La proposta di rimuovere il limite temporale dei ‘due mandati’ alla Presidenza avanzata dal Comitato centrale del Partito comunista cinese

 

Domenica scorsa è rimbalzata, sulle varie testate nazionali ed internazionali, la notizia per cui il Presidente della Repubblica popolare Xi Jinping, 64 anni, divenuto presidente nel 2013, potrebbe restare alla presidenza della Cina anche dopo il secondo quinquennio (2022), che dovrebbe partire a marzo con l’elezione da parte dell’Assemblea nazionale del popolo. La proposta di rimuovere il limite temporale dei ‘due mandati’ è stata avanzata dal Comitato centrale del Partito comunista cinese e dovrebbe essere approvata durante la seconda sessione plenaria del 19mo Comitato centrale del Partito comunista, che si riunirà il prossimo 5 marzo.

Risaliva a Deng Xiaoping la riforma del sistema politico cinese che aveva impresso un maggior bilanciamento dei poteri e aveva ridotto i rischi legati alle decisioni di una sola persona.  Tra le riforme veniva inserito il limite di due mandati consecutivi per il presidente. L’ obiettivo di Deng era separare il ruolo del partito da quello di governo.

In senso opposto pare andare la leadership di Xi. Già nel corso del 19mo Comitato centrale del Partito comunista, il Partito aveva emendato la propria Costituzione lo scorso ottobre per includervi il pensiero di Xi, e in particolare il “Pensiero sul Socialismo con caratteristiche cinesi per una Nuova era”, al centro del quale figurano “quattro insiemi” per il conseguimento dell’obiettivo di una società moderatamente prospera entro il 2020, tramite ‘cinque politiche di crescita in una’ tra cui la riforma economica, il rispetto della linea imposta dal Parito, compresa una rigida lotta alla corruzione e il contrasto alla povertà.

«Lingxiu» è l’ appellativo che si è guadagnato Xi Jinping, il più alto riconoscimento per un leader cinese visto che fu attribuito solo a Mao Zedong.  A poche ore dall’annuncio gli utenti di Weibo, social network più popolare in Cina, hanno trovato difficoltà a commentare la decisione e ad aggiornare i propri profili social e anche sui motori di ricerca e l’ uso del nome ‘Winnie The Pooh’, a cui molti cittadini della Repubblica Popolare sono soliti paragonare, sarcasticamente, il leader. Ironia che non sembra ben accolta.

«Il cambiamento non significa che il presidente cinese avrà un mandato a vita», ha affermato in un editoriale il Global Times, giornale pubblicato dal Quotidiano del Popolo. Certamente Xi Jinping è colui che ha lanciato l’ iniziativa ‘One Belt One Road’ delle Nuove Vie della Seta ed è lui che, probabilmente, dovrà guidare la Cina nella sua riscossa economica, politica e militare in vista del raggiungimento del ‘sogno cinese’. Dal punto di vista internazionale, sarà lui a dover gestire i sempre più complessi rapporti con gli Stati Uniti, anche, ma non solo, in relazione alla questione economia e alla Corea del Nord.

Cosa comporterà questa novità dal punto di vista interno ed esterno? Lo abbiamo chiesto a Filippo Fasulo, coordinatore scientifico del Centro Studi per l’ Impresa  della Fondazione Italia-Cina (CeSIF) oltre che ricercatore dell’ Istituto per gli studi di politica internazionale (ISPI).

Il Partito comunista cinese ha proposto di eliminare l’attuale limite di due mandati per il presidente della Repubblica, aprendo di fatto la strada alla permanenza di Xi Jinping alla guida del paese oltre il 2023. Se l’emendamento della Costituzione verrà approvato durante la seconda sessione plenaria del 19mo Comitato centrale del Partito comunista, che si riunirà a partire dal 5 marzo, a circa tre mesi dalla decisione nella prima sessione di ottobre di far entrare il suo pensiero in Costituzione, l’autorità del presidente Xi verrà ulteriormente rafforzata?

La questione è diventata chiara lo scorso ottobre quando Xi Jinping, attraverso una serie di mosse, tra cui l’ inserimento del suo nome nella Costituzione del Partito e la non indicazione del suo successore, aveva fatto capire di avere l’intenzione di andare oltre i dieci anni convenzionali di leadership così come è avvenuto negli ultimi trent’anni. La figura del leader in Cina ricopre, solitamente, tre incarichi: il Segretario Generale del Partito Comunista Cinese, il Presidente della Commissione Militare Centrale e il Presidente della Repubblica. I primi due non avevano limiti temporali mentre il terzo aveva il limite di due mandati: quindi, una possibilità era quella per cui Xi Jinping, tra cinque anni, avrebbe potuto mantenere i primi due incarichi, ma non la Presidenza della Repubblica. In questo modo, diventa possibile il mantenimento di questi tre incarichi.

In questo senso, l’ eliminazione dei limiti temporali alla Presidenza della Repubblica è coerente con quanto si è potuto evincere dal XIX congresso del Partito Comunista Cinese.

Sì prosegue in questa linea. Una cosa che colpisce rispetto a quanto è avvenuto in questi ultimi giorni non è tanto la sostanza, ovvero che Xi Jinping manterrà il potere oltre ai dieci anni che ormai sembravano strutturali, ma il modo attraverso cui ha deciso di far passare questa modifica perché poteva tranquillamente farlo anche più a ridosso della scadenza. Inoltre, l’ occasione in cui è stato fatto è il ‘terzo plenum’, che sarebbe la terza riunione plenaria del Comitato Centrale che, generalmente, avviene in autunno. Anche nel 2013, varie riforme economiche erano state presentate in occasione del ‘terzo plenum’ che, di solito, è ad un anno dal Congresso. Di conseguenza, tutti si aspettavano che il ‘terzo plenum’ sarebbe stato convocato nel prossimo Ottobre: in questo caso, è stato anticipato a prima delle due sessioni che si terranno la prossima settimana. Il motivo di questo anticipo ancora non lo sappiamo: tutto ciò che gli analisti sapevano della politica cinese e di rituali che sembravano codificati, negli ultimi sei mesi, sono in qualche modo saltati.

Quindi si tratta di una mossa irrituale?

Estremamente irrituale. Inoltre, nelle norme non scritte, noi sapevamo che si indicava il successore con cinque anni di anticipo e il successore avrebbe avuto un’ età specifica; chi doveva ritirarsi, per limiti di età, usciva completamente di scena. Sotto questo aspetto, Wang Qishan, che è uscito di scena per quanto riguarda il partito, rientrerà ‘dalla finestra’ venendo indicato, probabilmente, come Vicepresidente in occasione delle due sessioni. Anche la scansione dei ’plenum’ nell’ arco dei cinque anni è stata modificata perché è stato anticipato di molto il terzo e, in più, sono avvenute queste riforme. E’ dunque un passaggio estremamente irrituale che ci pone di fronte a tutta una serie di domande, ancora inevase: forse, la più importante riguarderebbe il ‘dove’ e il ‘come’ Xi Jinping riesca a trovare tutta la legittimità e il consenso politico per riuscire a portare avanti queste riforme. Un aspetto che vorrei sottolineare è che Mao Zedong e Deng Xiaoping erano arrivati ad un certo ruolo dopo una lunga fase di guerriglia, di lotta politica interna: Mao era il padre della rivoluzione e la personalizzazione arriva durante la fase della ‘Rivoluzione culturale’, un periodo tutt’ altro che pacifico; Deng Xiaoping era il rappresentante della classe dirigente che era stata messa fuori gioco con la ‘Rivoluzione culturale’ e che rappresentava i superstiti di questa rivoluzione quindi aveva un ruolo di leader che gli veniva riconosciuta in occasione di periodi turbolenti. Xi Jinping, invece, fino a poco più di cinque anni fa, era un grigio funzionario inserito in una leadership duale in cui i due leader indicati, ovvero lui stesso e Li Keqiang, venivano visti come due propagini dei leader delle generazioni precedenti, ovvero Jiang Zemin e Hu Jintao. Xi Jinping, in pochissimo tempo, riesce ad ottenere, almeno sul piano formale, a degli incarichi simili o paragonabili a quelli di Mao. E’ una rivoluzione particolarmente  significativa, soprattutto se lo paragoniamo con altri leader che si possono definire autoritari sul piano internazionali: lo stesso Putin non è riuscito a rimuovere il limite dei due mandati costituzionali. Xi Jinping, da questo punto di vista, sembra riuscire, dopo soli cinque anni, a fare tutto ciò che vuole. Probabilmente, sempre sul piano internazionale, è un leader sottovalutato perché se stanno davvero così le cose, è un personaggio che è destinato a disegnare i tratti della geopolitica internazionale per ancora un paio di decenni ancora.

Dunque, perché non è stato possibile individuare una figura in grado di succedere a Xi Jinping?

Il sistema politico cinese ha questo accenno per cui se non è meritocratico, sicuramente mette alla prova i leader che devono fare una lunga gavetta. Quindi di persone che hanno governato in regioni con più trecento milioni di persone, con un PIL paragonabile a quello dei più grandi Paesi europei o dei grandi Paesi asiatici, ce ne sono: persone che potrebbero avere l’ esperienza sufficiente per governare in un sistema anche consensuale ci sono. Quello che pare importante e su cui, probabilmente, verrà posto molto l’ accento è legato all’ eccezionalità dei tempi in cui viviamo: non a caso, nella formulazione del pensiero di Xi, si parla di ‘nuova era’. Nell’ eccezionalità di una ‘nuova era’ che comporta la transizione da un modello economico all’ altro e il raggiungimento del ‘sogno cinese’ in determinati tempi, oltre all’ eccezionalità della ristrutturazione dell’ ordine internazionale con la ‘One Belt One Road Initiative’, viene indicata la necessità di avere un leader molto forte e sulla base di questo elemento la si giustifica.

Viene quindi demolita quella costruzione di ‘pesi e contrappesi’ che, da almeno trent’ anni, avevano regolato la transizione e l’ ordine costituzionale cinese.

Senza dubbio. Noi abbiamo vissuto un pendolo in cui dal pieno autoritarismo e personalizzazione di Mao, si era passati a Hu Jintao e Wen Jiabao che erano leader duali, fino a Xi Jinping e Li Keqiang, i quali avrebbero dovuto andare avanti in questa via. Invece, con una rapidità davvero sorprendente, si è passati ad una condizione molto simile a quella di Mao. E quello che viene messo in luce anche da molti analisti è che questo sistema era stato creato per evitare le storture per le quali un uomo solo al comando, per eventuali errori di giudizio, potesse incorrere in gravi errori. Per questo, c’è già chi punta l’ indice affermando che la Cina, in questa maniera, si espone ad eventuali errori di giudizio da parte di Xi Jinping e quindi ai rischi conseguenti all’ uomo solo al comando, che è l’ unico a dover fare le valutazioni.

Dal punto di vista interno del Partito, della nomenclatura e del comparto militare, come verrà accolta questa ‘rivoluzione’?

Diciamo che il vero ‘choc’, se così possiamo chiamarlo, c’è già stato nell’ autunno scorso. A questo punto, è più un cambio formale che sostanziale: che Xi Jinping avrebbe governato per molti altri anni era già evidente ad ottobre; quello che emerge oggi è che Xi vuole mantenere questi tre incarichi anche dopo il 2022.

Una maggiore solidità della leadership di Xi Jinping comporterà, inevitabilmente, un rafforzamento della Cina a livello internazionale,  a scapito di quei Paesi, regolati da procedure più democratiche più trasparenti, i cui leader dovranno sempre fare i conti con le scelte dei cittadini? Quanto avvenuto in questi giorni è un ulteriore motivo di preoccupazione, ad esempio, per gli Stati Uniti?

Per questo occorre capire i trend di lungo periodo piuttosto che i passaggi brevi che, spesso, dipendono da altri fattori. La questione è che, nel breve periodo, ci potrebbe essere un rafforzamento di Xi Jinping, un rafforzamento della sua capacità di portare avanti la sua agenda economica. Sappiamo, ad esempio, che uno dei temi di riforma economica è legata alle aziende di Stato. Sicuramente dovrebbe riuscire a spingere molto sulla riforma dell’ economia. Nel periodo più lungo, è possibile che si affaccino dei rischi legati all’ uomo solo al comando. Sul piano internazionale, nel lungo periodo, si potrebbe assistere ad un ‘overstretching’ cinese che, poi, magari, si pone di fronte ai rischi di un Paese che deve ricostruire tutto il meccanismo di successione che era stato costruito negli ultimi trent’ anni.

E le partnership economiche ne risentiranno in positivo o in negativo?

E’ difficile dirlo. Di sicuro, le linee di tendenza dell’ economia cinese viste nell’ ultimo periodo, determinante da Xi, verranno perseguite con forza nei prossimi anni: quindi il passaggio da quantità a qualità, innovazione come stella polare, investimenti mirati nei Paesi delle Vie della Seta e la realizzazione di corridoi economici legati a Pechino, oltre ad una globalizzazione che veda un’ apertura nei confronti degli investimenti cinesi. Bisogna anche notare, che ci potrebbe essere una maggiore capacità di utilizzare alcune leve economiche che in alcuni casi diventano strategiche come nel caso della Corea del Sud, dell’ Australia o dello Sri Lanka, ovvero Paesi con forte dipendenza economica che potrebbero trovarsi in difficoltà in caso di contrasto.

Wang Qishang potrebbe essere destinato alla Vicepresidenza. Sappiamo, però, che è stato uno dei maggiori protagonisti della ‘lotta alla corruzione’ condotta da Xi Jinping in questi anni. L’ approdo di Qishang alla Vicepresidenza segnalerà che la ‘lotta alla corruzione’ continuerà a farsi spietata?

Senza dubbio. La lotta alla corruzione diventa sempre più uno strumento per assicurarsi che le decisioni economiche prese dal Partito e, quindi, da Xi Jinping, vengano attuate. Questo verrà annunciato sostenendo che il mancato rispetto delle linee del Partito comporterebbero un danno al Paese. Per raggiungere il ‘sogno cinese’ che è in Costituzione, occorrerà attenersi alle linee dettate da Xi Jinping.

Ultimamente, si è molto discusso di un possibile avvicinamento, legato soprattutto alla nomina dei vescovi cinesi, tra il Vaticano e i vertici cinesi. Questo rafforzamento della leadership di Xi Jinping potrebbe avere dei risvolti nella trattativa tra le due parti?

Secondo me no. L’ unico dato da registrare è che questo conferma che ci sarà una continuità nella linea politica di Pechino. Quindi, per paradosso, potrebbe persino facilitare le contrattazioni perché la controparte è destinata ad essere la stessa per un periodo molto lungo, anche se la Cina ha dimostrato, su questi temi, di avere una continuità indipendentemente da chi era al potere.