“Solo unendoci, anche nelle diversità, potremmo vincere questa battaglia quasi esistenziale per l’ Unione Europea”. L’ intervista all’ On. Sandro Gozi, già Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio con delega agli Affari Europei del Governo Renzi e Gentiloni

 

Il PD ha una «responsabilità politica rispetto all’ Italia e rispetto all’ Europa» denuncia con forza  l’ ex Sottosegretario agli Affari Europei dei Governi Renzi e Gentiloni, l’ On. Sandro Gozi. L’ Italia è di nuovo nell’ occhio del ciclone. Varato ieri sera, il Documento di Economia e Finanza, che prevede un’ aumento del rapporto deficit/PIL al 2,4%,  ha scatenato un’autentica tempesta sui mercati. Piazza Affari ha chiuso in rosso mentre lo spread, il differenziale Btp-Bund, che stamani aveva superato la soglia dei 280 punti base, si è attestato a 267 punti base, ben 33 punti in più rispetto a ieri. Se Bruxelles boccia la manovra «noi tiriamo avanti», ha assicurato il ministro dell’Interno e Vicepremier, Matteo Salvini. «Ora parte l’interlocuzione con l’Ue e con i grandi investitori privati e non abbiamo intenzione di andare allo scontro» ha dichiarato l’altro Vicepremier, oltre che titolare del Ministero del Lavoro e dello Sviluppo economico, Luigi Di Maio. Da Bruxelles, sono arrivate le prime reazioni: «Voglio continuare il dialogo con le autorità italiane, dicendo che rispettare le regole non è per noi, ma è per loro, perché quando un paese si indebita, si impoverisce» ha affermato, ospite della tv francese Bfm, il commissario agli affari economici Pierre Moscovici.

Di fatto, dopo la questione migratoria, si apre un altro terreno di scontro tra il Governo giallo-verde e l’Unione Europea. Ma il  momento culminante saranno le elezioni europee del 2019. Da una parte, il «nuovo volto dell’Europa», come titolava il prestigioso settimanale americano ‘Time’ dedicando la copertina della sua edizione europea a una foto in bianco e nero di Matteo Salvini, «lo zar – recitava il sottotitolo -dell’immigrazione in Italia. E’ in missione per disfare l’Unione Europea», emblema di una nube nazionalista e populista che da Est a Ovest sembra avvolgere il Vecchio Continente, puntando, magari con l’ aiuto dell’ ex stratega di Donald TrumpSteve Bannon, al ritorno all’ «Europa delle Nazioni».

Dall’ altra? Tutti coloro che vogliono difendere l’Europa: cambiarla, ma difenderla. In che modo? La proposta lanciata dal filosofo Massimo Cacciari, ribadita recentemente da Pierferdinando Casini ed oggetto del manifesto antisovranista ‘Risvegliamo l’Europa’ – lanciato dall’ ex premier ed ex Segretario del Partito Democratico, Matteo Renzi (anticipato ieri dalla Stampa) e controfirmato dal premier maltese Joseph Muscat, dal presidente di En Marche, Christophe Castaner, dal presidente di Ciudadanos, Albert Rivera, e dal capogruppo al Parlamento europeo di Alde, Guy Verhofstadt – è un’alleanza transnazionale «da Tsipras a Macron» in grado di opporsi alla ‘Lega delle Leghe’. Una sfida che dovrebbe mettere tra parentesi la tradizionale contrapposizione socialisti-popolari e che potrebbe essere meno ambiziosa di quanto non si pensi: un recente sondaggio Demos&Pi ha infatti registrato un aumento della fiducia  degli elettori italiani nell’ Unione Europea. Il dato percentuale, infatti, è passato dal 29% del 2016 al 36%.

Tuttavia, la strategia da adottare in Europa divide la sinistra e lo stesso PD che si appresta a scendere in piazza, domenica, «contro l’ irresponsabilità di questo Governo».  «Fra Democratici e Socialisti e il presidente francese Emmanuel Macron c’e’ un terreno comune per un’alleanza»  ha auspicato, poche settimane fa, sul palco della festa nazionale dell’Unita’ di Ravenna, in sintonia con la posizione renziana, l’ex premier Paolo Gentiloni. «Il prossimo congresso sarà tra chi vuole restare nel Pse allargandolo, e chi vuole andare con i liberali dell’Alde, spesso all’opposizione dei pochi governi socialisti rimasti», ha scritto, invece, ieri su Facebook, Andrea Orlando, subito appoggiato da Nicola Zingaretti, al momento unico candidato alla segreteria. «E’ stato Renzi, come segretario del PD, a portare il nostro partito nel Pse» ha ricordato, in risposta ad Orlando, l’ ex Sottosegretario Sandro Gozi.

 

On. Gozi, lunedì è stato approvato dal Governo giallo-verde il ‘decreto sicurezza’ del Ministro dell’Interno, oltre che Vicepremier, Matteo Salvini. Un decreto che sembra esemplificare la nuova atmosfera europea. Recentemente, il Presidente della Commissione europea, Jean Claude Juncker, nel suo discorso sullo stato dell’Unione, ha ribadito che «l’Europa è un processo di pace, non una fortezza. Quindi sì al patriottismo, ma no al nazionalismo». Che clima è quello che si respira in Europa?

È un clima di scontro alimentato dal neonazionalismo di cui è rappresentante, in Italia, Salvini insieme a Marine Le Pen, a Viktor Orbán. Neonazionalismo che si basa su una campagna permanente di cui è chiaro esempio il ‘decreto sicurezza’, vero e proprio manifesto elettorale di Salvini. Un decreto nel quale il premier Conte è in una posizione di imbarazzante comparsa e che mescola, volutamente, in maniera del tutto demagogica, immigrazione e sicurezza, facendo una serie di proclami che rendono solo più difficile governare e gestire il tema dei richiedenti asilo, a cominciare, ad esempio, dall’ indebolimento del sistema ‘SPRAR’, con una propaganda che mira a rendere, in via strumentale, più visibile il tema dell’ immigrazione perché nel momento in cui si rifiuta la distribuzione capillare e si insiste sui centri, si vuole avere dei manifesti permanenti da sventolare di fronte ai cittadini. Quindi è un buon esempio del neonazionalismo europeo che ha bisogno, in modo costante, di inventare un’emergenza: sappiamo che dobbiamo migliorare le modalità di gestione dell’immigrazione, ma non c’è un’emergenza come viene testimoniato dai dati del Viminale e delle Nazioni Unite. Tuttavia, la costruzione dell’emergenza voluta da Salvini permette anche di chiedere alla gente di sacrificare diritti e libertà in cambio di sicurezza. E questa è la parta più pericolosa del discorso nazionalista dato che la risposta all’ emergenza deve portare alla possibilità di gestire a piacimento o, addirittura, a concedere dei diritti che gli individui hanno in quanto persone e non in quanto concessi da un governo.

Pierre Moscovici, Commissario europeo per gli affari economici e monetari, ha parlato di «piccoli Mussolini» che si aggirano per l’Europa. È stata secondo lei una dichiarazione opportuna ed è dello stesso parere?

Non scomoderei Mussolini per descrivere i comportamenti di Salvini e Di Maio che sono dei piccoli demagoghi che inventano le emergenze: il primo rappresenta la nuova forma di estrema destra europea, il secondo è la nuova espressione dell’estremo opportunismo italiano.

In vista delle elezioni europee, l’immigrazione sarà sicuramente cruciale tema di campagna elettorale, ormai perenne. Di certo viene fatta tanta propaganda, nonostante i dati, come Lei ricordava, dicano ben altro. Ma è d’accordo su quanto sostenuto giorni fa dal Ministro per gli Affari Europei italiano, Paolo Savona, per il quale, sull’ immigrazione, l’Unione Europa rischia il collasso?

Gli Stati europei, negli anni scorsi, hanno commesso dei gravissimi errori sull’ immigrazione perché, mentre le istituzioni europee, dopo gravi ritardi, hanno cominciato a lavorare per rafforzare i controlli esterni, costruire un partenariato con l’ Africa e distribuire l’ onere tra i vari Paesi, alcuni di questi, in particolare quelli del gruppo di Visegrad, ma in generale un po’ tutti, in un primo momento, hanno sottovalutato la situazione e, in un secondo momento, non hanno mai dimostrato il coraggio necessario per attuare le politiche di solidarietà e di redistribuzione che, su spinta dell’ Italia e del governo Renzi, l’ Italia aveva stabilito. Oggi, l’immigrazione può essere una causa di fortissima divisione europea se si continua ad impedire all’ Europa di assumerne un vero governo. La gente ha paura dell’immigrazione perché ha l’impressione che nessuno ne abbia il controllo e la vera ripresa del controllo di questo fenomeno non sono i decreti-propaganda di Matteo Salvini che inventa l’emergenza e quindi anche l’urgenza di un decreto legge quando urgenza non c’è. Il vero problema dell’immigrazione è costruire una politica comune a livello europeo. E questo dovremmo farlo, quantomeno, con un gruppo di Stati che abbiano la determinazione per iniziare a costruire una politica europea comune. Se continueranno le divisioni e continueremo a permettere ad alcuni Stati di mettere il veto o di tirarsi fuori dalle politiche comuni sull’ immigrazione come accaduto finora con i Paesi del gruppo di Visegrad che, tra l’altro, oggi, possono farlo ancora di più dato che il governo Conte ha accettato, a fine giugno, il principio di volontarietà mentre noi avevamo sancito l’obbligatorietà e la solidarietà. Fintantoché si impedisce all’ Europa di essere governo dell’immigrazione, il tema dell’immigrazione rimane al centro. Ed è per questo che i neonazionalisti vogliono impedire all’ Europa di fare passi avanti su questo fronte: sanno, infatti, che la mancanza di controllo del fenomeno è il loro migliore alleato perché hanno bisogno della paura, di un sentimento di invasione. Finché la gente ha paura, è disposta a rinunciare ai propri diritti. È questo che vogliono i Salvini, Le Pen con la complicità, non so fino a che punto consapevole, ma se fosse inconsapevole sarebbe ancora più grave, di Di Maio e dei 5stelle.

Del resto i Paesi, come l’Ungheria, che criticano l’Europa, non rinunciano, però, ai fondi europei. A questo riguardo il Presidente francese, Emmanuel Macron, a Salisburgo, ha sostenuto: «Chi non vuole fare la sua parte su Frontex, esca da Schengen, chi non vuole i vantaggi dell’Europa, non prenda i fondi strutturali». È d’accordo?

Credo sia giusto dire che è impossibile continuare a godere del più grande risultato che l’Europa ha ottenuto per i cittadini, la libertà, che è poi il significato di Schengen, se non si è disposti a rafforzare in comune, attraverso una polizia europea delle frontiere esterne, i propri confini. Così come non è più accettabile che si possa beneficiare dell’Europa, della libertà, del mercato e dei fondi europei se non si fa la propria parte di solidarietà quando è necessario farlo, ad esempio, in materia di immigrazione, di asilo o di rispetto dello Stato di diritto. Quindi, è giusto ed è una proposta che noi facemmo nel 2016 ossia negare i fondi europei a chi non rispetta lo Stato di diritto o gli obblighi di solidarietà sul fronte migratorio. Penso che anche la Francia di Macron stia facendo dei passi avanti: sono stati fatti degli errori a Ventimiglia e Bardonecchia, ma da allora ha intrapreso una serie di iniziative di solidarietà nel Mediterraneo. Anche in queste ore si sta delineando una nuova iniziativa tra Francia e Malta che riguarderà anche altri Paesi e che potrebbe portare, nel caso dell’Aquarius, ad una nuova redistribuzione tra alcuni Stati che, ormai, sono leader nella costruzione di politiche comuni nel Mediterraneo, sotto la spinta della Francia e di Malta. Da questo punto di vista, è sbagliato attaccare Macron perché dagli sbagli di Ventimiglia e Bardonecchia sono stati fatti progressi importanti. E, d’ altro canto, è gravissimo che l’Italia, anziché essere leader di questo gruppo di Paesi che sta realizzando e praticando una politica di solidarietà e condivisione dell’onere in materia di asilo, ne sia fuori e si getti tra le braccia di Orbán che, finora, ha sempre lavorato contro l’interesse dell’Italia.

È quello che l’ex premier Mario Monti definisce uno «strapuntino Sud» del blocco di Visegrad.

Questo lo abbiamo visto negli ultimi tempi in occasione dell’importantissimo voto del Parlamento europeo sull’ avvio della procedura per la violazione dello Stato di diritto contro l’Ungheria. In Parlamento europeo, Salvini ha detto ‘no’ alle sanzioni contro Orbán mentre i 5Stelle hanno detto ‘sì’. Quando la questione verrà esaminata in Consiglio europeo, l’Italia non avrà due voti, ma uno solo, quello del presidente Conte. Il premier Conte cosa farà? Voterà a favore o contro le sanzioni, visto che i suoi due vicepremier hanno assunto posizioni agli antipodi? Altra questione: Salvini attacca il Ministro degli Affari Esteri lussemburghese, Jean Asselborn, e poi vediamo il Ministro Moavero sostenere che l’Italia rispetta lo Stato di diritto. Bene, in Consiglio Affari generali, il Ministro Moavero cosa fa rispetto a Ungheria e Polonia? Conferma la politica che noi abbiamo applicato fino all’ ultimo giorno di governo, cioè di forte sostegno alla Commissione europea nelle sue procedure per violazione dello Stato di diritto e degli obblighi in materia di immigrazione rispetto a Polonia e Ungheria oppure no? In questo, si misura se l’Italia è quella di Salvini che è il vero capo politico di questo governo, quindi un’Italia che insulta i propri partner storici oppure se è quella che vorrebbe rappresentare Moavero. Al momento, però, le politiche che il governo pratica, per esempio il ‘decreto sicurezza’, non sono quelle di Moavero, ma di Salvini. Quindi attenzione a cercare di dare un’immagine all’ esterno di un’Italia che non c’è più perché, con questo governo, nonostante gli sforzi del Ministro degli Esteri, c’è un’Italia che viola i diritti fondamentali, che vorrebbe fare dei passi indietro, come dimostrano le dichiarazioni del Ministro Fontana sulle unioni civili. È bene che i nostri partner europei sappiano chi detta veramente la linea politica, ovvero Salvini e non chi usa il linguaggio europeo per nascondere politiche che di europeo non hanno nulla.

La spaventa ‘The Movement’ di Steve Bannon?

È una conferma. È quella la nuova estrema destra globale. Dico semplicemente che Salvini e Orbán stanno usando il buon metodo transnazionale, quello che i progressisti predicano da tempo. È assurdo che loro adottino questo metodo mentre i progressisti restano divisi nei singoli partiti politici nazionali.

A proposito della votazione al Parlamento Europeo circa l’attivazione dell’articolo 7 contro l’Ungheria di Orbán, in quell’ occasione il Partito popolare europeo è sembrato diviso. Di recente, Lei ha fatto presente la necessità di «far esplodere le contraddizioni» all’ interno del PPE. Di quali contraddizioni si tratta ed in che modo è possibile farle emergere?

Abbiamo visto un Partito popolare europeo che, in un primo momento, era fortemente sbilanciato verso Orbán con Manfred Weber e poi è stato richiamato all’ordine da Berlino e da Angela Merkel. Questa marcia indietro di Weber che stava ruzzolando verso il sovranismo non ha potuto evitare le forti contraddizioni all’ interno del Ppe in cui c’è stato chi ha votato contro le sanzioni come gli ungheresi o Forza Italia e chi ha votato in tre modi diversi come i repubblicani francesi, con alcuni contro, alcuni a favore, alcuni astenuti. E’ chiaro che, addirittura sui valori fondamentali, il Ppe si è diviso. E queste sono le contraddizioni che continueranno ad emergere in un Ppe che vuole tenere insieme tutto e il contrario di tutto: si vuole tenere nella stessa famiglia politica l’europeista Michelle Barnier e il nazionalista Viktor Orbán o il nazional opportunismo di Forza Italia. Dal punto di vista italiano, grande sdoppiamento di personalità di Antonio Tajani, il Presidente del Parlamento europeo, che sostiene l’importanza dello Stato di diritto e poi è Vicepresidente e coordinatore di Forza Italia la cui delegazione è l’unica che ha votato in blocco contro le sanzioni su Orbán. Anche Tajani deve decidere: Forza Italia sta scivolando nelle mani di Salvini, lui continua a fare l’europeista, ma è il Vicepresidente del partito e, da questo punto di vista, si è messo in forte contraddizione con la linea che il Ppe dovrebbe portare avanti e che, maggioritariamente, ha portato avanti al Parlamento europeo. Quindi anche per Tajani, come per Moavero, rispetto a Salvini, vale lo stesso monito: non nascondiamoci. Salvini detta la linea e Forza Italia è al suo traino.

È una contraddizione non di poco conto visto che Silvio Berlusconi ha recentemente annunciato di volersi candidare alle elezioni europee. Considerati i suoi rapporti in Italia con Salvini e in Europa con Orbán, Forza Italia dovrà certamente chiarire meglio la questione.

Siamo nella totale contraddizione: con ‘Tajani 1’, Presidente del Parlamento europeo, a favore delle sanzioni contro Orbán e ‘Tajani 2’, Forza Italia contro. Forza Italia è una forza europeista o è, ormai, una forza al traino di Salvini? Nelle parole vorrebbe essere la prima, nei fatti sembra sempre più la seconda.

«Questa deriva del Ppe offre una grande opportunità a tutte le forze progressiste che devono proporre una piattaforma politica comune per la rifondazione europea e una candidatura condivisa alla presidenza della Commissione. Non è tempo di dubbi o di tatticismi» è ciò che Lei auspica ormai da mesi. Questa sorta di ‘En Marche’ europea è, sostanzialmente, quanto proposto da Massimo Cacciari con il progetto ‘Nuova Europa’, ed è quello che è stato rilanciato da Pierferdinando Casini. Chi farebbe parte di questa alleanza transnazionale?

È dal 4 marzo, il giorno delle elezioni politiche italiane, che sostengo che, in Italia, dobbiamo costruire un’alternativa ai giallo-verdi. Ero sicuro che avrebbero fatto un governo insieme e credo che, in vista delle elezioni europee in Italia, dovremmo costruire una lista progressista, liberale per l’Europa, in grado di raccogliere tutti i movimenti che vogliano cominciare a costruire un’alternativa. Sono molto soddisfatto che personalità come Casini e Cacciari indichino una prospettiva simile. Questa alleanza dei progressisti e liberali per l’Europa deve cercare di raccogliere attorno a degli impegni politici fondamentali per riformare l’Europa tutte le forze che si dicono europeiste e progressiste. Quindi, io guardo ai socialdemocratici, ai liberaldemocratici, ai Verdi e ad una nuova forza, fortemente impegnata fin dalla sua nascita nella rifondazione europea, come En Marche di Emmanuel Macron. Questi dovrebbero essere i protagonisti di un’alleanza progressista che già prima delle elezioni dovrebbe indicare alcuni punti comuni, in una sorta di ‘carta progressista’: difesa dello Stato di diritto, lotta alle disuguaglianze, politiche giovanili, un governo dell’immigrazione europeo, un’Europa della sicurezza e della difesa. Poi, in Parlamento, realizzare una nuova maggioranza progressista e liberale per l’Europa. Io credo che questo farebbe emergere ancor di più le contraddizioni interne al Ppe che, quindi, dovrebbe scegliere da che parte stare: se dalla parte dei progressisti e liberali per la rifondazione europea o se dalla parte dei nazionalisti che vogliono impossessarsi delle istituzioni europee per paralizzare l’Unione e renderla incapace di dare le risposte di cui abbiamo risposto.

Ma la sinistra, tanto italiana quanto europea, non dovrebbe prima chiarire le sue posizioni su alcune questioni cruciali sulle quali i populisti e i neonazionalisti sono sembrati, agli elettori, più decisi? Ad esempio, sull’immigrazione, qual’ è la linea della sinistra?

Sull’ immigrazione, io credo che quello che abbiamo fatto, sotto il governo Gentiloni, con Marco Minniti che ha avuto il forte sostegno dell’Unione Europea, sia la linea su cui occorre lavorare. Una linea che coniuga diritto alla sicurezza e sicurezza dei diritti e che veramente si dota di strumenti per governare l’immigrazione, iniziando ad assumersi le responsabilità più importanti come accaduto in Libia: è stato grazie al lavoro di Minniti, supportato dall’ Unione Europea, che abbiamo potuto aprire in Libia i primi centri dell’Alto Commissariato per i rifugiati delle Nazioni Unite e della Commissione Europea. E credo una sinistra progressista e riformista in Europa che vuole gestire l’immigrazione debba proseguire su questa via. Penso che un leader come Tsipras possa convergere su una piattaforma di questo tipo. Credo che quest’ alleanza sia possibile: ognuno va con la propria diversità, con la propria storia. Per rifondare l’Europa, nel 2019, non mi interessa sapere ‘da dove vieni’, mi interessa sapere’ cosa vuoi fare in Europa’ e ‘dove vuoi andare’. Per questo, il PD deve essere alla frontiera, all’ avanguardia, spingendo con forza in questa direzione. Le dichiarazioni di Renzi e di Martina vanno proprio in questa direzione.

Magari anche puntando su un candidato unico alla presidenza della Commissione Europea.

Certo. L’ importante è che il PD si metta nel gruppo di testa e spinga i socialdemocratici e i progressisti e a convergere su una serie di impegni comuni perché solo unendoci, anche nelle diversità, potremmo vincere questa battaglia quasi esistenziale per l’Unione Europea.

E il PD? Deve essere superato?

Il PD deve trasformarsi perché deve andare oltre i limiti e le insufficienze dimostrate il 4 marzo e deve mettersi al servizio della costruzione di questa alleanza. Questa è la responsabilità politica del PD rispetto all’ Italia e rispetto all’ Europa.

È pentito del mancato dialogo tra PD e M5S?

Sono convinto che non ci fossero le condizioni per costruire un’alleanza con i 5Stelle in quanto 5Stelle e Lega hanno costruito un’unità in tutti questi anni in cui sono sempre stati insieme all’ opposizione rispetto a qualsiasi esperienza di governo. Quindi, tra di loro ci sono molti più punti in comune di quanto non si pensi. È impossibile costruire un governo con i 5Stelle perché l’esperienza di governare non è solamente far finta di essere in accordo all’ inizio, ma la difficoltà è come gestire le crisi e le emergenze.

Per le elezioni europee, è possibile un dialogo?

In Europa, i 5Stelle hanno tutto e il contrario di tutto, sono del tutto inaffidabili. Per questo, non possiamo affidarci a loro per rifondare l’Europa. Un gruppo che tenta di passare da Farage a Verhofstadt, spera di far accordi con’ En Marche’ per poi definire Macron il nemico numero uno dell’Italia.

E con ‘Liberi e Uguali’, invece, con le europee all’orizzonte, è possibile avviare un dialogo?

Liberi e Uguali non esistono più, se mai sono esistiti. E se continuano a sbagliare avversario, scagliandosi contro Renzi in Italia e contro Macron in Francia, mi sembra piuttosto inutile avviare dialogo. Spero però che tutti vorranno prendere atto dell’importanza della sfida e della posta in gioco e lavorare veramente per la rifondazione europea, a partire dall’Europa federale e sociale, contro i neonazionalisti.