Da sempre la Cina gioca un ruolo molto importante sullo scacchiere mondiale delle relazioni internazionali. Soprattutto in questi ultimi giorni, sembra che l’ area asiatica stia precipitando, progressivamente, sull’orlo di una crisi di non facile soluzione. Al centro delle notizie in queste ultime ore vi è la tensione tra due nemici storici: la Corea del Nord e la Corea del Sud. Risale al 1950 la guerra tra queste due nazioni e, ad oggi, non sembrano passati quasi settant’anni.

La Corea del Nord ha infatti lanciato quattro missili nel Mar del Giappone, proprio mentre era in corso un’esercitazione congiunta USA-Corea del Sud. Già nel corso dell’ incontro avvenuto alla Casa Bianca il 10 febbraio scorso tra il presidente del Giappone Shinzo Abe e il nuovo presidente americano Donald Trump, quest’ ultimo aveva dichiarato: «Ci impegniamo per la difesa del Giappone» e aveva intimato alla Corea del Nord di abbandonare il programma missilistico nucleare e di fermare le provocazioni.

In risposta all’ ultima provocazione da parte di Kim Yong Un, il ministero della Difesa sudcoreano e il comando Usa delle Forze in Corea del Sud avevano dichiarato di aver trasportato alcuni lanciamissili e altri elementi del Thaad nella base Usa di Osan, 70 km a sud di Seoul. Si tratta di un sistema antimissile in grado di difendere la Corea del Sud dalle ostilità nordcoreane. L’ installazione di tale sistema non ha lasciato indifferente la Cina, in particolare il suo ministro degli Esteri, Wang Yi il quale ha ribadito la sua ferma opposizione allo spiegamento del sistema anti-missilistico Thaad in Corea del Sud. Ma Seoul e Washington hanno sempre ribadito che il sistema è soltanto difensivo e non costituisce una minaccia agli altri Paesi della regione. Da quando Usa e Corea del Sud hanno deciso di lanciare il Thaad, la Cina ha attuato un boicottaggio delle merci coreane.

Wang Yi ha definito quella che, secondo lui, dovrebbe essere la ricetta per disinnescare la ‘bomba’: interruzione degli esperimenti nucleari e delle provocazioni da parte della Corea del Nord e la cancellazione delle esercitazioni congiunte da parte di Washington e Seoul. Proprio in questi giorni, è stata annunciata da parte cinese un aumento del 7% della spesa militare, facendo mantenere alla Cina il secondo posto nella classifica mondiale delle Nazioni per spese di difesa. Tra tutti, gli investimenti militari che la Cina sta compiendo sulle isole contese del Mar Cinese meridionale, giustificati come un ‘aiuto alla navigazione sicura’ delle merci, sono quelli che creano maggior tensione a livello internazionale. Si tratta di radar, basi militari, rampe

di lancio che hanno un chiaro scopo difensivo. Senza contare che proprio l’estate scorsa, l’Aja aveva rigettato le rivendicazioni territoriali della Cina nel Mar Cinese meridionale. Va ricordato che proprio in queste ore si sta consumando, inoltre, una vera e propria crisi politica nella Corea del Sud, con le dimissioni della Presidente Park Geun-hye, coinvolta da mesi in un scandalo di corruzione e clientelismo, comportando una forte instabilità in uno dei protagonisti di quest’ area già, di per sé, critica.

Dell’ attività militare della Cina e di come questa si appresti a confrontarsi con i diversi contesti nell’area asiatica ne parliamo con il generale Vincenzo Camporini, vicepresidente dello IAI, Istituto Affari Internazionali. Si arruola in Accademia Aeronautica nel 1965, percorre tutti i gradi della carriera militare fino a ricoprire la massima carica di Capo di Stato Maggiore dell’Aeronautica (2006-08) e di Capo di Stato Maggiore della Difesa (2008-11). Fino al novembre 2011 è stato consulente del Ministro degli affari esteri Franco Frattini per poi essere eletto vicepresidente dell’Istituto Affari Internazionali.

 

Fu Ying, in una conferenza stampa che ha anticipato l’Assemblea nazionale del popolo, ha annunciato che quest’anno la Cina aumenterà il bilancio delle Forze armate ‘di circa il 7%’, mantenendo il secondo posto nella classifica mondiale delle nazioni che spendono in difesa. E’ un annuncio che ci deve preoccupare?

Negli ultimi anni la Cina, ogni anno, ha aumentato dall’8 al 10% del proprio bilancio per la spesa militare e anche quello di quest’ anno mi sembra assolutamente in linea con questa tendenza. Anzi si può notare una certa decelerazione anche tenendo conto della flessione economica. La notizia allarmante non è l’aumento di quest’anno, bensì la tendenza ad avvicinarsi al 10% degli ultimi anni. Vi è stato un cambiamento radicale della politica cinese, che non è stato deciso ieri, ma qualche anno fa, che ha spostato l’attenzione della capacità militare dal contenimento interno all’espansionismo. La Cina è passata da una forza di difesa del proprio territorio ad una capacità di proiezione all’esterno ed è questo l’obiettivo che sta perseguendo.

Fu Ying ha aggiunto: «Il presidente Usa Donald Trump ha prospettato una crescita del 10% delle spese militari nel suo Paese, la tensione sta portando a un’escalation militare di tutti i Paesi della regione. (…)». Inoltre ha sottolineato come per la Difesa la Cina spenda l’1,3% del Pil contro oltre il 3 per cento degli Usa. Ad oggi, come ricordato dal portavoce, il gap tra Cina e Usa è ancora consistente, ma quali sono le prospettive future? A che punto è la Cina, nell’ambito del suo armamento?

Tecnologicamente sta superando il gap tecnologico, che in passato era indubbio e lo sta facendo con molta determinazione, anche sfruttando la possibilità di accedere alle tecnologie occidentali e alle tecnologie russe. Ultimamente ha fatto un ‘ulteriore acquisizione di velivoli da combattimento russi. Attraverso l’engineering, potranno acquisire le tecnologie in grado di farli diventare completamente autonomi. Se facciamo un confronto tra la tecnologia militare cinese di dieci anni fa e quella di oggi, c’è un abisso.

«Aumentare le capacità della Cina aiuterà a mantenere la pace e la stabilità nella regione, piuttosto che il contrario». E’ d’accordo con quest’affermazione di Fu Ying?

Io sono abbastanza pessimista. Il mondo è un caos. In questo caos, quello che sta avvenendo nel sud- est asiatico è la situazione che mi preoccupa di più perché si stanno creando tutti gli ingredienti per un incidente e gli incidenti, si sa come cominciano, ma non si sa come finiscono. Abbiamo il problema della Corea che non deve essere sottovalutato e il problema del Mar della Cina Meridionale: si tratta di un mare molto ampio, con un’ ampiezza pari al mediterraneo o forse di più, che la Cina rivendica come acque territoriali comportando delle conseguenze dirette sulla concezione di libertà di navigazione che sono le linee fondamentali su cui si basa l’economia globale. E questo è un principio che gli americani vogliono affermare a tutti i costi: di qui, poche settimane fa, la crociera fatta dal gruppo portaerei Carl Vinson, che ha attraversato quelle acque che i cinesi dicono di essere territoriali. È un gesto, sicuramente, molto significativo, considerando la regola delle 12 miglia e questi scogli che la Cina pretende essere suoi così come altri pretendono che siano loro. Quindi siamo al centro di una controversia: la Cina ha infatti recentemente rigettato una sentenza della corte dell’ Aja.

Attività cinese sulle isole del Mar Cinese

Attraverso alcune fotografie satellitari americane, si è visto che Pechino sta attuando la militarizzazione di alcune isole e atolli fino a pianificarvi l’installazione di rampe di lancio per missili terra-aria giustificando queste attività ribadendo l’ intento di proteggere la sua sovranità oltre che salvaguardare la libertà di navigazione nella zona, indifferente alle proteste di altri paesi della zona. Fra questi vi sono Taiwan, Filippine, Vietnam, Malaysia, Brunei, che, per garantirsi dalla Cina, non disdegnano la presenza militare americana. Ci sono gli estremi per una crisi internazionale?

Sicuramente sì, il potenziale c’è. Io mi auguro che il buon senso prevalga da tutte le parti, ma gli ingredienti, purtroppo, ci sono tutti. Prima è stata ricordata la questione della Corea, quella è una grandissima preoccupazione. La Cina nei confronti avverte con grande fastidio questo attivismo del dittatore di Pyongyang e quindi, in qualche modo,  si sente molto in imbarazzo. Di qui, ad esempio, la decisione di sospendere l’ importazione di carbone in modo tale da strozzare l’ economia della Corea del Nord, cercando di ricondurla a miti consigli. Però, considerando anche quanto sta accadendo dal punto di vista politico in Corea del Sud con instabilità, abbiamo una situazione in cui può succedere di tutto: dal semplice incidente in su, incidente che è già successo, come ricorderà, quando, qualche tempo fa, un velivolo americano da ricognizione ebbe una collisione in volo con un caccia cinese, fu fatto atterrare e i cinesi lo fecero smontare.

Attività cinesi sulle isole del Mar Cinese

È probabile che la Cina provveda, oggi, ad aumentare la capacità militare di queste installazioni sulle isole del Mar Cinese Meridionale?

Questo potrebbe essere funzionale alle strategie cinesi, ma certo è che ora hanno una capacità militare che prima non avevano.

Molti analisti sostengono che l’obiettivo di Trump sia di indurre la Cina a una corsa al riarmo tale da non riuscire ad essere attuato economicamente e socialmente. Condivide tale analisi?

Non credo perché le potenzialità economiche cinesi sono molto grandi e questa situazione è molto diversa rispetto a quella della fine degli anni ’80 quando Reagan strangolò l’URSS, contando sul fatto che l’Unione Sovietica non aveva risorse finanziarie per questa corsa. La Cina queste risorse le ha. Riguardo alla comparazione dei bilanci militari, sono molto scettico circa le analisi di chi fa valutazioni solo dal punto di vista economico. Il fatto che il costo della vita e quindi del mantenimento dell’ apparato militare è diverso in occidente rispetto alla Cina.  Un soldato cinese costa ogni anno una frazione di quello che costa un soldato occidentale, quindi se si dice, per esempio, che la Cina spende la metà rispetto all’America in attività militare, in realtà, è come se spendesse il doppio perché il rendimento di ogni singola unità monetaria è molto più elevato, così come avviene per il costo della vita, lo stesso per gli apparati militari.

 Il ministro cinese degli esteri Wang Yi ha ribadito la sua ferma opposizione allo spiegamento del sistema anti-missilistico Thaad in Corea del Sud, denunciandone la minaccia per Seoul. Il giorno precedente, infatti, il ministero sudcoreano della Difesa e il comando Usa delle Forze in Corea avevano dichiarato di aver trasportato alcuni lanciamissili e altri elementi del Thaad nella base Usa di Osan, 70 km a sud di Seoul, iniziando, di fatto, l’installazione del Thad.  Perché la Cina teme l’ installazione del sistema Thaad in Corea del Sud?

Francamente fatico a capirlo perché si tratta di un sistema difensivo quindi non è certamente una minaccia per la Cina. Può diventare una minaccia per la Cina nella misura in cui riduce la capacità di deterrenza dell’ arsenale cinese. Diciamo che è un ragionamento che io considero abbastanza complicato.

Wang Yi ha, inoltre, paragonato la situazione coreana a «due treni ad alta velocità che stanno per scontrarsi in cui nessuno è disposto a lasciare la strada all’altro». E’ un paragone calzante? Ci sono gli estremi per ribaltare la situazione?

Non sarei così pessimista. Diciamo che sono molto preoccupato, non vedo una situazione di tipo deterministico. Certo è che i guidatori di questi treni devono darsi una regolata.

Dal suo punto di vista, per la Cina, al momento, è più pericolosa l’area del Mar Cinese Meridionale o l’ area coreana? Perché?

Sono pericoli diversi perché hanno rischi diversi. Il Mar Cinese Meridionale è una questione fra Paesi che comunque hanno una consapevolezza dei rischi che corrono. Per quanto riguarda la Corea, temo che il regine nord-coreano questa consapevolezza non ce l’abbia nella stessa misura in cui ce l’ ha l’ Occidente. Quindi è forse più preoccupante l’ area nord, l’ area della Corea.

Se le situazioni prima ricordate degenerassero, da quale conflitto deriverebbero, per la Cina, le maggiori difficoltà?  Perché?

È molto difficile da valutare. Sono situazioni che presentano aspetti politici diversi quindi non saprei dare una risposta a questa domanda.

Trump ha definito l’alleanza tra Washington e Tokyo una «pietra angolare della stabilità in Asia orientale». Conosciamo la diffidenza che regna tra Cina e Giappone e le ultime contese territoriali tra Cina e Giappone. Che sviluppo potrebbe avere il rapporto Cina – Giappone in questo contesto?

E’ un rapporto molto altalenante. I cinesi non possono dimenticare quanto avvenuto alla fine degli anni ’30; i giapponesi vorrebbero dimenticarlo. Il problema del rapporto Cina – Giappone è un problema che rimane, non a livello di conflittualità immediata, ma rimane. Il Giappone è legato agli Stati Uniti ma ha anche poderosi investimenti in Cina e se i rapporti divenissero più tesi, anche gli investimenti sarebbero a rischio. Tendo a pensare che la situazione è abbastanza stabile, con dei risentimenti, ma abbastanza stabile.

Ci possono essere gli estremi per un miglioramento di questa crisi nell’area coreana?

La Corea del Nord è un protettorato della Cina, scomodo, ma è sempre un protettorato. Certamente la Cina vedrebbe con enorme disappunto, per usare un eufemismo, se ci fosse un radicale cambiamento nell’area come, faccio per dire, una riunificazione delle due Coree. Questo sarebbe estremamente pericoloso per la Cina perché, in qualche modo, diventerebbe un rischio per le proprie frontiere settentrionali, anche perché vi sarebbe il rischio di un’ invasione di profughi dalla Corea del Nord verso la Cina e questa è una situazione che i cinesi considerano molto preoccupante, soprattutto se questo avvenisse con l’ aiuto degli Stati Uniti, che è la potenza con cui la Cina si deve misurare. E’ quasi fanta-politica però, sa, chi deve fare gli scenari, deve considerare tutti le possibilità per essere pronto a reagire in modo razionale.

E quanto può incidere la politica estera fuori dagli schemi del nuovo presidente Trump?

Proprio ieri sentivo la tesi di un nostro esponente politico, tesi che mi sembra interessante: Trump starebbe seminando incertezza perché è l’ incertezza che favorisce il negoziatore quindi la confusione che si avverte potrebbe anche essere voluta proprio per far sì che l’ interlocutore non sappia fin dove si può spingere e sia prudente nella proprie richieste. I prossimi mesi ci diranno se è così.