“Gli oligarchi potrebbero sostenere di nascosto chiunque tra le élite militari tentasse di organizzare un colpo di stato: potrebbero su figure alternative a Putin non appena ci fosse dissenso tra le potenti élite militari/FSB“. Intervista a Stanislav Markus (University of South Carolina)

 

Fin dal primo giorno dell’invasione russa dell’Ucraina, l’Occidente, Stati Uniti ed Unione Europea in primis, hanno deciso di ricorrere all’arma delle sanzioni economiche, anche nei confronti dei cosiddetti ‘oligarchi’. “Sequestreremo i vostri yacht, i vostri appartamenti di lusso, i vostri jet privati. Stiamo venendo per i tuoi guadagni illeciti”, ha detto Biden nel suo discorso sullo stato dell’Unione. Anche in Europa, soprattutto in Italia, si sono moltiplicati, nel corso delle settimane, i sequestri di ville e yacht extra-lusso. Questo perché è scattato il congelamento dei beni e il divieto di entrare o transitare per il territorio dei Paesi europei. Il Premier italiano Mario Draghi ha financo proposto “di creare un registro internazionale pubblico di quelli con un patrimonio superiore ai 10 milioni di euro”, oltre a indicare di “intensificare ulteriormente la pressione sulla Banca centrale russa e di chiedere alla Banca dei Regolamenti Internazionali, che ha sede in Svizzera, di partecipare alle sanzioni”.

Ma chi sono questi oligarchi? Gli oligarchi russi fanno il loro ingresso nella storia russa negli anni ’90, dopo il crollo dell’Unione Sovietica, quando un gran numero di beni di proprietà statale, società e istituzioni finanziarie sono stati accaparrati da un gruppo molto ristretto di persone ben collegate, intelligenti e ambiziose. Attivi nel petrolio, nel gas, nella finanza. Sotto la presidenza Eltsin, gli oligarchi sono diventati potenti a tal punto da riuscire anche ad imporre la propria volontà alla politica. Giunto al potere, Putin ha rimesso ‘ordine’, allevando una nuova ‘ondata’ di oligarchi la cui ricchezza proveniva da Putin e dall’accesso da lui concesso alle casse dello stato russo. Alcuni oligarchi erano amici di Putin dai suoi giorni nel KGB o dai suoi giorni come vicesindaco di San Pietroburgo. Chiunque fossero, le loro fortune – e talvolta le loro vite – ora dipendono da Putin che con loro Putin siglò un patto, assicurando protezione e informazioni nei settori di loro competenza ed epurandone alcuni, con la comoda accusa di evasione fiscale. In cambio alcuni di questi miliardari avrebbero aiutato il presidente a nascondere all’estero la sua ricchezza.

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Tra gli oligarchi sanzionati, Igor Sechin,  amministratore delegato di Rosneft, compagnia petrolifera dello Stato russo e uno dei maggiori produttori mondiali di petrolio greggio. È considerato uno dei consiglieri più ascoltati da Vladimir Putin, nonché suo amico personale. Ha lavorato con il presidente presso l’ufficio del sindaco di San Pietroburgo negli anni 1990 e sin da allora ha dimostrato la sua fedeltà. Nel 1999 Sechin è diventato vice capo dell’amministrazione dell’attuale Presidente russo, nel 2008 vice primo ministro e nel 2012 amministratore delegato di Rosneft. Inoltre, Rosneft Aero, una controllata di Rosneft, fornisce carburante avio all’aeroporto di Sinferopoli, che fornisce collegamenti aerei tra il territorio della Crimea illegalmente annessa e Sebastopoli e la Russia.

Un altro oligarca finito nella rete delle sanzioni, Nikolay Tokarev, amministratore delegato di Transneft, una delle principali società russe nel settore del petrolio e del gas, oltre che storico amico di Vladimir Putin (con lui ha lavorato negli anni ‘80) e suo stretto collaboratore.

Destinatario di sanzioni anche Alisher Usmanovè un oligarca pro-Cremlino che ha legami particolarmente stretti con il presidente russo Vladimir Putin di cui sembra essere uno dei favoriti. È considerato uno dei funzionari-uomini d’affari russi che sono stati incaricati di gestire i flussi finanziari, ma la loro posizione dipende dalla volontà del presidente. Usmanov sarebbe stato referente del presidente Putin e avrebbe risolto i suoi problemi d’affari. Usmanov ha interessi in società nei settori del minerale di ferro e dell’acciaio, dei media e di internet. La sua principale holding è il gigante dell’acciaio Metalloinvest. Quando Usmanov ha assunto il controllo del quotidiano d’affari Kommersant la libertà della redazione è stata limitata e il giornale ha assunto una posizione manifestamente favorevole al Cremlino.

Colpito da sanzioni anche Petr Aven, tra gli oligarchi più vicini a Vladimir Putin. È un importante azionista di Alfa Group, che comprende una delle principali banche russe, Alfa Bank. Figura tra i circa 50 ricchi uomini d’affari russi che si recano regolarmente al Cremlino e la sua amicizia con il Presidente russo risale ai primi anni 1990. Da ministro delle Relazioni economiche con l’estero, e successivamente in qualità di vicesindaco di San Pietroburgo, ha aiutato Vladimir Putin in relazione all’indagine della commissione Sal’ye. È noto anche per le sue relazioni personali particolarmente strette con il capo di Rosneft Igor Sechin, un alleato fondamentale di Putin. La figlia maggiore di Vladimir Putin, Maria, ha gestito un progetto di beneficenza, Alfa-Endo, finanziato da Alfa Bank. Aven e il suo partner commerciale Mikhail Fridman hanno partecipato agli sforzi del Cremlino per far revocare le sanzioni occidentali irrogate in risposta alla politica aggressiva russa nei confronti dell’Ucraina. Nel 2016 Vladimir Putin ha messo in guardia Aven circa la possibilità di ulteriori sanzioni da parte degli Stati Uniti nei confronti di Aven e/o di Alfa Bank e gli ha suggerito di adottare misure per proteggere sé stesso e Alfa Bank, suggerimento seguito dal Aven. Nel 2018 Aven si è recato in visita a  Washington D.C. in una missione non ufficiale per trasmettere il messaggio del governo russo sulle sanzioni degli Stati Uniti e sulle controsanzioni della Federazione russa. Ad accompagnarlo, un altro oligarca colpito dalle sanzioni, ossia Mikhail Fridman è il fondatore e uno dei principali azionisti di Alfa Group, che comprende la principale banca russa, Alfa Bank. Anch’egli è riuscito a coltivare forti legami con l’amministrazione di Vladimir Putin ed è stato definito uno dei principali finanziatori e facilitatori russi della cerchia ristretta di Putin. Fridman è stato, peraltro, uno dei pochi oligarchi ad avere preso recentemente posizione contro la guerra in Ucraina.

Come lui, a criticare l’offensiva anche Roman Abramovich è considerato il principe degli oligarchi, con una fortuna stimata attorno ai 9,4 miliardi di sterline. È noto per essere il proprietario del Chelsea, la squadra di Stanford Bridge acquistata nel 2003 e che recentemente ha annunciato di voler vendere per risarcire le vittime della guerra, ma che in realtà era dettata dalla certezza di essere, nel giro di poche settimane, nel mirino delle sanzioni. La vendita del Chelsea è ora bloccata e la squadra non può vendere biglietti per le partite, magliette e altro merchandising, o effettuare la compravendita di giocatori. La ricchezza di Abramovich è figlia della compagnia petrolifera di Stato Sibneft negli anni novanta per 120 milioni di sterline per poi rivendere il 73% al gigante Gazprom per 9.87 miliardi di sterline nel 2005. Nel suo portafogli, anche le quote nel colosso dell’acciaio Evraz e nella Norilsk Nickel oltre che le lussuose  immobiliari come la villa da 15 stanze a Kensington Palace Gardens stimata 150 milioni di sterline. Abramovich è, peraltro, uno dei pochi oligarchi ad avere preso posizione contro la guerra. Come Friedman e Abramovic, estremamente critico è stato anche Oleg Deripaska, tra i più schivi e riservati degli oligarchi russi in Regno Unito, detiene azioni nel gruppo energetico En+ Group, proprietario di uno dei maggiori produttori di alluminio, la UC Rusa. La sua ricchezza è stimata in 2 miliardi di sterline ed è già stato al centro di scandali politici per aver ricevuto favori dall’ex sottosegretario al commercio laburista, Peter Mandelson, dopo averlo ospitato a bordo del suo “superyacht sul quale è salito anche l’ex cancelliere dello scacchiere conservatore, George Osbourne, insieme al responsabile della campagna di raccolta fondi dei Tory.

Sergei Roldugin, musicista, ex rettore del Conservatorio di San Pietroburgo, uomo d’affari che ha legami stretti con Putin, possiede almeno cinque entità offshore e detiene le sue attività presso Bank Rossiya (oggetto di sanzioni dell’Unione), nota a Mosca come il “portafoglio di Putin”. Secondo l’inchiesta condotta dal consorzio internazionale dei giornalisti d’inchiesta sui Panama Papers, Roldugin è responsabile di aver “trasferito” almeno due miliardi di dollari attraverso banche e società offshore nel quadro della rete finanziaria segreta di Putin. Avrebbe partecipato anche al “Troika Laundromat” (guadagnando circa 69 milioni di dollari), oltre che convogliato miliardi di dollari attraverso il sistema.

Vitaly Savelyev è ministro dei Trasporti della Federazione russa e membro del consiglio di amministrazione delle ferrovie russe, nominato a questo incarico dal governo della Federazione russa. È l’ex amministratore delegato dell’Aeroflot. Sia il personale militare che il materiale militare delle forze armate russe sono stati trasportati nelle zone vicino alla frontiera ucraina dalle ferrovie russe del cui consiglio di amministrazione Savelyev è membro. Inoltre, l’Aeroflot sotto la guida di Savelyev ha fornito regolare trasporto aereo di passeggeri tra gli aeroporti russi e l’aeroporto internazionale di Sinferopoli, e pertanto ha sostenuto il consolidamento della penisola di Crimea annessa illegalmente nella Federazione Russa.

Alexander Ponomarenko è un oligarca russo, presidente del consiglio di amministrazione dell’aeroporto internazionale di Sheremetyevo. Il sig. Ponomarenko ha stretti legami con altri oligarchi associati a Vladimir Putin, nonché con Sergey Aksyonov, leader della cosiddetta “Repubblica di Crimea” nel territorio della penisola di Crimea annessa illegalmente.

Gennady Timchenko è una conoscenza di vecchia data del presidente della Federazione russa Vladimir Putin ed è ampiamente descritto come uno dei suoi confidenti. Trae vantaggio dai suoi legami con decisori russi. È fondatore e azionista del Volga Group, un gruppo di investimento con un portafoglio di investimenti in settori chiave dell’economia russa. Il Volga Group contribuisce in modo significativo all’economia russa e al relativo sviluppo. È inoltre azionista della Banca Rossiya, che è considerata la banca personale degli alti funzionari della Federazione russa. Dall’annessione illegale della Crimea, la Banca Rossiya ha aperto filiali in tutta la Crimea e a Sebastopoli, consolidando pertanto la loro integrazione nella Federazione russa. Inoltre, la Banca Rossiya detiene importanti quote azionarie nel National MEDIA Group, che a sua volta controlla emittenti televisive che sostengono attivamente le politiche di destabilizzazione dell’Ucraina condotte dal governo russo.

Alexey Mordaschov trae vantaggio dai suoi legami con decisori russi. È presidente della società Severgroup, la quale è azionista della Banca Rossiya, di cui Mordaschov deteneva circa il 5,4 % delle quote nel 2017, considerata la banca personale degli alti funzionari della Federazione russa. Dall’annessione illegale della Crimea, la Banca Rossiya ha aperto filiali in tutta la Crimea e a Sebastopoli, consolidando pertanto la loro integrazione nella Federazione russa. Inoltre, Severgroup detiene importanti quote azionarie nel National MEDIA Group, che a sua volta controlla emittenti televisive che sostengono attivamente le politiche di destabilizzazione dell’Ucraina condotte dal governo russo. Severgroup è anche proprietaria della società JSC Power machines, che è responsabile della vendita di quattro turbine eoliche alla penisola di Crimea occupata.

Petr Fradkov è presidente della PJSC Promsvyazbank e l’unico organo esecutivo della banca. Promsvyazbank è una banca statale russa che fornisce sostegno finanziario al settore della difesa russo e all’esercito russo, che è responsabile dello spiegamento massiccio di truppe russe lungo il confine con l’Ucraina e della presenza di truppe russe nella penisola di Crimea.

Andrey Kostin è presidente della seconda banca più grande della Russia, la VTB Bank, attraverso la quale ha sostenuto il Cremlino. Ha ricevuto accuse di corruzione da uno dei principali oppositori del regime di Putin, l’attivista e fondatore della fondazione anti corruzione FBK, Alexei NavalnyAlexei Miller è il CEO del gigante dell’energia Gazprom e dunque uno dei dirigenti più importanti tra i sostenitori del governo russo. I suoi legami con Putin risalgono agli anni Novanta, quando il presidente russo era il vicesindaco di San PietroburgoDmitri Lebedev è un finanziere e presidente del consiglio di amministrazione di Rossiya, considerata una delle banche private del Cremlino. È considerato il banchiere personale dei funzionari di Putin.

Nonostante molta della ricchezza sia evaporata con l’invasione ai danni dell’Ucraina, la ricchezza miliardaria rispetto al PIL in Russia, al 23 febbraio, era pari a quasi il 21 per cento del PIL russo. Secondo The Economist, circa l’85% della ricchezza dei miliardari russi può essere attribuito al cosiddetto settore della clientela, dove gli attori del potere politico e economico lavorano insieme per condividere profitti e favori.

Considerato il forte rapporto tra Putin e gli oligarchi, le sanzioni comminate ai super ricchi russi possono essere la carta vincente per portare il regime di Putin al collasso ed interrompere la guerra in Ucraina? Lo abbiamo chiesto a Stanislav Markus, Professore associato di International business al Darla Moore School of Business presso l’University of South Carolina, che ha studiato approfonditamente l’oligarchia russa.

Professor Markus, chi sono gli oligarchi e quanti sono?

Imprenditori super ricchi con un’influenza politica sproporzionata. In Russia ci sono almeno diverse centinaia di oligarchi.

Che differenza c’è tra le due ondate di oligarchi, tra gli oligarchi nati con Boris Eltsin e quelli nati con Vladimir Putin?

Il primo gruppo è emerso dalla privatizzazione degli anni ’90, in particolare dalle vendite in contanti delle più grandi imprese statali dopo il 1995. Questo processo è stato segnato da una significativa corruzione, culminata nel famigerato schema dei “prestiti per azioni“, che ha trasferito le quote in 12 grandi società di risorse naturali del governo per selezionare magnati in cambio di prestiti destinati a sostenere il bilancio federale. Il governo ha intenzionalmente annullato i suoi prestiti, consentendo ai suoi creditori – i futuri oligarchi – di mettere all’asta le partecipazioni in società giganti come Yukos, Lukoil e Norilsk Nickel, in genere a se stessi. In sostanza, l’amministrazione dell’allora presidente Boris Eltsin sembrava arricchire un piccolo gruppo di magnati svendendo le parti più preziose dell’economia sovietica con un forte sconto. Dopo che Putin è salito al potere nel 2000, ha facilitato la seconda ondata di oligarchi tramite contratti statali. I fornitori privati ​​in molti settori come le infrastrutture, la difesa e l’assistenza sanitaria sovraccaricano il governo a prezzi molte volte superiori a quelli di mercato, offrendo tangenti ai funzionari statali coinvolti. Così, Putin ha arricchito una nuova legione di oligarchi che gli dovevano le loro enormi fortune. Inoltre, negli anni ’90, gli oligarchi avevano il sopravvento sul Cremlino e a volte potevano persino dettare la politica: sotto Eltsin, più oligarchi assunsero posizioni formali nel governo e abbondavano gli aneddoti che descrivevano casse di denaro portate al Cremlino in cambio di favori politici. Ma dagli anni 2000 Putin ha cambiato registro. In sostanza, Putin ha proposto un accordo: gli oligarchi sarebbero rimasti fuori dalla politica e il Cremlino sarebbe rimasto fuori dai loro affari e avrebbe lasciato in pace i loro guadagni spesso illegittimi.

Quanto la corruzione e l’evasione fiscale hanno favorito la formazione dell’oligarchia russa? E cos’è il ‘capitalismo piranha’?

La corruzione è stata essenziale per la sua formazione, prima attraverso la privatizzazione, e poi attraverso i contratti statali. Il capitalismo piranha si riferisce a una cleptocrazia competitiva: i funzionari statali competono per le tangenti dalle imprese e per i fondi del tesoro (da rubare), e gli oligarchi competono per i favori dello stato e per le proprietà reciproche (che possono essere ‘razziate’ o espropriate illegalmente).

Si può parlare della Russia come uno Stato-mafia?

Sì, ma è molto meno organizzata di una mafia.

Putin è un oligarca?

Sì, e ovviamente di gran lunga il più potente. I suoi beni e la sua ricchezza sono anche molto meglio nascosti di quelli degli altri.

Lei suddivide gli oligarchi in tre categorie: gli amici di Putin; gli esponenti degli apparati dell’intelligence e della polizia, i cosiddetti ‘siloviki’; gli ‘outsider’ con meno legami con il Presidente. Si può parlare di tre cerchi concentrici? Puoi spiegare la differenza tra queste tre categorie e puoi fare degli esempi per ciascuna categoria? Quali sono le categorie più ascoltate da Putin?

Prima vengono gli amici di Putin, che sono personalmente legati al Presidente. Molti degli amici intimi di Putin, in particolare quelli dei suoi giorni a San Pietroburgo e al KGB, hanno vissuto un’ascesa fulminea verso la ricchezza estrema. Alcuni dei più stretti amici oligarchi di Putin di San Pietroburgo sono Yuri Kovalchuk, spesso definito il ‘banchiere personale’ di Putin; Gennady Timchenko, la cui risorsa chiave è la società di commercio di energia Gunvor; ei fratelli Arkady e Boris Rotenberg, che possiedono beni in edilizia, elettricità e condutture. Tutti questi individui sono stati sanzionati. Il secondo gruppo comprende i leader dei servizi di sicurezza russi, la polizia e l’esercito – noti come ‘siloviki’ – che hanno anche sfruttato le loro reti per accumulare estrema ricchezza personale. Alcuni di questi cosiddetti ‘silovarchi’ sono ex KGB, e ora FSB, ufficiali dell’intelligence che avevano guardato gelosamente il potere e la ricchezza degli oligarchi dell’era Eltsin e li avevano ottenuti entrambi sotto Putin. L’uomo ritenuto il leader informale dei siloviki è Igor Sechin, presidente del gigante petrolifero Rosneft, ampiamente considerato la seconda persona più potente in Russia. Infine, il maggior numero di oligarchi russi sono estranei senza legami personali con Putin, i militari o l’FSB. In effetti, alcuni outsider attuali sono gli oligarchi dell’era degli anni ’90. Mentre Putin ha schiacciato selettivamente oligarchi politicamente scomodi o ostili dopo essere salito al potere, non ha cercato di “eliminare sistematicamente gli oligarchi come classe”, come aveva promesso durante la sua campagna elettorale iniziale. Ad esempio, oligarchi come Vladimir Potanin e Oleg Deripaska, che hanno accumulato la loro ricchezza negli anni ’90, figurano regolarmente nelle liste dei russi più ricchi oggi.

È famosa l’immagine che ritrae la tavola rotonda con Putin e tutti gli oligarchi. Lei ha fatto notare che il “Presidente Putin, a metà degli anni 2000, propose un accordo: gli oligarchi sarebbero rimasti fuori dalla politica e il Cremlino sarebbe rimasto fuori dai loro affari”. Perché Putin volle quel patto? Ed è un patto che resiste ancora?

Putin lo voleva perché il suo obiettivo era rafforzare lo stato russo (e, per estensione, se stesso) che era stato notevolmente indebolito dagli oligarchi negli anni ’90. Il patto implicava un simile equilibrio di potere tra gli oligarchi e Putin: non è più così.

Boris Berezovskij o Michail Khodorkovskij sono esempi di oligarchi che non hanno rispettato quel patto. Cosa ci insegnano le loro storie sui rischi per gli oligarchi che violano il patto con il Cremlino?

Gli oligarchi rischiano l’espropriazione e l’arresto, e forse anche minacce fisiche poiché il Cremlino ha dimostrato di poter (cercare di) assassinare i suoi nemici (vedi ad esempio gli avvelenamenti di Navalny, Skripals, Litvinenko).

Inoltre, lei ha ricordato che Putin “ha esercitato pressioni politiche sugli oligarchi in settori strategici come i media e le risorse naturali per vendere le quote di controllo allo stato. almeno in alcuni settori strategici” ed “ha anche approvato leggi che davano un trattamento preferenziale alle cosiddette corporazioni statali”. Perché?

Per aumentare il controllo statale sull’economia, arricchendo anche se stesso e i suoi compari.

Lei ha scritto: “Mentre Putin ha schiacciato selettivamente oligarchi politicamente scomodi o ostili dopo essere salito al potere, non ha cercato di “eliminare sistematicamente gli oligarchi come classe“, come aveva promesso durante la sua campagna elettorale iniziale”. Perché?

Perché ha capito che gli oligarchi possono essere la fonte della sua ricchezza personale se può costringerli a “condividere”. Ci sono forti prove aneddotiche (ad esempio da Bill Browder) che gli oligarchi pagano tangenti a Putin.

Gli oligarchi russi controllano milizie private, piccoli ‘eserciti’?

No.

A parte la non interferenza politica, gli oligarchi hanno sostenuto Putin economicamente? In altre parole, è più Putin a dipendere economicamente dagli oligarchi o viceversa?

La ricchezza privata di Putin è legata al benessere finanziario degli oligarchi.

Quindi, il rapporto tra la vicinanza a Putin e la ricchezza di un oligarca è di diretta proporzionalità?

Esatto.

Lei ha scritto che “in molti casi, gli oligarchi sono diventati ‘volontariamente’ il braccio geopolitico” del soft power russo, “finanziando i partiti sovranisti”. Un esempio è quello di Marine Le Pen. Perché? Per ricevere in cambio cosa?

Per ingraziarsi il Cremlino – e raccogliere ricompense finanziarie (attraverso un trattamento statale preferenziale) in futuro.

Lei ha, peraltro, condotto una “ricercasull’occultamento dell’attività politica aziendale che suggerisce che l’utilizzo di intermediari apparentemente non politici come le società private è una strategia chiave attraverso la quale organizzazioni come il Cremlino possono nascondere la propria attività politica”. Può fare qualche esempio?

Ad esempio, “think-tank indipendenti” o “enti di beneficenza” (cioè presunte ONG) possono essere utilizzati per scopi di lobbying da entità la cui affiliazione con queste organizzazioni è segreta.

Ritiene le sanzioni occidentali sugli oligarchi delle misure efficaci? Perché?

Nel breve periodo, Putin è più dipendente dalle élite militari che dalle élite imprenditoriali. In genere, gli oligarchi dipendono da Putin, non viceversa, con l’eccezione chiave dei “siloviki”.

Come valuta il comportamento di Roman Abramovich?

È un fedele soldato del Cremlino (e ha anche servito come governatore di Chukotka).

Fridman, Deripaska e pochi altri hanno pubblicamente criticato la guerra. Perché loro sì? Gli altri non vogliono o non possono? E ti aspettavi più oligarchi criticare la guerra in Ucraina?

Sì, lo faranno sempre di più, ma nota che stanno criticando la guerra, non Putin… In effetti, Putin stesso afferma che non c’è guerra, dal momento che la propaganda russa la descrive come una “operazione speciale” limitata.

Lei ha scritto: “La sopravvivenza individuale in vista del Cremlino, non la difesa di interessi comuni come la rimozione delle sanzioni, è stato il modus operandi degli oligarchi”. Quindi, la competizione esistente tra i diversi oligarchi li rende meno compatti e meno inclini a coalizzarsi contro Putin?

Esatto.

Lei ha scritto: “Finché Putin manterrà il suo controllo sui siloviki – gli attuali ed ex ufficiali militari e dell’intelligence vicini a Putin – gli altri oligarchi, a mio avviso, rimarranno ostaggi del suo regime”. In Occidente, è diffusa la speranza che le sanzioni sugli oligarchi possano spingere gli oligarchi anche a detronizzare Putin. Ma possono essere loro che possono detronizzarlo, nel caso i ‘siloviki’, oppure potrebbero farlo solo i militari, i generali?

Gli oligarchi (di affari) potrebbero sostenere di nascosto chiunque tra le élite militari tentasse di organizzare un colpo di stato: scommetterebbero su alternative a Putin non appena ci fosse dissenso tra le potenti élite militari/FSB (compresi i silovarchi).

In caso di forte crisi economica della Russia, Putin potrebbe espropriare gli oligarchi?

Assolutamente. L’economia russa potrebbe diventare molto più dominata dallo stato e il bottino dell’espropriazione potrebbe avvantaggiare un gruppo più ristretto (rimanente) di oligarchi attorno a Putin (soprattutto i siloviki).

Diversi figli di oligarchi si sono schierati più apertamente contro la guerra in Ucraina. Cosa ne pensa?

I figli non vogliono essere giudicati per i genitori. È un buon segno che non sono interessati a una dinastia e sicuramente vogliono eludere lo stigma se vogliono vivere in Occidente.

Cosa si aspetta per le prossime settimane? Gli oligarchi cambieranno posizione?

Le prossime settimane e i prossimi mesi saranno cruciali. Gli oligarchi potrebbero abbandonare Putin se emergesse uno sfidante credibile. Se ciò non accade, Putin rimarrà al potere e la repressione interna aumenterà in modo significativo: il dissenso sarà impossibile e la Russia diventerà uno stato/economia militarizzata (alla maniera dell’Iran).