Donald Trump è atterrato poco prima delle 9 all’ aeroporto parigino di Orly. In compagnia di sua moglie Melania, Trump è stato invitato a Parigi dal Presidente Emmanuel Macron per assistere, domani, 14 luglio, festa nazionale della Repubblica francese, alla parata militare sugli Champs-Elysees. In occasione della ricorrenza del centenario dall’ intervento degli Stati Uniti nella Grande Guerra, a sfilare vi saranno anche reparti americani.

L’arrivo di Donald Trump e della First Lady a Parigi (Ap)

Dopo una prima accoglienza a ‘Les Invalides’, i Presidenti si sono recati all’ Eliseo per un incontro a due, a cui ha fatto seguito una conferenza stampa. Macron ha accompagnato Trump a visitare la tomba di Napoleone e quella del Maresciallo Foch, il comandate delle forze alleate nella Prima guerra mondiale.  Nel frattempo la first lady Melania, dopo aver fatto visita in mattinata ad un ospedale pediatrico, ha raggiunto la Premiere dame Brigitte ed insieme si sono recate in visita a Notre Dame ed hanno effettuato un giro turistico su un battello sulla Senna. In serata, Trump e la sua consorte saranno ospiti di Macron e di sua moglie Brigitte al ‘Jules Verne’, famoso ristorante al secondo piano della Tour Eiffel.

Certamente l’invito di Macron all’omologo americano ha un chiaro significato politico: in virtù del largo consenso ottenuto sia alle presidenziali che alle elezioni politiche, vuole rinsaldare una forte partnership con l’America che, se tutto procede secondo regola, dovrebbe avere Trump come Presidente per altri tre anni, senza tener conto che gli anni potrebbero raddoppiare in caso di rielezione.

Macron vuole rimarcare il protagonismo della Francia sia a livello europeo che globale. L’occasione delle celebrazioni del centenario è stata colta dal Presidente francese nell’ottica di mostrare l’assoluta vicinanza tra Francia e Stati Uniti, soprattutto a livello militare, argomento non certo secondario in questo momento storico.

Il nuovo Capo dell’Eliseo si sta inserendo in un contesto internazionale che vede la Gran Bretagna in rimessa, dopo la Brexit e dopo delle elezioni politiche che non hanno certo portato stabilità al governo di Theressa May; una Germania forte, con un’economia dai risultati positivi, ma che è in campagna elettorale in vista delle elezioni di settembre; un’ Unione Europea, verso la quale Trump non ha mai nascosto la sua insofferenza in quanto, secondo lui, dominio della Cancelliera tedesca. Proprio Angela Merkel, questa mattina, ha incontrato il Presidente francese per il 19/o consiglio dei ministri franco-tedesco.

L’obiettivo annunciato dell’incontro Macron-Trump è quello di discutere ciò che unisce, vede concordi Francia e Stati Uniti. Tra le questioni sul tavolo, la situazione mediorientale, in particolare la Siria, la lotta allo Stato Islamico, ultimamente retrocesso in Iraq con  la riconquista di Mosul da parte delle forze irachene; il comune impegno alla lotta contro il terrorismo.

A dividere, come aveva fatto notare il Capo dell’Eliseo, in occasione del G7, con un tweet che parodiava uno slogan di Trump (‘Make America Great Again’ trasformato da ‘Macron Make our planet great again’),la questione climatica, sulla quale, sembra, nessuno dei due è intenzionato a fare passi indietro.

Quale segnale lancia l’incontro tra Macron e Trump all’Europa e al mondo? Per rispondere, abbiamo chiesto al Professor Jean Pierre Darnis, esperto di politica francese oltre che direttore del Programma Sicurezza e Difesa dello IAI (Istituto Affari Internazionali) e professore associato all’Università di Nizza Sophia-Antipolis.

Quale significato politico ha la visita di Trump a Parigi, in occasione delle celebrazioni per il centenario dell’intervento nella Grande Guerra degli Stati Uniti?

Direi che sono due i significati: il primo è certamente il dialogo, con un avvio di Presidenza Macron che ha visto delle posizioni di scontro con gli Stati Uniti, specificamente sull’accordo di Parigi, sull’ambiente. E’ iniziata in modo negativo la collaborazione tra Francia e Stati Uniti. Però d’altro canto la Francia è il principale partner americano nel mondo oggi sia per capacità che per impegno, è un alleato militare molto forte ed un esempio di questo è l’inclusione della portaerei francese nella rotazione delle portaerei americane e quindi c’è comunque un collegamento di forte alleanza che non può essere lasciata agli umori degli accordi politici come su un argomento come quello ambientale. La prevista partecipazione di truppe americane alla sfilata del 14 luglio per ricordare il centenario dell’entrata degli Stati Uniti nella Grande Guerra nel 1917 ha fornito un utile pretesto a Macron per invitare Trump e poi proseguire o almeno tentare un dialogo perché essendo Macron una persona realista e pragmatica, pur avendo già espresso delle differenze forti su tutta una serie di tematiche, come ad esempio il clima, sa bene che la presidenza Trump c’è e che ci potrebbe essere non solo per un mandato. Dopodiché gli Stati Uniti sono un partner globale, militare e politico e quindi vanno ingaggiati nel dialogo. Ed è per questo che il Presidente francese ha colto l’opportunità simbolica di questo ricordo di una battaglia comune di cento anni fa. Facendo questo soffia, per così dire, il freddo e il caldo: esprime le sue differenze, ma tende anche la mano al partner americano in un momento molto simbolico, tentando di rafforzare i rapporti.

In questo modo Macron vuole mostrare il rinnovato protagonismo della Francia sul piano internazionale?

Certamente lui usa le capacità che ha. Aveva un pretesto bellissimo con il 14 luglio e lo ha colto subito. Tra l’altro la visita di Trump nel Regno Unito che doveva essere suo grande alleato è stata rimandata. I francesi hanno sempre questa rivalità con i britannici. Macron passa avanti ai britannici con questo invito bilaterale importante con gli Stai Uniti accolto da Trump.

Fin da i primi incontri, senza dimenticare l’ultimo ad Amburgo, è parso evidente come la relazione Usa-Germania non sia semplice. Donald Trump non ha mai nascosto una certa insofferenza nei confronti della Germania. In questo senso, Macron potrebbe divenire il mediatore tra la Merkel e Trump? Le sembra un obiettivo raggiungibile da Macron?

Macron non deve mediare. Macron è stato eletto quindi non deve essere più attento alle dinamiche elettorali, mentre la Merkel, visto che deve farsi rieleggere, è molto sensibile anche al forte antiamericanismo che esiste nella sua opinione pubblica. Macron, invece, è stato eletto ed ha per cinque anni una maggioranza assoluta in Parlamento anche per il suo governo quindi, nel guidare la politica estera, può anche prendere qualche rischio, anche perché nell’opinione pubblica francese l’immagine di Trump non è certo positiva, ma, anzi, molto negativa. In questo senso, alcuni deputati, anche di sinistra, hanno criticato fortemente l’invito rivolto a Trump, ma Macron, avendo questo ruolo di Presidente, quasi monarca costituzionale, può prendersi la libertà di avere un dialogo. Non so se debba mediare, ma certamente deve cercare un dialogo con gli Stati Uniti, tenendo un canale aperto. E questo mi sembra una cosa più che necessaria.

L’Unione Europea non è ben vista dalla nuova Amministrazione americana che la considera dominio tedesco. Macron ha sempre rivendicato, fin dalla campagna elettorale, il suo europeismo e la sua intenzione di volersi spendere molto in questo senso. Un maggiore dialogo con la Francia potrebbe modificare l’atteggiamento di Trump verso l’UE?

Donald Trump non rappresenta un’eccezione bensì un trend della visione americana che non capisce le dinamiche dell’Unione Europea e ragiona ancora con schemi ereditati dal post guerra mondiale che sono ormai decaduti. L’invito a venire in Europa, a Parigi, finanche a cena alla Torre Eiffel, per lui che ha costruito la Trump Tower. Tra l’altro la collaborazione tra Francia e Germania è una delle linee annunciate della Presidenza Macron. L’insofferenza americana verso l’UE è soprattutto ignoranza. Però, magari, una volta che il Presidente Trump si sarà seduto a Place de la Concorde e avrà visto sfilare le truppe francesi insieme a reparti eccellenti americani con sopra gli F16 che passeranno per i cieli di Parigi, non è detto che l’atteggiamento non possa cambiare. Come già detto, la Francia viene ormai valutata da tutti come l’alleato militare numero uno degli Stati Uniti nel mondo. Io parlo di alleato operazionale quindi di capacità di integrazione delle forze e di combattere dove fa male. Il Regno Unito è in ritirata, gli altri Paesi sono molto più pacifisti rispetto all’uso della forza, mentre la Francia combatte, molto spesso, in accordo con gli Stati Uniti. Per quello che viene chiamato lo ‘stato profondo’ americano, questo conta e conta moltissimo perché la politica militare conta e allora la simbologia della partecipazione di un Presidente degli Stati Uniti alla sfilata militare nel giorno della festa nazionale a Parigi, comunque, fa della questione militare un luogo particolare di cooperazione. Ecco che quella di Macron è una forma di pedagogia e certamente fa una mossa che non è che piaccia molto all’opinione pubblica francese, però, sulla base del largo consenso, si può permettere anche questo invito che, invece, secondo me, è un’ottima mossa di diplomazia e di politica internazionale.

Per quanto riguarda la questione ucraina, Macron ha detto, in occasione dell’incontro con Putin a Parigi, che sarà molto esigente sull’applicazione del Protocollo di Minsk. In questo senso, si può affermare che l’approccio di Macron a questa crisi e al tema delle sanzioni che gravano sulla Russia è molto vicina a quella annunciata dal Presidente americano Trump?

Assolutamente sì.

Guardando al Medioriente ed in particolare alla Siria, Macron ha ribadito che la deposizione di Assad non deve essere una priorità per la coalizione, ma ha tenuto a precisare che «qualsiasi utilizzo di armi chimiche sarà oggetto di rappresaglia e risposta immediata da parte dei francesi». Come si colloca dunque l’approccio del nuovo Presidente francese verso quest’area del mondo, così critica, afflitta anche dalla minaccia ISIS? C’è una visione comune con l’America?

Sì c’è una visione comune con gli Stati Uniti. Non dimentichiamo che sotto la Presidenza Hollande, contro il volere di Obama, la Francia voleva intervenire, dopo l’uso delle armi chimiche in Siria e non intervenne perché Obama bloccò quell’intervento. La Francia era pronta al combattimento contro Assad. Da questo punto di vista c’è una grande coerenza della Francia e il ritorno degli Stati Uniti ad una posizione più dura fa sì che ci sia un allineamento tra i due Paesi su queste questioni.

Anche se su una questione importante come quella climatica, Trump e Macron si trovano su posizioni completamente opposte. Come si potrebbe sviluppare il dialogo, qualora ci fosse, in questo ambito?

Secondo me non si svilupperà perché la Francia ha chiaramente detto che per quanto le riguarda l’accordo di Parigi è un accordo fondamentale e che lo porterà avanti. Non mi sembra ci possa essere un compromesso su questo punto.

 Quale segnale viene lanciato attraverso quest’incontro al resto dell’Europa?

Prima di tutto l’Europa deve capire che il rapporto tra Francia e Stati Uniti è un rapporto solido, che dura da moltissimi anni ed è il partner principale degli Stati Uniti nel mondo. E se gli altri Paesi europei non sono consapevoli di questo è perché non stanno analizzando bene i fatti. Esiste una partnership, delle modalità operazionali di collaborazione eccezionali tra i due Paesi. Il fatto che Macron sia giovane, intelligente, che lavori molto e sappia cogliere le opportunità mostra che la Francia, in questo momento, ha una grandissima capacità di dinamismo ed è in grado di tornare esercitare una forma di leadership nel senso buono, nel senso di attivismo che può essere un beneficio per tutti perché penso che ogni Paese europeo abbia interesse a dialogare con gli Stati Uniti e specificamente con questa Amministrazione e la Francia può giocare un ruolo.