«La Russia è interessata ad avere un’interazione costruttiva con gli Stati Uniti in tutti gli ambiti dell’agenda bilaterale e internazionale». Con queste parole ha esordito il nuovo ambasciatore russo negli Stati Uniti Anatolij Antonov in un’intervista rilasciata pochi giorni fa. Classe 1962, già viceministro degli Esteri e della Difesa della Federazione Russa, Antonov è stato nominato il 21 agosto. Nel febbraio 2015,l’Unione Europea ha inserito Antonov nella lista dei russi colpiti da sanzioni per l’ annessione della Crimea e il sostegno dei separatisti armati dell’Ucraina orientale, accusandolo, sostanzialmente, di «essere coinvolto nel sostegno all’introduzione di truppe russe in Ucraina». È stato, peraltro, un fervente sostenitore della politica estera piuttosto aggressiva della Russia negli ultimi anni.
«Mi reco a Washington con uno spirito focalizzato sul lavoro: il compito principale di un ambasciatore è quello di garantire e proteggere gli interessi del suo paese. Purtroppo le relazioni Russia-Usa si sono seriamente deteriorate negli ultimi anni a causa delle azioni della precedente amministrazione statunitense, che hanno decisamente distrutto la base per la cooperazione. Come ha ripetutamente affermato il presidente Vladimir Putin, questa non è una nostra scelta: siamo sempre stati interessati a un’interazione costruttiva con Washington in tutte le sfere dell’agenda bilaterale ed internazionale», ha precisato Antonov, che da domani assumerà l’incarico.
Parole di distensione quelle del nuovo ambasciatore russo presso gli Stati Uniti, a poco più di un mese dall’ approvazione da parte del Congresso Usa di nuove sanzioni nei confronti della Russia (oltre che di Iran e Corea del Nord). Sanzioni che sono state controfirmate, dal Presidente non senza criticare la legislazione in questione come «significativamente imperfetta» in quanto comprendente una norma che, vietando, in maniera esplicita, al Presidente la possibilità di alleggerire o cancellare le sanzioni, «incide soprattutto sull’autorità dell’esecutivo di negoziare. Limitando la flessibilità dell’esecutivo il disegno di legge rende più difficile per gli Stati Uniti ottenere buoni accordi per il popolo americano, e avvicinerà molto di più Cina, Russia e Corea del Nord». Le sanzioni che colpiscono soprattutto il settore energetico, vitale per la malridotta economia russa, sono state approvate dagli Stati Uniti in risposta alle interferenze russe nelle ultime elezioni presidenziali, nonché per l’ atteggiamento ostile che Mosca continua ad avere in Ucraina e con la NATO in corrispondenza delle frontiere orientali dell’ UE.
A proposito delle nuove sanzioni, Il portavoce del Cremlino Dmitry Peskov aveva dichiarato: «Washington vuole riportare l’orologio della storia indietro alla guerra fredda … l’amministrazione americana vuol arrivare completo degrado delle relazioni bilaterali». «Gli Stati Uniti» – aveva precisato il Ministero degli Esteri russo – «con il pretesto del tutto inventato delle interferenze di Mosca nei suoi affari interni, attuano in modo insistente sgarbate azioni antirusse. Questo avviene contro i principi del diritto internazionale, in contraddizione con la carta delle Nazioni Unite e le norme dell’Organizzazione mondiale per il commercio e gli elementi fondamentali della comunicazione civile fra Paesi».
La reazione della Russia era stata immediata: il ministero degli Esteri aveva annunciato il taglio del numero di diplomatici in servizio nelle ambasciate e nei consolati negli Stati Uniti ed aveva chiesto a questi ultimi di ridurre, entro il primo di settembre, il personale diplomatico presente in Russia.
«La nostra relazione con la Russia è a ai minimi storici e a un livello pericolosamente basso. Potete ringraziare il Congresso, le stesse persone che non possono darci la Sanità» aveva scritto Trump in un tweet. Sulla decisione del Congresso, considerata dall’ inquilino della Casa Bianca discutibile e lesiva degli interessi nazionali, non può non aver influito anche lo scandalo Russia-gate che ha coinvolto Trump, la sua famiglia e il suo staff.
In questo scandalo era stato coinvolto anche il predecessore di Antonov, Sergej Kislyak: dai sospettati contatti tra quest’ ultimo e parti dell’ Amministrazione sono derivate le dimissioni del Consigliere per la Sicurezza nazionale Michael Flynn, sostituito da Herbert R. McMaster .
«La Russia risponderà alle eventuali azioni non amichevoli degli Stati Uniti, ma rimane pronta alla normalizzazione del dialogo con Washington». Questo quanto era stato affermato dal Ministero degli Esteri russo, in seguito all’incontro avvenuto a Manila Sergej Lavrov e Rex Tillerson. Lavrov aveva sottolineato che le nuove sanzioni contro la Russia introdotte dagli Stati Uniti «rappresentano uno dei passi ostili e pericolosi per la stabilità internazionale, che hanno compromesso seriamente la cooperazione bilaterale». «Malgrado ciò»- ha detto Lavrov – «siamo pronti a normalizzare il dialogo se Washington abbandona questa politica di conflitto».
«La Russia non ha mai chiesto di cancellare le sanzioni e non lo farà. Ma è evidente che si tratta dell’ostilità verso il nostro paese» ha dichiarato Antonov. A detta dell’ ambasciatore «la cooperazione tra i due Stati sarà possibile solo quando si fermeranno le pressioni, i ricatti e le impostazioni delle proprie visioni nel dialogo».«La palla è nel campo di Washington» ha concluso Antonov.
In questo periodo di tensione, a fare da battistrada ad un eventuale normalizzazione dei rapporti Usa-Russia, vi sono state delle riunioni periodiche tenutesi tra il sottosegretario di Stato per gli affari politici statunitense Thomas Shannon e il viceministro degli Esteri russo Sergej Ryabkov. L’ ultimo vertice si sarebbe svolto il 17 luglio a Washington e ve ne potrebbe essere un altro tra non molto tempo. Ryabkov ha recentemente sostenuto che «riteniamo che esista ancora una possibilità per un miglioramento delle relazioni Russia-Usa con l’avvento dell’amministrazione di Donald Trump.Ultimamente abbiamo registrato dei progressi seri nel dialogo con gli Stati Uniti sulla Siria».
In un articolo pubblicato sul ‘New York Times‘, il rappresentante permanente alla NATO Kay Bailey Hutchison ha detto che «dopo il crollo dell’Unione Sovietica nel 1990 il futuro della NATO non era chiaro. I timori per la sicurezza sembravano meno importanti, era prioritario ridurre il settore della difesa, alcuni avevano anche chiesto l’adesione della Russia alla NATO. Quei tempi ormai sono lontani».
«Sappiamo che oggi la NATO sta affrontando alcuni dei nostri più grandi test. Gli Stati Uniti ei suoi stretti alleati devono “rafforzare” le attività nella lotta contro il terrorismo e altre minacce come la Corea del Nord. Penso che ci siano molte minacce reali e credo che dobbiamo rafforzare le attività per affrontare quelle minacce comuni e penso che i nostri alleati siano pronti a dire e in realtà hanno già detto che sono per dissuadere dalla proliferazione nucleare, e per questo andremo a parlare con una sola voce» ha aggiunto Kay Bailey Hutchison.
Proprio in queste ore, la penisola coreana è stata al centro dell’ attenzione mondiale per l’ ennesima provocazione di Kim Yong Un: un missile Hwasong 12 che, dopo aver sorvolato il Giappone, si distrutto nell’ Oceano Pacifico. Provocazione a cui la Corea del Sud, sebbene non in stretta correlazione, avrebbe risposto mostrando i muscoli e lanciando 8 bombe su bersagli del campo di addestramento del Pilseung Firing Range nella parte orientale del Paese. La Russia ha subito reso nota la sua posizione: «E’ chiaro a tutti» – ha detto il vice ministro degli Esteri russo Serghei Ryabkov a Ria Novosti – «che l’opzione delle sanzioni alla Corea del Nord si è ormai esaurita. Maggiori sanzioni non risolveranno il problema. Ora l’Onu deve passare una risoluzione che dica chiaramente no a soluzione militare e no a sanzioni unilaterali al di fuori di quelle approvate dal Consiglio di Sicurezza».
A pochi giorni dalla nomina, Antonov ha incontrato l’ Ambasciatore statunitense presso la Federazione russa, John Teft. Nel corso dell’ incontro era stata anche illustrata la nuova politica di Trump in Afghanistan. Questi, in un’ intervista di qualche giorno fa ad una radio russa, ha ribadito che «crediamo che il trattato per i missili a medio e corto raggio sia importante, seguiamo alla lettera il contratto. Ci sono gravi violazioni per la creazione di nuovi missili, una minaccia non solo per noi, ma per i nostri alleati. Questo è un problema serio nelle nostre relazioni bilaterali».
Anche Teft, però, sarebbe in scadenza: dovrebbe lasciare Mosca quest’anno. Nel mese di luglio, Trump aveva nominato Jon Huntsman Jr., ex ambasciatore in Cina, per prendere il posto di Teft. La sua nomina, però, non è stata ancora approvata dal Senato Usa. Si potrebbe, come molti sostengono, un periodo di distensione tra le due potenze?