Se si pone il blocco, si ammette che si è in ‘stato di guerra’ con l’altro. E se si è in stato di guerra, si debbono applicare le regole sul diritto di guerra. Inoltre, sia i padroni privati delle barche sia le persone imbarcate non mancheranno di aprire procedimenti giudiziari, penali e civili, nei singoli Stati di provenienza, contro Israele e le singole Autorità che li avranno fermati

 

 

La partenza della Global Smund Flotilla da Barcellona, primo gruppo di una serie di altri, diretto a Gaza e in particolare per portarvi rifornimenti (poco più che simbolici) e solidarietà politica, molto più importante, questa volta è cosa di grandi dimensioni popolari e di cuore, ma non molto effettive nel concreto.

È bene, credo dire ciò subito. La mobilitazione molto vasta a favore degli abitanti membri o non di Hamas non cambia è tutta ‘di popolo’, ma è molto poco o per nulla realmente di Governi. Per non parlare del nostro, che balbetta di ‘proporzionalità‘ e roba simile (una vergogna da seppellirsi) del tutto irrilevante e a parte il Governo USA tutto dalla parte di Israele (anzi, anche oltre … visto che già progetta gli edifici del villaggio vacanze da costruire sulle rovine di Gaza e sui cadaveri, letteralmente, dei suoi abitanti) altri Governi, per lo più europei, manifestano una certa solidarietà con la popolazione di Gaza, ma non fanno praticamente nulla per consentire una soluzione se non positiva almeno civile della situazione. E non ditemi che ‘non potrebbero’, viste le buffonerie parolaie che invece almeno urlano a proposito dell’Ucraina!

Quelle reazioni manifestano, però, una intenzione apparentemente decisa: quella di ‘riconoscere’ la Palestina, cosa cui si oppone molto stolidamente il nostro Governo. Sta in fatto, però, che se è vero che un riconoscimento formale non cambierebbe molto sul piano sostanziale, accrescerebbe il numero degli Stati contrari alla politica di Israele. Il ‘gioco’ in un certo senso è tutto lì, anche se, temo, ormai è un po’ tardi: ad Israele è stato permesso troppo e ormai è irrefrenabile, specie con questo governo di destra estrema e razzista all’inverosimile. Ma specialmente ormai preda della paranoia messianica dei cristiani-sionisti al governo di Israele.

Tornando alla flottiglia: l’iniziativa è molto bella, ma non credo che si riuscirà ad ottenere qualcosa di più di altre volte, salvo per un punto: la effettuazione in pratica del blocco navale, dichiarato (del tutto illecitamente) da Israele.

Vediamo bene.

Il blocco navale, nel diritto internazionale, è una misura del tutto eccezionale, che può essere imposta da uno Stato belligerante contro le coste dell’altro o di un altro Stato belligerante. E consiste nel fatto che lo Stato che pone il blocco (ricordate il nostro Presidente parlarne a suo tempo, senza evidentemente conoscerne il senso?) impedisce, si attribuisce il diritto di impedire che, attraverso navi straniere, si portino rifornimenti bellici allo stato sottoposto al blocco. In altre parole, e diversamente da quanto accadrebbe normalmente in assenza di blocco, lo Stato che lo pone, può impedire alle navi di qualunque altro Stato di approdare nei porti del nemico. Sempre che, lo ripeto, ne aiuti lo sforzo bellico, come nel famoso caso statunitense Paquete Habana, dove appunto la Corte suprema USA ne negò la legittimità a danno degli stessi USA!

Dunque, e questa è una prima conclusione importante, se si pone il blocco, ripeto possibile solo in stato di guerra, si ammette che si è in ‘stato di guerra’ con l’altro, ma si genera anche il diritto alla neutralità di chi non partecipa alla guerra: e il sussidio alimentare e medico non è certamente aiuto al nemico! E quindi ancora: se si è in stato di guerra, si debbono applicare le regole sul diritto di guerra oltre a quella della neutralità, con la conseguenza per cui i combattenti palestinesi (di Hamas, ma non solo!!) vanno trattati come combattenti: possono essere fatti prigionieri, ma non arrestati, e nei loro confronti si devono applicare le norme umanitarie sulla condotta della guerra, ivi comprese quelle che richiedono di non usare armi e metodi inutilmente dolorosi o crudeli anche contro i combattenti.

In altre parole, dunque, non solo i membri di Hamas vanno trattati come combattenti, ma la popolazione civile deve essere esente dalla violenza bellica in corso. E inoltre, sebbene sia lecito in guerra uccidere il nemico, lo si deve fare nel rispetto di quelle regole, e in particolare rispettando la vita e le proprietà dei civili. Il ‘nemico’ può essere ucciso in combattimento, ma deve esserne provata la natura di nemico. Diversamente è omicidio puro e semplice.

Ora se c’è una cosa che Israele non fa è esattamente questo: rispettare le regole. Visto che, non avendo i mezzi e il coraggio di affrontare direttamente i soldati (chiamati spesso sprezzantemente ‘miliziani’, dimenticando che i nostri partigiani furono trattati da soldati, sia pure senza divisa), distruggono le case e le strade, sotto le quali pensano che vi siano i sotterranei di Hamas. E per farlo, ‘invitano’ (guardate la finezza dell’espressione!) i cittadini di Gaza lì abitanti ad andarsene, a fuggire e se non lo fanno (o, in realtà, mentre alcuni lo fanno, altra cosa vergognosa) bombardano le case e quindi chi non è fuggito muore … ma chi fugge dove va? Non ha vie di uscita: è destinato a cercare di sopravvivere in qualche modo, ma sempre nella Striscia e quindi in grado solo di mangiare ciò che, eventualmente, gli viene ‘donato’ dalla stessa Israele.

Ciò detto, non credo che Israele non cercherà di fermare la flottiglia anche se sarà molto più complicato di altre volte come nel caso della nave Madleen nel Giugno 2025, trattandosi di circa quaranta barche di  varia dimensione e bandiera, commettendo un ulteriore illecito e cioè di impedire il soccorso ai civili. Non credo che Israele avrà problemi a farlo, ormai nulla più può fermare quella violenza brutale e cieca, selvaggia scrivevo ieri, ma il clamore sarà molto maggiore.

E inoltre, come dicevo, le barche che si dirigono verso Israele sono di varie nazionalità, battono insomma diverse bandiere, e sono piene di persone a loro volta delle più diverse nazionalità. Fermare, per di più con la forza, quelle barche e quelle persone, implicherà da una parte una valanga di critiche ad Israele da parte degli Stati della bandiera di quelle barche (certo sempre che abbiano Governi e non faccendieri vari), ma specialmente sia i padroni privati delle barche, sia le persone imbarcate non mancheranno, di aprire procedimenti giudiziari, penali e civili nei singoli stati di provenienza, contro Israele e le singole Autorità che li avranno fermati.

Sul piano, poi, strettamente internazionale, penso che potrebbero esservi gli estremi per la richiesta di un giudizio tra gli Stati i cui cittadini e barche siano stati intercettati e ‘fermati’, e Israele, dinanzi alla Corte internazionale di Giustizia, aggravando la posizione attuale di Israele, già alle prese con un giudizio in corso e con particolare riferimento a quello direttamente tra la Palestina e Israele!

Perché, e qui concludo, non solo c’è una guerra in atto, ma questa guerra non è tra Israele e Hamas (come si ama molto far credere), ma tra Israele e la Palestina, che quindi è, dal punto di vista della Corte internazionale di Giustizia che non è certo l’ultima venuta, uno Stato, un soggetto di diritto internazionale: solo uno Stato, infatti può partecipare ad un giudizio dinanzi alla CIG.

Da ciò finalmente emergerà senza dubbio che il conflitto non risale all’Ottobre 2023 e nemmeno alla guerra del 1967 e meno ancora che mai alla fondazione illegittima dello stato di Israele, ma a molto prima: a dir poco alla Dichiarazione Balfour del 1917.

In questo senso, i riconoscimenti della Palestina, lungi dall’essere impossibile per la ‘mancata continuità territoriale’ o altre amenità del genere (come dice il nostro imbelle Governo) certificheranno la piena legittimità del riconoscimento da parte di Stati importanti come la Francia ecc., che potrà contribuire a rafforzare la posizione della Palestina in quei giudizi.

Il punto tragicamente dolente che resta è che la brutale decisione di Israele potrebbe essere irreversibile, non tanto per motivi strategici o politici, quanto per motivi di interesse personale: di Netanyahu a sopravvivere politicamente, di Ben G’vir a realizzare le sue criminose manie messianiche e, vergogna della vergogna di Trump e di suo genero di carattere brutalmente economico.

Di Giancarlo Guarino

Giancarlo Guarino è Professore ordinario, fuori ruolo, di Diritto Internazionale presso la Facoltà di Economia dell’Università di Napoli Federico II. Autore di varie pubblicazioni scientifiche, specialmente in tema di autodeterminazione dei popoli, diritto penale internazionale, Palestina e Siria, estradizione e migrazioni. Collabora saltuariamente ad alcuni organi di stampa. È Presidente della Fondazione Arangio-Ruiz per il diritto internazionale, che, tra l’altro, distribuisce borse di studio per dottorati di ricerca e assegni di ricerca nelle Università italiane e straniere. Non ha mai avuto incarichi pubblico/politici, salvo quelli universitari.