La presidenza Trump finora si è rivelata un grande bluff

 

 

  Note a margine al conflitto USA-Israele-Iran.

  Gli Stati Uniti sono in guerra con l’Iran? Può sembrare una domanda banale. Tutti, il presidente per primo, ci dicono che gli Stati Uniti sono in guerra con l’Iran, ne chiedono la resa senza condizioni. Ma il potere di dichiarare una guerra è del Congresso americano, non del Presidente. Questo proprio per bilanciare e limitare il grande potere che il Presidente detiene. Dunque, Donald Trump si è arrogato un potere che non ha. Un vulnus grave come, e forse più, dell’assalto a Capitol Hill e del perdono concesso ai golpisti. Vero è che non si tratta del primo caso. Anche Barack Obama si è comportato nello stesso modo, per quanto riguarda la Libia e la Siria. Come non si stancava di ricordarci Marco Pannella, la strage di diritto comporta sempre, inevitabilmente, strage di popoli. Ancora: si rivela infondata la teoria secondo la quale i presidenti americani repubblicani scongiurano le guerre, mentre quelli democratici le fanno. Trump bombarda l’Iran ma nella storia recente ci sono altri esempi: George Bush junior con l’Afghanistan e l’Irak, Ronald Reagan con Grenada e Panama. E George Bush senior con l’Irak in difesa del Kuwait invaso. Guerre, come quelle di Bill Clinton e Obama, in Somalia, Siria, Libia. Né vanno dimenticati John Kennedy e Lyndon Johnson con il Vietnam.

  Perché questi bombardamenti. Per impedire all’Iran di avere ordigni nucleari, per liberare gli iraniani dalla dittatura che da anni li opprime? Per quel che riguarda Trump la spiegazione è forse più semplice e cinica. La presidenza Trump finora si è rivelata un grande bluff: niente pace a Gaza e in Ucraina; la politica dissennata dei dazi stop and go provoca disastri; la politica anti-immigrati è tossico fumo senza alcun arrosto; si è inimicato praticamente tutta l’Europa che conta e una buona parte del mondo. Trump vuole offrire ai suoi elettori qualcosa di clamoroso, ha bisogno disperato di un successo da offrire al suo elettorato. L’Iran è il suo scalpo. Se ci saranno mai delle trattative, Trump dirà: “Ci voleva la forza degli Stati Uniti per rimettere le cose a posto”. Ma è possibile che sia un altro boomerang.

  Difficile immaginare quale sia il futuro della Repubblica islamica di Teheran, e della sua guida suprema, l’ayatollah Alì Khamenei. Di certo un ruolo non irrilevante sarà giocato dalla Russia di Vladimir Putin e dalla Cina di Xi Jimping. La Russia ha con l’Iran corposi interessi militari; la Cina acquista enormi provvigioni di petrolio iraniano. La sopravvivenza del regime iraniano dipenderà anche da quello che faranno Putin e Xi.

  Infine: come in tutte le tragedie c’e’ un aspetto di farsa. Trump ha cura di farsi immortalare nella situation room, mentre si bombarda l’Iran, indossando il famoso cappellino rosso: considera l’evento uno show, come se stesse ancora recitando nel suo “Apprentice” e urlasse ai concorrenti squalificati:You’re fired”. Un gesto, un modo di fare, che qualificano ulteriormente il personggio.