«Il paese ha deciso di portarmi alla vittoria del primo turno delle elezioni…  La vera sfida è decidere di rompere con il passato, con il sistema che da più di trent’anni non è stato in grado di rispondere alle aspettative. Dobbiamo aprire una nuova pagina della nostra vita politica. Voglio costruire una maggioranza di governo fatta di nuovi volti e nuovi talenti. Una maggioranza di trasformazione. Sarò il presidente dei patrioti contro il presidente dei nazionalisti». Queste le parole di Emmanuel Macron, uscito vincitore dal primo turno alle presidenziali francesi e che ha conquistato il 23,8% dei voti, seguito da Marine Le Pen al 21,4%. Questi i due candidati che si sono aggiudicati il passaggio al secondo turno previsto per il 7 maggio prossimo.

Nel 2012, il primo turno si era concluso con la vittoria di François Hollande che aveva raggiunto il 28,6% seguito da Nicolas Sarkozy al 27,2 %, lasciando fuori la pur trionfante Marine Le Pen al 17,9%.

Ad ammettere per primo la sconfitta è stato il candidato socialista Benoît Hamon (6,3%), che ha dichiarato, nella stessa circostanza, l’ intenzione di votare al secondo turno per Emanuel Macron. La stessa intenzione è stata manifestata da un altro candidato uscito sconfitto, François Fillon (19,9%), già fiaccato, durante la campagna elettorale, dallo scandalo sui rimborsi che ha coinvolto la moglie e i figli. Per la prima volta, entrambi i candidati dei due partiti tradizionali (socialista e repubblicano) sono stati tagliati fuori dalla corsa all’ Eliseo, considerati l’ ‘establishment corrotto’ da rimuovere.

A non aver voluto dire quale sia la sua intenzione di voto per il prossimo turno è stato il candidato della France Insoumise, Jean Luc Mélenchon(19,6%) che ha invece precisato che i prossimi giorni «saranno quelli dell’esame di coscienza» e, in aggiunta, che «ognuno di voi sa quel è il suo compito e il suo dovere, anche se il risultato purtroppo non è quello sperato».

In questo primo turno che ha avuto un’affluenza dell’80% degli aventi diritto, la leader del Front National, la «candidata del popolo» come si è definita, avrebbe raggiunto la maggioranza dei voti nella parte Nord della Francia, mentre il leader di En Marche, sarebbe stato votato soprattutto nelle grandi metropoli come Parigi, dove, peraltro, l’ estrema destra non ha raggiunto risultati importanti. Elemento da non tralasciare se si considera che neanche tre giorni prima delle votazioni, c’ era stato un attentato nel cuore di Parigi.

La vittoria di Macron sarebbe stata vista di buon occhio dai mercati, in chiave anti-Le Pen: infatti i listini europei, ma soprattutto quello di Parigi, il Cac 40, ha aperto con un +3,9% .

Del risultato delle elezioni francesi, di quali possono essere i possibili sviluppi, sia per il secondo turno delle presidenziali sia per le legislative del prossimo giugno, ne parliamo con il Professor Jean Pierre Darnis, esperto di politica francese oltre che direttore del Programma Sicurezza e Difesa dello IAI (Istituto Affari Internazionali) e professore associato all’ Università di Nizza Sophia-Antipolis.

Secondo lei, qualora vincesse Macron le presidenziali, cosa potrebbe accadere alle elezioni legislative?

Se Macron vince, lì si apre tutto un altro gioco. Gioco che deve vedere Macron solidificare la sua offerta, trasformare al massimo il suo partito in modo tale da presentare candidati in ogni circoscrizione, ma anche eventualmente fare accordi con potenziali alleati di governo. Cose che sono fattibili, ma che richiedono passi di ingegneria politica. Niente è definito. Certamente la cosa che si vede è che l’ unica forza che può governare il paese è quella di Macron. Egli, con la sua candidatura centrista, è riuscito anche a conquistare il primo posto al primo turno delle presidenziali e si trova già con un partito socialista alla sua sinistra e un partito repubblicano alla sua destra che dichiarano di votare per lui al secondo turno. Questo non significa accordo politico, ma significa che, chiaramente, rifiutano la Le Pen. Nell’assenza totale di altri tipi di accordi o di chiamata di altri partiti a votare per Le Pen, che è da sola, con al massimo un piccolo partito, l’unica colonna vertebrale che si può definire sta al centro, intorno a Macron.

C’è tutto da costruire, ma è una via obbligata. Certo se poi le urne non dessero completamente la possibilità di farlo, allora lui avrebbe, da presidente, ulteriore possibilità di farlo, magari cambiando la legge elettorale. Ha il diritto di sciogliere la camera per provocare elezioni anticipate e avere, con una legge elettorale modificata, ad esempio con l’ introduzione di una parte di proporzionale, la possibilità di creare una forza di coalizione. Lo scrutinio di giugno ha delle tecnicità quasi bizzarre: tra il primo e secondo turno si possono mantenere i candidati che hanno superato il 12,5% degli iscritti al primo turno, il che rende possibile il mantenimento di tre  o addirittura anche quattro candidati che si aggirano intorno a quelle cifre.

Nel contesto attuale questa probabilità aumenta, mentre, di solito, con il bipolarismo, sono i due principali partiti che superano il primo turno e vanno al cosiddetto ballottaggio. Quindi soltanto un’ analisi circoscrizione per circoscrizione può aiutare. E’ la stessa differenza che c’è in Italia tra la legge elettorale della Camera e quella del Senato. Ovviamente Macron ha detto che troverà persone nuove in grado di sedurre, ma tutto questo è da vedere, così come la capacità di fare campagna in così poche settimane. Il traino di un’ elezione presidenziale vinta può essere un suo punto a favore. Non so in quali quantità saranno versati gli ingredienti, ma la ricetta è quella.

Non ci dovrebbero essere grandi cambiamenti per il secondo turno delle presidenziali?

Per il secondo turno, il serbatoio di voti di Macron è nettamente superiore a quello di Marine Le Pen. L’ ordine di arrivo non dovrebbe cambiare perché Marine Le Pen, che ha fatto già una performance importante di 7 milioni e mezzo di votanti, non sembra avere riserve enormissime. Ci sarà certamente nella destra, nei Republicains, qualcuno che non obbedirà alla consegna di Fillon e quindi voterà per lei oppure si asterrà. Ci sarà qualcuno dentro il gruppo dei sostenitori di Melenchon che in nome di un voto anti-sistema la voterebbe, ma non sono né accordi di governo né trasferimenti di massa, quindi non ci possono essere dei movimenti di elettorato di quel tipo. Ma d’altro canto la maggior parte dei Republicains, la maggior parte dei socialisti e penso anche una parte non indifferente di sostenitori di Melenchon si porteranno su Macron, quindi per il serbatoio di voti Macron è già in testa. In più ha la possibilità di crescere. Marine Le Pen dovrebbe non soltanto colmare quel buco di 700.000 voti, ma addirittura superare, mi sembra difficile.

Quale sarà il futuro di chi è rimasto fuori, soprattutto della sinistra socialista uscita abbastanza umiliata dalle votazioni di ieri?

Molti della sinistra hanno votato, anche in modo dichiarato, per Macron, pur rimanendo all’interno del Partito Socialista. La destra è uscita altrettanto, se non di più umiliata perché era la destra che doveva vincere. Tutto sommato la sinistra con Hollande era largamente sconsiderata. Macron allargando al centro crea una vittoria del centro-sinistra abbastanza inaspettata. Quindi se uno si pone alla sinistra della sinistra dice “questi non sono di sinistra”, ma se uno ha una visione più allargata di centro-sinistra, un po’ all’italiana, è diverso l’apprezzamento.

Se vinceva Fillon e i Repubblicains poi avessero vinto le maggioranze alle camere, come alcuni avevano previsto, la sinistra avrebbe perso a tutti i ballottaggi, avrebbe avuto un gruppo piccolissimo e sarebbe sparita dalla vita elettorale per cinque anni, nonostante il cattivo risultato dei socialisti alle presidenziali. Ma non è ancora scritta questa storia. La sinistra, almeno fino ai socialisti, fa parte di questa ricomposizione. Che cosa farà Melenchon? È da vedere perché ha raggiunto una fetta alle presidenziali molto alta e di solito poi queste performance non riescono a tradursi in una forza elettorale che rimanga stabile nella forma di un partito, anche perché lui era la fusione di varie forze che lo sostenevano: quindi anche lì non è monolitico, però, chissà, vedremo.

Quale è stata la carta vincente di Macron?

La campagna elettorale è stata tutta incentrata sui cosiddetti ‘affari’, ossia sulla corruzione, sugli impieghi fittizi, sia per la moglie di Fillon sia per alcuni assistenti parlamentari del Front National. Macron con la sua proposta moderata, liberale – sociale, difendendo sia l’intervento dello Stato, ma anche la libertà e crescita economica, ha proposto una Francia piuttosto pulita e non ha avuto grossi intoppi di tipo etico. Queste cose contano e contano molto, soprattutto in un momento in cui tutta la gente critica la classe politica, percepita come corrotta.

L’ affluenza elevata potrebbe confermarsi anche al secondo turno?

Un calo potrebbe essere fisiologico. E ‘ ovvio che coloro che non avranno più il loro campione non andranno a votare, però non penso che ci sia un calo tale da rovesciare completamente la prospettiva, anche perché chi ha votato al primo turno per Macron, ci andrà sicuramente, chi ha votato Le Pen anche, ma anche chi ha votato altri andranno, tra cui quelli che non vogliono Le Pen. Ma mettiamo che il risultato sia così: il 50% va a votare Macron, il 25% si astiene e l’altro 25% vota Le Pen, comunque l’ operazione va a beneficio di Macron.

«Ora la scelta è fra una globalizzazione selvaggia, un mondo in cui i terroristi possono spostarsi indisturbati, e una Francia con delle frontiere rafforzate […] È tempo di liberare il popolo francese da questa élite arrogante» ha dichiarato Marine Lepen. La linea europeista di Macron riuscirà a tenere in queste due settimane di campagna elettorale?

Sì perché Marine Le Pen salta anche sul suo anti-europeismo: con la sua idea del referendum sull’ uscita dall’ euro ha spaventato i risparmiatori. I sondaggi mostrano come in Francia la gente, nonostante sia critica nei confronti dell’ Unione, voglia mantenere l’euro perché tutti hanno questa idea istintiva, tra l’ altro ragionevole, che l’ uscita dall’euro provocherebbe un danno economico pazzesco. Allora molti diffidano di questa uscita dall’euro e quindi va bene la critica dell’ Europa, ma l’ euro non vogliono lasciarlo. Marine Le Pen non può tornare indietro su questa proposta perché fa parte del suo programma. Macron proseguirà a difendere qualcosa di ragionevole.

Quindi questa sua modalità di essere al di fuori dello schema tradizionale può essere la strada giusta, non suscita incertezza?

No. Macron è un ragazzo di buona famiglia, è un grande interprete della modernità, è andato a scuola dai gesuiti, è sposato con una donna di 24 anni più grande di lui, elemento, questo, che lo ha fatto diventare il difensore 2.0 dei diritti delle donne emancipate. Figlio della provincia borghese, che ha delle sfaccettature che per alcuni sono un po’ di destra, per altri un po’ di sinistra.