A guidare da quasi un triennio la Repubblica Turca è il leader dell’AKP, cioè del Partito per la Giustizia e lo Sviluppo, Recep Tayyip Erdoğan, dopo ben tre mandati da primo ministro. Da quando si è affacciato al vertice della politica nazionale, il ‘neo-sultano’ non ha mancato di utilizzare il pugno forte sia sul fronte interno che sul fronte esterno, tanto da guadagnarsi questo appellativo, facendo temere quasi di esser tornati indietro di novant’anni. E’ in atto, al momento, la campagna referendaria per la tornata che si terrà il 16 aprile prossima in Turchia, che avrà per oggetto una modifica della costituzione turca: tale modifica dovrebbe riguardare la presidenza della repubblica, in particolare un allargamento dei poteri del presidente, così da trasformare in modo decisivo la struttura istituzionale del paese, tentando di giungere ad una totale identificazione della religione con lo stato in una figura autoritaria che controlla tutti gli apparati pubblici. «La nostra nazione il 16 aprile va al voto…e darà la migliore risposta» è quanto detto a proposito da Erdogan in diretta polemica con l’ Olanda.
Difatti, nell’ ultimo periodo, il complesso rapporto che la Turchia intrattiene con l’Unione Europea è divenuto ancora più teso. Proprio la settimana scorsa, lo scontro diplomatico tra Olanda e Turchia, per il divieto emesso dalla prima di non permettere un comizio alla ministra turca della famiglia Fatma Betul Sayan Kaya e ancor prima aver negato il permesso di atterrare all’aereo del ministro degli esteri turco Mevlüt Cavusoglu, ha dato origine a scontri e manifestazioni di piazza, ha causato l’ interruzione delle ‘relazioni ad alto livello’ tra Olanda e Turchia ed ha scatenato le accuse del Presidente Erdogan che ha dichiarato: «L’ Olanda fa terrorismo di stato» e poi «conosciamo quel Paese dal massacro di Srebrenica», insomma un clima tutt’ altro che sereno.
«Un dialogo robusto è il cuore delle democrazie, ma ci deve essere rispetto» quindi «chiedo che ci sia un approccio misurato» fra Olanda e Turchia. Lo ha detto il segretario generale della NATO, Jens Stoltenberg, aggiungendo che «l ‘importante è concentrarci sulle sfide comuni e non sulle questioni che incidentalmente ci dividono».
Non è da tralasciare che da diversi anni, di entrare a far parte dell’ UE, ricevendo risposta negativa dalla comunità che considera non soddisfatti tutti i parametri di riconoscimento di diritti e di libertà democratica dal paese richiedente. Ma, come ha ricordato Federica Mogherini, Alto Rappresentante della Politica Estera e di Sicurezza dell’UE, la comunità europea è pero giunta ad un compromesso sul dossier dei migranti, pagando la Turchia perché riconosca loro asilo, evitando che essi intraprendano viaggi disperati pur di giungere in Europa.
Questo ‘servizio’, che è stato ben retribuito alla Turchia dall’ Unione Europea, viene utilizzato come arma di ricatto da parte della prima, soprattutto quando, come in questi ultimi giorni, la seconda non si adegua al volere del ‘sultano’ tanto da far dire al ministro degli Interni turcoSuleyman Soylu, intervenendo nella polemica con Olanda e Germania, che «i turchi non votano in Europa e non si tratta di cambiare la loro costituzione. Se proprio ci tengono possiamo recedere dall’accordo di un anno fa, aprire la frontiera e mandare in Europa 15 mila rifugiati al giorno».
Il 15 luglio 2016, la Turchia viene sconvolta da un tentativo di colpo di stato da parte di militari dell’esercito che si consuma nell’ arco di una notte: i golpisti, dopo aver bloccato con carri armati il ponte sul Bosforo e l’accesso ai principali aeroporti nazionali, bombardano l’area del palazzo residenziale. Il presidente, che in quel momento si trova in vacanza fuori città, si collega tramite Facetime, al CNN Turk, denunciando l’ azione sovversiva in atto ed incitando la popolazione alla sollevazione. Il suo appello trova risposte positive nel popolo, che scende in piazza e, con l’aiuto dell’ esercito leale al capo di stato, mette fine alla cospirazione. Dalla data del golpe, il paese è entrato nello stato di emergenza, accompagnato da una progressiva riduzione del quantitativo di libertà e diritti riconosciuti ai cittadini, processo, questo, di cui il referendum che si terrà ad aprile è l’ espressione più esemplificativa.
Del colpo di stato, il Presidente ha immediatamente indicato colui che, a dire suo e di molti del suo entourage, era il responsabile: Fethullah Gulen. Quest’ ultimo, ex imam, è stato un alleato sodale di Erdogan e dell’ AKP fino al 2013, ovvero fino a quando non ha denunciato lo scandaloso stato di corruzione che, secondo lui, affliggeva il partito dell’ allora premier. Il premier aveva risposto chiudendo molte delle strutture di insegnamento del dissidente presenti in Turchia. A seguito del golpe, Erdogan aveva richiesto agli USA l’ estradizione per Gulen, accusato di terrorismo e di cospirazione dalle autorità turche. Gli Stati Uniti, per parte loro, non hanno mai accettato la richiesta di estradizione, conseguendo, così, un peggioramento delle relazioni tra i due Paesi.