Il voto in Assemblea Generale delle Nazioni Unite sulla risoluzione che condanna l’invasione russa, analizzato da Crisis Group
Il 2 marzo, 7° giorno di guerra in Ucraina, nel corso di una sessione straordinaria, l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha votato a stragrande maggioranza una risoluzione che condanna l’invasione russa.
141 Stati membri delle Nazioni Unite hanno votato afavore della risoluzione, 5 contro, 35 astenuti.
Il voto ha certificato come la maggior parte del mondo sia schierato contro l’azione della Russia, come sia improvvisamente cambiato il mood della geopolitica nei confronti di Mosca.
«È stata una squillante denuncia globale da parte del mondo contro la Russia», ha commentato ‘CNN‘.
Eppure, proprio questa quasi unanimità, questo voto schiacciante, ha evidenziato divisioni degne di nota tra gli Stati membri delle Nazioni Unite su come rispondere alla crisi. Cosa spiega le differenze negli atteggiamenti regionali e nazionali nei confronti della crisi ucraina?
Crisis Group -l’organizzazione indipendente e transnazionale, che svolge attività di ricerca sul campo in materia di conflitti violenti e avanza politiche per prevenire, mitigare o risolvere i conflitti- attraverso una serie di studi-Paese, ha cercato di evidenziare i fattori politici interni,geopolitici, economici, di sicurezza che determinano le singole diverse posizioni e che dunque hanno determinato il voto in sede di plenaria ONU.
Di seguito l’analisi Crisis Group della posizione dei Paesi del Golfo, che alla risoluzione hanno votato a favore.
«Tutti i membri del Consiglio di Cooperazione del Golfo hanno votato a favore.
I Paesi arabi del Golfo hanno finora adottato una posizione ambigua sull’aggressione russa in Ucraina. In quanto stretti partner statunitensi che hanno anche legami crescenti con la Russia, siedono tra ‘una roccia e un luogo duro’, non disposti a inimicarsi apertamente su nessuna delle due sponde. Sono finiti in questo enigma a causa di quello che percepiscono come un crescente ritiro degli Stati Uniti dal Medio Oriente. In risposta, hanno intrapreso uno sforzo per diversificare le loro relazioni di sicurezza, allontanandosi dalla dipendenza esclusiva da Washington. La Russia è uno di questi nuovi partner.
Gli Emirati Arabi Uniti avvertono acutamente il dilemma. Abu Dhabi fa affidamento da tempo sull’ombrello di sicurezza statunitense ed è desideroso di presentarsi come un alleato indispensabile, affidabile e competente per Washington in una regione in subbuglio. Dopo il 2011, ha coltivato migliori legami con la Russia. Il 23 febbraio, un giorno prima dell’invasione russa dell’Ucraina, il ministro degli Esteri degli Emirati, lo sceicco Abdullah bin Zayed al-Nahyan, ha parlato con il suo omologo russo, Sergei Lavrov, e ha sottolineato la crescente partnership strategica tra i loro due Paesi. Poi, il 25 febbraio, gli Emirati Arabi Uniti si sono uniti a Cina e India nell’astenersi dal votare per una risoluzione del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite che condanna l’attacco russo.
Anwar Gargash, un alto consigliere del sovrano degli Emirati Arabi Uniti, ha spiegato la posizione di Abu Dhabi sostenendo che “prendere posizione” nel conflitto in Ucraina “porterebbe solo a più violenza” e ha incoraggiato tutte le parti a negoziare. I diplomatici di New York, tuttavia, percepiscono questa posizione come un accordo transazionale tra Abu Dhabi e Mosca piuttosto che una presa di posizione per principio. Tre giorni dopo il voto sull’Ucraina, la Russia ha votato a favore di una risoluzione che includeva il linguaggio introdotto dagli Emirati Arabi Uniti bollando gli Huthis, il movimento che Abu Dhabi e Riyadh, insieme al governo riconosciuto a livello internazionale, stanno combattendo in Yemen, come ‘gruppo terroristico’. Questo voto ha segnato un cambiamento rispetto alla precedente posizione della Russia secondo cui l’etichetta potrebbe raffreddare gli sforzi di pacificazione guidati dalle Nazioni Unite.
Gli altri Stati arabi del Golfo sono stati ugualmente cauti, limitandosi a esortare entrambe le parti a dar prova di moderazione. Questa posizione è di per sé una dichiarazione, dato che questi Paesi sono stretti partner degli Stati Uniti. Riyadh è andata oltre snobbando una richiesta di assistenza degli Stati Uniti per pompare più greggio dal suolo al fine di prevenire un aumento dei prezzi del petrolio durante la crisi. Invece, ha affermato di essere impegnata nell’accordo OPEC+ con la Russia, che limita gli aumenti mensili della produzione a 400.000 barili al giorno.
Ma il Qatar, in un apparente rifiuto dell’invasione russa, ha richiamato a una soluzione diplomatica che riconosca l’integrità territoriale dell’Ucraina. Anche il Kuwait ha denunciato l’uso della violenza e ha invitato la Russia a rispettare l’integrità territoriale dell’Ucraina, probabilmente a causa della propria esperienza con l’invasione dell’Iraq nel 1990. Eppure il Kuwait, sebbene dietro i suoi vicini del Golfo, ha costruito legami con la Russia.
Sembra che gli Stati Uniti abbiano lavorato duramente per convincere gli Stati arabi del Golfo a sostenere la risoluzione dell’Assemblea generale sull’Ucraina -con il presidente Biden che avrebbe chiamato almeno un governo nella regione per sapere come avrebbe votato la sua delegazione- e tutti hanno appoggiato il testo.
Nessuna potenza del Golfo vuole dare l’impressione di schierarsi con il Cremlino, per paura di aggravare le relazioni con gli Stati Uniti, il loro principale garante della sicurezza. Ma mentre cresce il sostegno internazionale all’Ucraina e la rabbia per coloro che sono visti sostenere (o almeno non opporsi pubblicamente) la Russia, il danno potrebbe essere già stato fatto: gli Stati Uniti e i loro alleati europei sono rimasti sconvolti dalla reticenza degli Stati del Golfo a mettersi in riga con la condanna immediata dell’invasione russa».