Come nel caso di Marco Rubio per la Segreteria di Stato, Donald Trump, che sta completando la sua squadra di governo con figure di assoluta lealtà, non ha perso tempo per scegliere il suo nuovo Segretario alla Giustizia. “Per troppo tempo, il Dipartimento di Giustizia di parte è stato usato come arma contro di me e altri repubblicani – Non più“, ha scritto Trump sui social annunciando la sua scelta che è ricaduta su Pam Bondi: la destra la ama e la sinistra la teme, ma chi è questa donna che presto diventerà la ‘guardia sigilli’ statunitense?

59 anni, prima donna procuratrice generale della Florida, tra le protagoniste del team legale che nel 2020 difese il tycoon nel suo primo processo di impeachment davanti al Senato nel quale l’allora presidente era accusato di aver fatto pressioni sul Presidente ucraino Volodimyr Zelensky, al tempo quasi sconosciuto, affinché avviasse un’indagine su Joe Biden e suo figlio Hunter in cambio dello sblocco degli aiuti militari. Quell’impeachment si sarebbe poi concluso con l’assoluzione di Trump.

Bondi prenderà il posto di Matt Gaetz, il controverso deputato ritiratosi giovedì 21 novembre tra le polemiche per accuse di cattiva condotta sessuale: infatti, l’ex deputato della Florida che aveva lasciato il suo seggio al Congresso appena otto giorni fa per accettare la nomina di Trump. “La mia conferma stava diventando ingiustamente una distrazione per il lavoro critico della transizione”, ha scritto Gaetz su X. Ma una commissione etica del Congresso stava per rendere pubblico un rapporto sulle accuse (da lui sempre negate) di abusi sessuali nei suoi riguardi, incluso un presunto rapporto con una diciassettenne nel 2017.

Per diventare Segretario, cioè Ministro, negli Stati Uniti non basta la nomina del presidente, ma occorre anche l’approvazione del Senato. E, stando al suo curriculum di procuratrice di lungo corso, la sua nomina sembra piuttosto inattaccabile dal punto di vista delle competenze e dell’esperienza pregressa tanto che perfino l’analista legale della CNN, Elie Honig, ha dovuto ammettere che “Pam Bondi è, senza dubbio, qualificata per essere procuratore generale”. Ha continuato spiegando che il livello di esperienza di Bondi è “alla pari con, o migliore della maggior parte dei procuratori generali degli Stati Uniti che abbiamo visto negli ultimi 50 anni circa”. Secondo il professore universitario e collaboratore di MSNBC Jason Johnson -in una conversazione con il conduttore di MSNBC Ari Melber- “Pam Bondi è esattamente quello che stavo dicendo nell’ultimo segmento che tutti dovremmo temere, perché è competente. Potremmo non essere d’accordo con lei ideologicamente, ma in realtà sa come fare questo lavoro.” Ha continuato: “Quindi se qualcuno dalla parte democratica o qualcuno che si preoccupava della libertà o della giustizia stava pensando ‘Beh, forse Matt Gaetz rovinerà tutto e questo ci darà tempo’, no. Pam Bondi sa cosa sta facendo.”

Infatti, giunge al vertice del Dipartimento di Giustizia dopo una lunga carriera in Florida. Nata a Temple Terrace, piccolo sobborgo di Tampa, è figlia di un ex sindaco. Conseguita la laurea in giurisprudenza alla Stetson University nel 1990, ha lavorato per quasi vent’anni come procuratrice nella contea di Hillsborough, conquistando la notorietà per alcuni casi di grande risonanza: nel 2006 si è occupata del processo contro Dwight Gooden, stella del baseball americano, per violazione della libertà vigilata e abuso di sostanze. Un anno dopo ha gestito il caso della morte di Martin Anderson, un caso che ha attirato l’attenzione nazionale.

Nel 2010 arriva la svolta politica: dopo l’appoggio di Sarah Palin e le ripetute apparizioni su Fox News (emittente molto vicina ai Repubblicani, prima, e al trumpismo, dopo), si candida come procuratore generale della Florida, divenendo la prima donna a ricoprire questo ruolo nello Stato.

Nel suo periodo come attorney general della Florida, Bondi, come ricorda il Washington Post, si è distinta per le battaglie contro l’Obamacare e contro i matrimoni gay, per questo molto criticata dai democratici. Ha lavorato per porre fine all’epidemia di oppioidi e chiudere le fabbriche di pillole. Il suo approccio ha portato a un calo del 52% dei decessi per ossicodone e a un calo complessivo del 23% dei decessi per overdose da farmaci da prescrizione in Florida tra il 2011 e il 2014, ha spiegato l’allora direttore del CDC Tom Frieden al National Rx Drug Abuse and Heroin Summit del 2016. Un “risultato nazionale senza precedenti”, l’ha definito. Ha anche affrontato la tratta di esseri umani e ha spinto il laboratorio criminale dello stato a chiarire l’arretrato di oltre 13.000 kit di violenza sessuale non elaborati. Bondi ha revisionato l’unità statale di controllo delle frodi Medicaid e ha ottenuto più di 870 milioni di dollari in accordi e sentenze. Ha anche combattuto per i diritti dei consumatori. Durante il suo mandato, ha contribuito a recuperare più di 1 miliardo di dollari in protezione dei consumatori, antitrust e accordi di false richieste di risarcimento.

Il rapporto tra Trump e Bondi nasce nel 2013. Al tempo l’ufficio del procuratore generale della Florida, guidato da Bondi, aveva ricevuto 22 denunce di frode sulla Trump University, l’istituto di formazione dell’allora imprenditore. Sembrava l’inizio di uno scontro legale: attraverso un portavoce, Bondi annunciò che stava valutando di unirsi alla causa per frode avviata dal procuratore generale di New York. Ma quattro giorni dopo questo annuncio, la Fondazione Trump donò 25.000 dollari al comitato politico creato da Bondi per la sua rielezione. A seguito della donazione, la procuratrice decise di non unirsi all’azione legale contro Trump University. Nel 2016 l’Internal revenue service (l’agenzia delle entrate americana) giudicò illegale quella donazione, costringendo Trump a pagare una multa.

Dal 2019, dopo la fine del suo mandato in Florida, Bondi è diventata una delle più strenue voci in difesa di Trump. Ha lavorato come lobbista registrata per il Qatar tramite Ballard Partners, una società con stretti legami con Trump, prima di unirsi alla squadra legale che lo ha difeso nel suo primo impeachment. Bondi è stata anche Presidente del Center of Litigation e copresidente del Center of Law and Justice per l’America First Policy Institute, un think tank conservatore istituito nel 2021 dagli ex consiglieri di Trump.

Il ruolo che le ha affidato il neo-Presidente eletto la chiamerà alla gestione di un dipartimento di oltre 115.000 dipendenti e un budget di circa 45 miliardi di dollari. Inoltre, sarà lei che dovrà dar seguito alla promessa di Trump di “punire i suoi nemici politici” una volta insediato. Un compito delicato per chi, come lei, ha già difeso l’ex presidente definendo “orribili” i procuratori che lo hanno incriminato, accusandoli di “strumentalizzare il nostro sistema legale”.

Nel sistema americano, il ministro della Giustizia, il cosiddetto Attorney General, è tra le figure più importanti dell’amministrazione in quanto, oltre ad essere il il capo di tutti i procuratori federali, è anche il primo consigliere legale del Presidente che, come noto, ha ancora aperti dei processi che lo vedono imputato.

E siccome, a differenza di altri Paesi come l’Italia, in cui i magistrati sono indipendenti dall’esecutivo, negli Stati Uniti l’Attorney General può decidere quali indagini avviare e quali chiudere, può nominare o rimuovere procuratori speciali, e ha l’ultima parola su molte decisioni del dipartimento, non è escluso che possa influenzare i procedimenti a carico del tycoon e, come da lui promesso, avviarne di nuovi contro i suoi oppositori politici, come ha più volte minacciato di fare nei confronti di Joe Biden e suo figlio Hunter, promettendo di usare il ministero della Giustizia per “punire i nemici politici” e “ripristinare la fiducia degli americani gravemente danneggiata”.