The results of a vote on a resolution concerning the Ukraine are displayed during an emergency meeting of the General Assembly at United Nations headquarters, Wednesday, March 2, 2022. (AP Photo/Seth Wenig)

Il voto in Assemblea Generale delle Nazioni Unite sulla risoluzione che condanna l’invasione russa, analizzato da Crisis Group

 

 

Il 2 marzo, 7° giorno di guerra in Ucraina, nel corso di una sessione straordinaria, l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha votato a stragrande maggioranza una risoluzione che condanna l’invasione russa.
141 Stati membri delle Nazioni Unite hanno votato afavore della risoluzione, 5 contro, 35 astenuti.

Il voto ha certificato come la maggior parte del mondo sia schierato contro l’azione della Russia, come sia improvvisamente cambiato il mood della geopolitica nei confronti di Mosca.
«È stata una squillante denuncia globale da parte del mondo contro la Russia», ha commentato ‘CNN‘.
Eppure, proprio questa quasi unanimità, questo voto schiacciante, ha evidenziato divisioni degne di nota tra gli Stati membri delle Nazioni Unite su come rispondere alla crisi. Cosa spiega le differenze negli atteggiamenti regionali e nazionali nei confronti della crisi ucraina?
Crisis Group -l’organizzazione indipendente e transnazionale, che svolge attività di ricerca sul campo in materia di conflitti violenti e avanza politiche per prevenire, mitigare o risolvere i conflitti- attraverso una serie di studi-Paese, ha cercato di evidenziare i fattori politici interni,geopolitici, economici, di sicurezza che determinano le singole diverse posizioni e che dunque hanno determinato il voto in sede di plenaria ONU.

Di seguito l’analisi Crisis Group della posizione del Pakistan, che alla risoluzione si è astenuto.

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«Dopo l’invasione russa dell’Ucraina, il Pakistan ha reagito in modo ambiguo che potrebbe portarlo a sostenere seri costi diplomatici ed economici. Il governo del primo ministro Imran Khan ha agito in un modo che suggerisce di non cogliere ancora appieno la gravità della situazione. Le relazioni con Washington sono già tese in gran parte a causa del sostegno apparentemente incondizionato di Islamabad ai talebani afgani. Per dare spazio diplomatico al suo governo, Khan ha cercato di stringere legami più stretti con Mosca. Questi sforzi non sarebbero potuti arrivare in un momento meno opportuno.
Il 23 febbraio, un giorno prima dell’assalto su vasta scala della Russia, Khan è arrivato all’aeroporto di Mosca per quello che i suoi sostenitori hanno propagandato come un benvenuto da tappeto rosso. In un videoclip ampiamente diffuso sui social media, un raggiante Khan ha detto: “Che tempo verrà.… Tanta eccitazione!” Poche ore dopo l’inizio dell’invasione, il presidente Vladimir Putin ha dato a Khan un’udienza di tre ore, che Islamabad ha proiettato come un grande successo diplomatico. Eppure Khan è tornato a casa con poco da mostrare dal viaggio, il primo di un primo ministro pakistano in oltre due decenni. Non ha firmato accordi o memorandum d’intesa con la sua controparte russa. L’allargamento delle sanzioni occidentali alla Russia ha anche affondato le speranze del Pakistan di una cooperazione energetica con Mosca, mettendo particolarmente in dubbio il destino di un progetto di gasdotto multimiliardario proposto.

Informando la stampa sul viaggio di Khan a Mosca, il 25 febbraio, il ministro degli Esteri Shah Mahmood Qureshi ha insistito sul fatto che il primo ministro si opponeva fermamente a schierarsi con qualsiasi blocco globale. Tre giorni dopo, nella sua prima dichiarazione pubblica sulla crisi ucraina, Khan ha fatto ricorso alla retorica anti-americana che è diventata un segno distintivo del suo approccio di politica estera.
Rifiutando di condannare l’invasione, il Pakistan si è astenuto dal votare sulla risoluzione che chiedeva il ritiro della Russia dall’Ucraina nella sessione di emergenza dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite.
A differenza dei Paesi più ricchi e potenti che si mantengono in disparte, il Pakistan non può permettersi il lusso di mettere alla prova la pazienza dell’Occidente, in particolare quella di Washington. Il suo status di SPG+ plus presso l’Unione Europea (UE) ha dato un po’ di respiro all’economia vacillante del Pakistan, ma Islamabad è fortemente dipendente dai prestiti delle istituzioni finanziarie internazionali dominate dagli Stati Uniti. A differenza della Russia, con la quale il commercio del Pakistan è minuscolo, gli Stati Uniti e gli Stati dell’UE sono i suoi principali partner commerciali. La guerra in Ucraina potrebbe ulteriormente minare l’economia del Pakistan. L’aumento dei prezzi globali del carburante sta già alimentando un’inflazione record e mettendo a rischio la sicurezza alimentare, poiché prima dell’invasione l’Ucraina forniva al Pakistan oltre il 39% delle sue importazioni di grano. Con un deficit commerciale stimato da un analista a circa 40 miliardi di dollari, la dipendenza di Islamabad da fonti di finanziamento esterne crescerà inevitabilmente. Una Russia sottoposta a pesanti sanzioni non sarà in grado di assistere il Paese. In uno scenario del genere, il potente esercito pakistano, da cui Khan dipende per la propria sopravvivenza politica, potrebbe mettere in discussione la sua posizione estera».