Il nuovo Segretario di Stato americano tenta di coinvolgere e compattare, nel contrasto di Cina e Russia, gli alleati che, però, con sfumature e interessi diversi, preferiscono la cautela
Si è concluso nel primo pomeriggio il primo vertice dei Ministri degli Esteri della NATO da quando si è insediato alla Casa Bianca il neo-Presidente americano Joe Biden. Per gli Stati Uniti, ha fatto il suo debutto nel quartier generale dell’Alleanza il nuovo Segretario di Stato, Antony Blinken, reduce da un tour in Asia terminato con il summit di Anchorage, in Alaska, dove ha incontrato, con il Consigliere per la Sicurezza Nazionale, Jake Sullivan, gli omologhi cinesi. Non è un caso, come vedremo, che la ministeriale sia avvenuta a pochi giorni dal termine del lungo e complesso viaggio in Asia.
Blinken, nato a New York il 16 aprile del 1962, è un diplomatico di carriera. Dopo essersi laureato in legge ad Harvard e le prime esperienze lavorative come avvocato, fa il suo ingresso al dipartimento di Stato tramite regolare concorso, il Foreign Service Exam, durante l’amministrazione Clinton. Assistente senior dell’allora senatore Joe Biden nella Commissione per le relazioni estere del Senato, dal 2009 ricopre per quattro anni la carica di Consigliere per la sicurezza nazionale dell’allora vicepresidente Biden. Nei successivi due anni è vice consigliere per la sicurezza nazionale del Presidente, mentre dal 2015 al 2017 ha ricoperto l’incarico di vicesegretario di Stato, il tutto sempre durante le amministrazioni Obama. Lasciato il servizio pubblico, Blinken ha fondato una società di consulenza con Michèle Flournoy, ma è convinto che il “mondo sempre più pericoloso… assomiglia più agli anni Trenta che alla fine della storia – con populisti, nazionalisti e demagoghi in ascesa; potenze autocratiche sempre più forti e sempre più aggressive; l’Europa impantanata in divisioni e dubbi su se stessa; e la democrazia sotto assedio e vulnerabile alle manipolazioni straniere”. Ma crede anche che nessuna delle nuove sfide, “dalla guerra cibernetica alle migrazioni di massa verso un pianeta in via di riscaldamento” siano problemi che “nessuna nazione può affrontare da sola e nessun muro può contenere”.
Convinzioni che sono apparse chiaramente alla Ministeriale NATO tenutasi tra ieri e oggi. Come del resto aveva fatto più di un mese fa il Segretario alla difesa USA, Lloyd Austin, anche Blinken si è speso per ricucire il legame transatlantico sfibrato da quattro anni di ‘America First’ trumpiano, ribadendo, sostanzialmente, che l’America è tornata, lo stesso motivo per cui Biden si unirà anche a una videoconferenza dei leader dell’UE giovedì, stando a quanto annunciato dall’ufficio di Charles Michel, Presidente del Consiglio europeo.
“Sono venuto qui per esprimere il fermo impegno degli Stati Uniti [nei confronti della NATO]” – ha dichiarato Blinken ai giornalisti presso il quartier generale dell’alleanza incontrando il Segretario generale, Jens Stoltenberg. – “Gli Stati Uniti vogliono ricostruire le partnership, prima di tutto con i nostri alleati NATO. Vogliamo rivitalizzare l’alleanza “. Blinken ha detto che “l’ultima cosa” che gli Stati Uniti potevano permettersi di fare era “dare per scontata questa alleanza”, in un implicito cenno alle battaglie degli ultimi quattro anni. Trump ha dichiarato la NATO “obsoleta” durante la campagna presidenziale e, una volta in carica, ha criticato gli alleati europei per quello che ha detto essere la loro spesa militare insufficiente. “Il processo per affrontare i nostri difetti può essere molto doloroso. Può essere brutto. Ma alla fine, almeno oggi, ne siamo usciti migliori e più forti “, ha detto Blinken.
In una dichiarazione congiunta dei capi delle diplomazie di tutti i Paesi alleati, viene riaffermato che il partenariato transatlantico rimane la “pietra angolare della difesa collettiva”, centrale per la coesione politica e un “pilastro essenziale” dell’ordine internazionale basato sulle regole. “La NATO è il fondamento della nostra difesa collettiva: insieme riaffermiamo il nostro solenne impegno nei confronti del Trattato di Washington, compreso che un attacco contro un Alleato sarà considerato un attacco contro tutti noi, come sancito dall’articolo 5″, si legge al primo punto della dichiarazione congiunta. Parole che fanno rima con quelle pronunciate dal Segretario generale Stoltenberg, rincuorato dal rinnovato spirito transatlantico: “Ora abbiamo l’opportunità unica di iniziare un nuovo capitolo nelle relazioni tra Nord America, Stati Uniti ed Europa. Siamo ad uno snodo importante nelle relazioni transatlantiche ed accolgo l’impegno chiaro del presidente Biden a rafforzare la NATO. Vogliamo avere un programma ambizioso che guarda al futuro per la nostra sicurezza. Dobbiamo rafforzare l’Unità tra l’Europa e l’America del Nord”.
Il ministro degli Esteri francese Jean-Yves Le Drian ha accolto con favore le dichiarazioni di Blinken, affermando che la NATO ha “riscoperto” se stessa. Un buon primo passo dopo che il Presidente francese Emmanuel Macron nel 2019 ha definito l’alleanza una “morte cerebrale”, innescando un dibattito sul suo futuro. Quel futuro ora sembra molto migliore ed è attualmente in corso sotto la bandiera della “NATO 2030”, che, si spera, culminerà in un vertice NATO di giugno a Bruxelles con la presenza del presidente degli Stati Uniti Joe Biden. Anche gli altri ministri degli esteri riuniti hanno accolto con favore il messaggio di Blinken. Il ministro degli Esteri tedesco Heiko Maas si è detto impaziente di rinnovare i colloqui sull’ulteriore sviluppo dell’alleanza. “C’era un tempo per riflettere e c’è una bussola strategica. Ed è ora che la NATO si prepari per le principali sfide del nostro tempo. E questo significa posizionarci rispetto alla Cina e alla Russia. E i conflitti che stanno avvenendo all’interno della NATO no. devono solo essere discussi politicamente, devono anche essere risolti “, ha proposto.
“Poteri assertivi e autoritari, e attori non statali, sfidano l’ordine internazionale basato su regole, anche attraverso minacce ibride e cibernetiche, l’uso dannoso di nuove tecnologie, così come altre minacce asimmetriche”, hanno detto i ministri in una dichiarazione congiunta rilasciata il 23 marzo dopo un primo giorno di colloqui a Bruxelles. “Dobbiamo affrontare minacce crescenti e concorrenza sistemica. Le azioni aggressive della Russia costituiscono una minaccia per la sicurezza euro-atlantica; il terrorismo in tutte le sue forme e manifestazioni rimane una minaccia persistente per tutti noi”, conclude la nota.
Leonid Slutsky, Presidente della commissione per gli affari esteri della Duma di Stato, la camera bassa del Parlamento russo, ha definito “le dichiarazioni della NATO su una minaccia e un’aggressione provenienti dalla Russia” come “un altro mantra per giustificare l’esistenza dell’alleanza”. La portavoce del ministero degli Esteri russo, Maria Zakharova, ha invitato la Nato ad affrontare i propri problemi quando le è stato chiesto di commentare le dichiarazioni del segretario generale Jens Stoltenberg sulle “azioni aggressive” di Mosca. “Affrontate i problemi nei vostri Stati membri. Richiedono un intervento urgente: vaccinazione, crisi, diritti umani nei membri della NATO”, ha sottolineato. “Non appena li affronterete, inizieremo subito a studiare la vostra esperienza. Ma solo quella di successo”.
Pochi giorni fa era avvenuto il duro botta e risposta tra Biden e Putin: «Sei un killer»; «chi lo dice sa di esserlo». Blinken ha anche chiesto una posizione ferma e condivisa sulla Russia. “In definitiva, penso che quello che possiamo sperare sia avere un rapporto con la Russia che sia almeno prevedibile e stabile. Anche se lavoriamo con la Russia per promuovere i nostri interessi e promuovere gli interessi dell’alleanza, lavoreremo anche per costringere la Russia a rendere conto delle sue azioni avventate e avverse”.
Prima del discorso di Blinken, la NATO aveva criticato la politica interna ed estera del Cremlino: “Nonostante anni di pressioni e sforzi per impegnarsi in un dialogo significativo, la Russia ha aumentato il suo modello di comportamento repressivo in patria e comportamento aggressivo all’estero”, ha aveva sostenuto il Segretario generale della NATO Jens Stoltenberg in una conferenza stampa.
L’alleanza ha chiesto l’immediato rilascio del leader dell’opposizione Alexei Navalny e di altri prigionieri politici. La NATO ha anche condannato la “destabilizzazione” russa dei Paesi vicini, gli sforzi del Cremlino per influenzare le elezioni e sostenere gli attacchi informatici. “In risposta alle azioni della Russia, la NATO ha implementato la più grande applicazione della nostra difesa collettiva in una generazione. Abbiamo intensificato le nostre difese ibride e cibernetiche. Rimarremo vigili”, ha detto Stoltenberg.
Tuttavia, ha voluto precisare il Segretario Blinken, far fronte alla minaccia russa non vuol dire solo contrastare le azioni ostili che il Cremlino mette in campo, ma ha molto a che vedere anche con alcune decisioni dei Paesi alleati, quali, ad esempio, il progetto del gasdotto Nord Stream 2 che intende pompare gas russo nell’Unione europea attraverso la Germania.
“Il Presidente Biden è stato molto chiaro, crede che il gasdotto sia una cattiva idea, dannosa per l’Europa, dannosa per gli Stati Uniti, alla fine è in contraddizione con gli obiettivi di sicurezza dell’UE” – ha puntualizzato Blinken – “Ha il potenziale per minare gli interessi di Ucraina, Polonia e una serie di stretti partner e alleati”. Richiedendone l’immediata interruzione, il capo della diplomazia americana ha reso noto che allo studio delle sanzioni per le aziende che partecipano al progetto che è ormai alle battute finali visto che manca solo il 5% dei lavori progettati. “Il gasdotto divide l’Europa, espone l’Ucraina e l’Europa centrale alla manipolazione e alla coercizione russa, va contro gli obiettivi di sicurezza energetica dichiarati dall’Europa, quindi quello che ho detto è che continueremo a monitorare l’attività per completare e certificare il gasdotto, e se quello si svolgerà l’attività, prenderemo una decisione sull’applicabilità delle sanzioni “, ha chiarito esplicitamente in seguito il Segretario di Stato USA in una conferenza stampa a Bruxelles.
Il Nord Stream 2, sotto l’egida della compagnia energetica statale russa Gazprom con i suoi partner occidentali, raddoppierebbe la capacità di un collegamento esistente per portare il gas russo in Germania sotto il Mar Baltico. Il gasdotto bypasserebbe l’Ucraina, privandola probabilmente di lucrose entrate di transito e potenzialmente minando i suoi sforzi contro l’aggressione russa. La legge sulle sanzioni entrata in vigore quest’anno impone, tuttavia, al Dipartimento di Stato di sanzionare le società che aiutano Nord Stream 2 a posare il gasdotto o fornire assicurazione o certificazione della sua costruzione. Quasi 20 compagnie, per lo più compagnie assicurative, hanno recentemente abbandonato il progetto dopo che Washington le aveva avvertite negli ultimi mesi che potevano essere sanzionate.
Ma il dossier è ancora caldo. Già giovedì scorso, la presa di posizione del Dipartimento di Stato aveva eliminato il veto che il senatore repubblicano, Ted Cruz, aveva posto sul nuovo direttore della CIA, William Burns, e su Wendy Sherman, che Biden ha nominato funzionario n. 2 del Dipartimento di Stato fino a quando l’amministrazione non imporrà sanzioni complete alle navi e alle società coinvolte nel progetto. La Sherman è passata facilmente attraverso la Commissione per le relazioni estere del Senato la scorsa settimana e una sospensione potrebbe solo ritardare un voto completo del Senato sulla sua nomina.
I Paesi europei hanno accolto con favore il tono dell’amministrazione Biden in sede NATO, ma non si sono sottratti a dibattiti duri anche tra di loro visto che il progetto ha già causato fratture. Quella tra Germania favorevole e Francia contraria è la più eclatante.
“Innanzitutto oggi ho visto un alto livello di unità e accordo su come affrontare la Russia e su come rispondere alle azioni aggressive” – ha rimarcato Stoltenberg – e “questo messaggio di unità non è solo tra alleati, ma anche con i partner dell’Ue, di Svezia e Finlandia”. Il tema del completamento del gasdotto “è stato discusso”, ma “permangono differenze di vedute tra i membri dell’Alleanza. Non ci sono ragioni di nascondere che sul Nord Stream 2 ci sono differenze di visioni”, ha aggiunto, visto che “sono note”. “La NATO è una piattaforma dove discutere delle differenze”, “per portare insieme gli alleati al tavolo e parlare”, ha detto Stoltenberg.
Forti perplessità, sempre nell’ambito della ricerca di unità nel confronto con Mosca, sono state espresse da Blinken anche sulla Turchia, affermando – in un incontro con il ministro degli Esteri turco, Mevlut Cavusoglu – che l’acquisto da parte di Ankara di missili antiaerei S-400 dalla Russia così come la sua disputa, molto rimarginata grazie al dialogo atlantico, con la Grecia sulle riserve di gas naturale contestate nel Mediterraneo orientale erano questioni che devono essere risolte, ma che sono, di per sé, risolvibili e inadatte a danneggiare la futura cooperazione tra alleati affidabili.
Visto che Washington e Ankara non erano riusciti a trovare un accordo, nel 2017 la Turchia aveva sottoscritto un accordo con Mosca optando per i sistemi di difesa russi rispetto ai Patriot americani. Gli Stati Uniti hanno sempre fortemente osteggiato la decisione della Turchia di acquistare i sistemi di difesa antiaerei russi – già nel 2019, Ankara aveva ricevuto diversi battaglioni S-400 dal valore di 2,5 miliardi di dollari – denunciandone l’incompatibilità con gli standard di sicurezza della NATO e il potenziale di rischio per la tecnologia militare statunitense, i caccia F-35, progetto la cui partecipazione turca Washington ha deciso di sospendere applicando, nel dicembre scorso, delle sanzioni, in particolare, al comparto industriale della difesa turco.
Le preoccupazioni ‘atlantiche’ sono recentemente aumentate da quando il Servizio federale per la cooperazione militare e tecnica della Federazione russa ha fatto sapere Mosca ha intenzione di negoziare con Ankara la fornitura di caccia Su-57 di quinta e quarta generazione, oltre che lavorare insieme per sviluppare un moderno caccia da combattimento turco che vada a sostituire gli F-35.
Nelle ultime settimane, peraltro, ha preso il via Defender Europe 2021, la più importante esercitazione congiunta della NATO in Europa per migliorare l’interoperabilità tra alleati, che terrà impegnati 28.000 uomini provenienti da 27 Paesi fino a giugno: le truppe, guidate dal contingente dell’esercito, dell’aviazione e dell’aeronautica americani, condurranno, sempre nel rispetto delle restrizioni anti-Covid-19, operazioni in più di 30 aree di formazione in una dozzina di Paesi; soprattutto nei Balcani e nella regione del Mar Nero: Ad aprile, le unità partecipanti attingeranno scorte preposizionate dell’esercito da siti in Germania, Italia e Olanda. La maggior parte delle attività di addestramento si svolgerà a maggio e l’esercitazione si concluderà a giugno con la ridistribuzione delle forze e delle attrezzature con sede negli Stati Uniti.
“Defender-Europe 21 ci offre la migliore opportunità per affinare le nostre capacità insieme ai nostri alleati e partner nella regione strategicamente importante dei Balcani e del Mar Nero in modo che, collettivamente, siamo pronti a rispondere a qualsiasi crisi che possa sorgere”, ha detto il generale Christopher Cavoli, comandante generale dell’esercito americano per l’Europa e l’Africa.
“Attendiamo con impazienza questa opportunità di lavorare a stretto contatto con l’esercito americano in Europa e in Africa e dimostrare la determinazione e l’impegno degli Stati Uniti nei confronti dell’Europa”, ha affermato il tenente generale John Kolasheski, V Comandante generale del corpo.
In risposta al Defender Europe 2021, come lasciato intendere dal comandante della Flotta sul mar Nero, l’ammiraglio Igor Osipov, che ha dichiarato che tutti e sei i sottomarini di classe Kilo schierati nel Mar Nero sono in mare, da più di tre settimane il sottomarino “Rostov sul Don” in viaggio dal Baltico alla Siria è stato inseguito con grande attenzione – soprattutto da quando si è avvicinato ai mezzi impegnati in un’esercitazione dell’Alleanza alla guerra subacquea – dai caccia americani della portaerei USS Eisenhower, giunta sabato a Creta.
Per porre in essere le “azioni aggressive” che “costituiscono una minaccia per la sicurezza euro-atlantica”, Mosca, ha ricordato Stoltenberg, prosegue il suo rafforzamento militare ad ampio raggio, dal Baltico al Mar Nero, dal Medio Oriente al Nord Africa, dal Mediterraneo all’Artico, spiegando che la risposta della NATO deve essere “ferma e coerente”. Inoltre, ha aggiunto il Segretario generale dell’Alleanza Mosca sta sviluppando “nuove e destabilizzanti armi nucleari”.
“In risposta a un ambiente di sicurezza più pericoloso e imprevedibile, stiamo rafforzando considerevolmente le capacità di deterrenza e difesa, posizione e resilienza della NATO, sostenute da sette anni consecutivi di crescenti spese per la difesa, forze più capaci e pronte, dispiegamenti significativi in missioni e operazioni e impegno più profondo con i partner. Stiamo compiendo buoni progressi verso una più equa ripartizione degli oneri transatlantici; accogliamo con favore gli sforzi compiuti da tutti gli alleati in Europa e Nord America che contribuiscono alla nostra indivisibile sicurezza. Dobbiamo e faremo di più”, è precisato nella nota, indicando poi che “la NATO continuerà ad adattarsi”. Seppur con grande sollievo dei ministri degli esteri della NATO, Blinken non ha fatto dell’obiettivo del 2% di PIL di spesa militare degli Stati membri una parte centrale dei colloqui, come aveva fatto più volte il Presidente Donald Trump, lamentandosi spesso e ad alta voce del fatto che l’Europa non stava facendo il suo peso e si è persino spinto a dire che “gli alleati della NATO stavano sfruttando e approfittando degli Stati Uniti”. I membri della NATO affermano di rimanere impegnati a spendere il 2% del PIL in spese militari entro il 2024.
E nonostante questo, la NATO resta disponibile a tenere aperte le porte del “dialogo”, fermo restando il “rammarico” per il rifiuto della Federazione russa a rispondere positivamente, ormai dall’estate del 2019, agli inviti di partecipare al Consiglio Nato-Russia. Il segretario generale della NATO, Jens Stoltenberg, ha detto di credere nel dialogo con la Russia, ma il Consiglio Nato-Russia non si tiene dall’estate del 2019 perché Mosca ha declinato gli inviti dell’Alleanza: “Il Consiglio NATO-Russia è una piattaforma per il dialogo tra gli alleati e la Russia”, è stato convocato dieci volte “dal 2016, ma dall’estate 2019 non ci sono meeting” e “questo perché la Russia non ha risposto positivamente ai nostri inviti. Mi rammarico di questo perché penso che il dialogo sia importante, specie quando ci sono delle difficoltà. Credo nel dialogo con la Russia” e “continueremo a lavorare per il dialogo con la Russia. Continueremo a invitare la Russia, ma ovviamente loro devono rispondere positivamente”.
Anche un’altra questione è stata controversa al summit dei Ministri degli Esteri dell’Alleanza Atlantica: la missione in Afghanistan. Gli Stati Uniti non intendono più decidere su questioni come il ritiro delle truppe dall’Afghanistan da solo, 20 anni dopo che le truppe occidentali hanno occupato per la prima volta il Paese, ma pianificano piuttosto di coordinare tali misure con i suoi alleati. “Siamo entrati insieme, ci siamo adattati insieme e quando sarà il momento partiremo insieme”, ha sottolineato Antony Blinken. Un ‘ritorno alle origini’ se si considera che l’amministrazione Trump aveva firmato un accordo unilaterale con i talebani per lasciare l’Afghanistan entro la fine di aprile. Washington, tuttavia, da allora si è lamentato del fatto che i talebani non hanno mantenuto la fine dell’accordo e rinunciato alla violenza. Gli Stati Uniti ora dicono che stanno considerando di estendere la loro presenza militare in Afghanistan, 20 anni dopo aver liberato il paese dal dominio dei talebani. Cosa fare dopo è ora in fase di revisione, ha detto Blinken. “Qualunque cosa gli Stati Uniti finiranno per fare sarà informata dal pensiero dei nostri alleati della NATO, che mi riporterò dopo queste conversazioni e consultazioni”, ha detto Blinken.
“Gli Stati Uniti restano determinati insieme agli alleati della Nato a fare in modo che l’Afghanistan non ritorni un paradiso per terroristi”, ha dichiarato da parte il segretario di Stato Usa Blinken, intervenendo in una conversazione con Stoltenberg, mediata dalla direttrice del think tank Carnegie Europe, Rosa Balfour. In merito al ritiro delle forze militari statunitensi dall’Afghanistan, come stabilito dall’accordo firmato nel 2020 dall’amministrazione guidata da Donald Trump, Blinken ha sottolineato che qualsiasi procedura di disimpegno verrà concordata con gli alleati. “Abbiamo preso un impegno: entrare insieme, adattarci insieme e quando sarà il momento, uscire insieme. Questo rimane il principio guida”, ha dichiarato Blinken. Per il responsabile della diplomazia Usa ha ricordato che il principale motivo per cui i militari statunitensi si trovano in Afghanistan è il contrasto alla minaccia terroristica. “Non dimenticheremo mai che l’unica volta in cui l’articolo quinto (della NATO) è stato invocato da questa Alleanza è stato in difesa degli Stati Uniti dopo gli attacchi dell’11 settembre. E siamo determinati a fare in modo che l’Afghanistan non diventi di nuovo un paradiso per il terrorismo. Quindi ci assicureremo che qualunque cosa facciamo, saremo in grado di portare a termine quella missione”, ha dichiarato Blinken.
Nessuna decisione sull’Afghanistan è stata presa ai colloqui di Bruxelles, con grande costernazione di alcuni ministri degli esteri, che affermano che il tempo sta per scadere. Gli europei, in particolare, hanno assunto una posizione netta sulla possibile fine della missione in Afghanistan, dove sono rimasti circa 9.000 militari: 2.500 statunitensi, 6.500 inquadrati nella Nato, tra cui 1.600 tedeschi e 800 italiani. La Germania, soprattutto, si è detta contraria. Il Ministro degli Esteri tedesco, Heiko Maas, ha messo in chiaro che prenderà in considerazione il ritiro delle truppe della Bundeswehr solo se verranno fatti progressi significativi il fronte della pace: «Non vogliamo rischiare che, ritirandoci troppo presto, i talebani tornino al potere e riprendano le violenze». Altri alleati, come l’Italia, sono riluttanti.
Secondo Stoltenberg, in Afghanistan “non c’è una decisione facile da prendere per la NATO” e “dobbiamo prepararci a ogni opzione”. Nella sua visione, bisogna incentivare “il processo di pace” così che il Paese non torni “rifugio per terroristi” e bisogna anche tenere in sicurezza le “10 mila truppe della Nato”. Stoltenberg ha spiegato che questo è “un momento storico” da cogliere per arrivare alla pace nel Paese, ma “il dialogo di pace è fragile” e c’è “bisogno di fare progressi”. Per questo, il segretario generale chiede “a tutte le parti in Afghanistan di essere costruttive” all’interno del negoziato.
“Ho riferito al presidente le opinioni che ho sentito ieri dai nostri alleati, e penso che questo sarà un fattore importante per informare il suo pensiero sulla via da seguire” – ha concluso oggi Blinken – “sarebbe difficile rispettare la scadenza del 1 ° maggio per un ritiro completo, ma qualunque cosa finiremo per fare di nuovo sarà informata dal pensiero dei nostri alleati e dalle decisioni tattiche a parte, siamo uniti. con quegli alleati. ” L’amministrazione Trump, infatti, aveva abbozzato un’intesa con i talebani che prevedeva il ritiro dei soldati entro il 1 maggio. Il 18 marzo Joe Biden ha però. dichiarato che «sarebbe stata dura» rispettare quella scadenza. Blinken non si è sbilanciato con gli alleati a Bruxelles e l’Amministrazione si trova tra le mani una carta in più, quella dello scetticismo alleato, da giocare sia al tavolo della trattativa con i talebani, sia in Congresso, per giustificare un rinvio.
Ma la questione più spinosa è stata la Cina, quella che Blinken ha definito la “vera sfida geopolitica del 21esimo secolo”. Il Segretario generale della NATO Jens Stoltenberg ha dichiarato che la Cina si sta avvicinando all’Occidente grazie ai suoi investimenti nelle infrastrutture critiche di molti Paesi. “Non c’è modo di evitare di affrontare le conseguenze sulla sicurezza per la nostra alleanza regionale dell’ascesa della Cina e del cambiamento nell’equilibrio di potere globale”, ha detto.
Va detto che, dopo il summit di Anchorage, le tensioni tra Pechino e l’Occidente sono aumentate soprattutto dopo che l’Unione Europea, il Regno Unito, gli Stati Uniti e il Canada hanno sanzionato funzionari ed entità cinesi per presunti abusi dei diritti umani. La Cina ha risposto con sanzioni di ritorsione contro alcuni deputati del Parlamento europeo, scatenando la reazione di Paesi europei, tra cui l’Italia, che hanno convocato gli ambasciatori cinesi. Nelle stesse ore, il Ministro degli Esteri cinese Wang Yi e la sua controparte russa Sergey Lavrov si sono incontrati a Guilin, nel sud della Cina, per prendere posizione contro la “nuova alleanza NATO”. Lavrov ha detto di aver riconosciuto la firma di quella che ha definito “la natura distruttiva degli interessi americani che si basano su alleanze politiche e militari della guerra fredda”. Quelle “rinnovate alleanze”, ha detto, “sono destinate a minare l’architettura dello stato di diritto internazionale stabilita dalle Nazioni Unite”. I ministri degli esteri cinese e russo hanno affermato di considerare il tentativo di unità della NATO come uno sforzo delle forze occidentali e transatlantiche per imporre la loro “comprensione dell’ordine mondiale basata sulle regole su altri Paesi”.
“Non c’è dubbio che il comportamento coercitivo della Cina minacci la nostra sicurezza e prosperità collettiva e che stia lavorando attivamente per minare le regole del sistema internazionale e i valori che noi e i nostri alleati condividiamo”, ha detto, dopo il vertice con i partner della NATO, il Segretario USA Blinken il quale, già ad ottobre scorso, parlando con Fareed Zakaria della CNN in ottobre, aveva tenuto a precisare che “La sfida con la Cina non riguarda tanto la loro forza, per quanto in aumento, bensì le nostre debolezze autoinflitte”, ragion per cui sarebbe necessario lavorare “con i nostri alleati e partner e affermerebbe effettivamente i nostri valori. Ed è così che si mette in difficoltà la Cina da una posizione di forza”.
“Quando agiamo insieme, siamo molto più forti e molto più efficaci rispetto a quando agiamo da soli” ha fatto notare Blinken a Bruxelles: del resto, gli Stati Uniti rappresentano circa il 25% del PIL mondiale e “quando lavoriamo sul serio con i nostri partner europei, con i partner asiatici e gli altri, noi arriviamo al 40, 50 o 60% del PIL mondiale. È molto più difficile da ignorare per Pechino”. Erano l’opinione pubblica americana ed europea i destinatari di questa esortazione di Blinken che ha promesso che gli Stati Uniti lavoreranno con i partner per “colmare le lacune in aree come la tecnologia e le infrastrutture, che la Cina sta sfruttando per esercitare una pressione coercitiva. Faremo affidamento sull’innovazione, non sugli ultimatum”.
“Ma” – ha sottolineato nelle ultime ore – “questo non significa che i Paesi non possano lavorare con la Cina dove possibile. Ad esempio su sfide come il cambiamento climatico e la sicurezza sanitaria”. Non poteva, forse, dichiarare altrimenti: dopo il summit con i cinesi a Anchorage, in Alaska, della scorsa settimana, Blinken ha illustrato agli omologhi come sia fondamentale contrastare «l’aggressività» cinese, ma diversi ministri europei, considerati anche gli enormi interessi economici in ballo, sono apparsi stupiti dai toni usati dalle due parti nell’incontro con i cinesi. Quella che il Segretario di Stato ha appurato è una diffusa ritrosia ad appoggiare apertamente le dure posizioni americane nei confronti di Pechino: il che è confermato dal fatto che, alla fine, nel comunicato finale non è comparso alcun riferimento a Pechino.
Gli alleati hanno riconosciuto in Pechino un attore globale in grado di porre una sfida sistemica all’intero Occidente, ma non dunque come auspicato dalla nuova Amministrazione Usa. Solo una questione di tempo? Forse sono le prospettive e gli intenti a divergere. Tuttavia, come si è potuto verificare negli ultimi giorni, spingere l’acceleratore su un differenziale ideologico di un fronte della democrazia contro quello della dittatura, nonostante le apparenze e i propositi, non fa altro che ottenere effetti collaterali: rafforzare l’abbraccio tra Pechino e Mosca, aprire fratture in seno all’Alleanza tra ‘falchi’ e ‘colombe’.
Non proprio il massimo. D’altra parte, ha ammesso Stoltenberg alla fine della due giorni, la NATO “non considera la Cina un avversario”, sebbene sia consapevole del fatto che “la sua crescita ha delle conseguenze sulla sicurezza” di tutti i paesi membri dell’Alleanza e che “la Cina è un Paese che non condivide i valori” degli Stati membri. “Lo possiamo vedere, ad esempio, nella sua reazione alle proteste democratiche ad Hong Kong e nella repressione delle minoranze interne”, come quella musulmana degli “uiguri”, anche nel suo “comportamento aggressivo” nel Mar Cinese meridionale. A nome dell’Alleanza, Stoltenberg ha richiamato l’esigenza di estendere anche a Pechino il trattato Start sulla riduzione degli arsenali nucleari: “L’espansione del NEW Start tra Stati Uniti e Russia sui missili a lunga gittata non dovrebbe essere la fine del lavoro, ma dovrebbe segnare l’inizio di nuovi sforzi per coinvolgere la Cina, una potenza con capacità nucleari sempre più importante a livello militare. Lavoreremo affinché la Cina sia coinvolta nel futuro accordo per il controllo sulle armi”.
I timori della Cina quale ‘minaccia’ anche per la NATO trova conferma nella recente vicenda di Tarmo Kõuts, condannato – come rivelato, in un’intervista a ‘The Daily Beats’, da Aleksander Toots, vice direttore del servizio di controspionaggio estone Kapo – a tre anni di carcere per essere stato reclutato nel 2018 dall’Ufficio di Intelligence cinese del Dipartimento di Stato Maggiore Congiunto della Commissione Militare Centrale insieme ad un associato, non ancora condannato, dopo essere stati arrestati, senza clamore, il 9 settembre 2020.
Secondo quanto è dato sapere Kõuts avrebbe ottenuto un dottorato in fisica ambientale nel 1999. Dopo aver lavorato per diverso tempo al Tallinn Technical University di studi marittimi, specializzandosi in geofisica e oceanografia operativa, dal 2006 Kõuts ha iniziato a collaborare nel settore della difesa nazionale estone, essendo stato nominato membro del comitato scientifico del ministero della difesa estone e, in seguito, del comitato scientifico del Centro di Ricerca Sottomarina della NATO con sede a La Spezia, di cui è poi divenuto Vicepresidente dal 2018 al 2020. Da questa posizione, Kõuts ha potuto effettuare la sua attività di intelligence “motivato dalle tradizionali debolezze umane, come il denaro e il bisogno di riconoscimento” e ‘trattato’ da agenti che operavano sotto la copertura di un think tank.
Durante la sua visita di due giorni, Blinken ha ripetutamente sottolineato che la risposta a queste minacce è che gli Stati Uniti e l’Europa lavorino insieme più da vicino e ha sottolineato la loro unità su diverse questioni, inclusa l’impasse in corso con l’Iran. Blinken ha detto che gli Stati Uniti e il cosiddetto E3 – Regno Unito, Francia e Germania – sono “veramente sullo stesso piano quando si tratta di Iran”.
Washington si è offerta di tenere colloqui con l’Iran su un ritorno degli Stati Uniti all’accordo del 2015, ma le due parti rimangono in un vicolo cieco, con l’Iran che insiste sul fatto che gli Stati Uniti aboliscano le sanzioni e tornino all’accordo lasciato nel 2018, mentre Washington vorrebbe passi reciprocamente coordinati affinché la Repubblica Islamica fermi le sue continue violazioni del patto. “Ad oggi, l’Iran ha scelto di non impegnarsi”, ha detto Blinken. “Quindi, come abbiamo detto, la palla è davvero nel loro campo per vedere se vogliono intraprendere la strada della diplomazia e tornare al rispetto dell’accordo”. “Vediamo cosa succederà nelle prossime settimane”, ha aggiunto Blinken.
Ma non solo le questioni militari sono state al centro della Ministeriale. L’emergenza climatica è, fin dai primi giorni, una priorità dell’agenda dell’amministrazione Biden che ha già annunciato il rientro degli USA negli Accordi di Parigi. Ma inizierà ad esserlo anche per l’Alleanza Atlantica: Stoltenberg, ex inviato speciale delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici, ha affermato che spera che i leader utilizzeranno un vertice entro la fine dell’anno per impegnarsi a rendere i loro militari a impatto zero entro il 2050. “Il cambiamento climatico è un moltiplicatore della crisi” – ha affermato Stoltenberg in un’intervista – “Il cambiamento climatico porterà a condizioni meteorologiche più estreme, a siccità e inondazioni, costringerà le persone a spostarsi, a una concorrenza più agguerrita su risorse scarse, acqua, terra”, divenendo un pericolo anche per le società democratiche.
La sostenibilità non è mai stato, culturalmente, un tema di grande interesse per il comparto militare. E Stoltenberg, un ex primo ministro norvegese, è in qualche modo una persona che collega entrambi i mondi. All’inizio della sua carriera era il secondo in comando del ministero dell’Ambiente del suo Paese. Questa sua sensibilità alle tematiche ambientali è stata poi incentivata dall’arrivo del presidente Biden dopo quattro anni dal presidente Donald Trump, che aveva definito il cambiamento climatico una “bufala” e criticato la NATO.
Al Pentagono, il Segretario alla Difesa Lloyd Austin ha già istituito un gruppo di lavoro di alto livello sui cambiamenti climatici e ha affermato che il Dipartimento della Difesa incorporerà il cambiamento climatico nella pianificazione militare. Gli effetti del cambiamento climatico pongono sfide speciali per le forze armate statunitensi: un esempio è costituito dalle installazioni militari come la stazione navale della Virginia di Norfolk, l’Accademia navale degli Stati Uniti del Maryland e la stazione radar a lungo raggio a Cape Lisburne in Alaska, che sono già state colpite da inondazioni, siccità e temperature estreme che gli scienziati hanno collegato al cambiamento climatico. Altre strutture, come la Langley Air Force Base in Virginia e la Peterson Air Force Base in Colorado, sono state duramente colpite da uragani o incendi.
Anche se il predecessore di Biden ha sempre ignorato il problema climatico, il Pentagono non lo ha mai sottovalutato, elaborando piani per combattere quegli effetti dei cambiamenti climatici che impattano sulla difesa USA. L’inviato di Biden per il clima, John F. Kerry, si è incontrato con Stoltenberg a Bruxelles all’inizio di questo mese. E ieri il Segretario di Stato Blinken ha accolto con favore la spinta climatica di Stoltenberg, affermando che “condividiamo la visione del Segretario generale della NATO che ha le capacità per scoraggiare e difendersi da ogni tipo di minaccia alla nostra sicurezza collettiva, comprese minacce come il cambiamento climatico”.
Stoltenberg, dal canto suo, ha osservato che la conversione ‘green’ delle forze armate potrebbero creare opportunità. Ad esempio, le autocisterne piene di carburante che percorrono strade pericolose verso installazioni militari in Afghanistan e Iraq sono tra le vulnerabilità più pericolose negli schieramenti in quei paesi. Installare pannelli solari, ridurre la dipendenza dai combustibili fossili e aumentare il più possibile l’autonomia di quelle basi potrebbe salvare vite umane. Alla base, però, è necessario un cambiamento di mentalità dato che una volta avviato, il processo di trasformazione ‘green’ del settore militare avrebbe importanti sbocchi anche a livello tecnologico. “Dobbiamo essere radicali nel modo in cui pensiamo” – ha auspicato Stoltenberg – “Sarà molto strano se finiamo con un mondo in cui non abbiamo quasi nessun veicolo a propulsione fossile nella società civile e che abbiamo veicoli a combustibile fossile nelle forze armate”.
“La NATO svolge la propria parte nell’affrontare la pandemia. Abbiamo coordinato e agevolato il sostegno militare alle risposte civile. Ma il ruolo della NATO è fare in modo che questa crisi sanitaria non diventi una crisi di sicurezza. Le nostre forze restano pronte e vigili perché le minacce hanno avuto un’accelerazione”. ha rivendicato il Segretario generale Stoltenberg. In vista del vertice di giugno dei leader di governo, al fine di creare un ambiente di lavoro sicuro da un punto di vista “virale”, l’obiettivo sarà quello di far vaccinare tutti i 4.000 dipendenti della NATO che parteciperanno al summit prima che abbia luogo. Il membro della NATO, la Polonia, ha detto che sta rendendo disponibile la quantità necessaria di vaccini AstraZeneca per questi scopi.
Ma il vertice di Bruxelles è stata anche l’occasione per incontri bilaterali tra il nuovo Segretario di Stato americano e diversi omologhi europei, tra i quali quelli italiano, Luigi Di Maio. In base a quanto diffuso dal Dipartimento di Stato, “l’Italia, ovviamente, è un alleato importante, molto coinvolto in Afghanistan e in altre questioni Nato, uno dei nostri più antichi alleati”. Secondo il portavoce Ned Price, Blinken ha evidenziato l’importanza del duraturo partenariato tra Stati Uniti e Italia. I due hanno parlato del lavoro che i due Paesi stanno intraprendendo insieme per rivitalizzare la Nato, di Cina, Afghanistan e Libia.
Da par sua, anche il titolare della Farnesina, al termine della riunione, ha ribadito la “piena convinzione” dell’Italia “nei valori atlantici”. “Da solo non si salva nessuno e la cooperazione tra gli Stati è fondamentale sia per far fronte alla crisi pandemica che a quella economica. In questo momento particolare per l’Italia e per l’Europa”, ha detto Di Maio, lavorare a quelle che sono le “nuove minacce” che arrivano dall’esterno “è fondamentale”. “Lo scioglimento dei giacchiai sta provocando uno stravolgimento degli assetti geostrategici”, ha dichiarato Di Maio evidenziando che la creazione di nuove rotte può mettere a rischio la sicurezza dell’Alleanza Atlantica. Tuttavia, a detta del capo della diplomazia italiana, la stabilizzazione della Libia rimane per il Belpaese una questione di primaria importanza. In questo senso è auspicabile anche un maggiore coinvolgimento degli Stati Uniti. “La Libia per noi è una priorità in quanto i flussi migratori possono aumentare e peggiorare”. Sulla Libia, Stoltenberg ha detto che la NATO accoglie “i progressi che abbiamo visto”, è “in contatto con l’Onu” e “sostiene il processo di Berlino”, ma soprattutto “è pronta a dare capacità quando le condizioni sul terreno lo permetteranno, ma è presto per dirlo”.
Interessante è poi stato anche l’incontro che Blinken ha avuto con le massime autorità europee dopo aver dichiarato al quartier generale dell’Alleanza Atlantica che “non ci sarà difesa europea senza NATO, e non ci sarà NATO efficiente e pertinente senza europei”. “Ue e Usa sono i partner più vicini. (…). Abbiamo parlato delle nostre preoccupazioni condivise a proposito delle aggressioni della Russia, specie nel suo vicinato, del cambiamento climatico“, dell’importanza di “preservare l’ordine internazionale basato su regole”. Oggi “abbiamo concordato di riprendere il dialogo Ue-Usa sulla Cina, perché sappiamo che se lavoriamo insieme e coordiniamo i nostri approcci possiamo approcciare Pechino in un modo più efficace“, ha spiegato, memore dello sgambetto europeo circa l’accordo commerciale CAI tra UE e Pechino.
“Lavoreremo su tutti i temi e molti altri, sulla sicurezza nazionale e l’agenda di politica estera”. Quindi, ha proseguito Blinken, “sospetto che saremo molto in contatto nelle prossime settimane e mesi”. Il segretario di stato Usa ha quindi ribadito che gli Usa sono “di nuovo impegnati nelle loro alleanze e partnership, perché sono vitali per la politica estera e fanno la differenza nella vita dei cittadini”.
Tra la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, e il segretario di Stato Usa c’è stato un “buono scambio” di opinioni “sulle sfide comuni che dobbiamo affrontare”. Su Twitter, von der Leyen ha spiegato che “l’Ue e gli Usa sono più forti quando uniscono le forze su questioni urgenti come il Covid, le catene di forniture di vaccini o il cambiamento climatico”. Per questo, “continueremo a coordinarci da vicino sulle questioni geopolitiche, dalla Cina alla Russia”, ha aggiunto.
Proficuo anche il dialogo con l’Alto rappresentante dell’Unione europea ha sottolineato la comune azione: “abbiamo preso due importanti decisioni: siamo d’accordo nel lanciare il dialogo Ue-Usa sulla Cina come forum di discussione su tutto lo spettro di sfide e opportunità. Continueremo gli incontri a livello di funzionari e di esperti sui temi di resilienza, reciprocità, diritti umani, sicurezza, multilateralismo, e in un’area di impegno con la Cina sul cambiamento climatico”, ha annunciato Borrell. “Abbiamo anche concordato di sostenere il pieno coinvolgimento degli Usa nelle iniziative di difesa dell’Ue e rafforzare il nostro dialogo su questo”, ha aggiunto. “Oggi apriamo un nuovo capitolo nelle nostre relazioni, marcato da una forte cooperazione sui temi chiave di politica estera e sicurezza. Il nostro incontro conferma che una forte partnership Ue-Usa è cruciale per sostenere i valori democratici, così come la stabilità e la prosperità regionali e globali, e la risoluzione dei conflitti”.
In questa Ministeriale il Segretario Stoltenberg ha ribadito a più riprese che “nessun Paese, nessun continente può far fronte a queste sfide da solo, ma l’Europa e l’America del Nord insieme possono farlo”. Ma, appunto, insieme.