i cui interessi, soprattutto energetici, sono ingenti?
Laddove si dovessero rivelare più puntute e probabilmente già ci sono, mi sembra che inizino ad emergere delle crepe, e non da poco, nella visione occidentale delle sanzioni. Questo perché, naturalmente, l’applicazione delle sanzioni ad un Paese con un cui c’è grande interscambio commerciale va ad incidere sul consenso interno, viste le conseguenze sui portafogli dei cittadini. A questo punto, i partiti annusano la perdita di consenso che comporterebbe un’applicazione rigorosa delle norme e quindi c’è da attendersi delle sanzioni ‘annacquate’, che perdono il loro mordente nei confronti di Putin, quand’anche applicate rigorosamente.
“Ci vendicheremo delle sanzioni dell’Occidente” ha già rilanciato il Ministro degli Esteri russo, Serghej Lavrov, annunciando contro-sanzioni. Tuttavia, anche dal punto di vista militare, l’Occidente ha le ‘mani legate’?
La NATO, a mio modo di vedere, ha fatto fin troppo, assumendo un ruolo che ha colto l’eterogenesi dei fini: anziché placare gli animi, li ha esasperati; ha alimentato, in maniera del tutto evidente, la percezione da parte dell’Ucraina che l’unico porto sicuro era l’adesione all’Alleanza; ha dato fiato alle rivalse dei Paesi ex-comunisti verso il nemico russo.
E questo è dipeso dal fatto che alla Segreteria generale c’è Jens Stoltenberg?
Sì. Stoltenberg, ormai giunto a scadenza, dovrebbe essere sostituito.
A questo proposito, Lei ha proposto una figura italiana.
Io lo sostengo, ma se anche fosse un francese o uno spagnolo, l’importante è che si tratti di una persona che abbia più percezione del fianco Sud della NATO, quello che ha bisogno di una maggiore rivisitazione e di una maggiore attenzione. Noi lo abbiamo ripetuto per lustri, ma, sempre inascoltati, ci si è concentrati sul fianco Est, allargando, e si è dato – vera o poco genuina che fosse – la percezione a Putin di una NATO che soffiava sul collo della Russia, alimentando e dando forma e dimensioni all’insicurezza russa con esercitazioni anche di 30mila persone tutte concentrate su quel fronte. E quotidianamente, non c’è mai stato un ripensamento di visione che portasse alla considerazione di altri rischi per la NATO se non quello russo. E ci siamo arrivati, purtroppo. Credo, tuttavia, che questa non sia stata solamente il frutto di una scorretta visione statunitense, quanto anche il prodotto dell’ossessione di alcuni Paesi europei nei confronti del nemico russo. A questo punto, come diceva quel signore, ‘a pensar male, alcune volte ci si azzecca’ e – posto che a noi come Italia ed altri Paesi europei non ci riguarda per nulla questa crisi, ma che provoca a noi i maggiori danni, oltre che minor collante nella visione di un’Europa futura ed un’emarginazione quasi definitiva di Putin – se devo guardare al ‘cui prodest’, mi vengono dei cattivi pensieri, che è bene, però, tener presenti. Mi piacerebbe tornare a Pratica di Mare, al maggio 2002, quando Berlusconi – che ha tanti difetti, ma che quella volta ci aveva visto giusto – e lo metterei oggi come idea deve tornare ad essere alimentata: l’inclusività della Russia.
Dopo gli ultimi eventi, quello spirito è irrimediabilmente perso?
Penso sia la pietra tombale, però non bisogna mai perdere la speranza. A questo punto direi ‘Ridateci Trump’ nel senso che, se ci convinciamo che la NATO è veramente obsoleta come diceva Trump o in morte celebrale come diceva Macron, e che quindi dovesse ripensare, riconcepire e ristrutturare se stessa, nel farlo occorre tenere le ‘porte aperte’, ma quelle vere – non quelle riservate solo ai Paesi satelliti dell’Unione Sovietica – rivolte a tutti quei Paesi che condividono i valori NATO, a quel punto si crea veramente una grande forza, anche militare, che può essere veramente il ‘poliziotto del mondo’ che oggi manca: oggi i ‘poliziotti’ dividono piuttosto che unire, litigano tra loro anziché andare laddove ci sono gli incendi. Allora, questa è la nuova visione di chi volesse volare alto, ma naturalmente dovrebbe essere proposta da noi addetti ai lavori, ma anche da voi (giornalisti), creatori del consenso interno attraverso cui si possa arrivare ad impostare una nuovo pensiero.
Oggi, si è riunita virtualmente la NATO. È stato ribadito il rafforzamento del fianco Est – come tra l’altro aveva evidenziato poco prima Draghi nella sua informativa in Parlamento – così come è stato ripetuto il non invio di truppe in Ucraina. Ieri, il Segretario generale non aveva perso occasione per riaffermare l’attivazione dell’articolo 5 in caso di attacco ad uno dei Paesi membri dell’Alleanza. A questo punto, si può escludere un conflitto Russia-NATO?
Non credo, anche perché se ci fosse un confronto NATO-Russia, si ribalterebbero esattamente i pesi militari di Ucraina e Russia: mentre l’Ucraina vale un decimo della Russia, la Russia vale un decimo (forse di meno) della NATO. Quindi, in una confrontazione con i sistemi convenzionali, non ci sarebbe storia.
Secondo il Segretario generale della NATO, Stoltenberg, “Putin vuole deporre il governo ucraino, e non si fermerà lì”. Potrebbe pensare di invadere altri Paesi, come la Georgia o la Moldavia?
Per adesso, direi di no.
Sempre oggi, i russi sono praticamente entrati a Kiev, dove si è iniziato a sparare per le strade. Negli ultimi giorni, Lei ha fatto giustamente notare come non è certo che Putin riesca a prendersi tutta l’Ucraina, anche perché, come è noto, la parte Ovest, la Galizia per intendersi, non è filo-russa come la parte Est. Allora, dove si fermerà Putin? Una volta presa la capitale, andrà oltre?
L’Ucraina è, in qualche maniera, come la Libia, formata sostanzialmente da Tripolitania e Cirenaica: qui abbiamo una parte, quella Est, abitata da russi, russofoni o di etnia russa; un’altra, quella Ovest, che è una sorta di ‘Mitteleuropa’, una prosecuzione del Centro Europa, quasi asburgica. Ora, queste due parti hanno convissuto abbastanza bene insieme finora, ma qualora ci fosse un obiettivo russo di mantenere il territorio sotto controllo, allora a quel punto potrebbero precipitare queste differenti caratterizzazioni e potrebbe iniziare una guerra anche ‘civile’ come reazione dei civili ucraini.
Lo si è visto in queste ore: i civili hanno imbracciato i fucili e lo stesso Presidente ucraino Zelensky ha esortato i cittadini ad “armarsi di Molotov”. Sembra, inoltre, che l’avanzata russa stia rallentando, a causa della resistenza Ucraina. Da questo punto di vista, la guerriglia – come dimostrato dalla vicenda afghana – potrebbe trasformare l’Ucraina in un Afghanistan per Putin?
Putin conosce bene questi problemi – sia per via diretta (Cecenia) che indiretta (Afghanistan) – e sa quanto può diventare duro il mantenimento del controllo del territorio su tutta l’Ucraina. C’è da augurarsi che le sue mire possano ridursi al Donbass che possa fungere da cuscinetto e sulla garanzia che Kiev non entri nella NATO. C’è da pensare un ‘regime speciale’ per l’Ucraina e per altri Paesi che non siano il transito del campo occidentale, come vuole fare l’Ucraina.
Sostenere una resistenza, come accadde in passato, anche in Afghanistan, potrebbe essere un’opzione per l’Occidente? Con quali rischi?
Potrebbe essere ipotizzabile, visto che il popolo è ferito e umiliato, ma ha anche un forte radicamento identitario. Anche per questo, c’è da augurarsi che questo sentimento non divampi e questo può avvenire solo nelle aree sotto il controllo russo già da prima.
Rimanendo nel solco del parallelo con l’Afghanistan, l’esercito ucraino si comporterà come quello afghano?
L’esercito ucraino nulla ha a che vedere concettualmente con quello afghano perché quello era un esercito nato da zero e – non essendo l’Afghanistan una nazione, bensì la somma di tante tribù – era un tentativo che, alla luce di quanto successo, possiamo definire ‘disperato’. Quello ucraino, invece, per quanto dimensionalmente poco capace e poco strutturato, aveva da anni intrapreso un percorso di ristrutturazione con l’aiuto della NATO, e anche questo è un piccolo esame di coscienza che l’Alleanza dovrà fare: secondo alcune fonti ‘aperte’, il Generale USA John Abizaid, insieme ad altri Generali di alcuni Paesi NATO, stavano assistendo le forze armate ucraine per il raggiungimento di uno standard che potesse consentire a Kiev l’adesione alla NATO. Tutto è legittimo, però facendo la sommatoria di tutti questi comportamenti, c’è da chiedersi se sia stato giusto questo incoraggiamento surrettizio all’Ucraina.
E Zelensky che fine farà? Putin avrebbe esortato l’esercito a prendere il potere e cacciare il Presidente ucraino. In collegamento virtuale con il vertice europeo, Zelensky avrebbe dichiarato che “questa potrebbe essere l’ultima che mi vedete vivo” ed ancor prima – come ha reso noto oggi il Premier Draghi – che a lui e ai suoi familiari resta “poco tempo”.
Non saprei. Mi auguro che anche la sua persona non abbia a subire un danno.
È anche vero che, in mattinata, proprio il Presidente Zelensky ha preso l’iniziativa politica, facendo appello alla Russia per tornare al tavolo delle trattative. La richiesta di nuovi negoziati a Minsk ha ottenuto un riscontro positivo da parte del Cremlino, a patto che “Kiev deponga le armi”, come confermato dal capo della diplomazia, Lavrov. Come leggere questo sviluppo?
Mi pare un primo segnale positivo, un seme da innaffiare, anche se dove porterà tutto questo è da vedere.
La NATO dovrebbe rimanere fuori da questa trattativa?
La NATO non c’entra nulla. Più ne sta fuori e meglio è. Gli Stati Uniti e gli alleati devono far pressione su Zelensky a fare quelle concessioni possibili così da congelare la situazione e rimettere la pistola nella fondina.
Secondo Lavrov, l’attacco non era necessario per liberare le aree separatiste dell’Ucraina orientale dall’”oppressione” di Kiev e “ripristinare un ordine democratico”. “Noi siamo per la liberazione dell’Ucraina dal militarismo e dal neonazismo” ha aggiunto.
L’occupazione è un qualcosa che i russi non si possono permettere.
Ci sono rischi nucleari da questa crisi ucraina?
Di armi nucleari Putin ne ha molte, ma sono in mano ad una persona che, finora, ha dato segni di solitudine, ma se dovesse anche perdere l’equilibrio, la cosa rischia di essere molto preoccupante.
Quali lezioni dovremmo imparare da questa crisi?
Bisogna denunciare a squarciagola la brutalità di questa guerra e l’uso indiscriminato della forza cui va studiata una risposta adeguata visto che tutti gli eserciti si sono dotati delle strumentazioni per rispettare certe regole. E poi, ancora una volta, emerge chiaramente la mancanza di un esercito europeo: se anche mettessimo insieme gli eserciti dei diversi Paesi, non otterremmo un singolo strumento militare in grado di confrontarsi con la Russia. Questa è la pura e amara verità, ma la crisi ucraina deve essere uno stimolo ulteriore per rimboccarsi le maniche, abbandonando l’approccio intergovernativo a questo problema e risolverlo con un approccio comunitario.