La maggior parte di chi la pronuncia nemmeno ne conosce il significato, ma specialmente il contenuto, le implicazioni. A parte che uno dei due ‘popoli’, viene sterminato ogni giorno al ritmo di 60/90 persone al giorno!
«Due popoli, due Stati». Una frase tipica, ripetuta in continuazione, per lo più in tono compunto e pensoso, una giaculatoria, che, purtroppo piace molto anche all’uomo che oggi stimo di più in Italia, Sergio Mattarella.
Appunto, una giaculatoria: una litania senza contenuto, anzi nessuno. La maggior parte di chi la pronuncia nemmeno ne conosce il significato, ma specialmente il contenuto, le implicazioni. A parte che uno dei due ‘popoli’, viene sterminato ogni giorno al ritmo di 60/90 persone al giorno!
A costo di apparire ripetitivo e magari noioso, ripeto alcune cose già dette spesso e aggiungo un paio di ‘fatti’, a mio parere nonché incredibili, vergognosi.
Primo: il principio (la norma: non ‘la legge’, molto di più!) di autodeterminazione dei popoli è appunto una norma che parte dal presupposto che vi sia un popolo al quale riconoscere la pretesa all’autodeterminazione. Più precisamente, la garanzia, dovuta dalla Comunità internazionale a quel popolo.
Il diritto internazionale -che secondo il prof. Massimo Cacciari sarebbe morto e sepolto, ma intanto sta lì, sconosciuto- stabilisce in maniera inequivocabile che per ‘popolo’ si intende la ‘popolazione’ (gli abitanti più o meno stabili, insomma) di un ‘certo’ territorio. ‘Certo’ territorio, perché deve trattarsi di un territorio abitato ‘da sempre’ da una determinata popolazione: di una o mille etnie, non importa. Ma solo quella e ‘da tempo immemorabile’, come si dice spesso: i tempi della storia, intendo.
Durante la seconda guerra mondiale, Churchill (GB) e Roosevelt (USA) stipularono il cosiddetto Patto atlantico (1941), nel quale ‘garantivano’ la ricostituzione dei confini europei, facendo arrabbiare ovviamente Stalin che, tra l’altro voleva che si parlasse anche delle colonie, delle quali la Gran Bretagna, la Francia, la Germania, ecc. erano ‘ricchi’ e ne disponevano a piacimento: «Alle colonie e ai territori che in seguito all’ultima guerra hanno cessato di trovarsi sotto la sovranità degli Stati che prima li governavano, e che sono abitati da popoli non ancora in grado di reggersi da sé … » e così via. Negli anni immediatamente successivi, grazie all’azione costante della Assemblea Generale delle Nazioni Unite e alla pressione delle entità (per lo più africane) aspiranti alla indipendenza dai paesi coloniali, non solo si pervenne ad una definizione accettabile ed accettata del principio di autodeterminazione dei popoli, ma anche alla ‘soluzione‘ della più delicata e controversa questione, quella dell’ambito territoriale di ciascun popolo, futuro parte di uno Stato: l’aspirazione alla autodeterminazione è legittima se e finché esercitata dal popolo del territorio «nelle frontiere ereditate dal colonialismo».
Popolo che non può essere ‘accresciuto’ con l’immigrazione dai Paesi coloniali o altri, né può essere ridotto con la deportazione di una parte di esso. Quest’ultima è una norma molto più antica: dei primi del ‘900.
Come capite, quelle frontiere erano tutt’altro che accettate pacificamente, dato il comportamento delle potenze coloniali, ma apparve la soluzione meno conflittuale e fu infatti accettata da tutti, territori coloniali e non.
Un popolo, perciò è, per così dire: «la popolazione abitante su un territorio dato» … magari da altri, ma ‘ormai’ certo.
In Palestina, arbitrariamente divisa dalla Gran Bretagna in Palestina vera e propria e Giordania (1922), Londra facilitò, anzi promosse come ho scritto più volte, la immigrazione di persone provenienti per lo più dai paesi dell’est europeo, dove gli ebrei erano molto discriminati già prima di Mussolini e Hitler, secondo le indicazioni di un partito politico fondato negli ultimi anni dell’800 da un ebreo tedesco di nome T. Herzl. Pertanto, quella popolazione non, ripeto non, fa parte del ‘popolo’ palestinese, ma nemmeno è un popolo, non ha nulla di ‘indigeno’, perché manca, all’origine, del riferimento ad un territorio: come noto, mai nei millenni abitato da uno stato ‘di’ ebrei (israelitico) salvo per una settantina di anni, fino ad alcuni decenni prima di Cristo: lo Stato dei Maccabei.
Quindi, il ‘popolo ebreo’, posto anche che esistesse prima del 1948, non è titolare della aspirazione alla autodeterminazione. Ciò non toglie, però, che lo ‘Stato di Israele’, costituito illecitamente su un territorio non ‘suo’, benché approvato, a sua volta illecitamente, dalla Assemblea Generale delle Nazioni Unite – alla quale però, si riferisce esplicitamente nel suo atto costitutivo – sia oggi e senza alcun dubbio un «soggetto», quindi sovrano, di diritto internazionale. Perciò, legittimato ad esistere: non ad acquisire altro territorio su cui un popolo palestinese aspira a costituirsi in Stato indipendente. Che poi una parte dei palestinesi desiderino e lavorino per la distruzione di Israele, è una pretesa giuridicamente illegittima, è un fatto politico.
Parlare perciò di «due popoli» e due Stati è insensato: si tratta di due pretese politiche diversamente motivate, ma entrambe perfettamente legittime. Anche se non si può negare che l’azione militare di Israele a partire dal 1947 (forse anche prima) abbia reso il territorio ‘della’ Palestina una località dove costituire uno stato è praticamente impossibile, basta guardare le cartine prima e oggi la risoluzione della Assemblea Generale!
Meno che mai sono legittimi (per ‘terroristi’ che siano taluni palestinesi) i bombardamenti di Gaza (e Cisgiordania), le occupazione di proprietà palestinesi in Cisgiordania, gli omicidi più o meno ‘mirati’, che vanno avanti dal 1947, anche se solo ieri sera, pare, arriva uno ‘scoop’ di Luca Telese sul fatto, noto da decenni, che i soldati (oltre i ‘coloni’) israeliani sparano a vista sui palestinesi, magari dopo averli chiamati per ricevere aiuti alimentari.
Ciò che mi hanno stupito sono tre cose, accadute due sere fa nella trasmissione ‘In Onda’:
uno: l’on. Fratoianni che, nell’ansia di farsi capire da tutti parla di “situazione distopica” (= il contrario dell’utopia … raffinato ‘sto ragazzo, si vede che ha studiato);
due: il dr. Cerasa (del giornale di Ferrara) che si sorprende e scandalizza del fatto e tuona: “se fosse vero, bisognerebbe cambiare radicalmente atteggiamento verso Israele”. Beh, è vero, dr. Cerasa, lo sappiamo tutti da decenni … e ora che fa, cambia giornale o cambia Israele?
tre: la dr.ssa Aprile, mirabile a onor del vero conduttrice conflittuale della trasmissione, si domanda sinceramente stupita e un po’ scandalizzata: “ma come mai l’opinione pubblica non parla di queste cose”? Scusi dottoressa Aprile, ma, l’opinione pubblica è Lei!!! Era distratta finora? Coraggio: ne parli tutte le sere! Siamo qui.