Il Premier uscente, non scalfito dagli scandali e premiato per la buona gestione della pandemia, viene riconfermato mentre l’estrema destra di Wilders subisce una battuta d’arresto. Dopo la partita decisiva delle alleanze per formare il nuovo governo, si aprirà quella cruciale del Recovery Plan e della ricostruzione

 

Spalmate su tre giorni, dal 15 al 17 Marzo, a causa della pandemia di COVID-19, in Olanda si sono svolte le elezioni politiche per scegliere i 150 deputati che compongono la Camera dei rappresentanti (Tweede Kamer), l’unico dei rami Parlamento ad essere eleggibile tramite suffragio universale. L’elezione avviene in collegi plurinominali con voto di rappresentanza proporzionale, di preferenza, senza soglia di sbarramento: quindi per ottenere uno dei 150 seggi del parlamento per un mandato fino a 4 anni basta conquistare lo 0.67% dei voti. Tuttavia, il potere legislativo è condiviso con la Prima camera, composta da 75 membri per un mandato di 4 anni eletti indirettamente dai 12 membri del consiglio provinciale del Paese con voto di rappresentanza proporzionale. A questa tornata elettorale, sono stati 37 i partiti iscritti a concorrere, un record assoluto nel periodo successivo alla Seconda guerra mondiale (nel 1922 furono 53 i partiti iscritti): di questi, due partiti di sinistra (PvdA, SP), due liberali (VVD, D66), tre democristiani (CDA, CU, SGP), tre di estrema destra (PVV, FvD, JA21), una formazione per gli anziani (50+), una per gli olandesi di origine non europea (Denk), una ambientalista, una forza animalista (PvdA) e una ultra-europeista (Volt). 17 partiti dovrebbero ottenere seggi alla Camera.

Le disposizioni anti-COVID, che hanno permesso alle urne di rimanere aperte per tre giorni e, sulla base di una decisione di un Tribunale dell’Aia, solo agli ultrasettantenni (di cui il 10%, secondo una ricerca, minacciava l’astensione) di esprimersi per posta, hanno garantito al primo voto politico all’interno dell’Unione Europea nel 2021, in piena epidemia, un’affluenza alta, intorno all’82%. A favorirla, anche la decisione di allestire i seggi ovunque nel Paese, anche in luoghi insoliti come musei, hotel, chiese, stazioni, palestre o di istituire delle urne elettorali drive-through, così da consentire di votare direttamente dall’auto o dalla bicicletta, nell’intento di mantenere il distanziamento sociale e ridurre le possibilità di contagio. Motivo per cui, diversi comuni hanno anche disposto di lasciare le matite elettorali agli elettori senza doverle ogni volta igienizzare. Il governo olandese ha acquistato milioni di matite rosse e Tonnie Berents, proprietario dell’impresa cui è stata appaltata la distribuzione delle matite, ha raccontato: “Sei settimane per la produzione in Cina, poi il trasporto in nave fino ai Paesi Bassi, perché in aereo il costo sarebbe stato il triplo, dopo il magazzino a Tilburgo e la distribuzione in tutti i municipi”. Queste matite sono finite addirittura sul sito di aste Marktplaats con un valore da 42 a 25.000 euro.

“Noto che il risultato di queste elezioni è che gli elettori hanno dato al mio partito un massiccio voto di fiducia”, ha dichiarato il Primo Ministro olandese uscente, Mark Rutte, ai giornalisti nella sede del parlamento all’Aia. Stando alle ultime rilevazioni, il suo partito, il VVD (Volkspartij voor Vrijheid en Democratie, Partito Popolare per la Libertà e la Democrazia) – che nel 2017 aveva ottenuto il 21,3 per cento dei consensi – per la quarta volta consecutiva, è riuscito a confermarsi prima forza politica del Paese conquistando 35 dei 150 seggi dell’Assemblea, contro i 33 della scorsa legislatura, seguiti dal D66 (Democratici-66, centro-sinistra) con 26, sette in più rispetto alla precedente legislatura (erano 19 nel 2017), la più grande vittoria nella storia del partito guidato dal Ministro del commercio estero e della cooperazione allo sviluppo, Sigrid Kaag che ha detto: “Vedo la fiducia che abbiamo ricevuto come una conferma che siamo l’unico partito progressista ad aver esercitato un’influenza in questi ultimi anni”, ha detto Kaag, che è apparsa ballando su un tavolo in una foto su Twitter.

Boccone amaro per il PVV (Partij voor de Vrijheid, Partito della Libertà) del deputato di estrema destra anti-islam e anti-Ue Geert Wilders, escluso dai principali partiti per formare una coalizione. Secondo partito del Paese prima di queste elezioni, il PVV ha ottenuto la metà dei seggi del VVD, quindi solo 17 seggi, perdendone tre, un risultato deludente per il suo leader che ha detto ai giornalisti che “si aspettava di più”. Calano anche i democristiani dell’Appello Cristiano Democratico (CDA) guidato dal ministro delle finanze Wopke Hoekstra con 14 seggi rispetto ai precedenti 19. Il PvdA (socialdemocratici) ha ottenuto 9 seggi. I Verdi di Groenlinks (GL) in forte calo e la sinistra radicale (SP) hanno racimolato 8 seggi ciascuno. Se questi risultati venissero confermati, la coalizione uscente guadagnerebbe 4 seggi in parlamento a L’Aja passando da 76 a 80 (su 150).

Premier dal 14 ottobre 2010 quando fece la storia, diventando il primo capo dell’esecutivo liberale del Paese dalla fondazione del suo partito nel 1948, Mark Rutte si avvia a guidare il suo quarto governo di coalizione in 10 anni che gli consentirebbe di restare in carica fino al 2025 e che lo prepara ad eguagliare il ‘record Merkel’, divenendo il secondo capo di governo più longevo in carica nell’Unione europea dopo la prossima uscita di scena della cancelliera tedesco, e dopo Viktor Orbán, che governa l’Ungheria dal 29 maggio 2010. Parafrasando il detto per cui ‘una rondine non fa primavera’, un falco ne può fare anche quattro.

Un attestato di fiducia importante dopo un decennio, il cui ultimo anno è stato segnato dalla pandemia: nel discorso in cui ha dichiarato la vittoria, Rutte ha detto di aver imparato dagli errori commessi in dieci anni, in cui «non tutto è andato bene», e di voler costruire la ripartenza del Paese una volta superata la pandemia, sottolineando di avere «energia per altri dieci anni».

Proprio per questo, molti sono convinti che la vittoria di Rutte sia anche il giudizio positivo che gli elettori hanno espresso sulla gestione da parte del governo della crisi sanitaria e sui diversi piani dei partiti politici per la ripresa finanziaria e sociale del Paese, nonostante le ancora ingenti difficoltà economiche e le proteste – disperse con gli idranti dalla polizia – nelle principali città olandesi contro il coprifuoco la cui illegittimità era stata sancita dalla Corte di giustizia dell’Aia che ha accolto il ricorso presentato dal gruppo anti-lockdown Viruswaarheidn. Secondo i togati, l’adozione della misura, avente un notevole impatto sulle libertà dei cittadini, avrebbe dovuto essere frutto di “un processo decisionale molto prudente”. Per questo la Corte aveva chiarito che il governo avrebbe dovuto consultare il Parlamento prima di imporre il coprifuoco – tra le 21 e le 4 e 30 – visto che, in quel momento, non c’era “una particolare urgenza per farlo”. Nelle ore successive, la Corte d’Appello olandese aveva poi ribaltato la prima sentenza e ripristinato la validità della misura.

Peraltro, i Paesi Bassi sono stati in lockdown dal 15 dicembre e la curva dei contagi, che aveva avuto un picco preoccupante alla fine di dicembre, (con oltre diecimila casi in 24ore) ha iniziato la sua discesa ed attualmente sembra stabilizzata intorno alle poche migliaia di casi giornalieri. Secondo Marteen Van Aalderen, corrispondente in Italia del giornale olandese De Telegraaf, “Rutte è la persona che ha guidato il Paese in un periodo difficile nel miglior modo possibile […] Ci sono state molte contestazioni contro le misure di coprifuoco, ma questi gruppi rumorosi e violenti sono una minoranza”.

Proprio grazie alle dure restrizioni imposte dal governo Rutte, l’Olanda, con una popolazione di 17 milioni di abitanti, ha finora registrato poco più di 1,1 milioni di casi di COVID-19 e circa 16.100 morti. Un risultato non da poco. Inoltre, come e prima di altri Paesi europei, l’Olanda ha sospeso in via precauzionale per due settimane la somministrazione del vaccino Astrazeneca, per il quale oggi l’EMA ha riconfermato il via libera.

Il governo a guida VVD sono stati criticati da tutti, anche da un alleato di governo, il Cda, tramite il Ministro delle Finanze uscente e leader della formazione, Wopke Hoekstra. Quest’ultimo, insieme a Rutte, erano stati protagonisti dello stallo nell’approvazione del Recovery Fund. Tale politica di rigore, soprattutto verso i Paesi del Sud Europa, quasi ‘rubata’ ai populisti di Wilders, sembra essere stato molto apprezzato dagli elettori olandesi.

La storia di Mark Rutte, 54 anni, affonda le sue radici in una famiglia di imprenditori calvinisti che gli inculcano il senso del rigore. Ultimo di sette fratelli, perde prima il padre, poi una sorella, un fratello nel 1989 per AIDS e, in ultimo, la madre in piena pandemia. La prima vera scelta esistenziale è a 16 anni quando decide di abbandonare una promettente carriera da pianista per entrare nel VVD. Dopo essersi laureato in Storia, è impiegato come responsabile del personale in Unilever nella divisione ‘Burro di arachidi’ Nel 2002 diviene Sottosegretario agli Affari sociali durante il primo governo Balkenende. Grande estimatore delle figure di Winston Churchill è di Margareth Thatcher, all’età di 43 anni, otto anni dopo, nel 2010, batte il primato, arrivando ad essere il più giovane Premier olandese.

Si conosce veramente poco del suo privato. Celibe, fortemente abitudinario, appassionato di cucina italiana – il suo ristorante preferito a l’Aia è ‘Impero Romano’ dove porta la sorella tutte le settimane e dove ha invitato anche l’allora Premier italiano, Giuseppe Conte – ha fatto della semplicità e della sobrietà il suo stile di vita: è noto, per esempio, che il telefono cellulare, un vecchio Nokia, e l’auto, una SAAB usata, siano gli stessi da venti anni. Ma il rispetto delle regole non l’ha mai abbandonato se è vero che, lo scorso anno, durante il lockdown, per otto settimane non è mai andato nella casa di cura dove era ricoverata la madre, con la quale è riuscito a trascorrere, però, solo la sua ultima notte.

Soprannominato ‘Teflon’ per la sua capacità di uscire indenne dalle crisi politiche, navigando anche nelle acque più tempestose, il Premier Rutte era stato costretto a dimettersi a gennaio dopo che uno scandalo su assegni familiariingiustamente sottratti a 26mila famiglie: in particolare, a causa del malfunzionamento di un algoritmo, lo Stato, tra il 2013 e il 2019, aveva accusato alcune famiglie di rubare i sussidi frodando il fisco. Condannate a risarcire le casse pubbliche, molte sono finite sul lastrico per pagare i debiti, ma sono state poi scagionate dal tribunale che ha dimostrato l’errore del governo. Si è poi scoperto che la maggior parte delle famiglie ‘vittime’ erano di origine straniera, ma che a nessuna di esse era stata data la possibilità di fare ricorso.

“Una vergogna senza precedenti” l’ha considerata il Parlamento e anche Rutte, che all’epoca delle lettere era Primo Ministro, ha usato l’aggettivo “gravissima”. Eppure, nonostante fosse lui Premier quando sono stati commessi i reati, Rutte, dimissionario, non sembra essere uscito intaccato dallo scandalo: ad essere riconosciuto colpevole, invece, il laburista Lodewijk Asscher, che a quei tempi era Ministro degli affari sociali in un governo di coalizione, mentre è possibile che lo scandalo sia ritenuto una responsabilità dello Stato nel suo complesso e non solo di chi guidava il governo. A maggior ragione, in piena emergenza, la gravità di una vicenda del genere è del tutto relativa.

Se la riconferma del Primo Ministro uscente lasciava spazio a pochi dubbi, a sorprendere è stato il boom del partito liberaldemocratico D66, che sale a 24 seggi, cinque in più della passata legislatura, attestandosi saldamente secondo nella Tweede Kamer, riportando il miglior risultato dal 1994 quando ottenne 24 seggi. “Un risultato straordinario” l’ha definito la leader del partito, Sigrid Kaag, a cui sarebbe dovuto, a detta di diversi analisti, molto del successo, liberal-democratico. Kaad, 59enne, con un marito palestinese e una profonda padronanza della lingua araba, tra il 2015 e il 2017, era stata coordinatrice speciale Onu per il Libano, prima di diventare Ministra del Commercio estero e della cooperazione allo sviluppo nell’ultimo esecutivo guidato da Rutte.

“Il popolo dei Paesi Bassi è pronto per l’ottimismo e la visione – ha detto Kaag dopo i primi exit poll – Ho sempre creduto, e stasera l’ho confermato, che gli olandesi non siano estremisti, ma moderati. Rispondono alla positività”. A detta di Kaag, le politiche del prossimo governo dovranno essere “più progressiste, eque e verdi. Affrontare il cambiamento climatico non può aspettare. Dobbiamo investire nell’istruzione, in un buon alloggio e nello Stato di diritto”. Parole che potrebbero rasserenare gli europeisti, ottenendo l’appoggio di altre forze, come Volt, o anche laburisti e sinistra, ma ancor di più consentire a Rutte di tenere posizioni meno rigide al tavolo europeo.

Fervente europeista (non nella maniera ‘frugale di Rutte) e dal carattere deciso, nel dibattito finale tra i leader, Kaad aveva ribadito come l’Europa e l’euro siano cruciali per gli interessi olandesi e aveva evidenziato come, in quanto piccolo Paese, l’Olanda possa «avere più influenza geopolitica insieme agli altri», soprattutto Francia e Germania, bollando poi come «un disco rotto» le argomentazioni sull’Islam del populista Geert Wilders.

Il leader del PVV ieri sera ha parlato di una “leggera flessione”, precisando di essere convinto che avrebbe continuato a porsi come principale voce dell’opposizione in modo che si possa sentire “la vera voce del Pvv”. In realtà, la destra xenofoba subisce una frenata, passando dal secondo al terzo posto e perdendo tre seggi (17 contro 20). Wilders era stato al governo nel 2010, con Rutte primo ministro, per poi farlo cadere nel 2012: all’epoca, si era creata una crisi di governo in merito ad una manovra economica su cui aveva molto insistito Rutte, in quando prevedeva tagli alla spesa pubblica che Wilders non accettava e per cui accusava l’Europa. Da quel momento, è divenuto uno dei principali rivali del leader del VVD, di cui ha fortemente contestato la gestione della pandemia. L’antieuropeismo, l’antiislamismo (con circa il 7% della popolazione totale e il 12% di quella di  Amsterdam che è musulmana), l’invocazione dei tagli al welfare sembrano avere meno presa in piena pandemia e la sconfitta di Donald Trump non ha aiutato. Quello che appare chiaro è che gli elettori premiano, come insegnano le recenti elezioni regionali tedesche, coloro che governano è che sanno, comunque, portare a casa il risultato, quanto meno il non peggioramento della situazione. Ad ogni modo, il Premier Rutte, di contro, ha ripetutamente avversato le posizioni anti-immigrazione anti-islamiche del PVV, escludendo la possibilità di una nuova alleanza.

Ma escluso sarà anche il Forum per la democrazia (Forum voor Democratie, FvD), che Riprende quota, al contrario, a sorpresa, (8 seggi in tutto) il Forum per la democrazia (Forum voor Democratie, FvD) di Thierry Baudet, l’altra forza di estrema destra che nel 2019 era arrivata a superare Wilders alle europee, ma che aveva ottenuto ottimi risultati alle elezioni provinciali. Nell’ultimo periodo, era andata in crisi con la guerra interna che aveva portato all’emergere della sua anima più estremista e la fuoriuscita di alcuni suoi esponenti. Il Forum ha appoggiato le proteste anti-lockdown fomentando le teorie complottiste sul Covid. Addirittura il leader Baudet che chiama le mascherine ‘pannolini per la bocca’ e si definisce no-vax, ha viaggiato ogni giorno di città in città, stringendo mani e abbracciando la gente, negando con i comportamenti la pandemia. E pare essere stata una mossa vincente. Non poteva essere altrimenti dato che una recente ricerca Ipsos ha stabilito che il 51% degli elettori del FvD pensa che il virus Covid sia un’arma batteriologica creata in laboratorio per togliere le libertà al mondo il mondo. Tra tutti gli olandesi, solo dall’11% che crede che il virus sia stato sviluppato deliberatamente e il 13% che sia un’arma batteriologica.

Inoltre, il 57% dei sostenitori dell’Fvd è giovane e rifiuta il vaccino. Il ricercatore Ipsos Sjoerd van Heck si è detto convinto che l’FvD si è radicalizzato: “qualunque cosa accada, questo è il nocciolo duro che rimane”. La stessa indagine sostiene che per gli elettori FvD l’emergenza Covid non è una priorità, ma, anzi, sono le mascherine – dice più della metà dei suoi elettori (54%) – a creare problemi per la salute. Questo sarebbe coerente con il dato per cui il 38% dei sostenitori, immigrazione e richiedenti asilo dovrebbero essere le priorità.

Occorre rimarcare, tuttavia, per chi si convincesse che la destra populista è sconfitta, che non è come sembra. Il PVV ha perso alcuni seggi, ma se si combina la sua quota di voti con quella di altri due partiti radicali di più recente costituzione – JA21 e FVD – l’estrema destra olandese ha vinto. più posti che mai. Tenere insieme una coalizione di governo è difficile nel migliore dei casi, ma Rutte dovrà calcare la linea tra un gran numero di partiti. Ciò lascerà spazio a questi partiti di destra radicale per continuare a costruire le loro prospettive elettorali presentandosi come critici, come alternativa.

In più, pesanti sono le perdite per l’Appello cristiano democratico (Cda), GroenLinks (Sinistra verde) e il Partito socialista (Ps). Il Cda del ministro delle Finanze, Wopke Hoekstra, consegue un risultato negativo quasi come quello ottenuto nel 2012. GroenLinks e l’Sp crollano in termini di consensi: per i primi, la debacle potrebbe essere un riflesso del successo ottenuto dal D66, con cui condividono una medesima base elettorale.

Anche il Partito del lavoro (PvdA) di Lilianne Ploumen, ha avuto un riscontro negativo, mantenendo di fatto gli stessi seggi di quattro anni fa quando subì una cocente sconfitta rispetto ai 38 che deteneva nella precedente legislatura: di fatti, i laburisti, nonostante l’ottimo risultato nel 2012 quando raggiunsero il 23%, non vincono nessuna elezione legislativa dal 2006, anzi hanno visto il loro consenso crollare, fino al 5% nel 2017. L’unico sprazzo di vittoria lo ebbero nel 2019, grazie alla presenza dello spitzenkandidat alla Presidenza della Commissione Europea Frans Timmermans, che gli fece conseguire il 12%.

Nei pessimi risultati di queste forze, può aver contato il ricambio di leadership: il che, però, se trova riscontro nel caso del CDA (dove Hoekstra è subentrato al dimissionario Ministro della Salute, Hugo de Jonge, all’inizio di questo mese) e in quello dei laburisti di PvdA, non lo nel caso del D66 che ha aumentato i suoi consensi.

L’incognita, a questo punto, riguarda la formazione di un governo che necessita di una maggioranza di 76 seggi alla Seconda Camera. Essendo il VVD il più grande partito in parlamento, sarà il primo a provare formare la prossima coalizione di governo. Ma l’impresa non sarà affatto facile. Rutte ha del resto dimostrato in passato di avere grandi doti di pragmatismo nel trovare punti di equilibrio con alleati anche piuttosto diversi per non dire opposti, capacità che gli è valsa il soprannome ‘camaleonte’: il suo primo governo, in carica dal 2010 al 2012, fu formato, come prima ricordato, con il CDA e l’appoggio esterno del PVV. Il secondo esecutivo, dal 2012 al 2017, fu invece sostenuto dalla grande coalizione con il socialdemocratico PvdA. Del resto, il sistema proporzionale che più puro non si può, a collegio unico, ha come conseguenza la grande frammentarietà della politica olandese, che, non prevedendo alleanze prima del voto, spesso, ad urne chiuse, costringe ad estenuanti trattative anche di mesi nella fase di formazione degli esecutivi: la media storica è 94 giorni, ma il record fu segnato nel 2017 quando proprio a Rutte furono necessari ben 225 giorni per dare vita al suo terzo governo, superando i veri incrociati.

Questa volta, a differenza delle precedenti, il mondo, Olanda compresa, è sferzato dalla pandemia, e le trattative, come auspicato dallo stesso Rutte, dovranno essere rapide anche perché c’è da ultimare e presentare alla Commissione europea il Recovery Plan entro il 30 aprile. Già in queste ore il VVD dovrebbe nominare un responsabile incaricato di esplorare le opportunità di formare una coalizione che punti a obiettivi pragmatici, ciò che lo stesso Rutte ha definito “ciò che serve” a porre fine alla crisi del coronavirus, in modo che “le aziende, i teatri, i cinema, i musei possano riaprire”.

I partiti, tuttavia, sono scettici sul piano del leader del partito VVD di dividere la formazione in due fasi così da elaborare un piano nazionale di ripresa in breve tempo dopo le elezioni e poi lavorare su altre questioni. La proposta ha ricevuto il sostegno del partito CDA di Hoekstra e del leader dei rosso-verdi GroenLink, Jesse Klaver, la quale ha aperto ad una formazione rapida, ma un piano di ripresa dell’economia dovrebbe essere subito verde: “Ciò richiede una visione, non si tratta solo di scegliere se aumentare o meno le tasse. Allora dobbiamo investire in un futuro verde e in un’economia sostenibile”.

Più fredda è stata la leader dei socialisti (SP) Marijnissen che ha accusato Rutte di “trucco da campagna” e la leader del D66 Kaag, che non apprezza l’approccio voluto da Rutte: “Dobbiamo comunque preparare un piano per la ripresa, ma queste elezioni non riguardano solo questo. Queste elezioni riguardano il futuro dei Paesi Bassi. Quindi non puoi attendere mettendo insieme rapidamente un piano di ripresa e poi impiegare molto tempo per discutere le scelte più difficili”.

L’attuale coalizione del governo Rutte che comprende VVD, CDA, D66 e CU verrà riconfermata o, con i nuovi equilibri, si creeranno nuove formule? Intervistato nella notte, il Presidente del VVD Mark Rutte, che ha escluso qualsiasi coalizione con Geert Wilders “a causa di ciò che ha detto sul Corano”, ha detto che è “chiaramente ovvio” che il suo partito avvierà un dialogo con la leadership di D66, ma anche con il CDA del Ministro delle finanze Wopke Hoekstra, che sarebbe il nuovo “partner naturale”.

L’attuale coalizione di governo che comprende Vvd, D66, Cda e Unione Cristiana sembra comunque poter avere una maggioranza un po’ più corposa di quella attuale, ma il punto cruciale è se D66 e Unione Cristiana saranno disponibili a lavorare di nuovo insieme: la leader di D66 Kaag ha subito affermato che la politica del prossimo esecutivo dovrà essere “più progressista, più giusta e più verde” e decisivo sarà anche cosa penserà di fare il CDA di Hoekstra che ancora non si è esposto, a fronte di un risultato deludente. Eppure VVD, insieme ai D66 e al Cda (Democratici cristiani) del ministro delle finanze frugale Wopke Hoekstra, (con 15 seggi), non arriverebbero infatti alla maggioranza dei 76 seggi necessari il che significa che dovranno trovare almeno un altro partner.

Qualora il CDA dovesse decidere di tirarsi indietro, e quindi non far decollare la coalizione di centrodestra, potrebbero entrare in campo il Partito del lavoro e il GroenLink: la leader del Pdva, Ploumen, si è tirata indietro da quest’ipotesi, mentre la Presidente di Sinistra Verde, Jesse Klaver, ha preferito non esprimersi. Niente potrebbe escludere una virata verso il centro-sinistra con CDA, D66 e PvdA oppure con D66, PvdA e GroenLinks. Così come non si può non considerare che anche gli ultimi arrivati al Tweede Kamer, in particolare gli ultraeuropeisti di Volt e la forza di estrema destra Ja21, possano essere coinvolti nella coalizione di governo. Ma tra D66 e Ja21 non scorre buon sangue.

Dirimente sarà il compromesso sul programma di governo: in piena pandemia, le politiche di stimolo economico non sono potute mancare, ma una certa prudenza finanziaria resta, sebbene con gradazioni diverse: l’eccesso si è raggiunto con Hoekstra che ha proposto, nel corso del lockdown e a poche settimane dalla fine della campagna elettorale, di dimezzare gli assegni di disoccupazione per gli olandesi. Sebbene si senta parlare poco di austerity, un governo di centrosinistra avrebbe meno problemi a porre in essere politiche di investimento anche a costo di un aumento del debito pubblico.

A questo aspetto, si lega quello dei rapporti con l’Unione europea. L’Olanda è sempre stata filo-europeista, anche se, in tempi recenti, si sono succedute critiche su violazioni da parte di altri Paesi europei delle regole comuni dello Stato di diritto o dei parametri economici.

Da questo punto di vista, quasi tutti i programmi elettorali dei partiti politici, in questa campagna elettorale, hanno dedicato una minima attenzione alla cooperazione europea, ma si può dire che essa è stata ‘grande assente’ tanto da essere coniato su Twitter l’hashtag #EUolifant. Secondo Rem Korteweg dell’Istituto Clingendael, “il tema dell’Europa torna spesso, ma i leader di partito non ne parlano”. Nonostante la maggior parte dei partiti che hanno partecipato alle elezioni parlamentari è a favore di un’Europa più forte per controbilanciare altre potenze regionali e globali, un’UE, forte non è la stessa per tutti. I partiti di centro e di sinistra come il D66, il GroenLinks e la PvdA sono più favorevoli all’Ue e ad un processo di integrazione: in particolare, il D66 sostiene un esercito europeo, il nuovo arrivato Volt è pan-europeo per vocazione. D66 e GroenLinks ritengono che il Parlamento europeo dovrebbe avere una posizione più forte e sostengono un ministro per gli affari europei in un prossimo gabinetto.

Se il CDA vuole un Consiglio di sicurezza europeo e vorrebbe, nel post-COVID-19, un ritorno al Patto di stabilità e crescita, il PVV e FvD sono addirittura per la ‘Nexit, cioè l’uscita dall’Olanda dall’Unione europea. Wilders ha chiesto di prestare attenzione al contributo olandese al fondo salva Stati dell’UE che sono stati gravemente colpiti dalla crisi Covid: quei miliardi avrebbero potuto essere spesi meglio nei Paesi Bassi invece che in paesi come l’Italia e la Spagna. Anche SP, SGP e JA21 sono critici nei confronti dell’UE: SP ritiene che i cittadini dovrebbero avere molta più voce in capitolo e definisce l’euro come moneta “insostenibile”. Il partito di estrema destra JA21 ritiene che l’Olanda sia il “bancomat d’Europa” e per questo vorrebbe un referendum sull’euro.

Questo conferma che se un governo di centro-sinistra potrebbe essere aperto ad una certa flessibilità economica, nessun governo di centrodestra potrebbe mai esserlo. Partiti di centrodestra come il CDA o l’Unione cristiana non nascondono la propria disponibilità solidarietà fiscale europea, ma non tutti sono altrettanto positivi rispetto a strumenti come gli Eurobond. Cosa verso cui invece sarebbe favorevole il D66, favorevole ad un budget europeo permanente, e che, insieme a PvdA o Unione cristiana, non sarebbero chiusi all’ipotesi di una tassa digitale europea, che non piace nè a VVD né a CDA.

Ovviamente, la scelta della coalizione di governo dirà molto sulla politica, interna ed europea, olandese dei prossimi anni. Come è noto, l’atteggiamento del governo Rutte nei confronti dell’Europa e del Recovery Plan era stato intransigente e ostruzionista, soprattutto nei confronti delle aperture di Bruxelles ai Paesi del Sud più indebitati, battendosi affinché venisse ridotta la quota degli stanziamenti a fondo perduto in seno al Recovery Plan, a vantaggio di prestiti che avrebbero dovuto prima o poi essere restituiti. Soprattutto dopo l’uscita del Regno Unito dall’UE, è come se i Paesi Bassi, timorosi del motore franco-tedesco, avessero preso su di sé il ruolo di difensore della rigidità fiscale e di campione della frugalità rispetto alle prospettive di maggiore integrazione europea.

La mala gestione del dossier vaccini da parte della Commissione UE non aiuta a ridurre l’euroscetticismo. Il nuovo governo olandese, sebbene ben disposto verso una momentanea flessibilità fiscale, potrebbe rilanciare il rigorismo del Patto di stabilità, proprio di un Paese frugale sul tavolo europeo, soprattutto se partiti come PvdA e ChristenUnie saranno assenti dalla coalizione. Certo, è probabile che le forze euroscettiche e anti europee non saranno parte del nuovo governo, ma è anche vero che l’approccio rigorista non è detto non torni ad emergere nel lungo termine.

Questo non dovrebbe aiutare Paesi come l’Italia anche perché il Recovery Fund, la cui nascita potrebbe tardare visto la necessità dell’approvazione di tutti i 27 Paesi membri e nei Paesi Bassi il parlamento non si è ancora espresso. Ciò che accade in queste ore a l’Aia potrebbe essere, dunque, decisivo anche per il Belpaese.