“La relazione è cambiata profondamente, non a causa del rapporto tra i leader, ma, soprattutto, per quello che è successo in Ucraina nel 2014. Quello che è finito sotto la Merkel è stata l’illusione di Schröder”. Intervista a Gustav Gressel, senior policy fellow del Wider Europe Program presso l’ufficio di Berlino dell’European Council on Foreign Relations (ECFR)

 

 

Poco più di un mese fa, la leader della Germania, Angela Merkel, è volata in Russia, a Mosca, per incontrare per l’ultima volta il Presidente Vladimir Putin, che l’ha omaggiata con un mazzo di fiori. Entrambi hanno un’età simile, parlano fluentemente la lingua madre dell’altro, ex residenti di Dresda nella Germania dell’Est comunista.

Le esperienze condivise hanno sostenuto il rapporto tra questi due importanti leader, che, tuttavia, non è stato sempre rose e fiori: la Cancelliera, che a Mosca ha compiuto almeno 20 visite ufficiali durante il suo mandato, non ha mai rinunciato al dialogo con il Cremlino, neanche in un momento critico come l’invasione della Crimea. Iconica è diventata l’immagine di uno dei primi incontri, a Sochi, tra Merkel e Putin, con la prima imbarazzata dalla presenza di Koni, il cane del secondo.

Il successore di Merkel arriva in un momento in cui le relazioni russo-tedesche sono al punto più basso da anni. Berlino nutre molti più dubbi sulla possibilità di mantenere aperta la cooperazione con Mosca: la svolta fu l’annessione della Crimea da parte della Russia e il suo uso segreto delle forze militari in Ucraina nel 2014 hanno infranto lo status quo diplomatico con la Germania, che da allora ha assunto un ruolo di primo piano nell’imposizione delle sanzioni dell’UE e ha sostenuto l’Ucraina con oltre un miliardo di euro (1,18 miliardi di dollari) in aiuti finanziari. Il dialogo di Minsk – i colloqui di pace del formato Normandia composto da Ucraina, Germania, Francia e i separatisti sostenuti dalla Russia nel sud-est dell’Ucraina – si è arenato e questo è diventata fonte di imbarazzo per la Cancelliera, soprattutto alla luce delle relazioni economiche con la Russia.

Un altro elemento che ha minato la fiducia reciproca è stato un attacco informatico del 2015 al parlamento tedesco, di cui il procuratore federale ha accusato un agente del GRU, l’agenzia di intelligence estera della Russia: Merkel denunciò l’attacco hacker, che includeva il furto di 16 gigabyte di e-mail e dati sensibili, come esempio di ‘guerra ibrida’ condotta da Mosca.

L’avvelenamento di un leader dell’opposizione russa, Alexei Navalny, è stata un’altra tegola sulle complesse relazioni tra i due Paesi: dopo aver avuto un malore durante un volo, Navalny fu trasportato in aereo a Berlino per essere curato all’ospedale Charite, dove gli investigatori tedeschi hanno usato la presenza di Novichok, un raro agente nervino sviluppato in Unione Sovietica, usato già per l’avvelenamento dell’ex spia russia Serjei Skripal e di sua famiglia. Funzionari tedeschi hanno, quindi, suggerito che il suo uso puntasse al coinvolgimento di attori statali russi, ma da Mosca è stato negato qualsiasi coinvolgimento oltre che prove di avvelenamento.

Il governo tedesco ha continuato a sostenere Navalny, successivamente condannato a due anni e mezzo di carcere dopo essere tornato in Russia, su quelle che i gruppi per i diritti umani hanno definito accuse di frode a sfondo politico. Merkel ha sollevato la sua situazione con Putin durante la riunione di addio ad agosto (caduta proprio nel giorno dell’anniversario dell’attacco con il gas nervino): “Ho chiesto ancora una volta al presidente di rilasciare Navalny e ho chiarito che manterremo l’attenzione sul caso”. A quel punto, Putin ha ribattuto:  “non è stato condannato” per la sua attività politica ma per “i crimini commessi contro i partner stranieri” nel caso Yves Rocher. E ancora: le autorità russe faranno del loro meglio per rendere la situazione interna “stabile e prevedibile”, poiché la Russia ha già raggiunto “il suo limite” per quanto riguarda le rivoluzioni.

“Questo caso ancora irrisolto sta mettendo a dura prova le relazioni con la Russia”, ha sostenuto il portavoce della cancelliera Steffen Seibert. “Navalny è ingiustamente imprigionato”. Il ministero degli Esteri russo ha poi rilasciato una lunga dichiarazione sul caso, accusando la  “Germania e dei suoi alleati” di “una provocazione pianificata per screditare la Russia agli occhi della comunità internazionale e danneggiare i suoi interessi nazionali”. Il ministero ha anche accusato Berlino di non aver fornito prove a sostegno delle loro “accuse sfacciate” secondo cui Navalny è stato avvelenato con un agente nervino.

Nell’impegno tedesco si riflettono quindi la personalità e lo stile della stessa cancelliera cristiano-democratica, che non risparmia gli sforzi per dialogare costruttivamente in modo bilaterale con Vladimir Putin anche a costo, però, grazie alla sua autorevolezza, di venire anche ai ferri corti con il ‘nuovo zar’.

La Germania mantiene, tuttavia, delle relazioni pragmatiche basate su forti legami economici (più che politici) con la Russia, il suo secondo partner commerciale e fornitore fondamentale di gas naturale tanto da spingere il centro studi di geopolitica della Duma (il parlamento russo) ad utilizzare il neologismo ‘GeRussia’. “La Germania per noi è il secondo partner commerciale ed economico dopo la Cina” – ha dichiarato il presidente russo, ringraziando la cancelliera per “gli sforzi fatti negli ultimi 16 anni” – “Malgrado la flessione del 2020, l’interscambio nei primi sei mesi del 2021 è quasi raddoppiato”.

Helmut Kohl, dopo aver ricevuto luce verde da Michael Gorbaciov per la riunificazione, capì l’importanza di irrobustire la partnership commerciale con Mosca proprio nel momento del collasso dell’URSS. Dello stesso tenore, se non più forte, divenne l’asse Mosca-Berlino con l’arrivo di Gerard Schröder che, tra le altre cose, sovvenzionò con un miliardo di euro il progetto del gasdotto Nord Stream 2.

Peraltro, Schröder è riuscito ad instaurare un’amicizia personale con Vladimir Putin che lo ha nominato “direttore indipendente” della compagnia petrolifera Rosneft e Presidente della Commissione degli azionisti del gasdotto Nord Stream 2.

L’ultima sezione del gasdotto tedesco di quasi 2.500 chilometri (1.553 miglia) è stata saldata pochi giorni fa e il conglomerato energetico russo Gazprom, suo unico azionista, prevede che inizierà a pompare gas sotto il Mar Baltico entro la fine dell’anno. La Germania ha sostenuto il completamento del megaprogetto da 11 miliardi di dollari, nonostante le minacce degli Stati Uniti di Donald Trump di sanzionare le aziende coinvolte e le preoccupazioni dell’Ucraina sul fatto che sarà lasciata vulnerabile quando il suo attuale accordo di transito del gas con la Russia scadrà nel 2024. I sostenitori, incluso il settore industriale tedesco, hanno sostenuto che il gasdotto è necessario per la sicurezza energetica tedesca e per la sua graduale eliminazione del carbone.

Lo scetticismo tra gli alleati della NATO per le conseguenze sulla sicurezza europea, tuttavia, non sono stati dissipati e questo potrebbe, in futuro, attirare critiche alla Germania. La domanda è: quale futuro attende i rapporti tra Mosca e Berlino, a fronte di un irrigidimento del regime russo? I due favoriti per succedere alla Merkel come cancelliere, ovvero Olaf Scholz del Partito socialdemocratico (SDP) e Armin Laschet, il leader dell’Unione Cristiano democratica (CDU), fanno entrambi parte dell’attuale coalizione di governo e hanno segnalato che non vogliono la discontinuità rispetto all’approccio pragmatico di Merkel in grado separare le critiche politico-diplomatiche dalla cooperazione economica. Entrambi i leader supportano il gasdotto Nord Stream 2, che una volta completato fornirà 55 miliardi di metri cubi (1,9 trilioni di piedi cubi) di gas naturale all’anno direttamente dalla Russia alla Germania.

Né Laschet, attualmente a capo della Renania settentrionale-Vestfalia, né Scholz, il ministro delle finanze federali, hanno una significativa esperienza di affari esteri, o in particolare con la Russia. Scholz, dato in testa nei sondaggi, ha criticato la violazione da parte della Russia dei “confini inviolabili” in Ucraina e il suo tentativo di destabilizzare la politica europea, proponendo anche una rinnovata “Ostpolitik” europea, un cenno alla politica di riavvicinamento verso l’URSS del suo predecessore Willy Brandt che, nel 1969, sosteneva: «Il nostro interesse nazionale non ci consente di stare in mezzo fra est e ovest. Il nostro Paese ha bisogno della collaborazione con l’occidente e dell’intesa con l’oriente».”Se le cose devono cambiare, devono esserci ponti e canali di dialogo per tornare a un rapporto migliore”, ha affermato Scholz in una discussione di politica estera a giugno. Laschet ha anche criticato l’interferenza della Russia all’interno di altri Paesi e la repressione dei critici da parte del Cremlino in patria. Ha chiesto un maggiore dialogo e lo sviluppo di un approccio unito da parte degli Stati membri dell’UE. “Abbiamo sanzioni, ma interrompere le relazioni diplomatiche o qualcosa del genere sarebbe sbagliato”, aveva detto all’emittente Deutsche Welle all’inizio di quest’anno. Se il pragmatismo continuerà a caratterizzare le relazioni russo-tedesche, bisognerà vedere quale peso avranno, per esempio, i diritti umani rispetto agli interessi economici. Il Partito dei Verdi, che è terzo nei sondaggi, e potrebbe essere un partner di coalizione nel prossimo governo, è significativamente più aggressivo nei confronti della Russia e potrebbe influenzare la politica se gli venisse affidato il ministero degli Esteri. Non è una coincidenza che il Verfassungsschutz, i servizi segreti interni tedeschi, abbiano segnalato numerosi tentativi di diffamare Baerbock con fake news, complottismi, fotomontaggi e pubblicazione di informazioni sensibili sui social nei mass media pubblici russi.

Se, quello attuale è un periodo di ridotto dialogo, in cui la Germania sembra più recalcitrante a trovare punti di confronto, cosa cambierà con il nuovo Cancelliere, che non potrà contare sulla stessa autorevolezza che Merkel si è costruita in sedici anni? Lo abbiamo chiesto a Gustav Gressel, senior policy fellow del Wider Europe Program presso l’ufficio di Berlino dell’European Council on Foreign Relations (ECFR), secondo cuiil ‘pragmatismo’ (tedesco) ha fallito in passato ed è destinato a fallire in futuro … Ma è troppo presto per prevedere un cambiamento più profondo nella politica estera tedesca”.

 

Le elezioni in Germania segnano la fine della lunga era Merkel. Guardando ai rapporti tra Russia e Germania negli ultimi sedici anni, non si può ignorare il rapporto personale di rispetto reciproco e molto poliedrico tra Merkel (una ragazza della DDR che conosce bene il russo) e Putin (ex funzionario del KGB con sede a Dresda, che parla bene il tedesco). Cosa rende questo rapporto così affascinante e così speciale?

Sì, il rapporto è affascinante e pieno di rispetto, ma solo perché entrambi percepiscono l’altro come avversario. Merkel percepisce Putin come una minaccia, è consapevole del suo regime di repressione interno (durante tutti i suoi incontri con Putin, ha insistito sul fatto che il primo punto di discussione fosse la “situazione dei diritti umani in Russia” – solo per avere il tono dritto su dove sono) , sa che le ambizioni della Russia contro l’Ucraina vanno oltre la Crimea e il Donbas, e ha visto negli anni come cerca di reinterpretare l’accordo di Minsk in una lettera di capitolazione ucraina. Lavorare contro questo è stata la sua massima priorità nel corso degli anni. Putin, d’altra parte, ha speso miliardi di soldi per la propaganda e la corruzione per destabilizzare e, se possibile, estromettere la Merkel dal potere in Germania. E i suoi utili scagnozzi – quelli che lavorano gratuitamente per gli interessi della Russia – si uniscono a quel quaderno. Il rispetto arriva perché la Merkel sa leggere Putin e non si lascia ingannare dalle manovre, d’altra parte fa sul serio con la Russia e non fa i capricci per motivi interni (quello che fanno di tanto in tanto gli inglesi). Questo è il motivo per cui si rispettano come avversari. Ultimo ma non meno importante, i russi – almeno i russi ufficiali – sono innamorati della stabilità e dello status quo, e la Merkel ha fatto parte dell’ambiente politico per 16 anni. Se temi il cambiamento, la fine del suo mandato sarà il più grande cambiamento verso l’ignoto.

Come sono cambiati i rapporti tra Berlino e Mosca, anche grazie a questo rapporto personale tra i due leader?

Il rapporto è cambiato profondamente, ma soprattutto per quello che è successo in Ucraina nel 2014, non per colpa dei leader. Quello che è finito sotto la Merkel è stata l’illusione di Schröder: l’accordo che Putin ha messo sul tavolo nel Bundestag 2001: offrire alla Germania uno scambio dell’alleanza dagli Stati Uniti alla Russia e ottenere in cambio un’assoluzione generale dalla storia. (Nella mente di Putin, comportarsi come una potenza normale significa cambiare i confini del vicino, ecc.). Sebbene la visione della Germania come un potente “Statthalter” riabilitato della Russia in Europa – un’Europa poi disaccoppiata dagli Stati Uniti – è ancora popolare con AfD o Linkspartei, 20 anni fa queste fantasie hanno sconcertato anche parti dei partiti stabiliti. All’epoca Erika Steinbach faceva parte della CDU, Alexander Rahr della SPD ed esperta politica riconosciuta. Questo ovviamente è cambiato, ma principalmente perché la Russia ha mostrato al tedesco medio come sarebbe stato un simile “ordine europeo” (nel Donbas, a Navalny, ecc.).

Georgia, Siria, Ucraina/Crimea, Bielorussia: ripercorrendo questi ultimi sedici anni, qual è stato il punto più basso nei rapporti tra Germania e Russia? E qual è il più alto?

Il punto più alto è stato il Meseberg-Memorandum concluso nel 2010, quando la Germania ha promesso di sostenere le idee russe su un nuovo ordine di sicurezza e la Russia ha promesso di risolvere i conflitti congelati nel vicinato orientale. Il punto più basso è stato l’omicidio di Tiergarten e la campagna diffamatoria della Russia contro i tribunali, la polizia e i pubblici ministeri tedeschi in seguito. In tal modo, Putin ha perso la maggior parte dei tedeschi (i tedeschi stessi diffamano regolarmente i loro politici, ma diffamare le loro istituzioni e la magistratura indipendente era un passo troppo lungo).

Quali effetti hanno avuto le sanzioni europee sui rapporti tra Mosca e Berlino?

L’interesse per le grandi imprese russe è diminuito a parte il settore energetico. Non credo che le sanzioni siano state un contributo importante, piuttosto le questioni interne russe: la sicurezza della legge e l’ambiente degli investitori in Russia non si sono sviluppati bene a causa della crescente repressione del regime russo, della crescente paranoia delle forze di sicurezza, ecc. La diversificazione economica è fallita Russia, e in Germania c’è un’ampia convinzione che ciò sia fallito per ragioni politiche.

Lei ha sostenuto che: “Ci sono stati a lungo diversi gravi difetti nella visione della Germania delle sue relazioni con la Russia”. Inoltre, c’è chi sostiene che la Germania abbia cercato, in molti casi, pragmaticamente, di risolvere i problemi multilaterali bilateralmente. Come mediatore, però, difendeva anche i propri interessi nazionali ed economici allo stesso tempo. Sei d’accordo?

Il problema con la politica della Germania nei confronti della Russia è che la maggior parte dei tedeschi crede di sapere quali interessi dovrebbe avere la Russia, e quindi sono delusi se non sottoscrive le cose che i tedeschi pensano di dover avere. Vedi l’illusoria “Modernisierungspartnerschaft”: tutti i tedeschi – tranne pochi esperti – e la stessa Merkel pensavano che diversificare l’economia russa lontano dal petrolio e dal gas e modernizzarla tecnologicamente dovrebbe essere nell’interesse di Mosca e che Mosca – per raggiungere questo obiettivo a lungo termine – eserciterebbe moderazione geopolitica. In effetti, la diversificazione minacciava gli attuali accordi di potere e le reti ridistributive in Russia, e la modernizzazione tecnologica da parte russa ruotava prima di tutto intorno al complesso militare e militare-industriale. Poiché Putin ha percepito questa partnership come un misto di minacce da gestire ai bonus selettivi che avrebbe potuto raccogliere se non avesse dovuto fare qualcosa per loro, non ha assolutamente mostrato alcuna restrizione geopolitica per mantenere viva la partnership. Questo profondo “non capirlo” è il principale difetto della politica della Russia tedesca. Qualunque cosa la Germania ritenga di dover garantire nei confronti della Russia, quasi sempre calcola fondamentalmente male le intenzioni, gli obiettivi, i rischi e gli equilibri russi.

I più critici criticano l’approccio tedesco (anche in epoca Merkel), al di là delle dichiarazioni, per la poca attenzione ai diritti umani (ad esempio Navalny), sacrificati all’altare del pragmatismo. Cosa ne pensi?

Sì e no. Ci sono ‘pragmatici’ tedeschi che sacrificherebbero tutto per la Russia. Ma la Merkel è stata abbastanza coerente su questo. Non ha condotto pubblicamente una campagna di advocacy su di esso (non lo fa mai, non è il suo genere), ma se conosci il contenuto dei suoi rapporti con Putin, era molto coerente con questo. Quello che alla Merkel è mancato è spiegare questo alla sua stessa popolazione: perché Putin è pericoloso, perché Putin è repressivo in casa, perché è aggressivo all’estero, perché cerca di rompere l’Ucraina, ecc. In una popolazione con molte illusioni e poca conoscenza della Russia, questa mancanza di promozione del consenso interno si è rivelata un tallone d’Achille della politica russa di Merkel, poiché doveva costantemente stare attenta all’opinione pubblica timorosa del confronto. Se avesse pensato a un sostegno pubblico più ampio per la sua razionalità, la gente avrebbe potuto capire che lo scontro è di origine moscovita.

Nel 1969 Willy Brandt, parlando della ‘Ostpolitik’ da lui inaugurata, affermava: “Il nostro interesse nazionale ci permette di stare a metà tra Oriente e Occidente. Il nostro Paese ha bisogno di collaborazione con l’Occidente e di intesa con l’Oriente”. Data la posizione geografica, la storia, gli interessi economici e le relazioni diplomatiche, l’atteggiamento può essere diverso?

Bene, ci sono molte interpretazioni errate di Brandt e delle sue intenzioni, ma questo è un caso più per gli storici. Il problema è che ai tempi di Brandt non c’erano Paesi indipendenti e sovrani ai confini orientali della Germania. La DDR e la Polonia erano satelliti sovietici, non si poteva fare nulla senza l’approvazione di Mosca. Brandt voleva raggiungere “l’altra Germania”, cosa che poteva fare solo passando per Mosca. Voleva rassicurare il Patto di Varsavia che la Germania non aveva intenzioni offensive o revisioniste. Quella era la sua missione a Mosca e Varsavia. Ma questo ambiente internazionale non esiste più. Piaccia o no, il Patto di Varsavia e l’Unione Sovietica sono spariti. Oggi Brandt, e la citazione sopra, sono usati dai sostenitori della “de-occidentalizzazione” della Germania. Coloro che hanno recentemente deciso di preferire l’orientamento occidentale (democrazia, libero mercato, ecc.) alla grandezza nazionale (unificazione). Hanno aggiornato l’attuale ordine europeo, hanno aggiornato la NATO, hanno aggiornato l’UE nella sua forma attuale. Vogliono che la Germania sia una via di mezzo tra Washington e Mosca, e non gli dispiacerebbe se diventasse più vicina a Mosca che a Washington. Questi non sono solo AfD ed estremisti di destra, ma sono anche idealisti di sinistra che credono.

Come disse Putin in un discorso al Bundestag nel 2001: “Tra Russia e Stati Uniti c’è un oceano, tra Germania e Russia c’è una grande storia”. Gli Stati Uniti – con i 4 presidenti succeduti nell’era Merkel – hanno sempre guardato con sospetto (chi più chi meno) alla partnership tra Mosca e Berlino di cui il gasdotto Nord Stream 2 è un esempio. Quanto ha influenzato (o cercato di influenzare) l’alleato degli Stati Uniti nelle relazioni tra Germania e Russia?

Come accennato in precedenza, questa era l’offerta di Putin: lasciare gli Stati Uniti, essere un sottomesso russo in cambio della riabilitazione dell’orgoglio e della grandezza tedeschi. Ma questa non è mai stata una visione molto popolare. Oggi ne aderiscono solo AfD, Linke e parti della SPD. Lontano dalla maggioranza. Gli Stati Uniti erano molto più calmi su questo di quanto percepissero. NS2 è ed era un altro problema. I costi del gasdotto spettano agli Stati Uniti, i benefici alla Germania. A chi piace? Per essere più espliciti: se la Russia non ha bisogno dell’Ucraina come Paese di transito, potrebbe destabilizzarla o addirittura attaccarla su una scala più ampia di quanto accaduto finora. Gli Stati Uniti, in quanto principale contributore alla sicurezza militare dell’Ucraina, dovrebbero affrontare i costi di un ambiente di sicurezza deteriorato. Questo è ciò che ha causato la rabbia delle persone ragionevoli a Washington.

Secondo Trump, il gasdotto Nord Stream 2 rende la Germania “prigioniera della Russia” e l’ha bloccata. Biden, invece, ha dato il via libera. Secondo Lei c’è un problema di eccessiva dipendenza che finisce per indebolire anche la sicurezza europea? Se esiste, può essere ridotto? 

Trump non è mai stato tra le persone ragionevoli, dice sempre cazzate. Bided ha dato un sì condizionato, a condizione che la Russia continui il transito del gas verso l’Ucraina oltre il 2024. Vediamo, se i tedeschi riusciranno a farlo, perché dubito. Gazprom riduce le consegne in Europa per rafforzare la narrativa che NS2 è necessaria in Europa (in effetti, gli attuali gasdotti sono sottoutilizzati, è un problema di produzione e fornitura, non un problema di gasdotti). Ma ad essere onesti, sostengo l’intera agenda del greening e del green deal più per ragioni politiche che ecologiche. Disaccoppiare l’Europa dal gas russo e dal petrolio saudita sembra essere la cosa migliore per le nostre democrazie.

Nel 2008, al vertice atlantico di Bucarest, George W. Bush ha lanciato il Piano d’azione per l’adesione (MAP) per coinvolgere la Georgia e l’Ucraina nella NATO, ma la Merkel si è opposta. Di recente, con Trump, gli Stati Uniti hanno messo in guardia la Germania sul gasdotto Nord Stream 2. In che modo l’approccio di Angela Merkel alla Russia ha influito sulla sicurezza della NATO? Hai aumentato le divisioni e indebolito la deterrenza?

Bucarest ha causato l’invasione della Georgia nel 2008, ha segnalato a Putin che poteva agire, ma avrebbe dovuto agire rapidamente. Questa però non era l’intenzione della Merkel ad aprile al vertice, piuttosto una conseguenza non voluta. A Bucarest i tedeschi temevano che la Russia invadesse Georgia e Ucraina in caso di adesione e gli eserciti della Nato – essendo in Iraq e in Afghanistan – non avrebbero avuto la capacità di reagire. Ciò farebbe saltare l’articolo 5 e porrebbe fine alla NATO come alleanza coesa. Non era disposta a sacrificare questo per la Georgia o l’Ucraina. Gli Stati Uniti all’epoca erano ancora più illusori riguardo alle intenzioni russe rispetto ai tedeschi. Ho avuto questo tipo di discorsi io stesso. Hanno categoricamente escluso che i russi avrebbero colpito e non erano disposti a distogliere risorse dall’Iraq o dall’Afghanistan, per non parlare di entrare nell’arena politica con la Russia.

Hai scritto: “L’UE non ha nulla da offrire e nulla da minacciare… non ha alcuna influenza su Mosca”. La Germania, invece, ne ha molti. È corretto, secondo lei, dire che, in parte, Berlino ha finora penalizzato una politica europea nei confronti della Russia?

Cosa deve minacciare la Germania? Un’altra noiosa conferenza di pace sulla Libia? Quando i russi hanno fatto lo stupido con gli americani in Siria, hanno ucciso un paio di uomini della Wagner per mostrare loro che facciamo sul serio. Cosa sono disposti a fare i tedeschi? I russi fanno sempre gli stupidi con loro.

Come si sono combinate le relazioni strategiche con Mosca con quelle con l’Est Europa?

Questo è andato in pezzi per le sue ragioni, perché nel 2015 il governo polacco è cambiato. Il PiS è irrazionalmente anti-tedesco, indipendentemente da quali siano le politiche a Berlino. Quindi, Berlino ha perso ogni interesse a consultarli. Soprattutto nel 2013/2014, quando i tedeschi hanno iniziato a rendersi conto che avevano torto e Tusk/Sikorski avevano ragione sulla Russia, Varsavia è diventata un punto di riferimento sempre più importante per coordinare le politiche. E poi è arrivato PiS.

Il forte rapporto tra Berlino e Pechino ha influenzato quello tra Berlino e Mosca e viceversa?

Non so se sono forti. Si basano sull’interesse economico apolitico. Il problema è che la Cina politicizza sempre più ogni spazio esistente, soprattutto perché si sente intrappolata dopo la pandemia. Quindi, non penso che l’attuale corso tedesco sia sostenibile a lungo termine. Come con la Russia, gli sviluppi interni cinesi stanno lentamente cambiando le opinioni in Germania. Diventa sempre più difficile per le imprese agire lì, soprattutto quelle più piccole. Il mercato cinese si chiude, non si apre. Vedremo dove andrà, ma non mi chiedo se Berlino diventerà sempre più critica nei confronti di Pechino nei prossimi due anni.

L’ex cancelliere socialdemocratico, Gerhard Schröder, amico personale di Putin, che ha nominato ‘direttore indipendente’ di Rosneft e presidente della Commissione degli azionisti russo-tedeschi del gasdotto, è stato un vantaggio o uno svantaggio per la Merkel?

Era una responsabilità, lo è ancora. Commenta le sue politiche dall’inizio, cercando di agitarsi contro la sua politica sulla Russia. Adesso è un agente di influenza russo, non un politico tedesco.

In cosa differiscono i candidati alla carica di Cancelliere nelle loro proposte sulla Russia?

I candidati evitano il più possibile il tema della Russia. Baerbock è una critica schietta, Scholz e Laschet sono più filorussi della Merkel e più inclini a guardare alla Russia solo attraverso la lente economica.

Cosa si aspetta il Cremlino dalle elezioni tedesche del 26 settembre? C’è un candidato che temi di più e un candidato che vorresti vincere?

Vogliono evitare i Verdi al governo, ma per il resto sembrano indifferenti.

Hai scritto: “È troppo presto per prevedere un cambiamento più profondo nella politica estera tedesca. Mentre il sistema partitico tedesco sta subendo un cambiamento fondamentale, non va sottovalutata la persistenza del pragmatismo”. Quindi, in linea di massima, si aspetta una sostanziale continuità nei rapporti tra Mosca e Berlino?

Sì. Nel complesso non mi aspetto molto dal prossimo governo. Non sarà né il disastroso ‘Untergang’ che alcuni prevedono, né la Germania sarà di alcun aiuto o capacità di risoluzione dei problemi. Sarà sempre più consumato da divisioni e litigi domestici. Tuttavia, queste divisioni sono molto più profonde e sostanziali di tutte le divisioni precedenti. In fondo, il “consenso di Adenauer” – che la Germania è una democrazia, un’economia di mercato, ancorata in Occidente e alleata con gli Stati Uniti – è messa in discussione. Nella vecchia repubblica di Bonn solo ai margini. Poi è arrivata la riunificazione, ma i tedeschi dell’est erano impegnati a diventare ricchi, a permettersi un’auto occidentale e a costruire una casa prima di occuparsi della politica. Ora, in Occidente Adenauer se n’è andato da tempo. In Oriente non c’è mai stato. Chi sono i tedeschi? Per cosa sono lì? Come dovrebbe essere la Germania? Dovrebbe apprezzare il suo passato, e se quali parti di esso? Qual è il suo futuro? Avrai risposte sempre più eterogenee su questi. E questo farà sì che il loro sistema si sposti ulteriormente. I vecchi partiti si disgregano, perché la loro precedente agenda comune non è più rilevante. Emergono nuovi partiti e coalizioni.