“È troppo semplicistico e fuorviante definire la firma dell’RCEP una vittoria diplomatica per la Cina o una sua rivincita sugli Stati Uniti”
Dopo oltre otto anni di negoziati, Domenica scorsa, 15 Novembre, i leader di 15 ben Paesi della regione Asia Pacifico hanno firmato – pur senza strette di mano e brindisi, ma in videoconferenza nel rispetto delle misure anti-COVID-19 – uno dei più grandi accordi commerciali della storia, il Regional Comprehensive Economic Partnership (RCEP). Tra i firmatari, dieci Paesi membri dell’Associazione delle nazioni del Sudest asiatico (ASEAN) – Brunei, Cambogia, Indonesia, Laos, Malesia, Myanmar, Filippine, Singapore, Thailandia, Vietnam – e cinque Paesi non-ASEAN quali Australia, Cina, Giappone, Nuova Zelanda e Corea del Sud.
L’intesa RCEP riguarderà un’area con un PIL combinato di circa 26,2 trillioni di dollari, con circa il 30% della popolazione (2,2 miliardi di persone) e della produzione mondiale e, nel giusto contesto politico, genererà guadagni significativi: aggiungerà uno 0,2% in più di PIL ai Paesi firmatari, 209 miliardi di dollari all’anno ai redditi mondiali, e 500 miliardi di dollari al commercio mondiale entro il 2030.
Il progetto RCEP nasce nel 2012 quando i Paesi membri dell’ASEAN, radunati in occasione del 21° ASEAN Summit in Cambogia, definirono una strategia di convergenza commerciale da adottare negli anni a venire e che sarebbe confluita nell’accordo di libero scambio più grande della storia. Le trattative iniziarono effettivamente nei primi mesi del 2013 e sono proseguite fino a tutto il 2019. Il 4 novembre 2019, durante il 34° Asean Summit in Thailandia, i Paesi che avevano aderito alle negoziazioni hanno convenuto di firmare il RCEP nel 2020.
In realtà, inizialmente al tavolo dei negoziati, si sedettero ben 16 nazioni, ma in seguito l’India ha deciso di abbandonare il progetto a causa delle condizioni relative all’abbattimento progressivo delle tariffe doganali che avrebbe favorito le importazioni cinesi, ma non il commercio dei servizi dove New Delhi va forte. L’accordo avrebbe potuto, dunque, essere ancora più largo se l’India non avesse deciso di ritirarsi dai negoziati nel 2019.
Il RCEP abbasserà o eliminerà le tariffe su oltre il 90% delle merci scambiate tra i Paesi membri ed elimina le tasse sul 61% delle importazioni di prodotti agricoli e pesce da Asean, Australia e Nuova Zelanda, insieme al 56% dalla Cina e al 49% dalla Corea del Sud., sebbene l’ambito dell’accordo – essenzialmente un’estensione del libero scambio nell’ambito dei quadri esistenti – sia, come vedremo, piuttosto limitato. Uno dei maggiori vantaggi, affermano gli esperti, riguarda le cosiddette ‘regole di origine’ che rendono più facile per le aziende creare catene di approvvigionamento in più Paesi, con un solo certificato, ma, al contempo, disincentivano la concorrenza con imprese di Paesi al di fuori del RCEP.
In altre parole, l’intesa propone, innanzitutto, di far propri gli impegni richiesti dall’Organizzazione Mondiale del Commercio (OMC) per una progressiva diminuzione delle barriere tariffarie: il RCEP si allinea ai maggiori accordi internazionali legati al commercio e agli accordi doganali, nel rispetto del WTO ed è nel solco tracciato dall’articolo XXIV del GATT e dall’articolo V del GATS. Occorre poi ricordare il RCEP andrà di fatto a sostituire cinque accordi bilaterali Free Trade Area (FTA).
In secondo luogo, l’accordo integrerà normative riguardanti l’e-commerce, le piccole e medie imprese, la proprietà intellettuale la risoluzione delle controversie, le procedure per la cooperazione economica e tecnica interstatale. Venendo meno i dazi, gli scambi potranno essere più equi cosi come l’accesso ai mercati per tutte le aziende, considerata la maggiore trasparenza negli spostamenti di merci e capitali. Colpisce, ma forse neanche troppo, l’assoluta mancanza di riferimenti al rispetto dei diritti dei lavoratori, all’inquinamento ambientale, ai monopoli, agli aiuti di Stato.
Il Regional Comprehensive Economic Partnership dimostra al mondo che “l’apertura e la cooperazione sono l’unico modo per ottenere vantaggi reciproci”, rappresentando “la vittoria del multilateralismo e del libero scambio”. Queste le parole pronunciate dal Premier cinese, Li Keqiang, il quale ha poi aggiunto che “la firma del RCEP non è solo una pietra miliare nella cooperazione regionale dell’Asia orientale, ma anche una vittoria di multilateralismo e libero scambio”.
È diffusa l’idea che l’accordo RCEP sia una vittoria della Cina che può ergersi a grande difensore del libero scambio della globalizzazione in contrapposizione all’America First trumpiano fatto di dazi e muri. È sicuramente quello di cui la Cina vuole convincere ed è innegabile che l’accordo, anche se più simbolico che sostanziale rispetto al TPP di cui parleremo, sia un chiaro indicatore del ruolo che la Cina sta acquisendo nella regione, sfruttando i colpi inferti all’influenza americana nell’Asia-Pacifico dal sovranismo di Donald Trump: a questo proposito, va sottolineato come persino alleati storici degli Stati Uniti come il Giappone, la Corea del Sud e l’Australia si siano decisi a sottoscrivere un patto con la Cina in assenza di un’alternativa.
Bisogna, tuttavia, ricordare che il RCEP apre la strada ad un continente asiatico più integrato e, in quest’ottica, è un successo della lenta ‘diplomazia’ del forum asiatico ASEAN incaricato di trovare un compromesso da un accordo mediato dall’ASEAN che includeva India, Australia e Nuova Zelanda. Senza tale “centralità ASEAN”, l’RCEP forse non avrebbe visto la luce. Certamente RCEP accelererà l’integrazione economica del Nordest asiatico. Un portavoce del Ministero degli Affari Esteri giapponese ha osservato lo scorso anno che i negoziati sull’accordo di libero scambio trilaterale Cina-Corea del Sud-Giappone, bloccato da molti anni, diventeranno attivi “non appena saranno in grado di concludere la trattativa sulla RCEP . Il che sembrava impossibile fino a qualche mese fa, ma oggi porta Tokyo a calcolare che i dazi fra i firmatari caleranno del 91% e che le proprie esportazioni esenti da dazi verso la Cina passeranno dall’8 all’86% con grandi benefici in particolare per un settore strategico come l’automotive.
Il RCEP non è però un trattato ambizioso come il TTP, il Trans Pacific Partnership, firmato nel 2015 da 12 paesi (Australia, Brunei, Canada, Cile, Giappone, Malesia, Messico, Nuova Zelanda, Perù, Singapore, Vietnam e Stati Uniti) da cui però gli Stati Uniti si sono ritirati nel 2017 dopo la vittoria del Presidente Donald Trump. Il TTP era stata una componente chiave della strategia di ‘perno verso l’Asia’ dell’ex Presidente americano, Barack Obama. L’accordo è stato ripreso dal Giappone e dai suoi altri 10 membri come CPTPP nel 2018 ed è entrato in vigore alla fine di quell’anno. Tra le principali differenze, il fatto che il RCEP prevede l’eliminazione del 90% delle tariffe, contro quasi il 100% del CTTP che, inoltre, comprende anche disposizioni sugli standard di lavoro e ambientali.
Con la ratifica del RCEP, l’Asia avrà due grandi accordi commerciali che sembrano andare contro corrente rispetto al discredito delle regole nel commercio. È stato stimato che RCEP e CPTPP insieme compenseranno le perdite globali dalla guerra commerciale USA-Cina, sebbene non per Cina e Stati Uniti. I nuovi accordi renderanno più efficienti le economie del nord e del sud-est asiatico, collegando i loro punti di forza in tecnologia, produzione, agricoltura e risorse naturali.. Tuttavia, gli accordi commerciali incentrati sull’ASEAN tendono a migliorare nel tempo. Il sud-est asiatico beneficerà in modo significativo dell’RCEP (19 miliardi di dollari all’anno entro il 2030), ma meno del nord-est asiatico perché ha già accordi di libero scambio con i partner RCEP. Ma RCEP potrebbe migliorare anche l’accesso ai fondi della Chinese Belt and Road Initiative (BRI).
.Gli Stati Uniti, che ora sono fuori dai due più grandi trattati commerciali che coinvolgono i Paesi asiatici, devono riequilibrare le proprie strategie economiche e di sicurezza per promuovere non solo i propri interessi economici, ma anche i propri obiettivi di sicurezza. Eppure, la firma del RCEP indica anche che potrebbe essere più difficile di quanto si pensasse in precedenza per un’amministrazione Biden invertire la rotta rispetto ai quattro anni precedenti.
La Camera di Commercio degli Stati Uniti ha già dichiarato lunedì di essere preoccupata per il fatto che gli Stati Uniti vengano lasciati indietro mentre l’integrazione economica accelera nella regione Asia-Pacifico, sottolineando che la regione, secondo le previsioni del FMI, riguadagnerà un tasso di crescita medio di oltre il 5% nel 2021. “Esportatori, lavoratori e agricoltori americani hanno bisogno di accedere a questi mercati redditizi se vogliono partecipare a questa crescita drammatica “, ha affermato il gruppo imprenditoriale statunitense. Si apre dunque un’altra sfida per il nuovo Presidente americano Joe Biden, che potrebbe voler riprendere in mano il trattato obamiano trans-Pacifico. Lo farà? Con il RCEP, Pechino può vantare una vittoria su Washington? Lo abbiamo chiesto a Ross Darrell Feingold, esperto del continente asiatico.
Cosa prevede il RCEP?
Semplifica il commercio di merci e riduce la burocrazia ampliando l’accesso al mercato di beni e servizi (compreso il commercio elettronico) all’interno dei paesi RCEP, migliora la trasparenza e la certezza per gli investimenti (anche con meccanismi di risoluzione delle controversie investitore-Stato) e fornisce ampiamente cooperazione economica e tecnica. Date le dimensioni delle economie membri del RCEP (circa 2,2 miliardi di persone e 26,2 trilioni di dollari di produzione), c’è molto ottimismo tra i governi e i leader aziendali.
Sono venti i capitoli di norme comprese nel RCEP. Tra le novità più rimarcate introdotte da questo trattato, rispetto ai trattati Free Trade Area che sostituirà, ci sono quelle in tema di commercio elettronico, telecomunicazioni, di diritto d’autore e di superamento della cosiddetta ‘regola d’origine’. Ci puoi illustrare tutte le maggiori novità?
Le sezioni del commercio elettronico includono l’importante disposizione secondo cui i paesi non impongono dazi doganali sulle trasmissioni elettroniche (fatte salve le decisioni dell’OMC sui dazi doganali sulle trasmissioni elettroniche). Esistono anche disposizioni per ridurre al minimo le normative inutili e garantire che le normative relative al commercio elettronico siano trasparenti. Esistono anche disposizioni per impedire ai paesi di imporre requisiti di archiviazione dei dati locali, che consentiranno alle aziende di archiviare i dati dei consumatori su base transfrontaliera, risparmiando così denaro alle aziende. I consumatori potrebbero beneficiare delle tutele uniformi della privacy e delle disposizioni sui diritti dei consumatori. Nel settore delle telecomunicazioni, i paesi RCEP si sono impegnati a consentire la portabilità dei numeri di telefonia mobile e hanno accettato di cooperare per promuovere tariffe ragionevoli di roaming mobile internazionale. Resta da vedere se ciò sarà attuato nella misura in cui i negoziatori immaginano; i consumatori che viaggiano frequentemente e hanno numeri di telefono in più paesi e / o sono soggetti a tariffe di roaming sanno quanto siano impegnativi questi problemi. Le sezioni sul copyright sono generalmente ambiziose, in quanto richiede alle parti di creare leggi che forniscano protezioni sul copyright che tipicamente esistono in paesi con sistemi legali maturi. Una delle disposizioni più importanti nella sezione sul copyright è che richiede alle agenzie del governo centrale delle parti di mantenere leggi e regolamenti per richiedere l’uso di software per computer non in violazione, e anche che le parti dovrebbero incoraggiare i governi regionali e locali a non farlo allo stesso modo utilizzare software in violazione. Le regole della regola di origine semplificheranno la documentazione e faciliteranno l’uso di parti / fattori di produzione in un prodotto su base transfrontaliera. Ciò consentirà una certa flessibilità nelle catene di approvvigionamento in quanto una fabbrica in un paese può acquistare materie prime da tutto il blocco RCEP e continuare a godere delle tariffe più basse e di altri vantaggi RCEP. La Cina potrebbe essere il grande vincitore da questo, poiché anche se le aziende trasferiscono le loro fabbriche in località al di fuori della Cina, le materie prime o altri input potrebbero comunque provenire dalla Cina.
Nel trattato non mancano delle ‘lacune’, delle mancanze. Quali sono le più importanti? E perché l’agricoltura, le questioni ambientali, i diritti dei lavoratori, un meccanismo che regoli le controversie Stato-investitore, una regolamentazione degli aiuti di Stato o dei monopoli figurano proprio tra le mancanze?
Le lacune e le carenze sono che molte disposizioni sono ambiziose, ovvero le parti mirano a fare qualcosa piuttosto che richiedere che facciano qualcosa in questa fase. Pertanto, gran parte del successo di RCEP dipenderà dalla volontà dei governi nazionali dei partiti (e in alcune situazioni, il parlamento) di attuare e far rispettare le leggi e i regolamenti necessari. Le protezioni (o la mancanza di esse) in aree come le questioni ambientali e i diritti dei lavoratori non sono una sorpresa, dato che alcuni dei partiti RCEP non sono democrazie e non consentono organizzazioni non governative indipendenti o sindacati. L’agricoltura rimane un settore impegnativo per i negoziati commerciali in tutto il mondo ei governi sono riluttanti a mettere a rischio i loro settori agricoli a causa di prodotti esteri a basso prezzo. Le controversie tra gli investitori statali e la regolamentazione delle sezioni sugli aiuti di Stato sono simili a ciò che è in altri accordi commerciali a cui le parti partecipano. In realtà, questi sono raramente invocati da aziende o governi, quindi la loro inclusione in RCEP non è stata difficile per i negoziatori sebbene, allo stesso tempo, il mondo aziendale non dovrebbe aspettarsi di fare affidamento su di loro in futuro.
“Dopo otto anni di negoziati lacrime e sangue, siamo finalmente arrivati al momento di chiudere l’accordo”, ha scritto in un comunicato il ministro del Commercio della Malesia, Mohamed Azmin Ali. 8 anni di colloqui e di trattative: cosa ha reso i negoziati così lunghi?
La semplice spiegazione di una parola del perché i negoziati sono durati così tanto è “politica”. Le questioni che le parti hanno dovuto negoziare non sono particolarmente complesse, e infatti le parti hanno negoziato molte di queste questioni durante i negoziati per altri accordi commerciali bilaterali e multilaterali. Pertanto, la politica, e in particolare la politica interna, sono la questione chiave. I partiti RCEP che hanno elezioni hanno avuto più transizioni nella leadership e nei partiti politici. Le politiche commerciali ed estere di questi paesi sono quindi variate considerevolmente quando un governo finisce e un nuovo ha preso il potere e si è formato opinioni su queste questioni. Anche nei paesi che non hanno elezioni regolari, come Cina e Vietnam, ci sono stati cambiamenti di leadership. La Thailandia aveva un governo democraticamente eletto all’inizio del RCEP, che è stato sostituito da un colpo di stato militare, con la successiva transizione a un governo civile guidato dall’ex leader del golpe. Un’altra variazione è che in Corea del Sud un presidente eletto democraticamente è stato costretto a dimettersi a causa di uno scandalo di corruzione. L’Australia ha avuto più cambiamenti nel primo ministro, alcuni a causa delle elezioni ma altri a causa del partito che ha una maggioranza parlamentare che sostituisce il suo leader del partito (cioè il primo ministro).
In molti sostengono che questo trattato è frutto delle politiche di Trump. Quanto ha contato la ‘guerra dei dazi’ ingaggiata da Trump e il suo ritiro degli USA dal TPP nell’accelerazione dei negoziati?
L’inaspettata elezione nel 2016 di Donald Trump alla presidenza degli Stati Uniti e il suo successivo ritiro degli Stati Uniti dalla Trans Pacific Partnership (e la sua sostituzione con la Comprehensive and Progressive Trans Pacific Partnership) hanno avuto un effetto sui negoziati RCEP, come diversi partiti RCEP sono anche parte del CPTPP. Comprensibilmente, le parti di RCEP e TPP (o CPTPP) volevano garantire una certa coerenza a quanto concordato in ciascuno di questi accordi multilaterali. Allo stesso modo, le controversie commerciali tra Stati Uniti e Cina hanno avuto un effetto sui negoziati, poiché hanno interrotto le catene di approvvigionamento e hanno avuto altre ramificazioni che il governo e i leader aziendali hanno avuto bisogno di tempo per capire. Tuttavia, la natura dirompente delle politiche commerciali dell’amministrazione Trump non è una scusa per i negoziati RCEP che richiedono così tanto tempo. Le parti avrebbero potuto semplicemente concludere i negoziati durante il periodo compreso tra l’inizio dei negoziati e le elezioni presidenziali statunitensi del 2016. Il loro fallimento nel farlo non ha nulla a che fare con la politica degli Stati Uniti o con il presidente Trump, ed è interamente dovuto a eventi politici o ad altri problemi all’interno dei paesi RCEP.
Quanto ha contato il coronavirus e le sue conseguenze economiche nello sblocco delle trattative?
È un mistero se il coronavirus e le sue conseguenze economiche abbiano accelerato o meno il completamento dei negoziati.Per la maggior parte, i negoziati erano quasi completati nel novembre 2019, prima che iniziasse la pandemia (e in quel momento l’India lasciò i negoziati RCEP).Ironia della sorte, forse il passaggio a riunioni virtuali facilita migliori negoziazioni tra le parti, piuttosto che riunioni di persona che includono molti “tempi morti” come pasti lunghi e altri eventi sociali, oltre al viaggio richiesto.
Rimanendo in tema COVID-19, Mohamed Azmin Ali, ministro del Commercio internazionale malese, ha definito l’accordo uno “strumento di ripresa economica” che aiuterà ad aprire i mercati e rafforzare le catene di approvvigionamento dell’Asia. Sei d’accordo?
Non sorprende che al momento di questa pietra miliare per RCEP, i negoziatori si riferissero pubblicamente a RCEP in modo positivo come uno “strumento di ripresa economica”. Uno dei motivi per cui lo fanno è congratularsi con se stessi, il che è del tutto comprensibile e forse meritano le congratulazioni per aver finalmente completato la trattativa. Un altro motivo per cui lo fanno è espandere il sostegno pubblico per RCEP nel loro paese, soprattutto perché ci sono sempre vincitori e vinti negli accordi commerciali. Una terza ragione per farlo è dare alla gente speranza, al tempo del COVID-19 e tanta incertezza; è comprensibile che i funzionari del governo vogliano far credere al pubblico che il futuro economico sarà migliore dopo un 2020 così impegnativo. Resta da vedere se RCEP aprirà o meno i mercati e rafforzerà le catene di approvvigionamento. Parte dell’apertura del mercato e del rafforzamento della catena di approvvigionamento che si verificherà nei prossimi anni potrebbe essere dovuta al RCEP, ma potrebbe essere dovuto ad altri accordi commerciali multilaterali o bilaterali.
All’interno dell’ASEAN c’è stata unanimità? E cosa ci guadagnano i 10 Paesi ASEAN che hanno sottoscritto l’intesa dal punto di vista politico ed economico?
I membri dell’ASEAN sono generalmente unanimi nel loro sostegno agli accordi commerciali, nonostante la diversità dei loro sistemi politici e lo stato di sviluppo che varia da paesi altamente sviluppati come Singapore a paesi molto meno sviluppati come il Laos. I precedenti accordi multilaterali includono l’area di libero scambio ASEAN-Australia-Nuova Zelanda, l’accordo di libero scambio ASEAN-Cina, l’area di libero scambio ASEAN-India, l’ASEAN – Area di libero scambio giapponese, l’area di libero scambio ASEAN-Repubblica di Corea e l’ASEAN – Hong Kong Free Area commerciale. Il vantaggio politico è quello di rafforzare ulteriormente il concetto che l’ASEAN agisce con unanimità quando si tratta di politica estera o questioni di commercio estero, mentre allo stesso tempo l’ASEAN continua la sua stretta aderenza a una politica di “non interferenza” per quanto riguarda gli affari interni dei membri. Per quei paesi coinvolti nel commercio USA-Cina e in altre controversie, questo accordo fornisce speranza per una certa stabilità nelle loro relazioni con la Cina, o come minimo, un segnale alla Cina che questi paesi non si stanno schierando nelle controversie commerciali USA-Cina . La cosa interessante da notare riguardo a quanto si potrebbe ottenere dal punto di vista economico è che, in un momento in cui gli accordi commerciali multilaterali sono impopolari (negli USA) o difficili da negoziare (come gli accordi del Regno Unito con l’Unione Europea) , I membri dell’ASEAN e le altre parti del RCEP non temono che gli accordi commerciali multilaterali influenzeranno negativamente le loro economie; infatti, continuano a considerare gli accordi multilaterali come un elemento positivo per la crescita economica.
Più di un esperto ha parlato di rinnovata centralità dell’ASEAN che sarebbe il principale vincitore del RCEP. Sarebbe stato possibile il lancio del RCEP senza il ruolo attivo dell’ASEAN?
L’ASEAN come organizzazione è utile per avviare una negoziazione multilaterale in quanto vi è un valore di pubbliche relazioni e forza negoziale nell’avvio della negoziazione come blocco unificato. Tuttavia, dopo l’inizio dei negoziati, la maggior parte del lavoro è svolto dai dieci governi nazionali membri piuttosto che dal segretariato dell’ASEAN, che manca delle risorse istituzionali di altre organizzazioni sovranazionali come l’Unione europea.
La firma del trattato è da molti considerata un successo diplomatico per Pechino, che rappresenta il più grande mercato dell’area e che rivendica il ruolo di “promotore della globalizzazione e della cooperazione multilaterale” a livello globale. Inteso, per usare le parole del premier cinese Li Keqiang, come “vittoria del multilateralismo e del libero scambio”, sembra voler essere anche una rivincita diplomatica rispetto agli USA. Sei d’accordo e perché? Cosa ci guadagna la Cina dal punto di vista politico: si presenta come difensore del multilateralismo e come alternativa al vuoto di credibilità lasciato dagli Stati Uniti di Trump?
È troppo semplicistico e fuorviante definire la firma dell’RCEP una vittoria diplomatica per la Cina o una sua vendetta sugli Stati Uniti.Il negoziato RCEP è iniziato in un momento in cui il governo degli Stati Uniti guidato dall’allora presidente Obama, i repubblicani al Congresso degli Stati Uniti e i governatori degli Stati Uniti erano generalmente a favore degli accordi commerciali bilaterali e multilaterali.All’inizio del negoziato RCEP, nessuno poteva prevedere che Trump sarebbe diventato presidente e gli Stati Uniti sarebbero diventati meno positivi sugli accordi commerciali multilaterali e la Cina sarebbe diventata più favorevole.Tuttavia, è vero che la partecipazione della Cina al RCEP le consente di affermare che rimane a sostegno del multilateralismo sia negli accordi commerciali che in altri contesti, come l’Organizzazione mondiale della sanità.
Se non è una vittoria per Pechino, possiamo però dire che è una batosta per Washington che sembra perdere influenza in Asia?
L’RCEP non è necessariamente una sconfitta per l’influenza degli Stati Uniti o degli Stati Uniti in Asia.Ne trarranno vantaggio anche le società statunitensi con attività nei Paesi membri dell’intesa RCEP e gli Stati Uniti sono uno dei maggiori investitori stranieri in molti di questi paesi.La cooperazione degli Stati Uniti con alcuni Paesi RCEP come Australia, Giappone e Singapore su questioni di sicurezza rimane forte, e Paesi RCEP come il Vietnam stanno espandendo la loro cooperazione in materia di sicurezza con gli Stati Uniti.L’azione unilaterale americana, come la maggiore presenza aerea e navale nel Mar Cinese Meridionale, consente agli Stati Uniti di mantenere l’influenza in Asia e si verifica indipendentemente dal RCEP.Naturalmente, il futuro delle relazioni Asia-Stati Uniti è in continuo mutamento in questo momento, poiché ci vorranno molti mesi prima che il prossimo presidente degli Stati Uniti attui una politica per la regione.
Cosa ci guadagna la Cina dal punto di vista economico?
Politicamente, RCEP consente alla Cina di sostenere che la sua politica estera supporta soluzioni multilaterali a questioni globali, siano esse commerciali, sanitarie o altro.Nelle ore successive alla firma della RCEP, i media statali in Cina stanno enfatizzando il sostegno al multilateralismo.Economicamente, RCEP è una “copertura” contro ulteriori tariffe statunitensi o altre azioni, perché faciliterà la fornitura di materie prime o parti dalla Cina ai paesi RCEP su base tariffaria bassa o nulla, anche se la fase finale della produzione avviene fuori dalla Cina.Inoltre, RCEP potrebbe anche espandere gli investimenti esteri in Cina da parte dei maggiori investitori stranieri come Giappone, Singapore e Corea del Sud.
Cosa sperano di guadagnarci Giappone e Corea del Sud dal punto di vista politico ed economico?
Negli ultimi anni, le relazioni bilaterali tra il Giappone e la Corea del Sud sono state povere a causa dei disaccordi sui crimini storici commessi dal Giappone nella Corea del Sud durante l’era coloniale e sulla politica nei confronti della Corea del Nord, tra le altre ragioni.Per ora, RCEP è un raro momento di un momento positivo nelle loro relazioni bilaterali.In qualità di principali esportatori e investitori, RCEP facilita anche un maggiore accesso alle economie delle parti RCEP, a vantaggio delle società giapponesi e coreane.
Cosa sperano di guadagnarci Nuova Zelanda e Australia dal punto di vista politico ed economico?
La Nuova Zelanda e l’Australia trarranno vantaggio dal punto di vista politico dall’RCEP integrandosi ulteriormente con l’ASEAN, la Corea e il Giappone.Soprattutto per l’Australia, il cui governo conservatore si è avvicinato agli Stati Uniti sotto l’amministrazione Trump, la sua è un’opportunità per rafforzare le sue relazioni con i membri dell’Asean, il Giappone e la Corea.Per gli esportatori di entrambi i paesi, questa è anche un’opportunità per espandere l’accesso al mercato in Cina, ASEAN, Giappone e Corea.
Dal Partenariato regionale economico comprensivo rimane per ora esclusa l’India. Nuova Delhi, secondo alcuni osservatori, si sarebbe sfilata dall’intesa spiegando di non poter esporre i propri produttori e i propri agricoltori a una concorrenza estera ancora più agguerrita. prodotti artigianali dalla Cina e le pressioni delle imprese del settore caseario, preoccupate dalla competitività dei produttori di Nuova Zelanda e Australia. Non va però dimenticato che New Delhi è ai ferri corti con Pechino e che, per questo, h rafforzato il suo legame con Washington. Cosa pensi della non adesione dell’India? Quanto hanno pesato i motivi economici e quanto hanno pesato quelli politici, cioè le tensioni con la Cina e il legame sempre più forte con gli USA?
Tenendo presente che l’India si è ritirata dalla RCEP un anno fa, le recenti tensioni con la Cina non sono una causa del ritiro dell’India.Naturalmente, le tensioni commerciali tra India e Cina sono iniziate molto prima di eventi più recenti come la disputa sul confine o le preoccupazioni sulle app e sulla tecnologia cinese in India.La Cina ha avuto un ampio scambio di merci in eccedenza con l’India a causa dei molti prodotti che la Cina produce a buon mercato che non sono fabbricati in India.Per lo più, la decisione dell’India era di proteggere le industrie nazionali che rimangono non competitive con i prodotti di fabbricazione straniera (in particolare la Cina).
In molti sostengono che la non adesione di New Delhi sia un passo falso in quanto favorisce il ‘predominio’ cinese nell’area RCEP. Sei della stessa idea?
Resta da vedere se la Cina colmerà un vuoto in Asia lasciato dall’assenza dell’India dal RCEP.A parte alcune forti relazioni da governo a governo (ad esempio, con Cambogia, Laos, Thailandia), l ‘”immagine del marchio” della Cina nei paesi RCEP, proprio come in molte altre parti del mondo, generalmente non è buona.Questo è particolarmente il caso in Australia, con un numero crescente di questioni bilaterali tra cui le restrizioni della Cina sull’importazione di risorse naturali e prodotti alimentari australiani, il sostegno dell’Australia per un’indagine internazionale su come la Cina ha gestito il COVID-19 e il presunto cyber e altri tipi cinesi.di ingerenza nella politica interna australiana.La Cina guadagnerà economicamente dalla RCEP (e anche altri membri della RCEP potrebbero guadagnare), ma è improbabile che la Cina possa guadagnare politicamente o migliorare la sua immagine.
Pensa che l’India, nel rispetto dei trattati, si avvarrà di una clausola per entrare più avanti nel blocco?
L’India ha preso una posizione chiara sul fatto che, dopo aver partecipato per molti anni ai negoziati RCEP, non vede più RCEP come vantaggioso per il suo commercio e, più specificamente, per lo squilibrio commerciale con la Cina.Le recenti controversie sui confini con la Cina rendono anche meno probabile che l’India aderisca alla RCEP, perché per il governo e il pubblico indiano, questa è ora una questione di nazionalismo.Unirsi alla RCEP con la Cina “nemica” sembrerà una resa economica.È più probabile che l’India persegua accordi commerciali bilaterali o accordi con altri blocchi che non includono la Cina.L’India ha anche la possibilità di incoraggiare il progresso presso l’Organizzazione mondiale del commercio su questioni rilevanti, se vuole impiegare risorse per farlo.
Tra gli effetti del RCEP, c’è anche un maggiore avvicinamento di Cina e Giappone, la prima e seconda economia asiatica. Questo trattato economico rappresenterà una svolta anche per i rapporti diplomatici tra i due Paesi?
Generalmente l’ipotesi è che il nuovo primo ministro giapponese Suga Yoshihide continuerà le stesse politiche cinesi del suo predecessore Abe Shinzo, che, nel tempo e coerente con le politiche cinesi dell’amministrazione Trump, è stata una visione sempre più cauta o addirittura dura sulla Cina, certamente suquestioni di sicurezza e, in misura minore, questioni economiche.Certamente c’è la possibilità che Suga, nell’interesse della crescita economica e del successo delle Olimpiadi di Tokyo, tra le altre ragioni, adatterà lentamente le politiche del Giappone per essere più accomodanti nei confronti della Cina.La cosa da guardare a questo proposito è come gli Stati Uniti reagiscono a qualsiasi mossa sostanziale del Giappone per essere più amichevoli nei confronti della Cina.
E per le relazioni tra Giappone e Corea del Sud?
È improbabile che il primo ministro giapponese Suga Yoshihide migliori drasticamente le relazioni con la Corea del Sud perché, in linea con i recenti primi ministri giapponesi, non farà il tipo di scuse per la colonizzazione giapponese della Corea dal 1910 al 1945 che i leader della Corea del Sud vogliono sentire.Ciò è particolarmente vero per l’attuale presidente della Corea del Sud di centro sinistra Moon Jae-in.Oltre alle questioni storiche, il Giappone non ha sostenuto gli sforzi in corso di Moon per migliorare le relazioni con Kim Jong-un della Corea del Nord, ed è anche sospettoso di qualsiasi tentativo di Moon per migliorare le relazioni Cina-Corea del Sud.Pertanto, sebbene l’RCEP possa favorire il commercio o gli investimenti tra Giappone e Corea del Sud, le relazioni politiche non miglioreranno a breve termine.Anche l’amministrazione Biden non potrà cambiare questa situazione.
Cosa cambia nei rapporti tra Australia e Cina, nell’ultimo periodo piuttosto burrascose?
È improbabile che RCEP migliori lo stato attuale delle relazioni tra Australia e Cina.Ci sono semplicemente troppe questioni in corso che esulano dall’ambito di RCEP e che quindi non possono essere risolte da un accordo commerciale.Anche nel contesto del commercio, la Cina continuerà a utilizzare barriere commerciali non tariffarie (come preoccupazioni per la sicurezza dei prodotti alimentari, o semplicemente richiedere alle imprese controllate dallo stato di non acquistare dall’Australia) per limitare temporaneamente diversi tipi di importazioni di prodotti dall’Australia;RCEP non può porre rimedio a questo tipo di decisioni politiche anche se la Cina aderisce ai requisiti di trasparenza di RCEP.
L’intesa, che copre un’area che vale un terzo dell’attività economica globale, porterà a dazi più bassi negli scambi commerciali tra i Paesi membri, ma è meno approfondito rispetto al Partenariato trans-pacifico (TPP) stracciato dal presidente statunitense Donald Trump poco dopo il suo arrivo alla Casa Bianca, nel 2016. Quali sono le principali somiglianze e differenze tra RCEP e TPP?
Rispetto a RCEP, il CPTPP stabilisce standard più severi in materia di lavoro, protezione ambientale e risoluzione delle controversie.Questo perché gli Stati Uniti hanno condotto i negoziati per il TPP, i sindacati politici statunitensi (in particolare il Partito Democratico) e le organizzazioni ambientali in genere richiedono che tali questioni siano adeguatamente trattate negli accordi commerciali.Le somiglianze includono tariffe più basse e sforzi per ridurre le barriere commerciali.La somiglianza più importante, che è anche la differenza più importante, è che alcuni paesi sono membri sia di RCEP che di CPTPP, e alcuni paesi che sono membri di RCEP sembrerebbero essere candidati naturali per aderire a TPP o CPTPP ma devono ancora farlo.Un’altra differenza significativa è il ruolo di leadership svolto dal Giappone nel portare a termine il CPTPP dopo la partenza degli Stati Uniti, mentre RCEP (anche se la Cina ha un’influenza significativa) sembra essere uno sforzo collettivo dei paesi membri per completare l’accordo.
Lo staff dal nuovo Presidente americano Joe Biden si è rifiutato di commentare il RCEP. Secondo Lei, la firma del RCEP come viene percepita da Biden e come influenzerà la sua politica nel Pacifico e i futuri rapporti tra USA e Cina?
La campagna presidenziale di Biden ha chiarito che gli accordi di libero scambio non sono una priorità nei primi giorni dell’amministrazione se dovesse vincere le elezioni. L’attuale ambiente politico negli Stati Uniti, sia per i politici che per i sostenitori del Partito Democratico o del Partito Repubblicano, è sempre più un accordo contro il commercio. Ci sono alcune eccezioni per ragioni strategiche come la disponibilità dell’amministrazione Trump a negoziare un accordo commerciale con il Regno Unito e il sostegno del Congresso degli Stati Uniti per un accordo commerciale con Taiwan. La politica asiatica dell’amministrazione Biden ha molte altre questioni su cui concentrarsi, come la sicurezza ei diritti umani, oltre alle questioni commerciali bilaterali con vari paesi, il che rende RCEP alquanto irrilevante per la politica statunitense sotto un’amministrazione Biden, specialmente se le società statunitensi non lo sono trattati peggio dei requisiti dell’OMC. L’amministrazione Biden dovrà affrontare la pressione di varie parti interessate su tutti i tipi di questioni cinesi, come se mantenere o ridurre alcune delle azioni messe in atto dall’amministrazione Trump (tariffe più alte, restrizioni sulla vendita di alcuni semiconduttori e apparecchiature per la produzione di semiconduttori) ; È improbabile che RCEP influisca in modo significativo in questi processi decisionali.
Il RCEP spingerà Biden a riprendere in mano la membership nel TPP che all’epoca fu, però, criticato in modo bipartisan? O come imposterà le relazioni commerciali?
Dato l’attuale consenso di parte negli Stati Uniti per evitare la maggior parte degli accordi commerciali, e certamente gli accordi commerciali multilaterali, l’amministrazione Biden non deve cercare urgentemente di entrare a far parte del CPTPP.Più probabilmente l’amministrazione Biden cercherà un ulteriore allentamento dell’accesso al mercato su base bilaterale con partner commerciali chiave come Giappone e Taiwan.Se la Cina offre concessioni significative agli Stati Uniti in un accordo commerciale di fase due, l’amministrazione Biden potrebbe ridurre in modo significativo i dazi imposti durante l’amministrazione Trump, tuttavia, l’amministrazione Biden potrebbe intraprendere alcuni primi passi unilaterali simbolici per avviare i negoziati.Il rischio politico per Biden è grande, perché sarà accusato di aver regalato troppo alla Cina, e non è chiaro che abbia una strategia per spiegare perché qualsiasi mossa unilaterale degli Stati Uniti per ridurre i dazi di Trump sia giustificata.
Secondo diversi osservatori, RCEP è un altro segnale del fatto che i partner commerciali asiatici degli USA hanno sviluppato una maggior integrazione e una maggior fiducia nel lavorare insieme senza gli Stati Uniti. Più in generale, nell’opinione di molti, il RCEP diviene un successo del Continente asiatico oltre che emblema del fatto che il mondo, e specificatamente l’Asia, non aspetterà l’America per il post-COVID. Cosa pensi al riguardo?
Gli accordi multilaterali che coinvolgono l’ASEAN e altri partner, o tra paesi dell’Asia, o tra paesi dell’Asia e paesi di altre parti del mondo (ad esempio, con l’Unione Europea o più recentemente con il Regno Unito) non sono insoliti, sia sul commercio o altri problemi. Pertanto, il blocco RCEP non è da oggi fiducioso nel lavorare insieme o negoziare accordi tra loro. Sebbene a volte gli accordi ASEAN siano più pubblicità che sostanza (come i tentativi di concordare con la Cina un codice di condotta nel Mar Cinese Meridionale), i governi dell’ASEAN e le altre parti dell’RCEP hanno esperienza nella negoziazione di accordi per i quali gli Stati Uniti hanno una rilevanza limitata . Tuttavia, gli Stati Uniti rimangono ancora influenti con numerosi governi nel blocco RCEP, comprese le principali economie di Australia, Giappone e Corea del Sud e il partner per la sicurezza (e l’accordo di libero scambio) Singapore. La decisione dell’India di non aderire alla RCEP crea anche possibilità per la cooperazione economica USA-India. Sebbene Biden non abbia ancora una politica per l’Asia e ci siano preoccupazioni per il suo approccio alle questioni cinesi, la firma di RCEP non è necessariamente un indicatore della perdita di influenza degli Stati Uniti in Asia.
Giappone, Corea del Sud, Australia, Nuova Zelanda sono tutti storici alleati degli Stati Uniti nel Pacifico. Come cambieranno, se cambieranno, le relazioni dopo la firma del RCEP?
È difficile prevedere le relazioni degli Stati Uniti con Giappone, Corea del Sud, Australia e Nuova Zelanda durante l’era RCEP e Biden, semplicemente perché la politica di Biden in Asia rimane poco chiara.Tuttavia, possiamo presumere che l’amministrazione Biden aprirà nuove aree di discussione come le questioni ambientali.L’entusiasmo (o la mancanza di entusiasmo) dell’amministrazione Biden per le azioni di sicurezza che l’amministrazione Trump ha intrapreso in Asia come una maggiore libertà di navigazione nel Mar Cinese Meridionale, esercitazioni militari bilaterali o multilaterali, è sconosciuto, ma l’amministrazione Obama chiaramente mancava di entusiasmoper tali azioni e Biden è stato coinvolto in tale processo decisionale.La cosa da guardare a questo proposito è se questi partner chiave degli Stati Uniti in Asia esprimeranno o meno, nei prossimi mesi, pubblicamente le loro opinioni sul fatto che vogliono che l’amministrazione Biden mantenga le politiche di sicurezza dell’amministrazione Trump in Asia.
Il RCEP potrebbe essere lo stimolo per alcuni nuovi accordi commerciali bilaterali e multilaterali o per la ripresa di altri? Quali? Il TTP potrebbe riprendere la sua gestazione? E il CAI tra Cina e UE? La Brexit?
Se il completamento di RCEP è uno stimolo per nuovi accordi commerciali bilaterali o multilaterali, o la ripresa di negoziati in stallo, le parti devono essere molto pazienti perché RCEP (o CPTPP) mostra quanto tempo possono durare i negoziati e cambiamenti significativi (come l’uscita segli Stati Uniti dal TPP) sono possibili.Con così tanta incertezza politica in tutto il mondo, combinata con la pandemia COVID-19, è difficile essere ottimisti sul fatto che questi altri accordi commerciali possano fare progressi a breve termine.L’unico esempio significativo di progresso degli accordi commerciali sarà il Regno Unito che, a causa della Brexit, deve continuare a negoziare accordi interinali oa lungo termine con i suoi principali partner commerciali
Il RCEP subirà modifiche in fase di ratifica da parte dei firmatari? Se sì, quali?
La maggior parte dei governi nel blocco RCEP ha maggioranze nei loro parlamenti (se hanno anche bisogno dell’approvazione parlamentare) e alcuni non sono nemmeno democrazie, quindi è improbabile che cambiamenti significativi durante la ratifica.Piuttosto che subire modifiche durante il processo di ratifica, il risultato più probabile è che i paesi siano lenti nell’attuazione di parti del RCEP che non gli piacciono o che preoccupano le loro industrie nazionali.L’altra alternativa, che vediamo con la Cina e l’Australia, è l’uso di barriere commerciali non tariffarie come la citazione di preoccupazioni per la salute su importazioni specifiche, la lentezza delle approvazioni normative o altri tipi di azione governativa, ecc.
Per l’entrata in vigore, si richiede la ratifica interna da parte di almeno sei membri del blocco ASEAN e tre dei paesi non-ASEAN. Da parte di quali Paesi pensi ci potrebbero essere maggiori ritardi? Ed è realistica l’ipotesi di un’entrata in vigore per il 2022?
I ritardi potrebbero verificarsi nei paesi che hanno più democrazia e dove i membri dell’opposizione del parlamento o altri soggetti interessati della società civile possono far conoscere le loro opinioni senza timore di ritorsioni da parte dei loro governi nazionali.Tuttavia, in questi Paesi (come Australia, Nuova Zelanda, Giappone, Corea del Sud, Indonesia, Filippine) il partito al governo gode di una comoda maggioranza parlamentare.La Malesia è un esempio di democrazia in cui la coalizione di governo è in una posizione debole e potrebbe essere costretta a elezioni improvvise in qualsiasi momento, tuttavia, la perdita di un paese dell’ASEAN non è fatale per l’entrata in vigore della RCEP.Pertanto, per ora, possiamo essere ottimisti sul fatto che l’entrata in vigore nel 2022 sia possibile.
Nell’ambito RCEP, l’ASEAN manterrà il suo ruolo guida o verrà via via assunto dalla Cina?
Dopo l’entrata in vigore dell’RCEP, è improbabile che l’ASEAN svolga un ruolo importante nella sua successiva attuazione. Questo perché le istituzioni centralizzate dell’ASEAN in genere non svolgono questo tipo di ruolo e la presidenza a rotazione dell’ASEAN rende difficile la continuità in tali iniziative. È più probabile che eventuali problemi nell’attuazione o altre questioni che sorgeranno saranno gestiti dalle parti RCEP non ASEAN su base bilaterale o impegnandosi collettivamente nei dieci membri ASEAN. La Cina rappresenterà una forza economica significativa all’interno del RCEP, sebbene questo sia bilanciato dal ruolo svolto da Australia, Giappone e Corea del Sud. È improbabile che la Cina sia una forza politica significativa all’interno dell’RCEP, poiché alcuni membri dell’RCEP subiranno contraccolpi contro la Cina, e la Cina è già riuscita a costruire la sua influenza in altre organizzazioni internazionali come l’OMS e l’OMC. Quando se ne presenta la necessità, la Cina può anche utilizzare una strategia ‘dividi e conquista’ per trattare con i paesi dell’ASEAN su base bilaterale.
La Cina approfitterà del RCEP per espandere il progetto BRI nell’ASEAN e oltre nel continente asiatico?
Il futuro a breve termine dei progetti BRI è sconosciuto, sia in tutto il mondo che nei paesi dell’ASEAN. La Cina ha pressioni economiche significative in mezzo al rallentamento economico globale dovuto al COVID-19 e le tariffe statunitensi hanno già avuto un certo impatto sulla crescita economica della Cina anche prima del COVID-19. Anche la spesa militare è una priorità importante per il governo cinese. Pertanto, le risorse per perseguire i progetti BRI potrebbero non esistere più. E, naturalmente, la pubblicità negativa sul coinvolgimento cinese nella costruzione o nella successiva proprietà di infrastrutture costruite come parte della BRI ha creato un’enorme pubblicità negativa per la Cina e la BRI, così come le preoccupazioni per gli accordi finanziari della “trappola del debito”. La Cina continuerà a perseguire progetti infrastrutturali nell’ASEAN, tuttavia, nei prossimi cinque anni il numero di progetti e la portata saranno probabilmente più limitati rispetto ai cinque anni precedenti. La priorità sarà sui progetti che aiutano direttamente gli esportatori cinesi (come strade e ferrovie che collegano la Cina con l’ASEAN), piuttosto che sui progetti in paesi stranieri come i porti che hanno aiutato le aziende cinesi ad espandere le operazioni “sul terreno” in quei paesi.
Hong Kong ha già detto che è intenzionata ad aderire una volta che il RCEP sarà entrato in vigore. Quali altri Paesi aderiranno? E per Taiwan la strada è sbarrata?
Ci sono due paesi che sono vicini dell’ASEAN ma non fanno parte dell’RCEP, Timor orientale e Papua Nuova Guinea. Sebbene questi due paesi siano preoccupati di essere sopraffatti da beni di fabbricazione straniera, l’ASEAN dovrà prima o poi portarli in famiglia, e questo includerà accordi commerciali. Non è noto se paesi dell’Asia meridionale come Sri Lanka e Nepal, o Mongolia, desiderino aderire, ma la loro dimensione economica probabilmente non li rende una priorità per le parti RCEP per dedicare tempo a portarli nell’accordo. Ci sono poche probabilità che Taiwan possa aderire all’RCEP fintanto che il Partito Democratico Progressista controlla la presidenza, lo Yuan legislativo (il parlamento di Taiwan) o entrambi come ha fatto dal 2016. Gli elettori di Taiwan hanno eletto il DPP sapendo che il DPP non seguirà Il modello preferito dalla Cina per le relazioni Cina-Taiwan e, quindi, la Cina non negozierà con Taiwan. Ciò include anche l’esclusione di Taiwan dalle organizzazioni internazionali sia come osservatore che come stipula di nuovi accordi come RCEP. Quindi, per ora, la strada RCEP di Taiwan è sicuramente bloccata.
Cosa cambia il RCEP per un Paese come l’Italia, grande esportatore?
Tra le numerose preoccupazioni sul commercio con la Cina, come la produzione in Cina o la base di personale straniero in Cina, RCEP crea maggiori opportunità di fare affari con o in Cina, ma con una certa mitigazione del rischio, ad esempio utilizzando le sedi RCEP come luogo di produzione o luogo da cuiper offrire servizi in Cina.Le aziende italiane dovrebbero quindi considerare come, in futuro, le loro fabbriche e uffici in Giappone, Singapore, Corea del Sud o Vietnam si integreranno con la Cina, compreranno dalla Cina, venderanno in Cina, ecc. Senza essere necessariamente in Cina.Se le aziende italiane perseguono questo approccio, però, avranno bisogno anche di una strategia per spiegare agli stakeholder cinesi perché l’azienda italiana ha strutturato in questo modo il suo rapporto con la Cina.