Se l’Ucraina andrà a Minsk per trattare con la Russia, il vecchio tema della neutralità dell’Ucraina sarà al centro del confronto. Due le correnti di pensiero nette e contrapposte che in questi anni si sono affermate

 

Ieri, 25 febbraio, poco dopo mezzogiorno, il Presidente ucraino Volodymyr Zelensky è tornato a chiedere -lo aveva fatto il 24 febbraio quando l’invasione russa dell’Ucraina era appena iniziata- colloqui diretti con il Presidente russo Vladimir Putin.
Poche ore dopo, il portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov, ha detto che la Russia è pronta a inviare una delegazione a Minsk -la capitale della Bielorussia, la città degli Accordi di Minsk-2per colloqui con l’Ucraina, secondo quanto riferito dall’agenzia di stampa statale russa ‘RIA-Novosti‘.
«Come sapete, oggi il Presidente dell’Ucraina Zelensky ha annunciato la sua disponibilità a discutere dello status neutrale dell’Ucraina», ha detto Peskov, secondo la ‘RIA‘. «Inizialmente, il Presidente russo Vladimir Putin aveva affermato che lo scopo dell’operazione era aiutare la LPR e la DPR anche attraverso la smilitarizzazione e la denazificazione dell’Ucraina. E questo, in effetti, è una componente integrante dello status neutrale». «Idealmente,l’Ucraina dovrebbe essere liberata, ripulita dai nazisti, dai filo-nazisti e dall’ideologia», aveva sottolineato già il giorno prima il portavoce.
Il consigliere presidenziale ucraino Oleksiy Arestovych, ha dichiarato poco dopo, a ‘Galileus Web‘, che il governo ucraino sta «considerando la proposta» di tenere colloqui con la delegazione russa a Minsk.

In questo giro di dichiarazioni, Zelensky non ha proposto direttamente lo status di neutralità, ma ha segnalato la volontà di discuterne, insistendo nel contempo che al suo Paese debbono essere fornite garanzie di sicurezza.
Il 24 febbraio, in un videomessaggio, Zelensky aveva dichiarato: «Oggi abbiamo sentito da Mosca di cosa vogliono parlare. Vogliono parlare dello stato neutrale dell’Ucraina. Ho chiesto a tutti i partner dello Stato se sono con noi. Sono con noi, ma non sono pronti a portarci in un’alleanza con loro». E ha aggiunto: «Non abbiamo paura di parlare con la Russia, non abbiamo paura di parlare di tutto, di garanzie di sicurezza per il nostro Paese. Non abbiamo paura di parlare di status neutrale».

E’ possibile che l’approdo alla neutralità non sia un percorso rapido e privo di significativi passaggi intermedi.
Prima di tutto si tratta di capire cosa includa, dal punto di vista della Russia, la ‘neutralità’ richiesta.
«Se l’obiettivo della Russia è un’Ucraina smilitarizzata e compiacente, come indicano le dichiarazioni e i discorsi di Putin, è difficile immaginare come possa raggiungere questo scopo senza qualche elemento di occupazione militare»,afferma l’analisi di Crisis Group –il think tank impegnato sulla risoluzione dei conflitti. «Il dispiegamento delle truppe della Guardia nazionale russa insieme alle unità offensive ai confini dell’Ucraina dall’inizio del 2022, suggerisce che Mosca si stia preparando ad occupare almeno parti dell’Ucraina».
Nel corso del tempo,
«l’occupazione quasi sicuramente incontrerà resistenza e sarà enormemente costosa, il che potrebbe portare Mosca a cercare di installare un governo ‘surrogato’. Ma la creazione di un’autorità di governo in grado di controllare una popolazione ostile sarà costosa e difficile, anche se Mosca può aspettarsi -probabilmente erroneamente- che la maggior parte degli ucraini soccomba». Nè è chiaro, secondo Crisis Group, cosa precisamente Mosca intenda quando, come ha fatto il 24 febbraio, chiede che l’Ucraina si arrenda e si impegni sia alla neutralità che alla smilitarizzazione. «Ma è altamente improbabile che Kiev, che finora è ribelle, si adegui».
La Russia, secondo gli analisti del think tank, può voler «punire l’Ucraina prima di accettare qualsiasi resa, il che significherebbe continui bombardamenti». E «le voci e le valutazioni dell’intelligence statunitense sui piani russi per l’incarcerazione e persino l’omicidio di funzionari ucraini in servizio sollevano preoccupazioni per potenziali violazioni del diritto internazionale umanitario e dei diritti umani in un’Ucraina sotto il controllo russo. Le persone con legami con organizzazioni occidentali probabilmente dovranno affrontare un pericolo maggiore. Così saranno anche coloro che sono affiliati a gruppi, movimenti e identità demonizzati da Mosca, come le persone LGBTQ+».

«È probabile che un’Ucraina occupata dalla Russia debba affrontare sanzioni, il che significa che la sua economia si deteriorerebbe. L’obiettivo della Russia è un’Ucraina sottomessa, non prospera, e il sostegno della Russia -la cui economia gemerà sotto le nuove sanzioni- è probabile che sarà scarso. La migrazione di massa verso parti dell’Ucraina non controllate dalla Russia, e forse verso gli Stati vicini, è probabile se rimane fattibile. Così è anche la migrazione verso la Russia stessa».

Il tema della neutralità dell’Ucraina non è nuovo, anzi. Fin dalla sua indipendenza, nel 1991, il tema ha segnato il dibattito politico ucraino. Due momenti salienti nel percorso: nel 2010, il Presidente filo-russo Viktor Yanukovich, appena eletto aveva da subito chiesto al Parlamento di votare una legislazione necessaria per la piena affermazione della neutralità del Paese; la Rivoluzione arancione e l’elezione di un nuovo Presidente, Viktor Yushchenko, ha affermato che l’obiettivo finale della sicurezza del Paese è l’adesione alla NATO, gettando nel dimenticatoio la neutralità. Il tema tornato al centro del dibattito con l’acuirsi dell’attuale crisi.
Due le correnti di pensiero nette e contrapposte.

Agli inizi di gennaio 2022, mentre la tensione sull’Ucraina cresceva e la Russia avanzava le sue richieste di sicurezza agli Stati Uniti, il think tank americano Quincy Institute for Responsible Statecraft, attraverso un suo analista di punta, Anatol Lieven, affermava: «Consapevolmente o meno, il governo russo ha lasciato agli Stati Uniti e alla NATO un perfettoponte d’oro fuori dalla trappola che si sta sviluppando in Ucraina. In gergo diplomatico, questo significa trovare dall’altra parte un modo per abbandonare una posizione insostenibile senza eccessiva perdita della faccia o sacrificio di interessi veramente importanti».
Il Quincy chiariva la questione dal punto di vista giuridico così: «Nell’attuale crisi tra la Russia e l’Occidente, il ‘ponte d’oro’ è la
neutralità ucraina,secondo le linee generali del Trattato di Stato austriaco del 1955, con il quale le truppe di occupazione occidentali e sovietiche si ritirarono da quel Paese, permettendogli di svilupparsi come una Nazione democratica, di libero mercato».
L’aspetto politico del ‘ponte d’oro’ era chiaro: «
Larichiesta russa che l’Ucraina sia esclusa dalla NATO e che la NATO e Washington promettano di non posizionare truppe o condurre esercitazioni militari vicino ai confini della Russia è chiaramente inaccettabile così com’è. Chiede concessioni all’Occidente senza offrire nulla in cambio. Si tratta anche, tuttavia, solo di una prima mossa negoziale. Se l’Occidente in cambio propone la neutralità ucraina, sarà molto difficile per la Russia rifiutare».
Le ragioni che il Quincy individua a sostegno della neutralità paiono forti : «
l’Occidente non sacrifica nulla in termini strategici» se accetta un accordo incentrato sulla neutralità dell’Ucraina; «come con il Trattato austriaco, bloccherebbe anche un’alleanza ucraina con la Russia; e la perdita che ciò causerebbe agli interessi russi supera di gran lunga i danni a quelli occidentali».
«Il governo ucraino dovrebbe considerarsi davvero molto fortunato se potesse ottenere un trattato come questo». C’è di più: «
un trattato di neutralità aprirebbe anche la strada a una soluzione del conflitto nel Donbas sulla base dell’accordo di Minsk II del 2015», concludeva Anatol Lieven.
Ora il fatto che Mosca si dica disponibile a trattare con Kiev se questa è disponibile a mettere sul tavolo il tema della neutralità, e sia disponibile a farlo a Minsk, induce facilmente a ipotizzare che le intenzioni del Cremlino ruotino attorno a un Minsk 3.
Stephen M. Walt, docente di relazioni internazionali all’Università di Harvard, nonché editorialista di ‘
Foreign Policy‘, ricostruendo gli errori che negli anni sono stati commessi in forza di quella che definisce ‘l’illusione liberale’ dell’espansionismo della NATO, e sostenendo come la crisi attuale sarebbe stata evitabile se si fosse adottato il realismo politico, affermava: «l‘Ucraina dovrebbe prendere l’iniziativa e annunciare che intende operare come un Paese neutrale che non si unirà ad alcuna alleanza militare. Dovrebbe impegnarsi formalmente a non diventare un membro della NATO o a non aderire all’Organizzazione del Trattato di sicurezza collettiva a guida russa».
«Per gli ucraini, vivere come uno Stato neutrale vicino alla Russia non è certo una situazione ideale. Ma data la sua posizione geografica, è il miglior risultato che l’Ucraina può realisticamente aspettarsi. È certamente di gran lunga migliore alla situazione in cui si trovano ora gli ucraini. Vale la pena ricordare che l’Ucraina è stata effettivamente neutrale dal 1992 al 2008, l’anno in cui la NATO ha scioccamente annunciato che l’Ucraina si sarebbe unita all’alleanza. In nessun momento in quel periodo ha affrontato un serio rischio di invasione».

Perentorio sull’altra sponda è l’Atlantic Council, secondo il quale «non è realistico credere che la neutralità placherebbe Putin o impedirebbe un’ulteriore aggressione russa contro l’Ucraina e oltre».

Serhiy Kudelia, docente di scienze politiche presso la Baylor University in Texas e ricercatore URIS presso l’Università di Basilea in Svizzera, ha fatto l’analisidegli argomenti contro la neutralità, sostenuti sia da parte ucraina che internazionale e americana in primis. Questi argomenti ruotano intorno a cinque punti chiave: la neutralità si è già rivelata inefficace per l’Ucraina; neutralità significa arrendersi alla Russia (e abbandonare le aspirazioni euro-atlantiche); non è possibile imporre la neutralità (e non ci si può fidare di Mosca); la neutralità favorirà solo un’ulteriore aggressione russa; la neutralità è una preferenza di minoranza tra il pubblico ucraino.

Il Presidente Zelenskyy ha ora una scelta probabilmente difficile da fare difronte a una richiesta russa che ancora deve essere chiarita nella definizione dei contorni dell’etichetta di ‘neutralità’. Una scelta che ha lasciato intendere già aver fatto, né, pare, possa avere altra via di uscita -lo ha fatto capire anche quando ha detto: «Ho chiesto a tutti i partner dello Stato se sono con noi. Sono con noi, ma non sono pronti a portarci in un’alleanza con loro»-. E, inaspettatamente, potrebbe essere proprio lui, il Presidente cominco che non fa più ridere, a togliere le castagne dal fuoco di Washington e Bruxelles