«Noi siamo trasparenti e invitiamo la Russia a essere trasparente nelle sue esercitazioni. Voglio sottolineare che una larga parte delle intercettazioni (di aerei) sul Mar Baltico è svolta in modo professionale e sicuro, da entrambe le parti. Credo sia importante non fare confusione tra le intercettazioni, che sono normali procedure per identificare i voli, con situazioni pericolose. Intercettare gli aerei è una normale attività. Alcune sono condotte in modo non professionale, e alcune volte pericoloso». Con queste parole il Segretario Generale della NATO Stoltenberg ha commentato gli ultimi ‘incontri ravvicinati’ tra i velivoli NATO e quelli russi: un F16 NATO aveva intercettato l’aereo del Ministro della difesa russo Serghei Shoigu mentre volava al di sopra del Mar Baltico. Ma un caccia russo Su-27 che faceva da scorta all’ aereo del Ministro è intervenuto, mostrando ‘gli armamenti’ al jet NATO che, poi, si è ritirato.

Ma già il giorno precedente, il 20 Giugno, era avvenuta una piccola schermaglia tra un aereo da ricognizione  RC-135 americano e un Su-27 russo, sempre in corrispondenza delle acque internazionali baltiche, a circa 40 chilometri di distanza da Kaliningrad. Secondo Mosca, in quest’ occasione, l’intervento del caccia russo era finalizzato ad impedire lo sconfinamento di due aerei americani, di cui il secondo sarebbe stato intercettato dieci minuti dopo il primo.

Insomma la tensione c’è e si sente, soprattutto in un’area geografica dove il contrasto tra NATO/Occidente e Russia è stato avvertito come imminente fin dall’inizio della Guerra Fredda. E’ pur vero che quanto accaduto nei cieli sovrastanti le acque internazionali del Mar Baltico si è verificato pochi giorni dopo l’accentuazione delle divergenze tra il Cremlino e la Casa Bianca per quanto riguarda il Medioriente, allorché è stato abbattuto un aereo dell’ aviazione di Assad da parte americana.

Ma la tensione, nella regione nordeuropea, si è accumulata progressivamente negli ultimi mesi a seguito di un aumento della presenza di truppe NATO nei paesi baltici che, certamente, provoca irritazione a Mosca i cui caccia sono protagonisti di sconfinamenti finanche sul territorio scandinavo che costituiscono delle reazioni all’atteggiamento dell’ Alleanza Atlantica. A riscaldare ancor più l’atmosfera, l’apertura ad un allargamento ad Est da parte della NATO che finisce per aumentare quel senso di accerchiamento che caratterizza il sentire russo. A questo va affiancato l’altro teatro di grande conflitto tra NATO e Russia, la Crimea, lungi dall’essere giunta ad una pacificazione definitiva.

Va detto, però, che il dispiegamento di truppe di terra da parte di quest’ ultima avviene di risposta all’installazione da parte della Russia, a novembre 2016, nell’enclave di Kaliningrad, di  lanciatori Bastion che ben si adattano ai missili da crociera supersonici P-800 Oniks, la cui gittata è compresa tra i 350 e i 450 km a seconda che l’obiettivo si trovi su mare o su terra e di nuovi missili balistici SSC-8, con una gittata che può arrivare a toccare i 5000 chilometri. Questo sistema missilistico si configura, a livello di prestazioni, nettamente al di sopra del sistema americano AEGIS dispiegato in territorio europeo e si va ad aggiungere ad un già muscolare impegno russo nell’area di Kaliningrad, divenuta, oramai, una vera e propria fortezza militare, la cosiddetta bolla A2AD, comprendente i sistemi di difesa aerea S300 e S400.

Proprio al confine ovest, Mosca ha schierato numerosi carri armati 400  T-80, 500 T-90 e 1700 T-72. Forte anche la componente marittima con l’ impiego della portaerei Kuznetsov, insieme a diversi incrociatori e sottomarini provenienti dalla flotta del Nord e del Baltico. Per quanto riguarda l’ aviazione composta da oltre 400 velivoli tra cui 140 elicotteri, 187 caccia e più di 90 velivoli di appoggio, soprattutto di classe Su. Senza dimenticare i circa 300.000 uomini schierati in modo permanente nell’area.

Portaerei Kuznetsov

Nonostante oggi siano schierati in modo permanente in Europa dagli USA un terzo (62.000) degli uomini americani impiegati durante la Guerra Fredda, la situazione è sul filo del rasoio. Una riaccensione del focus sull’area si è avuta con l’ Amministrazione Obama che, tramite il programma ERI (European Reassurance Initiative), con un finanziamento pari a 789 milioni di dollari nel 2016 destinato a superare i 4 miliardi nel 2018,  voleva sottolineare la necessità di ridiscutere l’impegno nell’area, in funzione precauzionale. . Il piano prevede lo schieramento di 250 veicoli corazzati, 1750 veicoli su ruote e per l’anno fiscale 2018 e per l’anno fiscale 2018, l’ERI sarà in grado di supportare 6850 unità americane, fra personale dell’ esercito e dell’aeronautica, da coordinare con le forze NATO.

Insomma, le premesse per un conflitto ci sono. C’è un aumento della tensione nella regione baltica? Quali sono le cause e i rischi di queste manovre di ‘provocazione’? Abbiamo provato a rispondere a questi quesiti con Giampiero Giacomello, docente di Studi Strategici presso il Dipartimento di Scienze Politiche dell’ Università di Bologna.

«Noi siamo trasparenti e invitiamo la Russia a essere trasparente nelle sue esercitazioni». Queste le parole del Segretario Generale della NATO Stoltenberg in occasione degli ultimi ‘incontri ravvicinati’ tra gli aerei dell’ alleanza atlantica e quelli russi. Cosa è possibile dire circa queste intercettazioni e perché gli aerei russi sconfinano arrivando a toccare anche lo spazio aereo svedese?

Innanzitutto, vorrei dire che non c’è niente di nuovo nel senso che questa è una prassi che la Russia ha dai tempi dell’ Unione Sovietica, che ha ridotto leggermente all’inizio degli anni ’90, ossia nel momento di maggior calore tra la Russia e la NATO, ma in realtà non ha mai smesso. In realtà i voli riguardano non solo i Paesi baltici e la Scandinavia, ma arrivano fino alla costa est del Regno Unito. La motivazione di partenza è sostanzialmente di carattere militare perché i russi testano le difese della NATO. Agiscono come se dovessero attaccare e vedono qual è il tempo di reazione della NATO.

A questo si è aggiunta una componente politica, di pressione sui Paesi che sono soggetti a questa prassi. Non è un caso che, ad esempio, la Svezia si sia progressivamente avvicinata alla NATO perché altrimenti sarebbe costretta a far alzare in volo i propri aerei continuamente. Anche perché, quando gli aerei russi vengono intercettati dal radar, non si conosce quali intenzioni abbiano e quindi per stare sul sicuro fanno alzare in volo gli aerei e, da questo punto di vista, la vicinanza alla NATO può offrire dei notevoli vantaggi. Ma questa prassi riguarda tutti i Paesi del nord-Europa e sono semplici test alla difesa della NATO.

«La situazione alle frontiere occidentali della Russia tende ad aggravarsi. Questo è legato all’innalzamento delle attività militari dei Paesi della Nato in Europa dell’Est», ha affermato Shoigu, il ministro della difesa russo. E’ d’accordo?

E’ un po’ mettere le mani avanti nel senso che la NATO essenzialmente reagisce all’iniziativa russa. E’ chiaro che se i russi intensificano il numero di voli, la NATO intensifica il numero di intercettazioni. Il vero problema è che si tratta di uno spazio aereo veramente ristretto e complicato e la possibilità di un incidente è molto alta. E’ vero che finora non è mai accaduto niente. E’ capitato tra gli Stati Uniti e la Cina, ma nel nord Europa non è mai successo, però la probabilità c’è sempre perché è uno spazio aereo particolare e, tra l’altro, dato che si parla di aerei militari che viaggiano a velocità elevate ed armati, ecco perché è difficile stabilire quali cosa potrebbe accadere: ci potrebbero essere, ad esempio, delle collisioni in volo che non sarebbero cause di un conflitto, ma certamente aggraverebbero una situazione che non è semplice.

Quanto influisce in questo atteggiamento russo l’ apertura ad un allargamento ad Est da parte della NATO?

Negli anni ’90 c’era stata una notevole riduzione, con la Presidenza Clinton. L’ apertura all’allargamento è stato un passo falso della NATO. L’ accordo tacito tra Clinton e El’cin era che la NATO non sarebbe andata oltre i Paesi europei. Ad onor del vero, la responsabilità è soprattutto dell’ Amministrazione Bush (junior), in parte pensando che la Russia sarebbe rimasta in una condizione di debolezza più a lungo. Questo ha certamente influito sul cambiamento di posizione dei russi. Man mano che la tensione cresce, come nel caso dell’ Ucraina, è chiaro che i russi intensificano questo tipo di attività.

Mercoledì gli Stati membri dell’ UE hanno approvato, all’unanimità, la proroga delle sanzioni alla Russia fino a gennaio 2018. In questo contesto,  questa circostanza assume un notevole peso?

Sicuramente anche questa circostanza non facilita la diminuzione della tensione. Dovrebbe esserci un notevole miglioramento dei rapporti tra la NATO e la Russia per vedere una riduzione considerevole di queste attività aeree.

La Russia tiene schierati circa trecentomila uomini nel Distretto Occidentale. La Nato ha annunciato un aumento della propria presenza in Polonia, Estonia, Lettonia e Lituania. Si tratta del normale comportamento che la NATO ha assunto in quest’area?

In realtà è coerente con quanto la NATO ha fatto durante la Guerra Fredda: al confine delle due Germanie erano schierate forze americane, britanniche, francesi, belghe, olandesi e questa era una sorta di avvertimento all’Unione Sovietica. Fin dall’inizio, il coinvolgimento anche di truppe di Paesi lontani come gli Stati Uniti o il Canada era un chiaro messaggio per dire che ‘la Germania occidentale non è da sola e immediatamente verremo coinvolti’. E questa è la stessa logica che viene applicata oggi, cioè quella di schierare forze dei Paesi NATO nei Paesi baltici in modo da mandare un messaggio alla Russia che se ci dovessero essere degli incidenti o addirittura il rischio di un conflitto con i Paesi baltici, immediatamente tutta la NATO interverrebbe tramite contingenti sul terreno.

A livello geostrategico, perché è importante l’ area baltica per la Russia?

Perché c’è Kaliningrad che si trova in un’aerea che è quasi completamente un’ installazione militare. Il Mar Baltico è stato sempre fondamentale per la Russia perché è uno degli sbocchi verso gli oceani, ma è stato sempre sotto lo stretto controllo della NATO. Ai tempi della Guerra Fredda era strategicamente importante perché il controllo del Mar Baltico avrebbe consentito alle forze sottomarine dell’ Unione Sovietica di arrivare in Atlantico e bloccare i rifornimenti tra Stati Uniti ed Europa. E’ chiaro che non c’è quella tensione, ma è evidente che se la Russia riesce ad esercitare una maggiore influenza nell’area del Mar Baltico, è in grado anche di influenzare tantissimo i Paesi del Nord-Europa.

Risale a novembre 2016 l’installazione dei lanciatori Bastion, in grado di trasportare missili da crociera supersonici P-800 Oniks. I missili da crociera in questione costituiscono una minaccia diretta all’Europa?

Secondo me sì, sono un rischio per la Germania, per la Polonia, per i Paesi scandinavi. Un’ altra delle linee che l’Unione Sovietica perseguiva era quella di riuscire a separare i vari Paesi della NATO dall’Alleanza e nei confronti dei Paesi scandinavi l’idea era quella di esercitare una pressione sempre maggiore tale da far sì che questi si impaurissero e, ad un certo punto, pur rimanendo nella NATO, non giocassero un ruolo attivo. In parte c’è anche questo tentativo da parte della Russia: nel caso della Germania non è possibile riuscire, ma nel caso della Finlandia, della Danimarca e dei Paesi baltici, esercitando una minaccia sufficiente, l’obiettivo è paralizzare questi Paesi così che, qualora ci fosse una crisi con la NATO, non ci sarebbero un fronte coeso tra la NATO e i Paesi scandinavi.

La tensione c’è anche a livello navale?

Gli europei, la NATO, hanno provveduto a riattivare molte difese che avevano durante la Guerra Fredda e che erano state congelate nel periodo degli anni’ 90. Negli ultimi tre o quattro anni, hanno riattivato le difese che avevano proprio contro le infiltrazioni navali della Russia.

Il terreno potrebbe spostarsi nell’ambito cyber?

Quella è una cosa continua, è una guerra continua.

La linea russa, secondo alcuni analisti, è quella della ‘escalation dominance’, cioè di una linea più aggressiva, di accumulazione di tensione.  E’ d’accordo?

In parte c’è il tentativo di testare la pazienza dell’ altro; in parte questo atteggiamento è legato al fatto che questa politica, in effetti, paga. Dal punto di vista politico, la Russia è riuscita ad ottenere dei vantaggi da questa linea muscolare, assertiva come si vede ad esempio in Siria, in Medioriente. Si tratta di una scelta politica e strategica molto delicata perché bisogna testare la pazienza dell’ altro senza utilizzare un atteggiamento troppo aggressivo che farebbe rispondere l’ avversario. Però, in fin dei conti, la Russia si è accorta che questa strategia, in parte usata anche dall’Unione Sovietica, ha anche dei ritorni politici. Quindi è improbabile che venga abbandonata del tutto. Chiaramente viene più o meno accentuata a seconda dei momenti. Se ci dovesse essere un aumento di tensione in Medioriente, probabilmente, ci potrebbe essere un’ intensificazione di questi test sulla pazienza della NATO in Nord Europa.

La nuova Amministrazione Trump potrebbe influire in una modifica dell’ atteggiamento della NATO in corrispondenza di quest’ area di confine tra Europa e Russia?

Non credo ci sarà un cambio di atteggiamento da parte della NATO.  Credo, piuttosto, che qualora ci fossero dei problemi, l’ Amministrazione Trump li considererebbe degli europei. E’ chiaro che, nel caso di un conflitto militare, gli Stati Uniti interverrebbero, ma ho la sensazione che la Amministrazione, che già non prova tanta simpatia per l’ Unione Europea, pensi che questo sia un problema che si devono vedere gli europei. Questo non è facile perché l’ Europa è sempre stata abituata ad avere una leadership americana all’interno della NATO e questi tentativi di un ruolo europeo più coeso e più assertivo sono solo all’inizio.

Ricordiamo che c’è un altro punto di attrito tra Russia e NATO è costituito dalla questione della Crimea. La tensione potrebbe crescere?  

La tensione è durata quarant’anni durante la Guerra Fredda. C’è il rischio di un incidente: se lo si riesce a circoscrivere velocemente come incidente, allora non ci saranno conseguenze. Altrimenti se ci dovessero essere nuove crisi in Medioriente o in Ucraina, allora la situazione in Nord Europa potrebbe risentirne.