Nel week-end, Angela Merkel ha sbaragliato le carte sul tavolo. Ha parlato di un’ “Europa a due velocità”. Dichiarazione che arriva in un momento molto difficile per l’ Unione Europea, sferzata prima dalla Brexit poi dal ciclone Trump e quotidianamente afflitta dalle accuse di tecnicità, astrattismo, inutilità da parte dei partiti nazionalisti ed estremisti interni ai vari paesi componenti. Almeno dalla caduta del Muro di Berlino e quindi dalla sua riunificazione, la Germania ha assunto una posizione quasi egemone in Europa. A guidare la Germania da dodici anni, è Angela Merkel. Le prossime elezioni tedesche sarebbero previste per il prossimo autunno. La cancelliera, che sta concludendo il suo terzo mandato, ha deciso di ricandidarsi, dichiarando il 20 novembre 2016, durante una conferenza stampa organizzata dalla CDU, il partito dei cristiano-democratici uniti: «In ogni caso questa elezione sarà difficile come mai in passato, almeno dalla riunificazione tedesca». Delle difficoltà di questa elezione federale, tra il populismo nazionale e quello europeo in una sfida elettorale che si prospetta dall’esito non scontato, ne parliamo con Ferdinando Nelli Feroci, già ambasciatore ed ex commissario europeo, oggi Presidente dello IAI, Istituto Affari Internazionali. Dopo una lunga carriera diplomatica e come dirigente presso il Ministero per gli Affari Esteri, nel giugno 2014 è indicato dal governo Renzi per sostituire Antonio Tajani, eletto membro del Parlamento europeo, come Commissario europeo dell’Italia. Il presidente José Manuel Durão Barroso gli conferisce il medesimo portafoglio del predecessore cioè quello per l’industria e l’imprenditoria.
Si sta per concludere il terzo mandato da cancelliera di Angela Merkel. L’economia tedesca ha una crescita annuale del Pil vicina al 2%, il tasso di disoccupazione è inferiore al 5%. Il bilancio del suo governo è positivo o negativo?
La mia valutazione è altamente positiva, ha una crescita brillante, è molto competitiva sull’export. Perfino sul fronte della politica interna, nonostante tutto, l’ AFD (Alternative Fur Deutschland) è attestato solo al 10% dei consensi. Il paese che meno risente di questa onda lunga delle formazioni anti-sistema.
Frauke Petry. AFD
Quanto l’ AFD fa suo dell’esempio americano di Donald Trump?Quanto ne risulta influenzato?
Se dovessi giudicare sugli ultimi sondaggi direi di sì anche perché Trump ha preso di mira la Germania e quindi non mi sorprende che in Germania goda di minor popolarità rispetto a quanto avviene in altri paesi europei. Vedo le dichiarazioni della Le Pen in Francia, vedo le dichiarazioni di Grillo e di Salvini in Italia che testimoniano una grande popolarità in Italia, ma sembra che in Germania ci sia più cautela nei confronti della nuova amministrazione americana e mi sembra che abbia fatto meno breccia di quanto non stia facendo in altri paesi europei. Sono sicuramente minori rischi di una vittoria dell’ AFD rispetto ad altri paesi europei. L’unico dubbio è quale coalizione potrà sostenere il prossimo governo in Germania. Verosimilmente un nuovo governo guidato dalla Merkel. C’è una risalita della popolarità dopo la candidatura di Schulz, ma resterebbe per la Merkel un’ esigenza di alleanze. Bisogna vedere se si ripete l’esperimento della grande coalizione o quale altra coalizione potrebbe sostenere il governo. Ad oggi è difficile pensare ad un altro tipo di coalizione.
La cancelliera Merkel ha guidato un governo di coalizione SPD-CDU. Come si ritrovano questi due grandi partiti, a pochi mesi dalle elezioni?
I socialdemocratici hanno individuato un candidato: Schulz. Dagli ultimi sondaggi, si evince che democratico – popolari e socialisti restano i partiti protagonisti di questa campagna elettorale e direi che è l’unico paese europeo che va alle elezioni dove non c’è un rischio di vittoria delle formazioni euro-scettiche ed anti- sistema.
È possibile, secondo lei, un nuovo governo di grande coalizione?
È possibile, sarebbe abbastanza clamoroso se si separassero in vista di una campagna elettorale.
Singmar Gabriel, SPD
Pochi giorni fa, Singmar Gabriel, Presidente federale dell’ SPD, ha dichiarato: “Se corressi io, fallirei e con me la SPD”, ufficializzando la sua rinuncia alla guida del partito nella corsa alla carica di cancelliere tedesco. Era un’ azione politica necessaria?
A me è sembrato un gesto coraggioso da parte di un uomo politico che ha riconosciuto le proprie debolezze e magari qualcun altro seguisse il suo esempio anche in altri paesi. È talmente difficile che qualcuno rinunci alla propria carica, alla propria poltrona. Mi è sembrato un gesto da tenere in considerazione. Direi che, stando ai dati sulla popolarità di Schulz e di Gabriel, che è stato anche un gesto corretto nei confronti del suo partito, l’ SPD.
Come valuta la candidatura di Schulz per l’ SPD? E il risultato dell’ultimo sondaggio diffuso per il quale l’ex presidente del Parlamento europeo si attesterebbe più in alto rispetto ad Angela Merkel?
Martin Schulz, SPD
Per l’ SPD sicuramente, anche perché è un partito che al momento non poteva proporre un altro candidato della stessa statura, visibilità e successo di leadership che potrebbe avere Schulz. E’ anche molto incoraggiante poiché, dato che Schulz fa una politica molto filo-europea, dopo parte della sua carriera passata al Parlamento Europeo, sotto questo profilo, passa un messaggio molto positivo. Il tasso di consenso personale, però, è molto diverso dal consenso delle formazioni politiche. Di certo è una buona scelta da parte dei socialisti.
Durante il suo governo, Angela Merkel ha dovuto prendere decisioni cosiddette “impopolari”, tra le quali quelle sull’ immigrazione e sull’ accoglienza. Come questo tipo di politiche graveranno sulla corsa della Merkel alla rielezione? Quanto l’immigrazione sarà al centro di questa campagna elettorale? Chi sembra avere le proposte elettorali più credibili a questo riguardo?
Questo è un tema con il quale si confrontano un po’ tutte le società europee. Dietro quella posizione c’era un profondo convincimento personale di fronte ad un ‘emergenza umanitaria come quella dei profughi dalla Siria. E’ un’ emergenza forse ora più sotto controllo con l’accordo Europa – Turchia, con meno pressione sul fronte migratorio dai Balcani, consentendo alla Germania di non dover ricorrere a misure di accoglienza massiccia, ma con strumenti più ordinari, senza dover fare un gesto così clamoroso ed importante come quello che ha fatto quanto ha aperto ai profughi.
Da tempo alla Germania viene rimproverata una posizione molto forte, di egemonia, in Europa. Pochi giorni fa, la cancelliera ha aperto le porte ad una possibile “Europa a due velocità”. Come spiega questa apertura così rivoluzionaria? Quali sarebbero le conseguenze per la Germania?
Io trovo che in questo momento ci sia bisogno di una leadership forte, aspettandoci che la Germania prenda iniziative importanti per il futuro dell’ Europa. In questo senso sono molto favorevolmente colpito da questa apertura che ha fatto sull’ Europa a due velocità. Proposta non molto originale o innovativa, ma è importante che venga dalla Merkel. Dobbiamo tener conto della diversità dei vari stati membri. Mi sembra molto importante perché è una cancelliera che vuole prendere un ruolo di guida in Europa. Si parla di egemonia riluttante, ma noi dobbiamo puntare sulla Germania. Dobbiamo anche augurarcelo, che la Germania voglia assumersi questo ruolo di guida.
Sarà dunque diverso l’approccio al tema dell’ Unione Europea in Germania rispetto ad altri paesi?
Certamente, in Germania, essendo i due maggiori partiti europeisti, non ci sarà lo stesso tipo di situazione che in altri paesi europei. Questo, secondo me, è confortante: nel paese potenzialmente egemone, le due maggiori forze politiche che si contenderanno l’elezione saranno entrambi filo-europee. È un tentativo di riconoscere la situazione già esistente e cioè di posizioni diverse e di politiche diverse da parte dei vari stati membri.
Secondo un recente sondaggio, l’ 87% dei tedeschi rifiuta Trump. Inoltre, In una sua recente intervista, il nuovo presidente americano ha dichiarato: “se guardate all’Ue, di fatto, è un veicolo per gli interessi della Germania” aggiungendo, poi, “l’euro è piegato agli interessi della Germania”. E pochi giorni fa, la cancelliera si è detta profondamente dispiaciuta per i bandi agli immigrati e rifugiati di alcuni paesi imposti da Trump. Quale può essere lo sviluppo dei rapporti USA – Germania ed in che modo la Germania può adeguarsi alle nuove politiche americane?
Intanto lo sviluppo dovrà essere verso un’ Europa più protagonista in modo tale da trattare da pari a pari con l’America di Trump. Non sarà facile perché Trump ha dato una prova chiara: vorrà giocare su un approccio DIVIDI ET IMPERA ed avere piuttosto rapporti bilaterali con i singoli paesi da una posizione di forza. Però credo sia interesse anche della Germania, rilanciare un’ Europa forte ed autorevole che possa, non dico contrapporsi, ma che sappia dialogare in egual dignità con quest’ amministrazione americana che sicuramente non è, a differenza delle precedenti, da quando esiste la Comunità e poi l’ Unione, a sostegno della costruzione europea. La scelta strategica di Trump sarebbe quella di puntare su Theresa May, sul Regno Unito, su una relazione speciale con il Regno Unito, cercando di dividere ed indebolire l’ Unione, criticando la maggiore potenza europea. Si pone dunque una situazione di rischio per l’ Europa, ma anche un’opportunità, nel senso di serrare i ranghi ed avviare un processo di rilancio dell’ Unione europea e mi auguro che la Germania si ponga alla testa di questo processo.
Angela Merkel e Vladimir Putin
La Germania ha contribuito molto alla distensione della crisi ucraina. Crisi mai del tutto risolta, ma, anzi, pronta ad esplodere da un momento all’altro. Protagonista di questa crisi è la Russia di Vladimir Putin che, stando agli annunci di Donald Trump, avrà la possibilità di stringere un rapporto molto stretto con l’ America del nuovo presidente. Che ruolo avrà la Germania, in questa nuova era delle relazioni internazionali?
Credo sia interesse di tutti, quindi anche per la Germania, riaprire un canale di dialogo con i russi. Naturalmente bisogna vedere a quali condizioni, quali concessioni potrà dare Putin in cambio di una normalizzazione dei rapporti con l’ Occidente. Quello che è molto importante è che Trump non prenda iniziative sulla testa degli europei: qualsiasi apertura a Putin o comunque tentativo di revoca o smantellamento dell’impianto sanzionatorio venga concordato preliminarmente con gli europei. In questo senso sono convinto che la politica di Trump nei confronti sarà fortemente condizionata dal Congresso e quindi anche la maggioranza repubblicana è molto cauta sui rapporti con la Russia. Certamente la posizione europea è molto chiara: è molto legata all’avanzamento del processo del protocollo di Minsk, che per il momento non si è verificato.