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Dopo la polemica legata alla vicenda della nave ‘Aquarius’, domani l’ incontro tra i due leader

 

Si è chiusa la polemica che, qualche giorno fa, era scoppiata tra Roma e Parigi sul caso della nave ‘Aquarius’. Domani, il neopremier Giuseppe Conte si recherà nella capitale francese dove incontrerà il Presidente Emmanuel Macron con il quale avrà un pranzo di lavoro cui seguirà una conferenza stampa. Secondo Palazzo Chigi, nel colloquio telefonico intercorso ieri sera i due leader «hanno potuto discutere la situazione della nave Aquarius e avere uno scambio di vedute». «L’Italia e la Francia» – specifica la Presidenza del Consiglio italiana – «devono approfondire la loro cooperazione bilaterale ed europea per una politica migratoria efficace con i paesi di origine e di transito attraverso una migliore gestione europea delle frontiere e un meccanismo di solidarietà nella presa in carico dei rifugiati». Il capo di Stato francese avrebbe – a detta dell’ Eliseo – «sottolineato di non aver mai fatto alcuna dichiarazione con l’obiettivo di offendere l’Italia e il popolo italiano».

«Abbiamo concordato di cooperare in modo stretto,Italia e Francia, coinvolgendo tutti i Paesi Ue, La questione immigrazione non può essere demandata solo all’Italia. La mia visita a Parigi resta. Ci teneva molto a mantenere l’invito e sarà da me raccolto» ha raccontato in mattinata il Presidente Conte mentre il ministro agli Affari europei francese, Nathalie Loiseau, ai microfoni della radio Europe 1, aveva sostenuto che «con l’Italia abbiamo bisogno di parlarci, è un grande partner, è un grande vicino. Il presidente e Giuseppe Conte si sono visti brevemente al G7 in Canada, sarebbe interessante e utile che si vedessero più a lungo». La stessa Loiseau, ieri, aveva sottolineato che «l’Italia è da anni di fronte a un afflusso massiccio di migranti e l’Europa non l’ha aiutata abbastanza. Dobbiamo fare molto di più rivedere le regole di Dublino, rafforzare il controllo alle frontiere esterne dell’Ue, rafforzare Frontex e lottare più efficacemente contro i passeur».

Il pomo della discordia era stata, come ricordato, la vicenda della nave con a bordo 629 migranti, l’Aquarius, (al momento in lenta quanto difficile navigazione causa maltempo verso il porto di Valencia) alla quale il ministro dell’Interno italiano, oltre che vicepremier, Matteo Salvini, molto vicino a Marine Le Pen, aveva negato l’ accesso ai porti italiani, dopo il rifiuto da parte di Malta, attirandosi così le critiche da parte francese. Ad offrirsi di accogliere la nave, la Spagna del nuovo Presidente socialista Pedro Sanchez, ma da Parigi erano trapelate parole forti e il portavoce del partito di maggioranza francese La République En Marche del presidente Macron, Gabriel Attal, intervistato dalla tv Public Sénat, aveva detto  «è da vomitare» in riferimento alla scelta del titolare del Viminale. Quest’ ultimo aveva preteso le “scuse ufficiali” da parte della Francia e che, qualora queste non fossero giunte, sarebbe stato meglio annullare la visita di Conte in oltralpe. Al capo dell’ Eliseo « che ha preso finora 640 immigrati ma si era impegnato per 9610 persone» – aveva sostenuto Salvini – «Al Presidente francese dico ‘Emmanuel, se hai il cuore così d’oro come dici, domani ti daremo le generalità di 9mila migranti che ti eri impegnato a prendere’. Visto che ci danno lezioni, i francesi si prendano questa lezione». Compatto si è dimostrato il governo italiano anche nella componente M5S: il Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti Danilo Toninelli ha appoggiato la linea Salvini così come Luigi Di Maio che in mattinata, prima della comunicazione di Conte, aveva ribadito, intervistato alla radio:  «Questo deve essere chiaro per questa vicenda e per il futuro … E’ finita l’epoca in cui si pensava che l’Italia la puoi sempre abbindolare».

Un’ escalation, dunque, che aveva causato l’ annullamento dell’ incontro tra il ministro dell’Economia Giovanni Tria e il suo omologo francese Bruno Le Maire e che aveva comportato la convocazione, da parte della Farnesina, dell’ ambasciatore francese a Roma. «Non abbiamo niente da imparare da nessuno in termini di solidarietà. La nostra storia non merita di essere apostrofata in questi termini da esponenti del Governo francese che spero diano scuse», ha arringato Matteo Salvini nella sua informativa al Senato, dicendosi pronto a limare le spese per l’ accoglienza.

Considerando la grande quantità di interessi in comune, dalla TAV alla stabilizzazione della Libia – sebbene sostengano due attori contrapposti – che contribuirebbe anche alla gestione del fenomeno migratorio, passando per la riforma dell’ Ue, perché per Roma è necessario dialogare con Parigi? Lo abbiamo chiesto a Matteo Villa, ricercatore ISPI (Istituto Studi di Politica Internazionale) ed esperto di Europa e governance globale, geoeconomia e migrazioni.

 

Che idea si è fatto dell’ ormai conclusa crisi tra Francia e Italia?

Innanzitutto, bisogna ricordare che storicamente non c’è sempre sintonia in quanto spesso i pregiudizi più forti prendono il sopravvento. Con la Francia, le crisi sono state quasi sempre ad alto livello: basti ricordare Bardonecchia o, qualche mese prima, la costante minaccia di chiudere Ventimiglia. Con qualunque presidente del consiglio italiano o capo di stato francese, è un trend di cui spesso ci dimentichiamo. D’ altra parte, in questo specifico caso, è chiaro come alcune delle parole attribuite a Macron siano state utilizzate per passare dalla parte della ragione: la Francia ci ha criticato in una situazione effettivamente problematica, nella zona grigia del diritto internazionale, e riguardante la negazione del permesso di attraccare della nave Aquarius. Da lì, invece di parlare nel merito, si è andato oltre, parlando della forma. La Francia, se per questo, ha ben poco da recriminare all’ Italia perché Macron ha appena fatto una riforma restrittiva che diminuisce e di parecchio il periodo per valutare le richieste manifestamente infondate, che fa una grandissima differenza tra migranti economici irregolari e gli altri; inoltre la Francia è stato uno dei Paesi che più si opposta alla riforma di Dublino che è iniziata ad inizio giugno; è sempre la Francia che chiude le frontiere e fa qualche sconfinamento di troppo. E’ anche vero, però, che l’ Italia, in questo momento, stava facendo una cosa che non aveva mai fatto negli ultimi anni. Detto questo, è una polemica che è stata gonfiata un po’ da tutti perché faceva comodo così: si è spostata l’ attenzione, si è iniziato a parlare di Macron e Aquarius è ancora lì in Sardegna e non si sa se riuscirà a raggiungere Valencia. C’è, peraltro, una nuova crisi in arrivo, quella dei quaranta migranti su una nave militare. Detto questo, però, Francia e Italia sono molto più simili sia dal punto di vista personale sia dal punto di vista degli obiettivi di lungo periodo. Ecco perché sin da quando è partita la crisi, io ho subito pensato che si sarebbe risolta subito in quanto ci sono troppe cose che ci uniscono, non ultimo la riforma dell’ Eurozona con Parigi che è assolutamente nostro interlocutore.

Anche Parigi, dunque, secondo lei, ha enfatizzato la polemica? Perché?

Certamente. Non dimentichiamo che Macron sta percorrendo una via molto stretta: En Marche si va definendo nel tempo, ha aperto tanti capitoli, anche molto pesanti in Francia, e non può, dunque, spendere troppo capitale politico dappertutto. Sui migranti, Macron ha scelto di adottare una linea più ferma.

Non sono pochi, peraltro, i problemi interni che Macron deve gestire in Francia.

Infatti, ci sono numerosi scioperi e se pensiamo che, sui migranti, in Francia è stato approvano un inasprimento del diritto d’asilo interno, ma anche lo sgombro di un campo profughi avvenuto dieci giorni fa nella periferia di Parigi, oltre al doppio sgombro a Calais, possiamo intuire che l’ approccio è ovviamente securitario perché non può essere eccessivamente permissivo di fronte a questo fenomeno. D’ altra parte, va detto che En Marche, che ritengo molto più vicino al Movimento 5 Stelle data la non precisa collocazione nello spettro politico che li porta ad avere grande consenso, ma ad essere molto ondivaghi sulle soluzioni da dare ai problemi, sul fronte ‘migranti’ ribadisce l’ importanza della ‘solidarietà esterna’, contrapponendosi alla posizione di Salvini.

Nella risoluzione di questa incomprensione, ha giocato un qualche ruolo Bruxelles?

Secondo me, in questo Bruxelles non ha giocato alcun ruolo. Proprio per il fatto che l’inizio della crisi è stato generato dalle cancellerie dei Paesi, la risoluzione è stata molto bilaterale. Ovviamente, i contatti non si interrompono mai, abbiamo convocato l’ ambasciatore francese che poi ha mandato un sostituto (altro sgarbo diplomatico), ma in casi come questo Bruxelles è, anche a buona ragione, un osservatore esterno perché quando si intromette finisce sempre per essere percepito come un terzo incomodo che cerca di costringere due Stati a parlare. In quest’ occasione, ho percepito, anche giustamente, Bruxelles assente perché se ci sono dei dissidi bilaterali è meglio che non entri.

Da come si è risolta la controversia, la Francia ha cambiato approccio nei confronti dell’ Italia?

Sui migranti, la Francia ha tenuto il punto e continuerà a dire che i porti devono essere aperti, ma soltanto quelli italiani. In realtà, Macron è stato europeista quando sosteneva che era necessario ripensare il sistema dei ricollocamenti, ma si è opposto del tutto a ricollocare tutti.  Sul resto delle questioni, Macron è ancora allineato con l’ Italia per motivi non tanto politici quanto tattici: soprattutto a ridosso di un Consiglio europeo che sarebbe dovuto essere importante, Macron ha molto bisogno dell’ Italia.

Perché sarebbe dannosa per l’ attuale governo italiano la mancanza di dialogo e di sintonia con Parigi?

Se ci pensiamo, il governo, già prima di partire, sembra aver fatto un forte passo indietro sull’ euro: la Lega, fuori la sua sede di Milano, ha fatto cancellare la scritta ‘Basta Euro’, simbolo importante della Lega di ‘lotta’ e non di ‘governo’. Di fronte a questo, è chiaro che i margini sono all’ interno dell’ Europa e il governo ha bisogno di far vedere agli elettori che l’ Europa si muove su un dossier molto importante sul quale, se non facciamo anche un minimo passo avanti. Perciò abbisogna della Francia che è l’ attore più forte vicino a noi, vicino alle nostre posizioni, che può chiedere a Berlino una serie di riforme della governance e dell’ euro. E la Francia è l’ unico interlocutore che ci può veramente dare una mano su questo: quando andremo in Europa, avremo bisogno di loro altrimenti Berlino, che già ha un governo fragile, non si schioderà dalle sue posizioni e, quindi, questo ‘euro’ che vogliamo diverso non l’ avremo. Italia e Francia sono dunque nella stessa parte, però occorrerà un periodo di assestamento. Stante che l’ instabilità italiana è stata utilizzata da parte tedesca per mettere le mani avanti e dire che se a fine giugno non si fa niente non è colpa loro, anche l’ Italia deve riaggiustarsi dopo le polemiche del ‘caso Savona’. Però Italia e Francia possono andare avanti sul progetto di riforma.

Anche sulla gestione futura del dossier libico, Italia e Francia, nonostante sostengano l’ una Serraj e l’ altra Haftar, devono dialogare.

Sulla Libia, Italia e Francia sono lontane. Macron ha cercato di toglierci un po’ il terreno sotto i piedi, cercando di andare avanti lui e tutte le iniziative unilaterali da parte francese possono essere rischiosissime per l’ Italia. Anche a sud della Libia, la Francia è fondamentale: pensiamo in Niger, dove praticamente non possiamo entrare senza la Francia, come si è potuto vedere a proposito della missione italiana. Da questo punto di vista, sarebbe assurdo per l’ Italia dialogare con Parigi.

A proposito di dialogo con Parigi, uno dei due partiti italiani al governo, il Movimento 5 Stelle – che aveva chiesto di entrare a far parte dello stesso gruppo politico, poi vedremo se ci riusciranno -, lo aveva già instaurato, sebbene solo a livello più alto, in Europa, con ‘En Marche’ e questa convergenza, secondo me, fa bene anche per controbilanciare, dal punto di vista interno, l’ incredibile potenza che la Lega sembra avere in questo momento. Certamente, in questo senso, la Francia ha anche una finalità interna per l’ Italia. Non credo però che questi contatti del M5S solo ad alto livello (ma non informali tra i leader) possano aver influito sulla riconciliazione tra il governo di Parigi e quello di Roma.

D’ altra parte, non è un po’ contro gli interessi italiani allearsi con l’ Ungheria di Orbàn che chiude le frontiere e non dialogare in modo efficace con la Francia?

Io terrei le due questioni disgiunte perché quella ungherese è più di lungo periodo. La Francia è un alleato di prospettiva certa e quindi rendere problematica una relazione che non lo è, risulta controproducente. Questo spiega perché le relazioni con Parigi riprenderanno. Orban invece rappresenta il paradosso di uno dei partiti politici al governo: per la Lega, in questo caso, la scelta è tra la lotta o il governo. Quindi dire che si è a favore del nazionalismo, vuol dire che sui migranti vorremmo avere una linea di chiusura. Questo, però, può voler dire lasciare l’ Italia da sola. Italia che, però, non credo riuscirà a chiudere le frontiere limitando ulteriormente gli arrivi irregolari che, bisogna dire, erano già molto bassi. La scelta, dunque, che si ritrova a dover fare Salvini è tra coltivare delle relazioni con i leader che lui ritiene, vedremo ancora per quanto, simili o, invece, andare in altra direzione. Ricordiamoci che anche i Paesi occidentali non ci hanno spesso aiutato, essendo mancato di tanto in tanto un’ unione di intenti che riguarda anche Parigi.

Pensa che l’ impuntatura di Salvini sulla vicenda Aquarius abbia veramente – come da lui dichiarato – rimesso al centro del tavolo europeo la questione dell’ immigrazione?

Occorre premettere che prima dell’ Aquarius, non eravamo in una situazione di emergenza. Avevamo – e lo abbiamo ancora – il livello più basso di arrivi dal 2013. Posto questo, non c’è stata un’ internazionalizzazione della crisi come sarebbe stata negli interessi dell’ Italia bensì c’è stata una bilateralizzazione della crisi con la Spagna. Il fatto che la Spagna si fosse proposta, con il porto di Valencia, di accogliere è in parte una coincidenza fortunata di eventi, quindi Sanchez che è appena arrivato che deve contrastare Podemos e deve farsi accettare; dall’ altra si tratterà di un caso unico, come dimostra che Valencia ha già annunciato di avere non più di 8 posti per accogliere. Ecco il motivo per cui questo esempio di internazionalizzazione della crisi è controproducente: perché dà un’ immagine sbagliata dell’ Italia, opposta a quanto avvenuto negli ultimi anni quando abbiamo fatto più di quel che ci richiedesse il diritto internazionale cioè abbiamo presidiato l’ area di ricerca e soccorso. Ma questa crisi con gli immigrati a bordo è ancora più lontana dell’ immagine che avremmo voluto dare: il segnale all’ Europa è molto più forte, addossando all’ Europa appunto la responsabilità. Questo tipo di internazionalizzazione rischiava di fallire miseramente se non ci fosse stata la Spagna e perciò penso sia molto pericolosa anche solo dal punto di vista politico. Inoltre, nel caso non ci fosse stata la Spagna e fossero morti dei migranti in mare, vi sarebbero potute essere anche delle conseguenze perché una volta che si salva una persona a rischio vita, chi sta coordinando i soccorsi deve condurre le persone salvate nei porti del proprio Paese.

Matteo Salvini ha dichiarato di aver avuto buoni colloqui con l’ omologo tedesco, austriaco ed ha annunciato di essere in procinto di presentare un progetto comune per quanto concerne, ad esempio, la difesa delle frontiere esterne dell’ Ue. Come pensi si ridisegneranno le alleanze nel panorama europeo, anche in vista del Consiglio europeo di fine giugno?

Io vedo molta continuità – nonostante la gestione da parte della Lega del caso Aquarius – soprattutto nell’ ambito della gestione del fenomeno migratorio nell’ ultimo anno. Dato per acquisito che in mare non si può non soccorrere – segnale di discontinuità che avrebbe voluto dare Salvini – e che gli altri Paesi non vogliono europeizzare i salvataggi in mare,  si è cercato di diminuire le partenze. In continuità con questo, lo sforzo da parte dell’ Italia è dire: “Visto che non si riesce a gestire in maniera europea la parte di salvataggi e la parte di solidarietà intraeuropea, andiamo fuori”. E su questo, Germania, Austria e perfino Visegrad è d’ accordo. Direi, però, che sono ormai un paio di anni che gli equilibri vanno in quel senso: non si riescono a fare passi avanti nella solidarietà intraeuropea, anzi il contrario, anche in un momento in cui si dimostra che la politica di esternalizzazione delle frontiere funziona perché diminuiscono gli arrivi e la collaborazione in quel senso è unanime. Ecco perché ritengo che l’ ambiente europeo è al momento estremamente favorevole a questo governo ed è proprio per questo che la crisi rischia di incrinare un fronte che è veramente comune.

E’ anche vero, però, che l’ Europa è formata dai governi e se l’ Italia vuol far sentire la sua voce ha ben altri mezzi per farlo.

Esattamente. Chiunque può pensare di dover fare campagna elettorale, ma ci sono due tipi di narrazione: quella di tipo interno e quella di tipo esterno. Noi, adesso, ci ritroviamo nella prima. E’ vero che l’ Europa ci ha chiesto di fare delle cose e che noi ci siamo anche auto vincolati. Ma è anche vero che la retorica dell’ ostilità paga e penso che il governo lo sappia molto bene.

Come potrebbe essere giocata, nel rapporto con l’ Europa e, ad esempio, con Macron, la sintonia, anche molto enfatizzata dal governo, tra il premier Conte e Trump?

Se guardiamo al passato, la simmetria tra i vari governi che si sono succeduti e Obama era buona perché ci faceva da sponda sia al G8 sia al G20 per chiedere noi politica industriale in più. Questa volta, al governo toccherà essere più cauto su un Trump così isolato: la politica americana dei dazi potrebbe danneggiare, ad esempio, molte aziende del nord e non piace nemmeno a coloro che pensavano che, tutto sommato, stesse facendo delle cose giuste. Questo lo sentono anche i partiti di governo cui Trump piace essendo uno dei primi leader che hanno scardinato il vecchio sistema. Al G7 ci sono stati sorrisi e buoni dialoghi tra Conte il presidente americano, ma se poi si va a vedere la dichiarazione che poi Trump non ha firmato, tutti, Italia inclusa, sostenevano di essere d’ accordo sul commercio e sull’ Accordo di Parigi. In questo, il governo italiano è molto più lineare con gli altri Paesi del G7 che con la linea trumpiana.

Ci potrebbero essere altri terreni di attrito tra Parigi e Roma? Per esempio, la TAV o qualche fusione finanziaria?

Sulla TAV, assolutamente sì nel senso che il governo Lega-M5S deve prima chiarirsi su cosa vorrà fare e, nel caso venisse non dico cancellata visto i soldi che sono già stati spesi, ma anche solo posticipata, lì ci sarà un’ altra necessità di chiarimento. Si pensi al caso dei cantieri STX. Ci sono effettivamente tante occasioni di attrito proprio per il fatto che, data la vicinanza, ci sono tantissimi scambi. Poi, non mancheranno rivalità tra le classi dirigenti, ma questa è un po’ la caratteristica degli ultimi secoli. Detto questo, però, non vedo all’ orizzonte grandi attriti che ci mettano gli uni contro gli altri anche perché, al momento, ci sono molti segnali di continuità.

Ci sono ancora i presupposti, secondo lei, di un ‘trattato del Quirinale’?

E’ una proposta che, nello svilupparsi, mette insieme le due presidenze. Quindi i presupposti ci sono per andare avanti. Però, proprio per il fatto che la presidenza francese è molto diversa da quella italiana, c’è un meccanismo per cui si può andare avanti a prescindere dal primo ministro. E’ chiaro che, se dovesse essere firmato, sarebbe un atto simbolico e non potrebbe mancare un buon rapporto con il governo in carica.