Il giorno di Pasqua si è votato per il referendum costituzionale in Turchia. Dopo una campagna elettorale praticamente monopolizzata dalla presenza mediatica del Presidente Recep Erdogan e del suo ‘Evet’ e dopo gli aspri contrasti con l’ Unione Europea e alcuni Paesi membri, il risultato uscito dalle urne ha segnato la vittoria del Sì contro il No: 51,4 % contro 48,6 %. Uno scarto molto ristretto se si considerano le condizioni di partenza sfavorevoli alle opposizioni. Va ricordato, inoltre, che l’ affluenzasi è attestata al 84% circa degli aventi diritto.

Ma numerose sono state le denunce di brogli che, fin da domenica sera, sono state sollevate: l’ Osce (Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione Europea) ritiene siano 2,5 milioni i voti a rischio manipolazione, avendo considerato valide anche le schede sulle quali non era stato apposto il timbro. Questi sospetti hanno portato della gelida cautela in molte cancellerie europee, ma non hanno evitato che il Presidente degli Stati Uniti Donald Trump telefonasse Erdogan per congratularsi della vittoria ottenuta. I rapporti con l’ Unione Europea potrebbero ulteriormente deteriorarsi a fronte di questo risultato referendario, anche se la Turchia è il Paese che accoglie, con i soldi europei, circa 3 milioni di immigrati.

Risale a ieri, inoltre, la notizia che sarebbe precipitato l’ elicottero sul quale viaggiavano 12 passeggeri tra cui tre membri della Commissione elettorale, al centro delle polemiche da domenica.

A partire dal colpo di stato del 15 luglio 2016, il deficit di libertà e di diritti è aumentato vertiginosamente. Ma in cosa consisteva questa modifica della Costituzione della Repubblica, oggetto del voto referendario? Sostanzialmente un capovolgimento della struttura istituzionale della Turchia: passando da un sistema parlamentare, in cui il Parlamento dà la fiducia al governo, ad un sistema presidenziale, in cui il potere esecutivo è in capo al Presidente della repubblica, che viene eletto ogni cinque anni, in concomitanza delle elezioni politiche e che acquista la facoltà di nominare e revocare i ministri. A questo cambio di fondo, si aggiunge una nuova procedura di impeachment, una nuova composizione del consiglio dei giudici e dei pubblici ministeri. Insomma quanto basta per suscitare il timore che la direzione sia verso un autoritarismo vero e proprio.

Dell’ esito del referendum e delle sue conseguenze sul futuro della Turchia, ne parliamo con M. Zuhdi Jasser, Presidente dell’ American Islamic Forum For Democracy, oltre che autore del libro ‘Una battaglia per l’ anima dell’ Islam’. Si descrive come un “devoto musulmano che crede che l’ America sia l’ atmosfera migliore per praticare la propria fede”. Quindi un musulmano lotta per la possibilità di far coesistere la modernità occidentale con il credo islamico, anche attraverso l’uso della radio e del suo “Reform this” sull’ americana Blaze Radio Network.

 

Erdogan ha vinto il referendum con il 51,3%. E’ una sconfitta?

Da qualsiasi punto lo si guardi, questo referendum imposto ai cittadini turchi è una sconfitta per la libertà e la democrazia. Le numerose irregolarità nelle votazioni, i resoconti delle popolazioni escluse e le anche discutibili ‘schede estere’ sono tutti punti che evidenziano la continua e crescente corruzione e nel governo Erdogan. Il partito di opposizione ha denunciato molte di queste anomalie e il mondo è in attesa di una revisione della legittimità di questo referendum. E’ incredibile che importanti cambiamenti costituzionali possano essere istituiti anche con una maggioranza semplice, piuttosto che una super-maggioranza pari al 67 per cento.

Secondo la sua promessa come sindaco di Istanbul nel 1996, Erdogan vede la democrazia come un treno che si può far deragliare una volta raggiunta la sua destinazione, e lui ora ha preso la Turchia fuori dai binari con il pretesto della volontà della maggioranza. Se il 49 per cento, o in realtà più, di cittadini turchi rifiutano i poteri autocratici incontrollati di Erdogan, questo referendum potrebbe essere la scintilla per iniziare il risveglio turco contro il culto nascente del ‘Califfo’ Erdogan e del suo aspirante ‘Califfato’. Che le elezioni siano legittime o meno, la democrazia muore quando la maggioranza (50 per cento più uno) non è disciplinata dallo stato di diritto che ha il cardine fondamentale nella libertà individuale ed in cui i diritti delle minoranze sono uguali e protetti. Nella migliore delle ipotesi la Turchia è diventata un ‘majoritocracy’ autocratica islamista e nel peggiore dei casi è divenuta il culto islamista di Recep Erdogan.

Testimonia il grande potere che ha Erdogan in Turchia?

Tutte le tirannie mantengono il potere attraverso un processo di consolidamento del benessere del regime. Questo è stato il manuale di gioco di ogni regime. Questo è esemplificato nelle tirannie nazionali e globali delle monarchie Petro-islamiche del Golfo arabo. Erdogan e i suoi alleati islamisti dell’ AKP hanno capito come mantenere e consolidare i centri di potere finanziario della Turchia nel settore business in particolare i mezzi di comunicazione. E quando non sono in grado di far questo, hanno usato i poteri del regime per reprimere, imprigionare e torturare i dissidenti.

Quale destino attende la Repubblica Turca e la democrazia?

L’unica speranza ora sono le manifestazioni pubbliche, i raduni e un movimento se non addirittura una rivoluzione (per ora risveglio turco ma parte di un più generale risveglio arabo) contro l’attuale regime. L’unica speranza per il futuro di ogni parvenza di vera democrazia in Turchia è quello di guardare indietro a rafforzare la Costituzione e le istituzioni della Turchia per impedire questo tipo di usurpazione del potere da parte dei cittadini. I controlli legali e contrappesi hanno bisogno di cambiamenti fondamentali per la costituzione al fine di proteggere la repubblica contro questo tipo di strisciante autoritarismo esecutivo. Le proteste di Gezi Park dell’estate del 2013 furono gli inizi di questa possibilità. La democrazia non può sopravvivere quando una costituzione può essere modificata donchisciottescamente dal 50 per cento più uno della popolazione. C’è bisogno di protezioni se non una super-maggioranza (es. 67 per cento) della popolazione o di come gli Stati Uniti in un sistema federale in cui c’è bisogno di una super-maggioranza di Stati, piuttosto che di semplici numeri della popolazione. E’ importante notare, inoltre, che la tirannia islamista dell’ AKP e la sua leadership non è stata, come il partito di opposizione non è certamente, del tutto democratico nella sua storia. Anche l’ opposizione ha la sua storia di autoritarismo in Turchia. Come per ogni nazione a maggioranza musulmana, l’unica strada futura per la popolazione sarà quella di forgiare una nuova terza via verso la libertà e una repubblica costituzionale radicata nello Stato di diritto e nella tutela dei diritti individuali. Così il destino della democrazia della Turchia è nelle mani del suo popolo e io credo anche che, poiché la Turchia è un membro della NATO, che incombe sulle democrazie dei Paesi partecipanti, questa costituirà uno strumento per far in modo che la Turchia mantenga i nostri standard di diritti umani universali e la democrazia.

Numerose sono state le accuse di brogli. Riusciranno le opposizioni a provare queste frodi?

Il leader dell’ opposizione Kemal Kılıçdaroğlu ha detto che il suo partito si opporrà ai risultati del referendum per il fatto che il voto sarebbe stato manipolato dal Supremo Consiglio delle elezioni.Siamo in attesa di sentire di più da varie fonti interne Turchia. Ma i problemi in Turchia sono molto più profondi dei semplici risultati delle elezioni o della loro legittimità.

Riuscirà il Presidente a rimanere al potere fino al 2034?

Sembra che il presidente Erdogan resterà al potere a lungo come vuole, con i pochi mezzi rimasti per le persone che vogliano far sentire la propria voce di legittima protesta contro le ‘elezioni’ e contro la soppressione dei dissensi. Erdogan va dicendo che ‘non è un dittatore’. Ho paura per i 3 a 5 milioni di dipendenti pubblici che ora, sulla base di questo referendum, sono passati sotto il controllo diretto di Erdogan. Ma la serie di cambiamenti in Turchia negli ultimi dieci anni e più da quando il partito islamista dell’ AKP ha assunto il potere è stata graduale spogliando la Turchia di qualsiasi parvenza di democrazia e avviandola verso un’autocrazia autoritaria. Il regime di Erdogan ha fatto rispettare le leggi sulla blasfemia contro i dissidenti e ha rimosso le opposizioni dalle università, dal governo e dalle forze armate. Ci sono prove significative che il cosiddetto ‘colpo di stato’ della scorsa estate sia stato probabilmente messo in scena per legittimare l’ epurazione di vari leader dell’ opposizione nelle università e altrove. Come la maggior parte delle dittature arabe e islamiche, le elezioni sono semplicemente un esercizio di futilità con poca legittimità, ma per dare ad un tiranno la patina di volontà popolare mentre si usurpano le garanzie dello Stato di diritto contro la tirannia.