Alla conferenza, che si è tenuta alle 12 all’International Press e Broadcasting Center di Barcellona, hanno preso parte il Vicepresidente del governo Oriol Junqueras, il portavoce dell’esecutivo catalano Jordi Turull e il Segretario per le relazioni con gli Esteri, Raul Romeva.

Quest’ ultimo ha ribadito che «siamo assolutamente disposti a negoziare quando lo Stato spagnolo vuole. Abbiamo cercato di farlo da anni. Il referendum è uno strumento democratico che permette a tutto il mondo di esprimersi in qualunque direzione lo consideri.Siamo tutti consapevoli delle responsabilità che condividiamo con la Spagna e l’Europa».

Soprattutto perché, come ha ricordato Oriol Junqueras, l’ economia catalana è «una delle poche economie che crescono tre volte più velocemente del suo deficit». Inoltre, ha proseguito il Vicepresidente del governo,
«la violenza e l’attacco contro i diritti civili, contro la legge postale e l’ingresso non giustificato nei media e nelle stampe sono assolutamente eccezionali in Europa e ci mette in una situazione di eccezione. Né il governo né i cittadini della Catalogna stanno facendo nulla di sbagliato, al contrario, le persone arrestate mercoledì scorso sono tutte persone oneste e oneste che lavorano consapevolmente al servizio della cittadinanza. Il successo della democrazia e l’esercizio del diritto di voto in Catalogna è anche un’opportunità per il cambiamento in Spagna e per la democrazia in tutto il mondo». «La legittimità di ciò che abbiamo fatto» – ha aggiunto – « è stata rafforzata ogni volta che il governo di Madrid ha voluto impedirlo».

Junqueras ha auspicato che « i cittadini della Catalogna saranno in grado di votare questa domenica e siamo convinti che i risultati avranno tutta la validità pertinente». «Possiamo garantire che c’è tutto quello che serve per votare» aveva detto precedentemente Romeva. Ma cosa non può mancare effettivamente per dar luogo al referendum?

Ingenti misure di sicurezza. Da una parte la polizia regionale della Catalogna, la Mossos d’Esquadra, che conterebbe 16.800 agenti. Dall’ altra, “saranno piu’ di 10.000 gli agenti impegnati dal governo spagnolo nella regione. Precisamente, la Polizia Nazionale schierera’ 5.300 divise; la Guardia Civile portera’ in Catalogna 5.000 uomini. Questo quanto rivelato dal ministro dell’Interno della Generalitat, Joaquim Forn, dopo la riunione della giunta di sicurezza convocata dal Presidente Puigdemont.
Le liste elettorali. 5,5 milioni dovrebbero gli elettori secondo la legge approvata dal Parlamento regionale in vista del referendum approvata il 6 settembre scorso. La stessa legge che è stata poi sospesa dalla Corte Costituzionale spagnola perché “incostituzionale”. A sovrintendere alla votazione,  una commissione elettorale di cinque membri, nominati dal governo catalano, mentre i delegati provinciali si sarebbero dimessi per evitare le salate multe giornaliere stabilite dalla Corte Costituzionale. A breve la loro sostituzione da parte del governo indipendentista.

Per quanto riguarda i seggi, 712 su 948 comuni della Catalogna sono pronte a garantire i servizi per il voto. Fra queste, Barcellona. Si consideri che sarà mobilitata la polizia regionale, Mossos d’ Esquadra, per impedire la votazione entro un raggio di 100 metri. L’ assenza di un elenco completo dei seggi elettorali rende tutto molto più complicato: per conoscere l’ubicazione del proprio seggio, ogni elettore deve consultare dei siti web (da ieri basta anche Telegram) previa l’inserimento dei dati personali. Siti soggetti, peraltro, alla chiusura effettuata dalle autorità di Madrid. Le votazioni per il referendum si svolgeranno in  2315 scuole e 6.249 collegi. Ci sarà la collaborazione di più di 7.235 persone provenienti da oltre 50.000 volontari.

Vuoi che la Catalogna sia uno Stato indipendente sottoforma di Repubblica?” ecco la domanda cui dovranno rispondere gli elettori. Si tratta di un referendum vincolante e senza quorum. Vicino a Barcellona, si troverebbe il centro informatico che raccoglierà i voti e sul cui calcolo verrà reso noto il risultato. Cosa succederà qualora il 1 ottobre vincesse il Sì? Potrebbe essere approvata una dichiarazione di indipendenza entro 48 ore dopo la pubblicazione dei risultati aveva detto il responsabile degli Esteri della Catalogna, Raul Romeva, a Bruxelles. «Dal giorno dopo il governo catalano aprirà un periodo di transizione verso l’indipendenza nel quale proporrà l’avvio di un dialogo a Spagna e Ue» ha invece dichiarato in un’ intervista alla tv francese Lci il presidente catalano Carles Puigdemont. L’ unica cosa certa è che la tensione rimane altissima e la Catalogna è decisa ad andare alle urne.