Israele ha assai poche ragioni da vantare. Ma, comunque, nulla può giustificare il genocidio selvaggio in corso, inumano oltre che antigiuridico
Selvaggi.
Ho riflettuto a lungo prima di scrivere quella parola.
Mi occupo, bene o male, di diritto internazionale e quindi di guerra da una vita. Ma la violenza brutale, tribale di questi giorni non la ho mai vista. Così come non ho mai visto una così pesante e disgustosa indifferenza sostanziale della ‘politica europea’ che per il genocidio in corso in Israele non ha nulla da dire o si riserva di dirle lamentando ipocritamente la ‘mancanza di unità’, mentre progetta le ennesime ridicole ‘sanzioni’ contro la Russia, il cui capo ormai ne fa collezione.
Capiamoci bene. L’esercito israeliano, l’esercito, cioè, di uno stato che ha perso il suo, già discutibile, onore da tempo, oggi conferma la sua natura primitiva, di violenza bruta, sia pure vestita di una religiosità farisaica e violenta, benché ‘messianica’, tipo George Bush … quello del 1844: un cristiano evangelico che si batte per la rinascita dello stato degli ebrei, per realizzare la nuova venuta del Messia! Una violenza, per di più, fine a sé stessa, perché distrutta pure Gaza, Israele vivrà il suo futuro nel terrore che ha essa stessa creato.
E infatti, ormai non vale più parlare del solo Netanyahu o del mitizzato esercito della Repubblica di Israele, di ‘Eretz Irael’ come la chiamano loro in spregio della popolazione locale, ma di tutto il popolo di Israele. Badate bene, il popolo di Israele, non gli ebrei. Da me mai sentirete una parola di antisemitismo, mai. Ma Israele che pretende di essere uno ‘Stato ebraico’ non solo cerca, inutilmente per quanto mi riguarda, di gettare nel fango gli ebrei e la loro millenaria cultura, ma proclama pubblicamente la sua volontà di essere uno Stato razzista: quanto di peggio si possa pensare nella Comunità internazionale, basterebbe citare i casi del Sud Africa, della Rhodesia, della Namibia, ecc.
Ma il punto centrale, al di là della brutalità estrema delle azioni israeliane a Gaza e in Cisgiordania, è che Israele viola apertamente il diritto internazionale pretendendo di imporre la propria volontà di annettersi i territori ‘destinati’ alla Palestina, o almeno di impedire in ogni modo la formazione dello stato di Palestina, nonostante che esista come soggetto di diritto internazionale, checché ne dicano.
Però, la violenza attuata da Israele non solo è illecita e criminosa in sé, ma non trova alcuna giustificazione, diversamente da quanto dice il nostro «Signor Presidente del Consiglio on. le Giorgia Meloni», in una presunta legittima reazione all’atto terroristico di Hamas. A parte il fatto che, posto che gli aderenti di Hamas siano inumani, comportarsi come e peggio di loro non è certo una giustificazione!
Anzi, per essere più preciso: l’uso di queste giustificazioni, largamente diffuse sia nel mondo dei politicanti vari, sia in quello del giornalismo, è assolutamente errato, e addirittura sospetto di essere usato deliberatamente allo scopo di favorire la volontà criminosa di Israele di distruggere la Palestina e i palestinesi: specialmente questi ultimi.
E allora, cerchiamo, sommessamente, di ripetere le situazioni giuridiche che sono alla base della vicenda e che permettono di indicare diritti e obblighi.
Quella attualmente in atto in maniera evidente a Gaza e in maniera più nascosta in Cisgiordania è una guerra a tutti gli effetti. Una guerra tra due soggetti evolutisi nella logica del diritto internazionale. E dunque, Israele, contrariamente a ciò che spesso si dice, nasce come soggetto di diritto internazionale di fatto (come tutti, ma proprio tutti i soggetti di diritto internazionale) già molto prima della proclamazione dello stato di Israele nel 1948. E precisamente quando, negli anni venti e trenta del secolo scorso, una organizzazione sionista si consolidava sul territorio ‘scelto’ dai congressi del Partito sionista già alla fine dell’ottocento, con la esplicita ‘copertura’ della Gran Bretagna. Notate bene: ‘scelto’, indipendentemente da chi lo abitava,, anzi affermando che fosse un «territorio senza popolo».
Ne nacque quella che si può definire, senza offendere nessuno, un’operazione di natura coloniale. Cioè di occupazione di territori, ritenuti non abbastanza evoluti per amministrassi da sé. Ma con una differenza: l’immigrazione di persone provenienti da altri Paesi (i sionisti, quasi tutti provenienti dall’Europa orientale) in un territorio abitato da popolazioni preesistenti. Del resto la stessa Bibbia parla esplicitamente di altri popoli abitanti in Palestina (Canaan come si chiamava allora) contro i quali ‘Israele’ combatte e talvolta si allea. Quindi che ci fossero, lo sappiamo tutti benissimo.
La pretesa ad una ‘ricostruzione’ di uno Stato di Israele preistorico è una cosa non dimostrata né dimostrabile. La Bibbia è sicuramente fondamentale per la fede religiosa ebraica e poi cristiana, ma è un racconto epico, in gran parte estraneo alla realtà e ai fatti storici, che si riduce al fatto che su quel territorio convivevano più o meno conflittualmente, varie popolazioni, di varia etnia e di diversa religione, tra cui gli ebrei, probabilmente (cito Mario Liverani, forse il più grande storico dell’antichità del Medio Oriente) provenienti da Babilonia. Non per nulla Giuseppe Verdi, attribuisce a Nabucodonosor la ‘cacciata’ degli ebrei da Babilonia.
Ciò implica, ovviamente che parlare di ‘diritti’ storici non ha senso storico e meno che mai giuridico.
Ciò non toglie che lo ‘Stato di Israele‘ creato il 14 Aprile 1948, per autoproclamazione (cosa che indispettisce molto il Direttore Mentana, non so perché) nasce in maniera del tutto illecita, da parte di ‘stranieri’ insediati sul territorio palestinese. Quello Stato, però, ha combattuto contro chi non voleva che nascesse e ha ‘vinto’ e si è quindi ‘autolegittimato’, come sempre nel diritto internazionale, da sempre. Ma ha anche usato la violenza più radicale, per impedire che i palestinesi restassero sulla terra che Israele intendeva definire sua. Non per nulla, l’anno dopo la adozione della risoluzione 181, la stessa Assemblea Generale adottò la risoluzione 194 in cui chiedeva il ritorno dei palestinesi ‘fuggiti’ (cacciati a cannonate, in realtà) nelle loro case, sulle quali gli israeliani hanno costruito le proprie. Come stanno facendo oggi con Gaza e con la Cisgiordania.
I palestinesi, evidentemente molto più deboli degli israeliani, non solo non hanno costruito il proprio Stato (previsto dalla risoluzione 181), ma hanno combattuto contro l’occupazione del loro territorio da parte di Israele, finché Arafat, il capo di quella che si chiamò OLP, non dichiarò a Madrid di accettare l’esistenza di Israele, per poi, non per nulla, giungere nel 1993 ai famosi accordi di Oslo.
Oggi Israele porta avanti il progetto di occupazione di tutta la Palestina e la cacciata di tutti i palestinesi, popolo in guerra, sia pure forse perdente, con Israele per poter sopravvivere come popolo.
Israele ha un grande vantaggio: la smaccata e volgare accettazione o addirittura stimolazione di quel progetto da parte di personaggi oscuri come Trump o Blair, al punto che, anche per impedire che alla prossima Assemblea Generale delle Nazioni Unite, alcuni Stati, come hanno annunciato ‘riconoscano’ lo Stato della Palestina. Un gesto politico, di poco contenuto concreto, ma detestato e temuto da Israele. Per cui Trump con una sua decisione, dice che non permetterà ai rappresentanti della OLP di parlare alle Nazioni Unite.
Violando così, tra l’altro, l’accordo di sede con le Nazioni Unite, nel quale gli USA si sono impegnati a non impedire a chiunque, voluto dall’ONU, di accedere alla sede ONU stessa. Cosa già accaduta nel 1988, quando fu impedito, ma con una legge USA, ad Arafat di partecipare all’Assemblea generale.
La reazione fu dura da parte delle Nazioni Unite, che oltre a protestare, spostarono la sede dell’Assemblea generale a Ginevra per permettere ad Arafat di parlare. Cosa talmente grave perfino per gli USA, che il Segretario di stato Shultz scrisse al Segretario Generale ONU per dire che era stato costretto a negare il visto ad Arafat perché una legge statunitense, appena approvata, glielo impediva.
Tutto ciò, detto in grade sintesi, basta a spiegare perché, da ogni punto di vista, Israele ha assai poche ragioni da vantare. Ma, comunque, nulla può giustificare il genocidio selvaggio in corso, inumano oltre che antigiuridico.
Come, purtroppo credetemi, confermo quanto ho già scritto: oggi Israele, posto che uno ne avesse avuto, ha perso definitivamente l’onore, ma specialmente il rispetto del mondo civile … sia pure USA esclusa.