Il grosso del problema è e resta quello della costituzione effettiva di un vero stato di Palestina
Una volta di più, ma ormai i lettori che mi leggono se lo aspettano, mi trovo ad esprimere idee e constatazioni un po’ diverse da quelle che sento e leggo in giro, a proposito di questo ‘inizio’ di processo non si sa diretto dove, salvo a includere la parola ‘pace’: «first deal of a Gaza peace deal».
Mi colpisce innanzitutto come un pugno nello stomaco che, mentre l’accordo ancora non ben scritto e chiaro, parla almeno di uno scadenzario per lo scambio di ostaggi, i bombardamenti continuino. Eccoci subito alla prima diversità di espressione almeno per quanto sento: ‘ostaggi’. Perché che quelli presi da Hamas il 7 Ottobre siano sicuramente ostaggi, ma le migliaia di ‘arrestati’ da Israele che si trovano in carceri, di cui si dice che siano molto oltre i limiti della tortura, sono invero ‘ostaggi’ di Israele nella guerra, quella sì, nella guerra centenaria (ma concretamente, cioè guerreggiata, almeno settantottenne: dal … 1947! Sì avete letto bene, 1947 non 1948) che Israele e i palestinesi conducono. Evito, badate, di dire iniziata da chi. In queste situazioni così articolate e spinose, chi ha iniziato è irrilevante, per il semplice motivo che la guerra è solo il risultato di aspirazioni incompatibili senza la volontà di trovarne una soluzione. E, ripeto, non è, come ho sentito dire oggi dal Presidente della SIOI, una guerra iniziata il 7 Ottobre 2024: la guerra di Gaza.
E torno al colpo nello stomaco, prima di spiegare quello che ho accennato prima: Israele promette(rebbe) di sospendere i bombardamenti delle città di Gaza, solo 24 ore dopo la formale approvazione da parte della Knesset del ‘piano’. E, per non lasciare dubbi, quando già la notizia dell’accordo era stata data ufficialmente, Israele ha bombardato e bombardato ancora gli abitanti di Gaza … in festa per la chiusura dell’accordo. E lo dico da giurista, non da uomo ormai troppo disgustato.
Il diritto internazionale sul punto è chiarissimo e non equivoco. Nel diritto internazionale, ciò che conta sono i fatti, non le parole e meno che mai le forme. Questo è assolutamente fondamentale ed è uno dei principali punti di differenza tra il diritto internazionale e qualunque altra forma di ordinamento giuridico, statale o altro. L’accordo è stato raggiunto inequivocabilmente ormai da oltre 24 ore per chi mi legge: e allora perché non metterlo in pratica subito, sia pure ‘di fatto’ come ‘di fatto’ si è raggiunto un accordo, tutto basato su situazioni di fatto?
È questo, credo, un punto centrale. Perché due giorni di bombardamento in più, non cambieranno nulla, salvo … il numero dei morti. E, purtroppo, questo è il punto vero. Tra le due parti, Ripeto tra le due parti, l’unica cosa certamente consolidata è l’odio e la volontà di reciproca distruzione; e Israele, allo stato dei fatti l’unica in grado di agire, continua a bombardare fino all’ultimo minuto possibile. Del resto, Israele non è uno Stato costruito su un «territorio senza popolo, per un popolo senza terra» (Lord Schatesbury)? Giudicate voi. Ma poi, la vergogna non solo di non ‘liberare’ Barghouti (l’unico si dice in grado di negoziare una pace vera), ma di restituire i cadaveri dei capi di Hamas, avendo preteso e ottenuto quelli degli ostaggi morti!
E ora spiego perché parlo del 1947. Quella, infatti, è la data nella quale il futuro primo governo di Israele, constata che nel territorio ‘destinato’ ad Israele (dalla risoluzione 181 del 1947, a sua volta il frutto di una situazion di fatto consolidata fin dagli anni ’30 e cioè dal Piano Peel del 1936 … appunto il diritto internazionale, funziona così) la maggioranza della popolazione è palestinese (anzi, ‘araba’, come già dicono con sprezzo gli israeliani) e si profila dunque una grande difficoltà nell’assicurare ai futuri israeliani, per ora solo sionisti europei, il controllo politico del territorio, il controllo del governo. Da ciò, lo ho raccontato tante volte ormai, quel piano che si proponeva e, come si è ben visto, si propone ancora oggi, l’esclusione dei palestinesi dal territorio israeliano. Poi quel piano inclinato non è stato mai reso orizzontale, al punto che ormai senza alcuna remora la stragrande maggioranza degli israeliani vuole cacciare o annullare politicamente i palestinesi da tutta la Palestina, creata artificialmente dalla Gran Bretagna nel 1922 con il Mandato della SdN. E non parlo solo della maggioranza ‘ufficiale’ israeliana, sia per motivi giuridici, che per motivi politici.
Per motivi politici, poiché è apparso all’evidenza che, nonostante tutte le parole e le manifestazioni profuse in Israele, gli israeliani dal primo minuto dopo il 7 Ottobre, volevano (e vogliono) la liberazione degli ostaggi ... solo la liberazione degli ostaggi, come dimostra la continuazione ininterrotta della occupazione di territori in Cisgiordania e l’occupazione attuale di oltre la metà della striscia di Gaza. Spero di sbagliare di grosso, ma ho il terrore, ma anche la freddezza giuridica, di avere perfettamente ragione.
Per motivi giuridici perché, come tutti dicono e ci hanno detto fino all’ossessione, Israele è un paese democratico, cioè un paese nel quale si presume, giuridicamente parlando, che i governi rappresentino tutta la popolazione. Tanto più che, analogamente a quanto accade ad esempio in Italia, il Governo Netanyahu è stato effettivamente espresso dalla maggioranza della popolazione, che ha votato in maggioranza: il 70,3 %! Da giurista, me lo perdonerete, devo essere coerente. Anzi, a scanso di equivoci, l’accenno al governo italiano deriva proprio dal fatto che, come per Israele, in Italia la percentuale di votanti è stata del 63,91 %, per cui in Israele come in Italia il Governo rappresenta l’Italia. Che poi, nel nostro caso, la percentuale dei votanti sia in rapido calo, è un altro discorso, aggravato dalla incredibile cosa (perdonatemi, ma è così) per cui un politico avvertito di essere oggetto di indagini, si dimette per ‘affidare al popolo’ il giudizio sulla sua innocenza! Del resto, nel nostro Parlamento abbiamo appena vista la sottrazione alla ‘giustizia’ di taluni ministri accusati di atti molto gravi … accusati, certo, non colpevoli come il Presidente regionale.
Tornando ad Israele, superate le prossime 72 o poco più ore, in realtà tutto è ancora da discutere, compreso il fatto che, se ben capisco, Hamas non lascerà affatto Gaza anche politicamente. Il che, lo dico subito, come già in passato, è assolutamente corretto, perché altrimenti si sarebbe trattato di una imposizione illegittima, foriera inevitabile di ulteriori complicazioni.
“Conforta”, se si può dire così, il fatto che sotto l’accordo – ma nemmeno tanto visto che il negoziatore principale degli accordi sia stato il genero di Trump – vi siano grandi accordi economici, ai quali partecipano sia il Qatar che l’Arabia Saudita, attraverso i quali passano molti cordoni di molte borse. Per non parlare dell’ineffabile Tony Blair, imperituro amico di Matteo Renzi.
Il grosso del problema è e resta quello della costituzione effettiva di un vero stato di Palestina, rispetto al quale, come è evidente giuridicamente e afferma, anche dal punto di vista storico, il prof. Ilan Pappé in un libro appena uscito, che richiederebbe l’abbandono della maggior parte dei territori illegittimamente acquisiti da Israele, specie attraverso i suoi “l’coloni’ e il suo IDF, negli ultimi 78 anni, come affermano le risoluzioni obbligatorie del Consiglio di Sicurezza delle NU nelle risoluzioni 242 (1967) e 338 (1973).
In tutta franchezza: parlare di «giornata storica» mi pare un po’ eccessivo, ma, sperando che lo sia, cito da Pappé (ebreo israeliano) «Possa il prossimo anno essere il primo anno noioso della storia della Palestina».
