Colpisce che gli stessi soggetti che ritengono che non sia una violazione della norma sulla neutralità aiutare l’Ucraina, tacciano, nemmeno molto imbarazzati, nel caso della Palestina e dei suoi quasi ventimila bambini uccisi

 

 

 

La cosa che più di ogni altra disgusta me, ma dovrebbe disgustare ognuno di noi, è l’ipocrisia, per lo più derivante da propri interessi o da ‘paura’, cioè da vigliaccheria. Quando, poi, l’ipocrisia finisce, deliberatamente o meno, per colpire la vita delle persone, la cosa mi disgusta ancora di più e, sono certo, anche moltissimi altri. Ho scritto ‘deliberatamente o meno’, alludendo alla possibilità, per lo più inesistente, che qualcuno si comporti da ipocrita senza conoscere le ragioni per le quali è un ipocrita.

Potrei dire e dico, solo per farne una citazione, che vergognosa in particolare è stata la dichiarazione del «Signor Presidente del Consiglio on. le Giorgia Meloni», che, dopo avere fino a ieri coperta se non difesa Israele e attraverso di essa quel criminale di Netanyahu, se ne esce l’altro giorno dagli USA dove si trova(va) in vacanza, con una dichiarazione in cui, dopo avere al massimo detto in passato che «non condivideva tutte le decisioni di Netanyahu» e dopo avere lasciato intendere, attraverso il su vice-presidente, che in caso di visita in Italia di Netanyahu, quest’ultimo sarebbe stato accolto con tutti gli onori, oggi di fronte ai massacri che vanno avanti ininterrotti da un anno e mezzo e che uccidono quotidianamente una media di cinquanta palestinesi al giorno, e di fronte alla volontà manifesta di Israele di deportare chi sa dove quasi due milioni di palestinesi di Gaza, in attesa di quelli della Cisgiordania, oggi, dicevo dichiara: «L’Italia condanna la decisione israeliana di autorizzare nuovi insediamenti in Cisgiordania. Tale decisione è contraria al diritto internazionale e rischia di compromettere definitivamente la soluzione dei due Stati e, in generale, una prospettiva politica per giungere a una pace giusta e duraturae riafferma con fermezza il proprio impegno a favore della pace, della sicurezza e del rispetto del diritto internazionale … in particolare la decisione di procedere con l’occupazione doi Gaza … costituisce un’ulteriore escalation militareL’Italia continuerà  … a fare la sua parte in uno scenario post-conflitto».

Al di là della ‘escalation’ che è una parola di moda e, nel caso, non significa nulla, la riaffermazione dell’impegno è una piena novità. Come molte cose sono sorprendenti in questo Governo, aduso alle giravolte … e alla volgarità. Se solo pensate a come è cambiata la ‘posizione’ del nostro Governo in poche ore dopo l’incontro Trump-Putin, potete valutarne la coerenza.

Ma altrettanto se non più ipocrita è quel giornalismo, televisivo e non, che, quando non approva tranquillamente l’azione di Israele, non riesce mai ad andare oltre la condanna più ferma del terrorismo di Hamas, manifestato in particolare il famoso 7 Ottobre.

Orbene, sarebbe facile ora affermare che dopo la prima settimana di ‘reazione’ all’attentato, tutto è largamente eccessivo, brutale, ma, specialmente, nasconde un altro fine, ormai palese: quello della occupazione definitiva di ciò che resta della Palestina indicata dalle Nazioni Unite. Non è una escalation, è una guerra di conquista vera e propria, condotta, per di più, con violenza e crudeltà ad un solo evidente scopo: allontanare, con le buone o con le cattive, i palestinesi dalla loro terra, dalle case che abitano, dai terreni che coltivano. Hamas è fatta di palestinesi e sarebbe bene rinunciare ai giudizi sprezzanti di qualche ‘giornalista’ italiano che parla di Hamas comodamente e riccamente ospitato in Qatar o altrove. E parlare degli ‘agi’ di quel popolo fa un po’ ribrezzo.

Ma lasciando da parte le simpatie o antipatie per Hamas, esso, qualunque ne siano le intenzioni, è un movimento di lotta contro Israele e la sua occupazione dei territori palestinesi, che combatte da decenni, sì decenni.

Certo, il programma di Hamas è distruggere Israele, e questo programma è illecito nel fine, perché Israele come soggetto di diritto internazionale, ha oggi pieno diritto di esistere, sia pure, come ho già scritto, nei territori pre-guerra del 1967; inoltre Hamas spesso agisce con attentati violenti contro Israele, nei quali c’è un contenuto di volontà distruttiva, assassina, che sicuramente viola le regole del diritto di guerra, peraltro largamente violate da Israele, che rifiuta di applicare le Convenzioni di Ginevra alla sua guerra con la Palestina, ma quella violenza è comunque illecita dal punto di vista del diritto internazionale e dei diritti dell’uomo.

Ma resta quello che è: una guerra, anche Netanyahu lo dice. Guerra tra Israele e la Palestina, non ‘solo’ con Hamas. Basterebbe a provarlo il numero enorme di incarcerati palestinesi nelle carceri israeliane e le azioni continue e le dichiarazioni concordanti sulla progressiva appropriazione da parte israeliana dei territori della Cisgiordania … per non parlare della ‘Alture del Golan’ e di altri pezzi di territori non israeliani, ma nemmeno palestinesi. ‘Incarcerati’, come criminali di diritto interno e non come prigionieri di guerra. Già solo questo è un crimine.

Per di più in Palestina non c’è solo Hamas, ma anche la vecchia OLP (Organizzazione per la Liberazione della Palestina) di Arafat, in precedenza nota come Fatah, che sottoscrisse a Oslo un trattato e uno scambio di lettere con Israele, poi portati a Washington e controfirmati per garanzia da Clinton in persona, nel 1993 (Settembre).

In altre parole e per farla breve, la Palestina, così definitivamente chiamata dalla risoluzione 67/19 della Assemblea Generale delle Nazioni Unite, è anche da un punto di vista per così dire ‘formale’ un soggetto di diritto internazionale, al quale dunque si applicano pienamente tutte le norme di diritto internazionale, a cominciare dalle norme in materia di condotta della guerra. Le Convenzioni di Ginevra, benché non sottoscritte, sono considerate universalmente norme generali di diritto internazionale.

Quelle norme, dunque, da un lato obbligano a considerare Hamas una entità guerreggiante, ‘combattente’ alla luce delle Convenzioni di Ginevra, e quindi, tra l’altro non suscettibili di sottoposizione alla legge penale dello Stato che si impossessi di loro, come invece fa sfrontatamente Israele da anni.

Dall’altro lato, quelle norme comprendono anche il divieto assoluto di acquisizione di territori a seguito di una guerra o mediante una guerra. Il divieto in sé, come ovvio, in un sistema come quello internazionale privo di strumenti per imporre direttamente le proprie norme, si esercita, ad esempio rifiutando di prendere atto delle conseguenze della acquisizione illecita di un territorio. Idea, tra l’altro sostenuta già del Ministro degli esteri USA Stimson il 7.1.1930, rivolta al Giappone e alla Cina e, poi, divenuta di uso comune.

Ad esempio, nel caso di quasi tutti i Paesi del mondo, fatta eccezione proprio per gli USA (sic!), la decisione, illegittima, di Israele di trasferire la capitale dello Stato di Israele a Gerusalemme non ha avuto per conseguenza il trasferimento delle rappresentanze diplomatiche da Tel Aviv, che, dal punto di vista del diritto internazionale, non è, né potrebbe mai essere, la capitale di Israele.

Non diversamente da come si è comportata la Corte di Giustizia della Unione europea, non accettando di dichiarare come prodotti provenienti da Israele cose fabbricate in territori occupati da Israele: Sentenza Brita GmbH 25.2.2010 Causa C-386/08.

Con una ultima, ma importante precisazione: mentre la Palestina agisce nell’ambito del principio di autodeterminazione dei popoli e quindi ‘gode’ dei diritti e facoltà conseguenti, Israele, contrariamente a ciò che scrive l’ISPI, non esercita alcun diritto derivante dall’autodeterminazione, ma solo in ragione della situazione di fatto, giuridicamente rilevante e perciò difesa dalle norme di diritto internazionale, della ‘effettiva’ occupazione di quella parte del territorio della Palestina, da lei stessa indicato con il riferimento, nella Dichiarazione sulla Costituzione dello Stato di Israele (non dichiarazione di indipendenza!) alla risoluzione del 1947 della Assemblea Generale delle Nazioni Unite.

Per di più, a stretto rigore, l’intervento di uno Stato a favore della autodeterminazione della Palestina non sarebbe in contrasto con il diritto internazionale.

Ciò che colpisce è il fatto che gli stessi soggetti che ritengono che non sia una violazione della norma sulla neutralità aiutare l’Ucraina e si stracciano le vesti per ogni bombardamento sulla Ucraina – personalmente non la penso così, e lo ho scritto più volte – tacciano, nemmeno molto imbarazzati, nel caso della Palestina e dei suoi quasi ventimila bambini uccisi e più che altrettanti storpiati, cioè distrutti.

Il diritto è uguale per tutti; un bambino ucraino vale esattamente quanto un bambino palestinese. Lo stesso vale quando si colpisce un ospedale e, quando arrivano i soccorsi, si colpisce di nuovo. Quando poi si scrive che «Hamas sta vincendo la guerra della comunicazione, in realtà voleva tutte queste vittime al servizio della sua causa »: non si vergogna un po’, Signor Ambasciatore Peled?

Di Giancarlo Guarino

Giancarlo Guarino è Professore ordinario, fuori ruolo, di Diritto Internazionale presso la Facoltà di Economia dell’Università di Napoli Federico II. Autore di varie pubblicazioni scientifiche, specialmente in tema di autodeterminazione dei popoli, diritto penale internazionale, Palestina e Siria, estradizione e migrazioni. Collabora saltuariamente ad alcuni organi di stampa. È Presidente della Fondazione Arangio-Ruiz per il diritto internazionale, che, tra l’altro, distribuisce borse di studio per dottorati di ricerca e assegni di ricerca nelle Università italiane e straniere. Non ha mai avuto incarichi pubblico/politici, salvo quelli universitari.