Trump da buon giocatore d’azzardo, si è lasciato portare da Netanyahu all’uso delle armi contro l’odiato Iran, ma poi ha ritirato le fiches dal tavolo e se ne è andato
A ben vedere, a rifletterci un po’ più a fondo dopo l’articolo di ieri, Trump da buon giocatore d’azzardo, si è lasciato portare da Netanyahu all’uso delle armi contro l’odiato Iran, ma poi ha ritirato le fiches dal tavolo e se ne è andato. Questa è almeno l’apparenza; che poi vi siano dei giochi raffinatissimi e segretissimi dietro, magari lo vedremo. Del resto, che Trump e gli USA ce l’abbiano e ce l’avessero con l’Iran non è negabile e che quindi proprio quello stesso Trump che aveva stracciato gli accordi sul nucleare con l’Iran si volesse togliere la soddisfazione di lanciargli qualche bomba in testa e togliersi il “fastidio” delle lamentele di Netanyahu, e specialmente delle lobby ebraiche in USA, è verosimile.
Ma poi, come ha detto lui stesso prima di colpire (con quale successo è ancora tutto da vedere … credo un po’ poco!) «ora basta, ho fatto quello che volevate, ora, vedetevela voi». Tanto più che Trump, per quello che è, sa benissimo che la sua “base” elettorale queste guerre non le vuole … non perché sia pacifica o pacifista o umanitaria, ma semplicemente perché le guerre, specie quelle fatte così “all’americana”, costano un sacco di soldi. Tutti soldi tolti agli investimenti interni e al superamento delle difficoltà economiche della classe media e bassa degli USA.
Possibile, anzi verosimile, che del tutto sia stato nonché informata, resa concorde anche la Russia, alleata e “cliente” dell’Iran e addirittura che ne sia stata informata l’Iran stessa. Ma sulle implicazioni formidabili di tutto ciò lascio la supposizione al lettore. Certo, non è marginale, né da sottovalutare con una punta di ammirazione, che l’Iran, in ginocchio, risponde, sia pure con pochi petardi, alle “devastanti” (?) azioni USA. Premesso che, diciamoci la verità, questi iraniani, saranno pure autori di un regime demenziale, ma non mancano di coraggio. Se, però, gli USA contro-rispondono sono sciocchi, perché continuano a deviare l’attenzione dal centro del problema, anche perché sono stati i primi a colpire: botta e risposta, no? Come i bambini dell’asilo … lo diceva anche “the Donald”!
Infatti, sia come sia, comunque di fatto le cose stanno così: l’oca torna, o almeno dovrebbe tornare al punto di partenza, sempre che dietro la politica USA vi sia un minimo di razionalità e non soltanto Netanyahu!
Voglio dire che ora in Palestina ricomincia il “gioco” mortale di sempre. Se Israele vuole, come personalmente credo, cogliere l’occasione dell’”attentato” di Hamas per risolvere – secondo il progetto esistente fin dall’inizio della “storia” di Israele, e cioè dai primi anni del ‘900 – per chiudere il problema dei palestinesi, questo è il momento. E l’uomo giusto per fare questo vero “lavoro sporco” per gli israeliani è il “bandito”, in senso letterale!, Netanyahu. Sarò cinico, forse, ma l’impressione è che mai come sia “l’uomo del destino” per gli israeliani, l’uomo che è in grado di assumersi la responsabilità di provare a chiudere il “problema” dei palestinesi. Ma oramai, questa è la novità,alla luce del sole: tutti i diversivi sono esauriti.
Che il simbolismo religioso, la “terra promessa” per intenderci, sia lo strumento per giustificare e volere fortemente questa storia sanguinosa fino in fondo, è reso anche rozzamente evidente dalle visite di ringraziamento (a Trump!) al Muro del Pianto da parte dei governantiisraeliani, applauditi dal “popolo eletto”. E dunque, sarà forse utile riassumere, per memoria, i termini reali della questione. I termini giuridici, innanzitutto, termini da valutare con freddezza, pur nel doloree nella drammaticità delle vite messe in gioco e nella delusione per la caduta fragorosa di un punto di riferimento, discutibile ma sopportabile, di risarcimento umano. Per raccontare, insomma, un massacro di idee, di sogni, di persone, di politiche interne e internazionali, durata circa un secolo: non di meno, ma specialmente non di più.
Sì, perché i “problemi” in terra di Palestina iniziano nei primi anni del 1900, quando il congresso del partito sionista del 1907 decide di scegliere come futura “patria” degli ebrei, e quindi in particolare dei membri del partito sionista, la Palestina «terra senza popolo», si disse. Per permettere agli ebrei, discriminati in Europa specialmente orientale, maltrattati, spesso massacrati (i pogrom!), di avere un rifugio “sicuro” dalle persecuzioni. Idea, dolorosamente umana e tutta da condividere e ammirare, salvo che la Palestina non era, come non è, un territorio senza popolo. Ma un territorio abitato, non moltissimo certo, ma abitato: da persone, che non respinsero i pochissimi ebrei/sionisti che andavano in Palestina a partire da allora. In Palestina allora c’erano circa 60.000 ebrei e nel 1915 poco più di 80.000: il 12% della popolazione complessiva. E dunque:
1. In realtà di ebrei/sionisti in Palestina ne arrivarono pochi, molto pochi, almeno fino alla fine della prima guerra mondiale, quando la GB ottenne il mandato (coloniale) sulla Palestina, dopo che, per ottenere grossi prestiti dalle banche Rotschild, la GB, d’accordo con la Francia (accordi Sykes-Picot https://www.limesonline.com/carte/sykes-picot-1916-14670408/), promise al “popolo ebraico” di creargli un “focolare” in Palestina. Ma ancora nel 1948 erano poco più di 600.000, contro 1.300.000 palestinesi.
2. Il concetto giuridico di “popolo” nel diritto internazionale è strettamente legato alla territorialità. Sono gli abitanti di un territorio che ne sono il popolo ed in quanto tali godono delle garanzie proprie dell’autodeterminazione, tra cui quella di pretendere, sull’intero territorio, la costituzione di uno stato. Che, ove riesca a mantenere e difendere la propria esistenza e legittimità diventa un soggetto di diritto internazionale. Anzi può diventarle anche prima qualora un popolo, si ribelli ad un governo oppressivo o “straniero” o, nella specie, coloniale: attraverso, ad esempio, i ben noti Movimenti di Liberazione nazionale.Uno degli obblighi del gestore di una colonia, nel diritto internazionale del tempo in cui il colonialismo era molto diffuso, era quello di evitare o impedire il trasferimento di massa di popolazioni provenienti da altri territori.
3. Gli ebrei/sionisti, non solo vi si trasferirono da vari stati per lo più est-europei, ma grazie alla GB ne assunsero sostanzialmente il controllo, amministrativo ed economico, molto spesso togliendo con la violenza la proprietà di terreni e case ai palestinesi: la ben nota Agenzia ebraica.
4. L’odierno stato di Israele nasce sulla base di due presupposti: l’insediamento di fatto dei futuri israeliani su una parte del territorio palestinese, e una risoluzione delle NU che “suggeriva” la costituzione in Palestina di due stati, uno arabo e uno ebraico. All’epoca della sua costituzione, gli israeliani si resero conto che, sia pure su quella parte del territorio loro proposta dalla NU erano in minoranza e si posero perciò il problema di allontanare i palestinesi da quella parte di territorio. Come lo fecero è cosa troppo nota per doverlo ripetere: il “piano Dalet” è noto e lo scopo era di costruire uno stato almeno non-multietnico.
5. Israele, comunque, seppe resistere alla vera e propria guerra sia dei palestinesi locali che di alcuni stati arabi per impedirle di nascere, concretizzando così il suo diritto ad esistere come soggetto di diritto internazionale, indipendentemente dal fatto che su quel territorio la costituzione di uno “stato di Israele” era palesemente illegittima, se non altro perché composto da una popolazione ”trasferita” e minoritaria nell’ambito della intera comunità locale.
6. Nel Giugno del 1967, Israele attaccò i Paesi arabi vicini (Egitto, Libano, Giordania, Siria, ecc.) motivando l’azione con l’intento di quei Paesi di attaccarla: legittima difesa preventiva rivendica Israele, ma la legittima difesa preventiva è vietata dal diritto internazionale. E comunque l’occupazione militare del rimanente territorio della Palestina, non ne legittima l’acquisizione della sovranità: si tratta di territorio certamente non di Israele, anche se non sotto la sovranità di un altro stato e le norme in materia di occupazione militare, fanno esplicito divieto di acquisizione dei territori sotto la sovranità dell’occupante. Meno che mai sono lecite le acquisizioni con la forza di parti del territorio palestinese da parte di israeliani, che si autodefiniscono “coloni”. E infine, meno che mai è lecita la autodefinizione dello stato di Israele come “stato degli ebrei” (Basic Law 2018, modificata il 1.5.2022https://main.knesset.gov.il/EN/activity/documents/BasicLawsPDF/BasicLawNationState.pdf) dove si afferma: «a. The Land of Israel is the historical homeland of the Jewish people … b. The state of Israel is the nation-state of the Jewish people…».
7. Non è vero che Israele sia la patria di un “popolo ebreo/ebraico”, perché uno stato ebraico non è mai esistito salvo il brevissimo stato dei Maccabei (o Asmonei) dal 175 al 164 a. C. Inoltre, affermare che uno stato è “per” persone di una certa religione (o, se preferite anche se errato, etnia o razza) determina la natura razzista e quindi illecita del soggetto di diritto internazionale stesso.
8. Infine. Stante l’opposizione alla costituzione dello stato di Israele ed alla sua occupazione di altri territori, sono nati almeno due movimenti politici di opposizione: la OLP (Organizzazione per la Liberazione della Palestina) e Hamas e vari altri minori. Entrambi, quindi – quando non terroristi, ma il terrorismo è un comportamento individuale – sono legittimi rappresentanti dell’intero popolo palestinese – non diversamente dai nostri “partigiani”, per intenderci e quindi legittimi combattenti! – al punto che con l’OLP Israele stipulò nel 1991 un trattato per la progressiva instaurazione di uno stato palestinese. Questo trattato non solo è stato dichiarato privo di valore da Israele, ma viene violato quotidianamente.
In quel trattato, e concludo qui un discorso che, altrimenti, sarebbe troppo lungo, è disciplinata la nascita e la dimensione territoriale della Palestina, che riconosceva l’esistenza (e quindi la legittimità) di Israele e veniva a sua volta riconosciuta da Israele. Non per nulla, nella Assemblea Generale delle NU c’è un rappresentante della Palestina non “solo” della OLP!