Il welfare è dimenticato (o quasi) anche perché non si è capito quanto i ‘dazi’ amari incideranno su di esso per il fatto che tutte le sue componenti sono le più permeabili e sensibili e già ora sono in sofferenza tanto che lo Stato è in affanno e cerca di ‘riparare’ il tetto del welfare che ha delle infiltrazioni. Con le tariffe si creeranno dei veri e propri buchi
Si devono vendere i pelati in USA, ma contemporaneamente curare le persone. Per questa ragione, si deve cambiare il paradigma economico e l’insano ‘purpose’ finanziario della massimizzazione ASSOLUTA del profitto per sviluppare un approccio di responsabilità sociale delle istituzioni economiche italiane con una massimizzazione RELATIVA del profitto. Cioè vendere i pelati per sviluppare anche un welfare accettabile tramite la solidarietà economica.
Per esempio, torniamo a valutare gli extraprofitti pregressi per finanziare il welfare. Il tormentone reale è che questi dazi USA siano una mazzata (mezza-intera) per l’assetto economico dell’Italia, ma il riferimento a cosa succederà al ‘primo welfare’ cioè Servizio Sanitario Nazionale, Previdenza Sociale, Assistenza Sociale, istruzione pubblica e politiche per la famiglia, nonché al ‘secondo welfare’ cioè welfare aziendale, territoriale e dei contratti di lavoro, cura degli anziani non autosufficienti, ai disabili sembra essere un corollario non di rilievo anche se tutti questi elementi incidono sulla nostra vita quotidiana e fanno il differenziale competitivo.
Mettiamo in fila alcune considerazioni.
I dazi amari USA incidono sull’export delle nostre imprese (specialmente PMI); i costi per le imprese aumenteranno (con un impatto economico per le imprese italiane che potrebbe aggirarsi tra i 6,7 e i 10 miliardi di euro), un impatto negativo sul Prodotto Interno Lordo (PIL) italiano, con una possibile riduzione di 0,1-0,2 punti percentuali, anche se altre stime indicano un calo massimo cumulato fino a 0,5 punti.
L’impatto comporterà minori entrate fiscali (IRPEF, IRES, IVA) che finanziano la sanità, la previdenza, l’assistenza sociale, l’istruzione; una disoccupazione in aumento con l’esigenza di interventi tramite ammortizzatori sociali; il sistema pensionistico colpito dalla diminuzione dei contributi versati; l’aumento delle povertà e delle disuguaglianze nonché la svalutazione dell’euro e l’ inflazione in aumento. E il Made in Italy? In sintesi, un effetto negativo a catena.
Un rimedio potrebbe essere un mercato interno che cresce, trovare nuovi mercati tralasciando gli USA (i ventisette dovrebbero far leva sulla propria potenza per compensare la perdita di quote di mercato negli Usa con un rafforzamento degli scambi interni all’Unione e nuovi accordi ‘con Mercosur, Canada, India, Giappone, Brasile’ così afferma Tommaso Monacelli della Bocconi) ed anche maggiore produttività ed aumentare il potere d’acquisto delle famiglie. Questi rimedi si innestano su un contesto ove l’OCSE ci ricorda che l’Italia detiene il primato degli stipendi più bassi tra le economie avanzate. Le ricette sono ormai tutto ed il contrario di tutto.
Il welfare è dimenticato (o quasi) anche perché non si è capito quanto i ‘dazi’ amari incideranno su di esso per il fatto che tutte le sue componenti sono le più permeabili e sensibili e già ora sono in sofferenza tanto che lo Stato è in affanno e cerca di ‘riparare’ il tetto del welfare che ha delle infiltrazioni. Con le tariffe si creeranno dei veri e propri buchi.
Per ovviare, almeno in parte, a questa situazione si dovrà ricorrere ancora al vecchio non profit, al volontariato ed alle imprese sociali -organizzazioni socialmente responsabili; cioè alla sussidiarietà agìta che offre soluzioni ed innovazioni di intervento e di servizio. Pero’ ci vuole maggiore potere alle imprese sociali- non profit negli snodi decisionali.
Alcune componenti del welfare sono presidiate in forma rilevante dalle imprese sociali non profit e profit. A livello nazionale il non profit dà un contributo di valore della produzione che ha raggiunto nel 2022 gli 84 miliardi di euro (+5% rispetto al 2020).
Le conseguenze di welfare dei dazi amari USA saranno in parte coperte dal non profit. Assistenza Sociale e Protezione Civile con circa 34.755 enti (circa il 9,5% del totale del non profit) e con circa 450.806 persone retribuite. Esso include servizi per anziani, disabili, minori, persone in difficoltà economica, rifugiati, ecc., oltre alle attività di protezione civile (es. interventi in caso di calamità naturali).
Sanità con circa 186.000 persone (retribuite) che offrono servizi sanitari includendo associazioni di malati, enti che gestiscono servizi sanitari integrativi, case di cura, hospice, servizi di pronto soccorso e trasporto sanitario (es. ambulanze di volontariato), centri di riabilitazione.
E poi il volontariato con circa 700.000 cittadini che offrono servizi nel comparto sanitario ed assistenziale di cui 60.000 ca operano nei servizi ospedalieri e 12.500 ca offrono attività nella lunga degenza. A Milano un pezzo di welfare è gestito da circa 160 mila volontari .
Due terzi dei volontari hanno un diploma di scuola superiore o la laurea. Fra le persone in buone condizioni economiche quasi una su quattro fa volontariato, ma l’impegno è forte anche fra chi ha una situazione più modesta (10%). Il 14% di chi ha un lavoro fa volontariato; il 10% fra disoccupati, pensionati e casalinghe. Ed un’ultima considerazione:le imprese nel 2024 hanno esportato in USA 66-70 miliardi di euro. Emanuele Orsini, Presidente Confindustria, afferma che l’impatto dei dazi amari potrebbe arrivare fino a 22.6 miliardi di euro considerando anche il rapporto fra euro e dollaro ed interesserà prevalentemente la meccanica, il chimico farmaceutico, la moda, l’agroalimentare, l’occhialeria ed i gioielli nonché l’arredamento.
La tentazione (o il dovere fiduciario non sociale) sarà quella di mantenere i livelli di redditività precedenti ed avere il ‘solito’ profitto. Per fare questo molte imprese sceglieranno il taglio dei costi fissi qualificati, la minore qualità, la minore sostenibilità, la minore occupazione, politiche retributive al ribasso che, come abbiamo già detto, creerebbero maggiori bisogni di welfare e ripercussioni economico sociali.
La scelta di un nuovo paradigma di impresa sociale potrebbe evitare questi minus a patto che si colga la formula dell’impresa sociale con purpose equilibrato in termini economico sociali, una intenzionalità a considerare l’aspetto sociale interno ed esterno come risorsa di vantaggio competitivo, con una addizionalità verso l’asset del capitale sociale dei territori-comunità, con un ruolo sussidiario nei confronti dello stato in affanno e con un profitto qualificato da investimenti di responsabilità e sosostenibilità. Altrimenti i dazi saranno veramente a………..