Lo scontro solo apparente tra Ankara e Mosca: Idlib occasione per le due capitali di riposizionarsi in un ordine globale in evoluzione

 

Lo scontro tra la Siria e la Turchia si sta inasprendo di giorno in giorno. E’ di ieri la notizia che la Turchia, in una nuova offensiva militare contro il regime siriano a Idlib, con i suoi droni ha preso di mira le posizioni delle forze siriane nel campo di Jabal al-Zawiyeh e al-Hamdiyeh a Idlib e ha ucciso19 soldati siriani.

Al centro dell’ennesimo scontro tra Ankara e Damasco, un attacco aereo che ha ucciso 33 soldati turchi a Idlib, nel nord ovest della Siria, il 27 febbraio.
Ankara ha accusato il regime siriano dell’attacco e ha chiamato in causa la Russia, che ha negato il coinvolgimento diretto e, in qualche modo, ha giustificato l’attacco, per altro senza risparmiare critiche alla Turchia sulla gestione dell’accordo.L’incidente è solo l’ultimo di una serie di scontri sempre più sanguinosi tra Turchia, regime siriano e Russia su Idlib.

Lo scontro vero, in effetti, è quello tra Turchia e Russia, o meglio, tra gli obiettivi geopolitici della Russia e le ambizioni e l’equilibrismo di Erdogan.

Il pretesto è l’Accordo di Sochi, di fatto fallito, tra Turchia e Russia per la demilitarizzazione dell’area che Mosca è decisa a rimettere nelle mani di Assad.
Ankara ha dai 12 mila ai 20mila militari schierati nell’area di confine. Una minaccia che non sembra aver fermato Damasco, decisa a vincere la propria guerra in una provincia intenzionata a riconquistare.

Ora gli attacchi curdi alle forze siriane rischianoun’escalation incontrollabile con conseguente confronto diretto con la Russia. Un confronto che però non è nell’interesse delle due parti.

Ankara, che ha bloccato ai suoi cittadini l’accesso ai social network dopo l’uccisione dei 33 soldati e ha fatto pressioni sui media, è consapevole che l’assistenza che fornisce ai ribelli siriani non può bilanciare il supporto aereo russo al regime. Tuttavia, ora pare intenzionata a raddoppiare il suo sostegno, sia diretto che indiretto, facendo intendere a Mosca e a Damasco che se non ristabiliranno il cessate il fuoco di Sochi, i costi per il regime siriano aumenteranno.

Ma malgrado la febbre tra le due parti sia destinata cresce, non è affatto detto che l’incidente porti a uno scontro diretto tra forze turche e russe.

Il Cremlino potrebbe prepararsi a intervenire per cercare di dettare le condizioni per un nuovo cessate il fuoco. E’ di oggi la notizia che il Presidente Recep Tayyip Erdogan ha in programma per giovedì una visita lampo in Russia, visita anticipata venerdì portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov, il quale aveva detto che Erdogan e Vladimir Putin avrebbero potuto vedersi «nell’immediato futuro».

Le opzioni militari della Turchia sono limitate dall’attuale controllo della Russia sullo spazio aereo siriano. , in caso di confronto con la Russia in Siria, ha motivo di aspettarsi il sostegnoche hachiesto ai suoi alleati NATO, compresi gli Stati Uniti.

Gli Stati Uniti sono stati profondamente turbati nel 2019 dall’acquisto da parte della Turchia di missili antiaerei russi S-400. In risposta, ha fermato la partecipazione della Turchia al progetto di caccia avanzato F-35 e il Congresso ha approvato un pacchetto di sanzioni.

L’articolo 5 del trattato che istituì l’Alleanza Atlantica recita che «un attacco armato contro una o più di esse, in Europa o nell’America Settentrionale, costituirà un attacco verso tutte, e di conseguenza convengono che se tale attacco dovesse verificarsi, ognuna di esse, nell’esercizio del diritto di legittima difesa individuale o collettiva riconosciuto dall’articolo 51 dello Statuto delle Nazioni Unite, assisterà la parte e le parti attaccate, intraprendendo immediatamente, individualmente e di concerto con le altre parti, l’azione che giudicherà necessaria, ivi compreso l’impiego della forza armata, per ristabilire e mantenere la sicurezza nella regione dell’Atlantico settentrionale».
Le considerazioni se l’articolo 5 sia effettivamente applicabile al caso non sono semplici. Non vi è stato uno sconfinamento propriamente detto, cioè le forze siriane non sono entrate in area della Turchia, ma se anche le forze di Assad sconfi
nassero in Turchia, la sortita sarebbe in risposta a un precedente attacco sul proprio territorio. Altresì,l’articolo 5 menziona nello specifico «la regione dell’Atlantico settentrionale», al quale il confine turco-siriano non appartiene. E’ però anche vero che nel 1949, quando il trattato fu siglato, i confini della Nato non comprendevano ancora i numerosi Paesi dell’ex cortina di ferro entrati nell’Alleanza in seguito alla dissoluzione dell’Urss. L’unica volta in cui fu invocato l’articolo 5 fu invocato, in seguito agli attacchi terroristici che colpirono gli Usa l’11 settembre 2001, in quel caso gli alleati si mossero unanimi in solidarietà con Washington. Tale precedente fa sì che l’articolo 5 si potrebbeapplicare a minacce diverse dall’attacco di un Esercito nemico.

Per quanto riguarda Mosca, presumibilmente non ha interesse a sabotare le sue relazioni con Ankara, che, dal punto di vista del Cremlino, hanno aiutato ad allontanare la Turchia dagli Stati Uniti e dalla NATO.

Non solo. Di mezzo vi sono crescenti relazioni che spaziano dal turismo al commercio all’energia,fino alla difesa. Turchia e Russia sono entrambe restie ad arrivare allo scontro diretto in Siria; la bilancia pende tutta dalla parte della Federazione, ma anche Ankara ha i suoi punti di vantaggio su Mosca.
«Putin ed Erdogan sono sempre pi
ù scontenti reciprocamente, ma hanno ancora bisogno uno dell’altro in Siria e non solo», ha scritto di recente l’analista dell’Ispi e direttore della testata ‘Al-Monitor’, Maksim Suchkov, che parla di ‘matrimonio di convenienza’ per descrivere la partnership tra i due leader.
«Continuano a stare insieme per i figli»,
afferma Suchkov, spiegando che per ‘figli’ si intendono i vari interessi economici in ballo: il commercio bilaterale (i due governi puntano a un interscambio di 100 miliardi di dollari, dai 26 miliardi attuali); il turismo (nel 2019 i flussi dalla Russia rappresentavano il 36% del totale degli arrivi internazionali, il primo Paese in assoluto); la crescente interdipendenza nelle forniture energetiche (la Federazione è fornitore primario per Ankara e il suo peso è stato rafforzato dal gasdotto Turkish Stream); la costruzione da parte della holding statale russa Rosatom della centrale nucleare di Akkuyu, la prima in Turchia e icontratti di fornitura ad Ankara dei sistemi missilistici di difesa aerea S-400 (un accordo stimato in 2,5 miliardi di dollari, che ha fatto infuriare la Nato) Nel 2018, l’interscambio è stato di 25,7 miliardi di dollari. L‘export turco verso la Russia è di 3,4 miliardi di dollari, mentre l’export vale 22,3 miliardi di dollari.
Il volume degli
investimenti bilaterali ammonta a 20 miliardi di dollari, cifra che per entrambi i governi «non riflette il vero potenziale» delle relazioni bilaterali.
Senza contare gli interessi nelle diverse aree, a partire dalla Libia, pur trovandosi, apparentemente, sui lati opposti della barricata anche qui interessi politici ma anche e in primo luogo economici. La Russia potrebbe non essere ancora un importante fornitore di armi per la Turchia.
La cooperazione tra i due Paesi, insomma, riflette il desiderio di entrambe le capitali di riposizionarsi in un ordine globale in evoluzione e si estende alle industrie strategiche, dai gasdotti al nucleare, che creano dipendenze reciproche.

Nonostante questo quadro, il prezzo di rimanere a guardare l’offensiva di Ankara a Idlib senzaimpegnarsi apertamente in uno scontro diretto a difesa del Presidente siriano e alleato, Bashar al-Assad, «in Russia è misurato con unamonetadifferente», scrive Suchkov, «quella con cui si compra lo status di potenza globale».
«
Se Mosca dovesse scegliere di non intervenire sarebbe un fiasco politico-militare», ha spiegato il colonnello russo in pensione Mikhail Khodarenok, esperto di difesa per il sito ‘Gazeta.ru’. «Il Cremlino come attore geopolitico in Medio Oriente sarebbe finito, più di cinque anni d’impegno in Siria sarebbero buttati al vento», ha fatto notare Khodarenok, pur rimanendo cauto sull’eventualitàdi un conflitto aperto tra Russia e Turchia.
«La Turchia avrebbe una schiacciante superiorit
à in termini di personale militare e mezzi», ha spiegato il colonnello, «Mosca è troppo lontana dal teatro delle operazioni e non avrebbe il tempo e le capacitàlogistiche» di spostare tutti i mezzi, il carburante e le munizioni per vincere una guerra. Sembra certo, invece, che Putin non sia dispostoarretrare e che non esiterà ad affrontare la Turchia in Siria. Laprobabile risposta russa è di arrivare fino in fondo a Idlib, indipendentemente da ciò che fa la Turchia.

Difficile capire quanto Erdogan stia bluffando e quanto invece sia disposto andare fino in fondo contro la Russia. Probabilmente Erdogan eviterà il rischio di guerra all’ultimo momento, un colpo di scena e un mezzo successo gli potrebbe bastare ed un classico nel suo modo di comportarsi. Qualsiasi successo militare turco in Siria è altamente improbabile.
È nell’interesse della Russia terminare questa costosa guerra civile una volta per tutte.
È solo questione di tempo prima che il Governo di Assad catturi Idlib diplomaticamente o con la forza, sostiene Mehmet Ozalp, Professore associato di Studi islamici, Direttore del Centro studi di civiltà islamica della, Charles Sturt University, in Australia.
Negli ultimi anni, la strategia del PresidenteErdoğansi è orientata verso glieurasianistidella Turchia, che sostengono stretti legami con Mosca. Il bilancio delle vittime dell’attacco aereo del 27 febbraio è stato sorprendentemente alto per la Turchia, e i media turchi hanno riportato notizie (negate da Mosca) secondo cui la Russia non ha nemmeno permesso agli elicotteri turchi nello spazio aereo di Idlib di evacuare i morti e i feriti. Tutto ciò rafforzerà la mano di coloro che cercano un riequilibrio dell’orientamento strategico di Ankara verso gli alleati della Turchia. I politici turchi hanno fatto in modo che la Turchia non si sia disimpegnata con gli Stati Uniti sulla sua politica siriana. In cambio, gli Stati Uniti hanno dato tacita approvazione all’invasione turca della Siria settentrionale, allontanando i suoi soldati dalla regione alla fine del 2019.

Un riavvicinamento si, ma senza troppo impegno, Erdogan ha giocato in modointercambiabile con la Russia e gli Stati Uniti per influenzare la svolta degli eventi nel nord della Siria. Il suo obiettivo è proteggere la sua sfera di influenza sia dai ribelli curdi, sia dalle forze del Presidente siriano Bashar al-Assad. Ma la Turchia non ha una strategia a lungo termine, l’equilibrismo è la sua politica. E, secondo alcuni osservatori, è esattamente quanto farà anche in questa occasione, la Turchia di Erdogan punterà al solito ruolo intermedio che ha avuto durante la guerra fredda, quando ha cercato di interpretare l’Occidente contro la Russia e viceversa. Ora sta cercando di ottenere guadagni a breve termine, soprattutto contro i curdi in Siria, anche se le conseguenze in termini di vite umane, saranno come già sono, ingenti.