Oggi il Principato, pur conservando gran parte della propria attrattività finanziaria, non fa più parte di alcuna black list, né è più l’abbagliante splendore di quei Balli così cari a Grace Kelly il suo tratto distintivo
Durante il mio periodo di servizio a Monaco, un altissimo funzionario locale (di nazionalità francese) era solito dire: “Nel Principato ci sono due sole cose importanti: il Ballo della Rosa e il Ballo della Croce Rossa”. Un’iperbole, che sembrava considerare la vita monegasca alla stregua di quell’immagine ‘glamour’ che ne hanno fornito per decenni le riviste di gossip.
Non che il gossip manchi, beninteso: ma non si può certamente dire che sia il principale segno distintivo del Paese, magari utile in passato a distogliere l’attenzione da questioni più sostanziose e riservate.
Il processo di trasformazione era in realtà iniziato, in maniera abbastanza traumatica, fin dalla famosa controversia del 1962-1963 fra Charles de Gaulle e il Principe Ranieri III riguardo ai vantaggi tributari allora riconosciuti ai cittadini francesi; si è protratto poi per diversi decenni, nei quali Monaco è stato spesso considerato alla stregua dei vari paradisi fiscali ‘offshore‘. Con la salita al trono di Alberto II, nel 2005, questa immagine negativa si è andata via via riducendo, grazie all’adozione diprovvedimenti sempre più in linea con la teoria e la prassi della cooperazione fiscale internazionale: oggi il Principato, pur conservando gran parte della propria attrattività finanziaria, non fa più parte dialcuna black list.
Il Principe possiede, nel singolare sistema monegasco, un concreto potere di indirizzo e una sostanziale prevalenza su tutti i poteri pubblici, compreso il Consiglio Nazionale (Parlamento), che egli può sciogliere in qualsiasi momento, senza dover motivare la sua decisione. Alberto ha fatto buon uso delle sue prerogative, che esercita senza autoritarismo e, anzi, con apparenze ampiamente concertative: ma non vi è dubbio che, a Monaco, vi sia ‘un uomo solo al comando’.
D’altra parte, i cittadini monegaschi (circa 8.000, poco più di un quinto della popolazione totale del Principato) godono di un sistema di protezione sociale estremamente favorevole. Oltre all’assenza di imposizione fiscale diretta, che vale anche per gli stranieri residenti a eccezione dei francesi, lo Stato garantisce ai propri cittadini un welfare a tutto tondo: accesso facilitato al mercato del lavoro (varie professioni, come quelle legali e sanitarie, sono riservate ai monegaschi), eccellenti cure mediche, un’ottima previdenza sociale e, soprattutto, il reperimento di un alloggio dignitoso. Ed è forse quest’ultima la caratteristica di maggior importanza del sistema sociale del Principato, data la cronica carenza di spazi edificabili e il conseguente altissimo costo del patrimonio edilizio: lo Stato si riserva infatti un certo numero di appartamenti nei nuovi edifici, assegnandoli poi ai propri cittadini di minori possibilità economiche.
Queste caratteristiche rendono Monaco -beninteso, per i cittadini monegaschi- un sistema di quasi ‘socialismo di Stato‘ e giocano evidentemente un ruolo molto importante nel mantenimento del consenso a favore di una famiglia regnante ancora molto amata dai propri sudditi. Alberto II ha sapientemente conservato e incrementato tale sistema, già messo in atto dai suoi predecessori, accompagnandolo con una positiva intensificazione dei rapporti internazionali.
Tutto oro quel che luccica, dunque? Non proprio, se si pensa ad esempio che gli appartamenti concessi dallo Stato ai monegaschi sono spesso quelli più piccoli e posti ai piani più bassi di lussuosi edifici dei quali gli assegnatari non sono a volte autorizzati a utilizzare l’ingresso principale.
Più in generale, la città-Stato resta sostanzialmente un’affascinante ‘isola‘, i cui residenti vivono in una sorta di bolla di sicurezza, ben simboleggiata dal confine fra Monaco e la cittadina francese diBeausoleil, costituito dalla mezzeria di una ‘rue’ neanche troppo ampia, che i numerosi extracomunitari presenti sul lato francese ben raramente osano superare. Una bolla che protegge i residenti, ma che allo stesso tempo li isola in una piccola città certo di aspetto piacevolissimo, ma con attrattive storiche e artistiche relativamente scarse e, nonostante ciò, presa quotidianamente d’assalto da migliaia di turisti, attirati dalle luci di Place du Casino, dallo splendore dello Yacht Club e, appunto, da un gossip ormai più immaginato che reale.
Per i residenti stranieri che non siano ‘richissimes‘, poi, le cose non sono sempre facili, dato l’altissimo costo della vita e, soprattutto, degli alloggi. In particolare, come si è detto, non esiste piena libertà di stabilimento per chi esercita una professione: problema, questo, che rimane uno dei principali ostacoli alla conclusione di un Accordo diAssociazione fra Monaco e l’Unione Europea, le cui trattative, iniziate nel 2015 (con la partecipazione dialtri due ‘micro-Stati’, San Marino e Andorra), non sembrano per ora prossime a uno sbocco positivo, mentre continuano a essere severamente perseguiti i professionisti stranieri accusati dai potenti ordini professionali locali, primo fra tutti quello degli avvocati, di esercitare abusivamente nel Principato.
In realtà, l’atteggiamento monegasco nei confronti dell’UE è sostanzialmente analogo a quello mantenuto ad esempio dalla Svizzera: accordi sì, ma soltanto se i vantaggi superano ampiamente gli svantaggi, anche solo ventilati. Monaco, poi, fa già automaticamente parte, tramite la Francia, del territorio doganale comunitario, dell’Eurozona e della zona Schengen: è chiaro che ogni ulteriore passo in direzione di cessioni di sovranità debba essere ben motivato di fronte all’opinione pubblica. Lo stesso Alberto II ha affermato più di una volta che l’Accordo di Associazione non verrà firmato ‘per forza’.
Per concludere questa rapida presentazione, uno sguardo all’ampia comunità italiana residente nel Principato. Si tratta di circa 8.000 persone: una comunità seconda solo a quella francese, cui si aggiungono i circa 4.500 lavoratori frontalieri provenienti dall’area di Ventimiglia. In passato, non pochi sono stati i casi di residenza fittizia a fini dievasione fiscale perseguiti dalle Autorità italiane: il fenomeno è ora in netto calo, mentre molto apprezzato dal Principe e dal suo Governo è il contributo della nostra comunità alla vita sociale ed economica delPrincipato.
Attenzione merita, da parte delle Autorità italiane, la situazione dei nostri frontalieri: in proposito, l’atteggiamento del Governo monegasco è generalmente collaborativo (è del 10 maggio diquest’anno, ad esempio, la firma di un accordo bilaterale che facilita il telelavoro), sebbene ciò non impedisca a volte l’assunzione di provvedimenti poco condivisibili. Un recente esempio ne è stata la decisione assunta a febbraio, a fronte della scarsa disponibilità di vaccini contro il Covid-19, diescludere dalla vaccinazione proprio i frontalieri italiani, che pure ne avrebbero avuto diritto in quanto assistiti dalla sanità locale.
“Avec le temps tout s’en va”, cantava il grande monegasco Léo Ferré. L’abbagliante splendore di quei Balli citati all’inizio, così cari a Grace Kelly, non è davvero più la sola cosa importante del Principato.