Ankara starebbe deliberatamente lavorando per una spaccatura con l’Occidente, si percepisce come una potenza emergente e ha fiducia in se stessa

Di «una serie di abusi e allontanamenti della Turchia attraverso politiche insostenibili», di questo sarebbe responsabile l’Europa, secondo il Ministro degli Esteri di Ankara, Mevlüt Çavuşoğlu, che, a titolo di esempio di quanto affermato, si trattiene, in un lungo intervento su ‘Politico, su Libia, Siria, Mediterraneo orientale.

Se è certamente evidente che Bruxelles ha posizioni, su questi tre temi, chiaramente opposte da quelle della Turchia, è vero anche che a parere della gran parte degli analisti internazionali, sarebbeesattamente l’opposto di quanto sostenuto da Çavuşoğlu; sarebbe la Turchia ad allontanarsi gradualmente ma sempre più velocemente dall’Europa, e, meglio ancora, dall’Occidente tutto.

Un segnale in questa direzione, e che per altro confermerebbe anche la considerazione che Ankara sta deliberatamente lavorando per una spaccatura con l’Occidente e si attende le debite conseguenze, starebbe nell’enorme acquisto di quantitativi di oro da parte della banca centrale turca. Nel periodo gennaio-maggio ne ha acquistato 148 tonnellate, ovvero il triplo rispetto all’anno precedente.
Considerando la pesante crisi economica che sta affrontando, non avrebbe ragione per pompare sugli acquisti di oro. La ragione starebbe nel fatto che le sue riserve in valuta estera stanno esaurendosi, in primo luogo causa il crollo del turismo, e i vertici del Paese temono che le sanzioni americane si acuiscano, visto il peggioramento delle relazioni tra i due Paesi, se questo accadesse Recep Tayyip Erdogan potrebbe trovarsi senza valuta pregiata per pagare gli acquisti internazionali, e l’oro sarebbe l’alternativa ai dollari.

Erdogan sta rompendo con l’Occidente volutamente? E con quale obiettivo?
Secondo gli analisti è evidente la premeditazione di Erdogan sui diversi fronti, dal Medio Oriente,al Mediterraneo orientale, alla NATO, per non parlare delle relazioni con Bruxelles, vittima oramai da anni del ricatto di Erdogan in fatto di migranti, mentre beneficia di importanti finanziamenti dalla UE, gode di un’unione doganale e partecipa a partenariati europei su istruzione e ricerca.

I fatti di giugno vengono richiamati come eclatanti e esemplificativi della predeterminazione di Erdogan. A giugno, «mentre partecipava all’operazione marittima della NATO Sea Guardian nel Mediterraneo e indagava su una nave turca sospettata di rompere l’embargo sulle armi in Libia, una fregata francese si trovava di fronte a un comportamento palesemente ostile da navi da guerra turche. Un incidente così grave tra membri della stessa alleanza si verifica raramente ed è normalmente attribuito a incomprensioni involontarie. Non questo», annota Nathalie Loiseau, Presidente della sottocommissione per la sicurezza e la difesa dell’Europarlamento. La Turchia non ha alcuna intenzione di rispettare l‘embargo sulle armi in Libia, deciso dal Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, che la NATO si impegna a far rispettare, e appare abbastanza chiaramente nell’intervento del Ministro Çavuşoğlu su ‘Politico’.

E parlando di Libia non si può non parlare dell’accordo marittimo «che viola i diritti legittimi della Grecia», altro membro NATO «e di Cipro», sottolinea Nathalie Loiseau.

Oltre a violare i diritti del mare greco, mancando di rispetto al diritto marittimo, Ankara, sottolinea l’europarlamentare, «continua a fare pressioni su Atene: i gruppi di migranti che cercano di attraversare illegalmente il confine con la Grecia sono supportati dalla Turchia, che accoglie generosamente milioni di rifugiati ma li usa anche come gettoni di scambio con l’UE».

Tutte ‘punture di spillo’ collegate

«Nel porre tali sfide ai confini concordati a livello internazionale, Erdoğan agisce come se pensasse ai suoi rapporti con l’Occidente in termini di vendetta per il Trattato di Losanna del 1923, che registrava la fine dell’Impero Ottomano», affermaLoiseau, non mancando di sottolineare «la natura autoritaria del regime turco e la sua agenda islamista» che preoccupa Bruxelles.
Due elementi, questi ultimi, che fanno dire a Emmanuel Karagiannis, professore associato presso il Dipartimento di studi di Difesa del King’s College di Londra, che la Turchia di Erdogan non solo non è più quella che abbiamo conosciuto nei decenni scorsi, che sta cambiando rapidamente e profondamente, ma che la Turchia si sta allontanando dall’Occidente.
«L’islamizzazione del Paese è un processo dal basso verso l’alto piuttosto che dall’alto verso il basso», afferma Karagiannis. I turchi anatolici, quelli sui quali si fa forte Erdogan per mantenere il suo potere, che «tendono essere più conservatori e religiosi, hanno tassi di natalità più elevati rispetto ai turchi occidentalizzati di Istanbul e della costa egea». E anche Karagiannis, richiama l’impero ottomano. Il «Paese si considera il successore dell’Impero ottomano. Per cinque secoli, Istanbul fu la sede del califfato e il sultano ottomano fu visto come il leader del mondo musulmano. La Turchia di Erdoğan vuole svolgere lo stesso ruolo», lo dimostra anche nel sostegno ai Fratelli Musulmani, ad Hamas e ad altri gruppi islamisti.

La Turchia, prosegue Karagiannis, «si percepisce come una potenza emergente con una grande economia (una delle prime 20 al mondo) e un esercito forte (il secondo più grande della NATO), in grado di combattere e vincere guerre». E le campagne militari recenti lo hanno dimostrato. LaTurchia ha fiducia in se stessa, nella sua forza militare in primis, e lo dimostra con la creazione di basi militari in Qatar e Somalia, piuttosto che con la sua politica di affermazione in Africa. Anche «la sua industria della difesa è cresciuta considerevolmente negli ultimi cinque anni ed è ora un settore economico ad alta tecnologia di svariati miliardi di dollari».

«La Turchia di Erdoğan ha fiducia forse tropponella sua capacità di affrontare le sfide esterne», afferma Karagiannis.E tutto il comportamento politico di Erdogan esprime esattamente questo eccesso di fiducia.

La relazione che Erdogan ha costruito con la Russia, secondo Karagiannis, «non sono né tattici né casuali», rientrano perfettamente nella premeditazione all’allontanamento dall’Occidente, l’Occidente tutto, non solo l’Europa. E lo studioso spiega così questo avvicinamento: «la Russia è destinata a concentrarsi sulla regione artica. A causa dei cambiamenti climatici, Mosca non ha bisogno di avere accesso al mare caldo del Mediterraneo»,quando l’Oceano Artico diventerà navigabile gli equilibri cambieranno strutturalmente. «Di conseguenza, Ankara avrà meno da temere dalla potenza militare della Russia», la vicinanza con la Russia sarà, anzi, la stampella che servirà a Erdogan per la sua camminata all’affermazione di una Turchia potenza molto più che regionale.
In questo quadro, «l‘adesione della Turchia alla NATO potrebbe diventare irrilevante se non un ostacolo a una politica estera ancora più revisionista».Di più, Karagiannis afferma chiaramente che «l‘Occidente ha un’influenza decrescente sulla Turchia e deve prepararsi per uno scenario peggiore in cui la Turchia si unisce a un’alleanza anti-occidentale in un futuro non così lontano».