“I tedeschi si rendono conto di essere giunti ad un livello oltre il quale non possono andare. Quindi c’è il timore di perdere lo status quo“
In Germania, il 33esimo Congressodella CDU ha eletto come nuovo Presidente, Armin Laschet, che ha vinto il ballottaggio contro Friedrich Merz con 521 voti contro 466. «Sono consapevole della responsabilità», ha dichiarato Laschet, la cui vittoria è a molti parsa un capolavoro di Angela Merkel e del tentativo del partito, diviso al suo interno, di preferire ‘nessun esperimento’, la continuità, minimizzando i rischi di strappi.
“Non sono uno showman” ha riconosciuto Laschet, ma “potete fidarvi”. La posta in gioco è alta: ricucire un partito diviso, come dicono i numeri, pur non potendo contare sull’autorevolezza e l’esperienza di chi l’ha preceduto. Un compito difficile, ma inevitabile: “Ci sono molte persone che amano soprattutto Angela Merkel e solo dopo il CDU. La reputazione del Cancelliere qui e all’estero può essere riassunta in una parola: fiducia. Ora abbiamo bisogno di questa fiducia come partito. Questa fiducia non può essere data in dono, non può essere ereditata, non può essere semplicemente trasmessa. Questa fiducia deve essere guadagnata”.
Per farlo, Lashet dovrà fare un lavoro certosino, di conciliazione, ma non una novità nella sua vita. Nato nel 1961 ad Aquisgrana in una famiglia originaria della Vallonia ed emigrata nel 1920, fa il suo esordio nella CDU a 18 anni e, dopo aver concluso studi giuridici a Monaco e Bonn, intraprende la carriera di giornalista freelance nei giornali cattolici della sua città. Nel 1985 si sposa con Susanne e ha tre figli. Nel 1989 entra in consiglio comunale e, cinque anni dopo, nel 1994, viene eletto al Bundestag, ma non viene riconfermato alle elezioni successive. Nel 1999 si ricandida, ma all’Europarlamento e vince. Un’esperienza che lui stesso giudicherà fondamentale per consolidare il suo europeismo, ma che termina nel 2005 quando decide di candidarsi per diventare ministro dell’Integrazione nel suo Land, il Nord Reno-Vestfalia. In questa veste, si guadagna il soprannome di ‘Armin il turco’, per le sue posizioni aperte e tolleranti verso l’immigrazione.
Tale sua caratteristica lo porterà a prendere le difese del socialdemocratico Thilo Sarrazin, autore di un libro molto critico verso l’immigrazione musulmana, da un reprimenda della Cancelliera Merkel, di cui, nel 2005, avrebbe sostenuto le politiche di accoglienza. Dal 2017, è Primo Ministro della Renania settentrionale-Vestfalia, ma il rapporto con Merkel non è mai cambiato, anzi è rimasto sempre franco e questo gli ha consentito di non nascondere il suo disappunto rispetto alla politica energetica del governo, in particolare alla precipitosa neutralità energetica, ovvero l’abbandono del carbone. Da dirigente del Nord Reno-Vestfalia, il Land che più di ogni altro ha costituito per anni la centrale mineraria della Germania e che, per questo, subisce più di altri l’impatto della conversione green, ha rimarcato, più di una volta, la necessità di procedere con prudenza. Una posizione che gli ha offerto una buona immagine agli occhi dell’industria tedesca.
Ciò nonostante, tra un mese compirà sessant’anni e per gli ultimi otto è stato Vice di Merkel nel partito ed ha sempre sostenuto, come ha ribadito Sabato, la scelta della Cancelliera di non inseguire l’estrema destra, ma di rimanere al centro, pur non rinunciando alla chiarezza.
Lashet è da molti considerato il continuum della linea merkeliana anche in politica estera: al fermo europeismo, si unisce la necessità di un dialogo con la Russia e con la Cina, sebbene consideri gli Stati Uniti e la NATO essenziali per la sicurezza europea.
Anche se ha conquistato la Presidenza della CDU, la corsa per la Cancelleria è tutt’altro che spinata. “Farò in modo che anche alle elezioni federali l’Unione possa decidere il cancelliere”, ha detto Laschet, consapevole che la decisione sarà presa con la CSU e dovrà vedersela con il bavarese Markus Söder, secondo solo alla Merkel nell’indice di gradimento.
Come cambia la CDU con Armin Lashet? Quali sfide dovrà affrontare il nuovo Presidente? Lo abbiamo chiesto a Gian Enrico Rusconi, politologo ed esperto di storia tedesca oltre che Professore emerito di Scienze politiche presso l’Università di Torino.
Diversamente da quanto pronosticato da alcuni sondaggi, Armin Laschet, attuale governatore del Nord-Reno Vestfalia, il land più popoloso della Germania, e considerato l’erede di Angela Merkel, è stato designato dal Congresso della CDU quale successore di Annegret Kramp Kerrambauer. Cosa la colpisce del profilo del nuovo leader dell’Unione?
La mia unica questione è molto banale: la Merkel aveva una personalità così complessa e forte che non è possibile prevedere il dopo. Si dice che Laschet sia ‘merkeliano’, ma in realtà nessuno più sarà ‘merkeliano’. Merkel è riuscita ad arrivare a 16 anni di cancellierato e poi è stato effettivamente un personaggio importante a livello mondiale: una cosa detta da lei aveva un effetto immediato a Bruxelles e anche fuori. A fronte di tutto ciò, non c’è nessun successore che può raggiungerla, è inimitabile per quello che ha fatto. Al momento, ci sono solo degli indicatori che dicono che, probabilmente, Laschet non sarà di destra o anti-immigrati, ma non è escluso che possa essere anche meglio.
È innegabile, però, che il successo di Laschet sia da considerarsi una vittoria di Merkel, nel senso dell’ancora grande influenza che la Cancelliera mantiene sul partito.
Certo, perché ha evitato la vittoria del candidato più a destra, Merz. Ma allora, a questo punto, il discorso si sposta, al di là delle persone e dei leader, sulla Germania. La mia idea è che i tedeschi si rendono conto di essere giunti ad un livello oltre il quale non possono andare. Quindi c’è il timore di perdere lo status quo.
Questo, a detta di molti osservatori, ha spinto il Congresso a propendere per il cosiddetto ‘nessun esperimento’, minimizzando il rischio.
Esatto. Lo status quo, che loro hanno raggiunto, vogliono che rimanga: avanti non si può andare, solo indietro. A meno che, non si considera un altro elemento: la Merkel stava conducendo un’operazione di avvicinamento alla Cina e, un po’ meno alla Russia, che faceva arrabbiare Trump. Il discorso diventa complesso: non è più ‘Merkel sì-Merkel no’, ma i tedeschi ‘hanno finito di essere europei’ nel senso che nonostante l’Europa sia stato un elemento identificativo centrale, loro hanno la percezione di dover essere tedeschi. Ma hanno paura a dirlo. Eppure Merkel riusciva a parlare con la Cina. Noi abbiamo questo ricordo tremendo della Germania e la Merkel era riuscita ad avere questi rapporti particolari con la Cina perché, come si vede, è Pechino il grande antagonista all’Occidente-America, distinto dall’Occidente-Europa.
Lo si è ben visto nell’accordo CAI raggiunto tra Pechino e Bruxelles, grazie al grande impegno di Merkel.
Senza Merkel, non si sarebbe potuto fare. Del resto Ursula Von der Leyen, molto amica della Merkel, non lo avrebbe potuto permettere. Da tutto questo, si capisce che la Merkel è inimitabile, ma i problemi che lascia sono enormi, come quello di far diventare la Germania una potenza internazionale. E i tedeschi, mi lasci dire, hanno anche un po’ paura.
Tornando all’Unione, nel suo discorso di presentazione al Congresso, Laschet ha dichiarato: “Ci sono molte persone che amano soprattutto Angela Merkel e solo dopo il CDU. La reputazione del Cancelliere qui e all’estero può essere riassunta in una parola: fiducia. Ora abbiamo bisogno di questa fiducia come partito. Questa fiducia non può essere data in dono, non può essere ereditata, non può essere semplicemente trasmessa. Questa fiducia deve essere guadagnata”. Laschet è la persona giusta per far riappropriare la CDU della fiducia persa, o comunque incanalata nella Cancelliera Merkel oppure la figura di Merkel rimane irrinunciabile per la CDU? Molti temono che quest’ultima eventualità crei false sicurezze nel partito. Lei che ne pensa?
In fondo, questo Laschet non lo conosciamo bene. Diciamo che l’eredità di Merkel è enorme e non abbiamo ancora citato, per l’esempio, il rapporto con la Francia di Macron. Non abbiamo alcun elemento quindi anche perché quello che lascia Merkel è, anzitutto, come ha collocato la Germania.
Quanto sostenuto da Laschet in merito alla necessità di fare in modo tale che il partito riacquisisca un suo peso, a prescindere dalla figura del Cancelliere, è stata letta da molti anche come una velata critica a quello che è successo finora: anche se la Cancelliera ha voluto creare una leadership condivisa, la sua autorevolezza non la rendevano tale. La Merkel, nel suo intervento da remoto al Congresso, ha rivendicato le sfide affrontate negli ultimi 15 anni – crisi finanziaria, immigrazione, pandemia – sostenendo che il successo della CDU sia stato quello di affrontare i problemi “senza categorie scelte a tavolino” e ha auspicato che il partito venisse guidato da un “team”. “Non abbiamo bisogno di un amministratore delegato” le ha fatto eco Laschet che, poi, ha voluto ricordare il padre minatore della Ruhr e il suo insegnamento a fidarsi sempre del prossimo. Se, quindi, a Merkel viene attribuita una leadership condivisa, della stessa Laschet darà un’altra interpretazione?
Sottovoce, si diceva proprio il contrario: Merkel aveva dei collaboratori, ma non dei veri partner nella leadership. Tra l’altro, è sempre stata molto moderata, con uno stile espressivo mai retorico, ma è sempre riuscita a ‘far fuori’ tutti i rivali, maschi per altro, che le stavano attorno. Poi c’è stato l’episodio, piuttosto confuso, dell’AKK, le cui dimissioni dopo uno scandalo legato ad un tentativo di alleanza della CDU con AfD in Turingia, mi è sembrato eccessivo. Elegantemente, però, ancora una volta, è riuscita a tenere la barra dritta e mi ha sorpreso che avesse consentito una punizione così forte, anche se dietro c’è una convinzione ferrea: nessuna collaborazione con l’AfD, nella paura che questa possa tirare. Ma l’AfD non è neonazista, come si continua a dire: piuttosto, rivendica questa idea dell’autonomismo perché ‘siamo tedeschi’.
Il fatto che Laschet abbia incassato solo 522 voti – il 52%, meno di quanto raccolse AKK – contro i 466 a favore del candidato più a destra, Merz, ci restituisce l’immagine di una CDU divisa al suo interno. “Avremo tutti contro: Verdi, SPD e Linke. AfD è sempre più aggressiva. Dovremo lavorare insieme” ha esortato Laschet, richiamando ad una maggiore coesione del partito. Il poco scarto rispetto al suo rivale renderà per Laschet, pur non essendo Merkel, ma avendo con la Cancelliera molto in comune dal punto di vista della visione politica, più difficile ricompattare la CDU?
Certamente. Se ci si pensa, ogni volta che un leader se ne va, si dice: ‘bisogna fare un gruppo unito’. In realtà, con i tempi che corrono, le personalità, nelle nostre democrazie, sono diventate importanti così come la retorica che usano. Ecco il paradosso: viviamo in democrazia mature, ma ciò nonostante c’è bisogno di leaders. Lo vediamo a casa nostra. L’auspicio a ‘fare un gruppo’ si dice quasi sempre nell’attesa che esca fuori un leader. Non è detto che questo non sia Laschet, ma la vedo piuttosto dura.
La difficoltà, poi, aumenta proporzionalmente alla profondità delle divisioni interne.
Nella CDU, secondo me, sono molto profonde. Molti hanno tirato un sospiro di sollievo per la non vittoria di Merz: se ciò fosse accaduto, avrebbe attivato questo sentimento di ‘tedeschismo’ che c’è sotto, di cui gli stessi tedeschi hanno paura: non potrebbero mai dire, come Trump, ‘Prima la Germania’ perché sono convinti, con il passato, seppur lontano, che hanno, di avere un ruolo guida, ma è quello che vorrebbe l’AfD o anche Merz.
“Non sono uno showman, ma sono Armin Laschet e vi potete fidare” ha confessato il neo-Presidente della CDU. Non sono pochi quelli che vedono con preoccupazione lo scarso carisma. Questo elemento di sottovalutazione potrebbe rivelarsi un punto a favore per Laschet? Del resto, anche Merkel, è stata molto sottovalutata all’inizio.
Non credo possa essere un punto a favore. Anche qui: Merkel è stata abilissima, da niente è arrivata alla guida della CDU, ha tenuto a bada Kohl, Schauble. Con il suo stile, si è sempre difesa da grandi figure.
La candidatura di Laschet era in ticket con un candidato-Vice, il quarantenne Jens Spahn, attuale Ministro della Sanità. Qualcuno vi ha letto un tentativo di abbracciare anche la base più giovane o comunque di coloro che vorrebbero un ricambio generazionale alla guida della CDU. Il ‘fattore età’ penalizza Laschet?
Certo, ma relativamente.
Nell’ottobre dello scorso anno, Laschet si è recato in visita in Vaticano per incontrare Papa Francesco. Questo testimonia che la grande attenzione all’elemento religioso non è secondaria per il neo-Presidente della CDU.
Spero che rimanga un fatto personale, guai se si trasformasse in qualcos’altro.
L’esperienza di governo (è governatore del Nord Reno Vestfalia), invece, si può considerare uno dei fattori determinanti per la vittoria di Laschet?
Era uno degli elementi che la CDU intendeva valorizzare nella scelta, anche perché i Land tedeschi non sono certo comparabili alle nostre regioni. Sono dei veri è propri Stati. Poi ha governato bene, anche se niente di stravolgente.
Nella gestione della pandemia, tuttavia, non ha brillato.
Sì, ma la pandemia è una cosa tremenda. Chi può dire di essere riuscito a combattere il COVID-19 in modo efficace? Qualche Paese del Nord che aveva scelto strade alternative è dovuto tornare indietro. Il COVID-19 è un grosso problema, era inutile tirarlo fuori in questo contesto.
“Possiamo vincere solo se rimaniamo al centro” e “occorre parlare con chiarezza, ma senza polarizzazione”, ha sottolineato Laschet nel suo discorso al Congresso, parlando dell’identità del partito. Merkel aveva le stesse parole d’ordine: nell’eredità della Cancelliera, infatti, non si può non far rientrare quella che molti hanno chiamato la ‘socialdemocratizzazione della CDU’, ossia lo spostamento del partito verso il centro, con una crescente attenzione al riformismo. Tale tendenza ha creato molti malumori all’interno dell’Unione, soprattutto tra coloro che vi vedevano la causa della perdita di consenso mentre l’AfD era in crescita. La vittoria di Laschet sul candidato di destra, Merz, sancisce la continuità sulla linea di Merkel?
Hanno capito che con questa linea, Merkel è riuscita a fare della Germania un protagonista quasi internazionale. Solo lei ha potuto dire a Trump: ‘dobbiamo fare da soli’. E poi c’è la questione Cina.
A differenza di Merz, quindi, Laschet prosegue sul sentiero tracciato da Merkel: nessun dialogo con l’AfD, non inseguirla nel suo terreno?
Certo, non solo perché sono estremisti di destra, ma perché temono loro stessi, come cittadini, l’idea dell’autonomia dell’essere tedeschi propugnata dall’AfD. Vedremo cosa farà Laschet.
Il neo-Segretario della CDU ha ampio sostegno nel mondo industriale tedesco?
Si, dà questa impressione, però gli industriali sanno che la loro situazione è davvero così ottimale al momento che sono terrorizzati dal perdere lo status quo. E sono anche la categoria più sensibile, oltre ad essere gli unici a non avercela con l’Italia: la cosa paradossale è che l’immagine migliore del nostro Paese c’è l’abbiamo gli industriali.
Lo sconfitto Friedrich Merz ha rivendicato il Ministero dell’economia, richiesta rigettata dalla Cancelliera attraverso il portavoce Seibart. Cosa ne sarà di Merz e Röttgen, gli sconfitti nella corsa alla leadership?
Credo daranno fastidio a Laschet, visto anche la non grande differenza nei numeri. Probabilmente punteranno alla loro pretesa di essere qualcuno, una sorta di ‘triumvirato’ o comunque di veder riconosciute alcune loro istanze.
La caratura di Merkel è stata sempre fondamentale nei suoi tentativi di mediazioni per stringere alleanze e formare coalizioni di governo. Con Laschet, che segue la linea della Cancelliera, ma non ha la sua stessa esperienza e autorevolezza, i rapporti tra CDU e SPD cambieranno? Una Grosse Koalition sarà ancora possibile?
Sì, ma credo che l’SPD, senza Merkel, potrebbe alzare l’asticella. In questa situazione, l’SPD, alleata per necessità, credo tenterà di allargare la sua influenza, di darsi una maggiore identità. Ricordiamo che era quasi scomparsa anche dal punto di vista dei consensi e quindi tenterà di darsi un’identità più forte, rendendo più difficile la Grosse Koalition. Ci sarà una GroKo, ma, secondo me, l’SPD si farà sentire di più.
È escluso che vada all’opposizione?
Non credo lo farà mai. Elementi di tensione nella classe politica tedesca sarebbero una novità perché la Merkel riusciva, anche se sottovoce brontolavano.
Con Laschet, il rapporto tra CDU e CSU si rafforzerà? Negli ultimi anni, ci sono stati periodi burrascosi, soprattutto con Seehofer.
Potrei dire una cosa analoga a quanto detto per l’SPD: approfitteranno dell’assenza della Merkel per alzare le proprie asticelle. E quindi il povero Laschet avrà avversari che la Merkel, in passato, era riuscita a contenere.
Negli ultimi giorni, la possibilità di un’alleanza con i Verdi, dopo le elezioni federali, è tornata sul tavolo. I Verdi avrebbero fatto delle aperture nei confronti della CDU, anche apprezzando la gestione della pandemia. Ricordando le famose ‘Pizza connection’ a cui prendeva parte Laschet, ma mettendo sul piatto della bilancia anche la freddezza con cui, da Governatore del Nord Reno Vestfalia, il Landstoricamente più minerario della Germania, ha accolto sulla politica ambientale, un’alleanza tra CDU e Verdi è più vicina o più lontana?
Creeranno difficoltà e quello che io temo è che l’intera classe politica tedesca si troverà di fronte a delle divisioni interne che con la Merkel erano state, in un certo senso, attenuate.
È preoccupato per la stabilità della Germania?
Certamente tensione interna, sì.
Cosa ne sarà dei Liberali che, nel 2018, non accettarono di entrare nella coalizione?
Dovrei rispondere, come prima, che anche loro cercheranno di darsi una maggiore importanza. Tuttavia, ho l’impressione di un partito debole
E la Linke?
Rimarrà un partito identitario.
Armin Laschet ha conquistato la leadership della CDU, ma non è ancora detta l’ultima parola sulla candidatura a Cancelliere. Il che dovrà essere deciso tra CDU e CSU nei prossimi mesi. Laschet ha dichiarato che farà “in modo tale che la CDU esprima il Cancelliere”. Da tradizione, il Presidente è anche il candidato cancelliere espresso dalla CDU, ma, negli ultimi giorni, alcuni alti esponenti del partito come Schauble, hanno aperto anche alla possibilità che le due figure non coincidano. Lei cosa pensa al riguardo, considerato anche che Laschet non viene ritenuto un leader molto carismatico?
Questo potrebbe incidere, ma mi chiedo se questa diversificazione non diventi poi un danno per la Germania, indebolendo la figura del Cancelliere o, viceversa, quella del Presidente della CDU. Ma di questo si parlerà tra diversi mesi.
Jens Spahn, giovane Ministro della Sanità, era candidato, in ticket, come Vice di Laschet. Alla fine, è stato eletto, ma come ultimo tra i Vice. Molti rumors lo davano in corsa per la Cancelleria, ma lui ha negato tali ambizioni. Lei che impressione ha?
Non lo so. Anche io sono rimasto molto sorpreso che Spahn non venisse fuori. Non farei grandi previsioni, ma ritengo che, intorno a Laschet, ci saranno queste personalità che non possono sparire come quando c’era la Merkel.
A contendere la Cancelleria a Laschet, anche il leader della CSU, il governatore Markus Söder, che in quanto a gradimento è secondo solo ad Angela Merkel. Va detto che, in settant’anni di cui più di cinquanta in cui l’Unione ha governato, solamente due volte la scelta del candidato Cancelliere è ricaduta sul leader della CSU: Strauss nel 1980 e Stoiber nel 2002 ed in entrambi i casi l’Unione ha perso. Söder potrebbe essere un valido candidato alla Cancelleria?
In questa situazione, Söder potrebbe anche avere la meglio, ma è un elemento di incertezza di questa situazione. Se divenisse candidato e magari Cancelliere, questo creerebbe tensioni con Laschet.
Si può già escludere, comunque, che Merkel possa essere di nuovo la candidata alla Cancelleria?
Credo proprio che lo si possa escludere: non so se sia vero che abbia intenzione di assumere qualche carica internazionale di rilievo, ma è una persona troppo seria per farlo. Se tornasse indietro, vorrebbe dire che vede un pericolo molto serio per la Germania come tale. Sarebbe un segnale bruttissimo.
Cosa cambia il fatto che sia stata e sarà una corsa tutta al maschile?
È una cosa antipatica sul piano della correttezza nei confronti delle donne. Non è bello, tanto più in Germania.
Laschet è un grande europeista, è stato anche al Parlamento europeo. La linea di Merkel, che ha aperto sull’immigrazione, ma anche su alcuni tabù economici, pensiamo al Recovery Fund, sarà confermata dal suo successore?
Io me lo auguro e anche l’attenzione che la Merkel ha sempre avuto rispetto a quanto diceva Macron, determinante anche per il Recovery Fund, vanno in quella direzione.
Ricordiamo il famoso trattato di Aquisgrana, peraltro città natale di Laschet.
Esatto.
E il rapporto con l’Italia?
Quello con l’Italia, rimane pessimista. I tedeschi sono seccati: sanno che non siamo pericolosi, ma adesso stiamo esagerando. L’immagine che diamo, anche in questi giorni, è davvero umiliante.
Anche le mire della Lega di entrare nel PPE saranno sterilizzate anche dalla CDU di Laschet?
Certamente.
Laschet saprà, con Biden alla Casa Bianca, ricucire i rapporti transatlantici con gli Stati Uniti, principale alleato NATO?
Io rovescio la domanda: Biden si rende conto che deve cancellare l’immagine anti-tedesca di Trump. Penso che l’iniziativa debba partire da Washington.
In questa ricucitura, non si potrà prescindere dalla sostanziale continuità che Lashet vorrà mantenere nei rapporti con la Russia, con la Cina, con la Turchia?
Sicuramente, questo perché è il futuro della Germania che è tranquillamente europea e può presentarsi avendo alle spalle l’Europa. La Germania non solo è accettata dall’Europa, ma parla sempre autorevolmente a nome dell’Europa. Cosa che fa imbestialire Macron.
Nei prossimi mesi, si vota in Renania Palatinato, in Baden Watterburg, in Bassa Sassonia, Assia. Queste elezioni saranno una cartina di tornasole di quanto avverrà alle elezioni federali di Settembre?
Sicuramente, anche se è difficile fare previsioni sull’impatto della Presidenza di Laschet sulla tenuta della CDU. Ha una grande responsabilità. Dobbiamo aspettare.
Come inciderà la pandemia del COVID-19 in tutto questo, nei prossimi mesi, visto che ha già sparigliato tutte le carte?
Questo va al di là delle persone perché non dipende dalle singole persone. È una cosa seria, non sappiamo bene cosa fare.
Il suo ultimo libro, edito dal Mulino, si intitola ‘Vivere nell’incertezza’. Nel presentarlo, ha dichiarato che non ha mai vissuto un momento di così grande incertezza. Sebbene la pandemia sia ancora in corso, la fine della Presidenza Trump, l’arrivo di Biden, la nomina di una figura come Laschet a prendere le redini della CDU, la rasserenano?